Ai fini di agevolare il meccanismo di sponsorizzazione delle Associazioni sportive dilettantistiche (ASD), l’art. 90 della L. n. 289/2002 ha previsto una presunzione legale di qualificazione, come spese di pubblicità, delle spese di sponsorizzazione a condizione che il soggetto sponsorizzato sia appunto una associazione sportiva dilettantistica, che sia rispettato il limite dell’importo massimo predeterminato, che l’erogazione sia diretta a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor mediante una specifica attività del beneficiario. In presenza di questi presupposti non sono richiesti ulteriori requisiti, quali inerenza, utilità o economicità della spesa. Ricade sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettività della spesa ai fini della deducibilità, al fine di evitare ipotesi di reato fiscale. È il caso di operazioni (oggettivamente o soggettivamente), in tutto o in parte, inesistenti e poste in essere al solo fine di generare un’evasione di imposta.
In order to facilitate the sponsorship mechanism of amateur sports associations, art. 90 of Law n. 289/2002 provides a legal presumption of qualification, as advertising costs, of sponsorship expenses if the sponsored subject is an amateur sports association, if they do not exceed a predetermined limit, if the sponsorship is aimed at promoting the sponsor’s image and products through a specific activity of the beneficiary. In presence of these conditions, no further requirements are required, such as the inherence, usefulness or cost-effectiveness of the expenditure. The burden of proving the effectiveness of the expenses for the purposes of their deductibility, in order to avoid a tax crime, falls on the taxpayer. This is the case of operations (objectively or subjectively), in whole or in part, non-existent and carried out for the sole purpose of generating a tax evasion.
KEYWORDS: sponsorship expenses, deductibility
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1. Premessa. Le spese di sponsorizzazione tra spese di pubblicità e di rappresentanza - 2. L’art. 90 della L. n. 289/2002 e la presunzione legale assoluta - 3. L’effettività, l’inerenza e l’utilità delle sponsorizzazioni - 4. La detrazione IVA e gli obblighi di fatturazione - 5. Le sponsorizzazioni a fini evasivi: il caso delle operazioni inesistenti e del meccanismo della sovrafatturazione (configurazione del reato ex art. 2, D.Lgs. n. 74/2000) - 6. Conclusioni - NOTE
L’art. 90, comma 8, L. 27 dicembre 2002, n. 289 [1] ha chiarito, in via definitiva, la posizione tributaria delle sponsorizzazioni a favore del settore sportivo dilettantistico [2]. L’intervento si era reso necessario a fronte dei molteplici dubbi interpretativi che riguardavano l’art. 74, comma 2, del TUIR (applicabile ratione temporis), ovvero la normativa da applicare in caso di spese di pubblicità o propaganda [3], deducibili interamente nell’esercizio in cui erano state sostenute o in quote costanti nell’esercizio in cui erano state sostenute e nei quattro successivi, e di spese di rappresentanza la cui deduzione era riconosciuta solo nella misura di un terzo [4] dell’ammontare in quote costanti nell’esercizio in cui erano state sostenute e nei quattro successivi. Tale articolo, di riferimento per il settore delle spese, non includeva, tuttavia, le spese derivanti da un contratto di sponsorizzazione [5]. Per queste ultime, appariva chiaro che bisognava, in primo luogo, stabilire in quale dei due tipi di spese rientrassero per individuare il corretto trattamento fiscale (più favorevole per le spese pubblicitarie rispetto a quello dell’altra tipologia di spesa rispettivamente deducibili integralmente e parzialmente [6]). A seguito della riforma del 2004 [7], le spese di pubblicità e di rappresentanza sono state disciplinate dall’art. 108 del TUIR [8], che ha continuato a prevedere un diverso regime per le due tipologie. L’art. 13 bis, D.L. 30 dicembre 2016, n. 244 (Decreto Milleproroghe) [9], ha recepito in sede fiscale le novità contabili introdotte dal D.Lgs. 18 agosto 2015, n. 139 [10], il quale ha previsto che le spese di pubblicità non sono più iscrivibili tra le immobilizzazioni immateriali e, pertanto, è venuta meno la possibilità di optare per la deduzione in più esercizi a decorrere dal 2016. L’art. 13 bis, quindi, ha ulteriormente modificato il comma 1 e soppresso il primo periodo del comma 2 l’art. 108, ovvero il riferimento alle spese di pubblicità [11]. Tale soppressione è stata effettuata in attuazione del principio di derivazione rafforzata previsto dall’art. 13 bis citato; tale principio stabilisce il pieno riconoscimento della rappresentazione di bilancio fondata sul principio [continua ..]
Come anticipato, con l’art. 90 il tema del trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi delle spese di sponsorizzazione [17] in favore delle ASD è stato espressamente regolamentato. La ratio dell’intervento normativo era quella di garantire al mondo sportivo dilettantistico la possibilità di ricevere, in forma preferenziale, dei fondi a titolo di sponsorizzazione, regolamentando la disciplina al fine di evitare forme di evasione di imposta. Il legislatore, con tale articolo, ha stabilito che le spese effettuate dal lavoratore autonomo o dall’impresa a favore, tra l’altro, di associazioni sportive, costituiscono ipso iure per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spese di pubblicità [18] se sostenute per la promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante. L’aver incluso le spese di sponsorizzazione nell’alveo delle spese di pubblicità è dovuto anche alla sussistenza di un preciso rapporto sinallagmatico tra l’impresa che sostiene il costo e il soggetto che si impegna a diffondere la denominazione dell’impresa o il singolo prodotto [19]. Quanto alla soglia fissata dalla norma, si ritiene che essa debba intendersi come complessiva per tutte le sponsorizzazioni concluse, dalla stessa impresa sponsorizzante, nel corso di un intero periodo di imposta e non si possa, pertanto, far riferimento alla singola sponsorizzazione. La nuova disposizione, quindi, evidenzia il carattere peculiare delle spese di sponsorizzazione esimendolo dalla normativa del TUIR, in quanto considera tali spese come pubblicitarie ogniqualvolta che esse siano finalizzate alla promozione dell’immagine e dell’attività svolta mediante una specifica attività del sodalizio sportivo finanziato. L’Agenzia delle Entrate ha, sin da subito [20], precisato che la deducibilità era tuttavia subordinata alla sussistenza di due condizioni ovvero che i corrispettivi dovevano essere destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e che, a fronte dell’erogazione, doveva riscontrarsi una specifica attività del beneficiario della medesima (attività e servizi promozionali). Ancora, con la Risoluzione 23 giugno 2010, n. 57/E, l’AdE ha precisato la natura di presunzione assoluta delle [continua ..]
La Corte di Cassazione [25] ha precisato che la deducibilità ricorre in presenza di taluni presupposti: il soggetto sponsorizzato deve essere una società sportiva dilettantistica (iscritta nel Registro di cui ut supra); la sponsorizzazione deve rispettare il limite quantitativo di spesa (200.000 euro); sia diretta a promuovere l’immagine ed i prodotti dell’impresa sponsor; il soggetto sponsorizzato ponga in essere una specifica attività di promozione. In presenza di tali requisiti non è necessaria la ricorrenza di ulteriori elementi quali l’economicità o congruità del costo sostenuto, le concrete possibilità di ritorno economico dell’investimento o, ancora meno, la prova dell’avvenuto ritorno economico. Ciò nonostante, sovente l’Amministrazione Finanziaria ha contestato talune sponsorizzazioni eccependo: la mancanza di effettività delle prestazioni promozionali, l’assenza del collegamento funzionale tra il pubblico raggiunto dalle iniziative promozionali svolte dal soggetto beneficiario ed il settore di attività del soggetto beneficiante, la mancata inerenza dei costi sostenuti nonché l’antieconomicità dell’investimento. Questa tesi non ha trovato, però, adesioni presso la giurisprudenza che, a più riprese, ha smentito le ricostruzioni operate dagli Uffici, in considerazione della circostanza che la presunzione può essere superata solo in presenza di un apparato probatorio chiaro e netto che dimostri la natura non genuina dell’erogazione, il mancato svolgimento della prestazione in favore del soggetto erogante, l’utilizzo abusivo del vantaggio fiscale. Quanto alla prova dell’effettività delle prestazioni promozionali svolte dai soggetti sponsorizzati, grava sul contribuente l’onere della prova [26]; questo viene assolto esibendo i contratti di sponsorizzazione, immagini dell’apposizione del marchio sulle divise, esibizione degli striscioni e/o tabelloni posizionati sui campi di gioco, foto del logo della sponsorizzata in occasione delle manifestazioni sportive [27]. Con riguardo al requisito dell’inerenza [28], un precedente orientamento della giurisprudenza della Corte di Cassazione, riteneva elemento idoneo ad escludere la spesa di sponsorizzazione la mancanza di [continua ..]
Anche ai fini IVA vi sono stati contrasti per la corretta qualificazione delle spese di pubblicità in contrapposizione a quelle di rappresentanza [53], essendo queste ultime soggette a limitazione della detraibilità, ma tale questione è stata risolta da tempo dal legislatore fiscale (art. 31, L. n. 388/2000), il quale ha stabilito che, anche ai fini IVA, le spese di rappresentanza sono quelle così definite dalle norme che disciplinano le imposte sul reddito. Da ciò ne deriva, per conseguenza, che la differenza fra spese di pubblicità e spese di rappresentanza è identica sia per le imposte sul reddito sia ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, per cui, al fine di effettuare una corretta quantificazione delle spese di pubblicità sostenute da un’impresa, occorre fare riferimento alle stesse considerazioni effettuate per le imposte dirette. Naturalmente anche ai fini dell’imposizione indiretta occorre accertare il requisito di inerenza [54], che, anche per l’IVA, è indispensabile presupposto per la detraibilità. In altri termini, così come solo le spese di pubblicità inerenti sono deducibili dal reddito d’impresa, analogamente soltanto l’IVA corrisposta in relazione ad operazioni pubblicitarie inerenti è detraibile ex art. 19 del D.P.R. n. 633/1972 [55]. In merito alla detrazione IVA [56] sulle spese di sponsorizzazione deve ritenersi, comunque, che la presunzione assoluta sia applicabile anche ai fini dell’imposizione indiretta, pertanto la spesa di sponsorizzazione deve ritenersi un costo detraibile. Nel caso in cui i corrispettivi erogati superino la soglia, normativamente stabilita, l’eccedenza, ai fini IVA, è eventualmente detraibile in capo al medesimo soggetto erogante nel rispetto dei criteri di competenza, certezza, esistenza del costo e oggettiva determinabilità, nonché nel rispetto dell’inerenza della spesa ad attività o beni da cui derivino ricavi o altri proventi imponibili. In giurisprudenza, vi è un unico ed isolato caso in cui una Commissione [57] ha ritenuto integralmente deducibili ai fini IRPEF ed IRAP le spese di sponsorizzazione ma, relativamente, invece, alla detraibilità dell’IVA, dopo aver sancito l’assenza di un’analoga presunzione come quella esistente ai [continua ..]
L’art. 90 della L. n. 289/2002 non introduce, tuttavia, una sorta di immunità fiscale per le imprese che decidono di sovvenzionare lo sport dilettantistico; essa prevede una semplice presunzione che, però, l’ufficio può vincere allo scopo di evitare forme di pianificazione fiscale che l’impresa potrebbe attuare ponendo in essere operazioni inesistenti ma sostanzialmente riconducibile ad una erogazione liberale. Infatti, la presunzione legale di qualificazione del costo come spesa di pubblicità presuppone la genuinità del costo medesimo. Diverse sono le ipotesi di violazione che possono realizzarsi: quando la sponsorizzazione non viene, in tutto o in parte, posta in essere o quando l’operazione è effettiva e il pagamento pure, ma l’ammontare indicato superiore al reale [63]. In tali casi ricorre il reato di cui all’art. 2, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74; il reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti sussiste, infatti, sia nell’ipotesi di inesistenza oggettiva dell’operazione (ovvero quando la stessa non sia mai stata posta in essere nella realtà), sia in quella di inesistenza relativa (ovvero quando l’operazione vi è stata, ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura) sia, infine, nel caso di sovrafatturazione qualitativa (ovvero quando la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti), in quanto oggetto della repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale [64]. Si precisa che il reato è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA, esso comprende anche la inesistenza soggettiva, ovvero quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura [65]. Qualora l’Amministrazione Finanziaria, quindi, contesti al contribuente l’indebita detrazione di fatture, in quanto relative ad operazioni inesistenti, spetta all’Ufficio fornire la prova che l’operazione, oggetto della fattura, non è mai stata posta in essere, ovvero non è stata posta in essere tra i soggetti indicati nella [continua ..]
La normativa del 2002 nel prevedere una presunzione assoluta in presenza di taluni presupposti ((a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica; b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa; c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor; d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale)) aveva come obiettivo quello di favorire le sponsorizzazioni del mondo associativo sportivo dilettantistico. Gli ultimi due requisiti sono stati, poi, riconosciuti dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare Min. n. 21/E/2003, secondo cui le condizioni che devono sussistere affinché le spese di sponsorizzazione possano essere dedotte sono che: a) i corrispettivi versati devono essere destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante; b) a fronte del pagamento di tali corrispettivi, deve essere riscontrata una specifica attività del beneficiario. L’intervento normativo ha soprattutto fatto chiarezza circa la natura di tali spese, riconoscendo, infatti, la natura di spese pubblicitarie, tuttavia, ciò rileva in automatico, solo per le ASD che sono in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI, ovvero sono iscritte nel registro del CONI. Nonostante la presunzione assoluta, l’Amministrazione Finanziaria ha avuto spesso dubbi circa la regolarità dei contratti di sponsorizzazione, in particolar modo eccependo che talune scelte (di sponsorizzazione) imprenditoriali siano antieconomiche e prive dei requisiti di inerenza e utilità. Sul punto, tuttavia, la giurisprudenza della Cassazione è concorde nel ritenere che, in presenza di regolari prove circa l’effettiva sussistenza della sponsorizzazione, di iscrizione della sponsorizzata nei registri del CONI, nei limiti economici stabiliti non sono necessari ulteriori elementi, d’altronde le scelte imprenditoriali non sono sindacabili. Deve concludersi, quindi, che il requisito della inerenza della spesa non possa richiamarsi per vanificare la presunzione assoluta di legge, allo stesso modo, anche le considerazioni sulla antieconomicità della spesa (in termini assoluti o correlati ad un eventuale incremento di ricavi o ad un ritorno qualificato di immagine) non sono di per sé determinanti, laddove si dimostri l’effettività della spesa di [continua ..]