Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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La determinazione concordata della ricchezza (di Massimo Basilavecchia)


La crisi dei metodi di accertamento e l’inefficacia dello schema della dichiarazione controllata hanno determinato nell’ultimo decennio il ricorso a formule ibride e a clausole generali che spesso conducono a risultati imprevedibili in base alle regole sostanziali di determinazione della base imponibile. In questa situazione, lo sviluppo di forme di imposizione concordata – cioè che valorizzano la partecipazione del contribuente – si pone come scelta obbligata per il legislatore, in un momento storico in cui contraddittorio e partecipazione sono valorizzati non solo dalla dottrina ma anche dalla prassi e dalla giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione. Occorre però chiarire definitivamente il principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria non può avere un effetto preclusivo.

The consensual assessment of wealth

The crisis of the tax assessment methods and the ineffectiveness of the scheme of controlled tax return determined, in the last decade, the adoption of hybrid formulas and general provisions that often lead to unpredictable results according to the substantive rules aimed at determining the taxable base. In this situation, the development of forms of agreed taxes – that enhance the participation of the taxpayer – stands as an obligatory choice for the lawmaker, in a historical phase in which audi alteram partem and participation are valued not only in literature, but also by the administrative practice and the Constitutional Court and Supreme Court case law. However, it is necessary to clarify that the principle of unavailability of the tax debts cannot have a preclusive effect.

1. Le conclusioni Il tema assegnato pone in relazione la crisi dei metodi di accertamento e lo sviluppo di forme di definizione concordata, indirizzando i lavori del conve­gno verso un ampliamento della prospettiva (dall’accertamento al processo). È bene dire subito quali sono le conclusioni che si intendono proporre. A mio avviso, l’indubbia crisi che il sistema dei metodi di accertamento, uscito dalla riforma tributaria di quarant’anni fa, vive da quasi un decennio (fisso convenzionalmente l’inizio della crisi nel 2005, con le sentenze della Corte di Cassazione sulla nullità [2] – anche civilistica, per assenza di causa – dei negozi e degli atti elusivi), spinge necessariamente verso un incremento e uno sviluppo anche qualitativo delle forme di determinazione concordata della ricchezza. Nel contempo, però, occorre fare ogni sforzo (e a questo sono chiamati tutti gli interpreti della vicenda, dal legislatore alla giurisprudenza) perché allo sviluppo delle forme di determinazione concordata si accompagni un recupero di regole certe, non solo sui metodi di accertamento (che, nella loro impostazione anni sessanta, devono considerarsi ormai superati dal tempo) ma anche sulla necessaria coerenza che la fase di accertamento deve assicurare rispetto alle regole sostanziali di determinazione del tributo dovuto, rimesse oggi prevalentemente all’applicazione da parte del contribuente. In estrema sintesi: maggiori, ma soprattutto migliori, e soprattutto ancora più tempestive, occasioni di determinazione concordata; minore formalismo e maggiore semplicità strutturale di tali istituti; loro inserimento in un contesto che ne permetta l’avvio sin dalla fase di adempimento spontaneo degli obblighi tributari. Se si vuole, determinazione concordata come rottura dell’isolamento in cui contribuente e fisco hanno tendenzialmente sinora operato, nelle due fasi di attuazione del tributo rispettivamente a loro affidate. In questo senso, sono indirizzate molte delle modifiche introdotte dai decreti delegati attuativi della delega attribuita al governo dalla L. n. 23/2014: innovazioni che non è qui possibile analizzare. 2. L’accertamento oggi Lo stato dell’arte, sulla determinabilità concordata della ricchezza – direi soprattutto della base imponibile – registra oggi una prevalenza di opinioni favorevoli, talune più convinte della utilità degli istituti in sé considerati, talune più condizionate da ragioni pratiche (il sistema è più efficiente con for­mule consensuali). Non vi è dubbio che la Corte costituzionale, nella recente sentenza sulla mediazione [3], abbia notevolmente contribuito alla legittimazione delle formule consensuali; ma resto convinto che, più di ogni altra considerazione, le forme concordate debbano essere accettate per il [continua..]

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