Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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La direttiva 2018/822/UE (c.d. dac 6). Profili oggettivi e soggettivi (di Michele Marzano)


La Direttiva  2018/822/UE introduce inedite forme di collaborazione tra Fisco e privati, obbligando intermediari e contribuenti a comunicare all’autorità fiscale di appartenenza le informazioni relative a schemi di pianificazione fiscale aggressiva che li vedono coinvolti, destinate ad alimentare il c.d. scambio automatico obbligatorio di informazioni tra amministrazioni degli Stati membri già disciplinato dalla Direttiva 2011/16/UE; il tutto, sotto la minaccia di sanzioni per coloro che vi si sottraggono. Il presente studio si sofferma sui profili oggettivi e soggettivi di applicazione della Direttiva, vagliandone la coerenza rispetto agli obiettivi di fondo che hanno ispirato il legislatore europeo ed il rapporto con alcuni istituti di diritto nazionale (quale, ad esempio, il segreto professionale). Cenni conclusivi sono dedicati allo schema di decreto legislativo col quale il legislatore italiano si appresta a recepire la Direttiva, intercettando alcune asimmetrie tra le norme nazionali di prossima approvazione (specie sul versante dei soggetti) e il modello di disclosure che emerge dalla Direttiva.

The council directive n. 2018/822/UE (so – called dac 6). Objective and subjective scope

The Council Directive n. 2018/822/EU introduces new tools of cooperation between tax authorities and private parties, obliging intermediaries and taxpayers to communicate information related to aggressive tax planning schemes in which they are involved. This information will inevitably feed the mandatory automatic exchange of information between Member States’tax authorities, pursuant to the Council Directive no. 2011/16/EU. The present study focuses on the objective and subjective scope of the Directive, examining their consistency with the goals of the European lawmaker and their relationship with some national disciplines (such as, for example, professional secrecy). Conclusive remarks are dedicated to the draft Italian Legislative Decree implementing the Directive, focusing on some differences between the forthcoming national standards (especially on the subjective side) and the disclosure model emerging from the Directive.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. L'ambito oggettivo. Il meccanismo transfrontaliero - 3. Segue: gli elementi distintivi - 4. I soggetti. L'intermediario - 5. Segue: il contribuente pertinente - 6. Lo schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva - NOTE


1. Premessa

Fino a tempi recenti, l’evoluzione ed incidenza del diritto europeo sui sistemi di fiscalità diretta si misuravano essenzialmente in funzione della capacità di regole e principi comunitari di erodere spazi di sovranità agli Stati mem­bri in una materia soggetta alla riserva di legge statale e tendenzialmente refrattaria all’armonizzazione [1]. Com’è infatti noto, a partire dalla prima metà degli anni ’90 dello scorso secolo, le libertà economiche fondamentali, declinate dalla giurisprudenza europea, relegavano l’interesse fiscale a una dimensione “recessiva” [2], annoveran­do i fenomeni di erosione degli imponibili tra gli inevitabili riflessi del mercato unico [3] in un contesto di concorrenza tra ordinamenti [4], e ammettendo in generale le pratiche di pianificazione fiscale purché non sconfinanti in ipotesi “abusive” [5]. Negli ultimi anni, la crescente attenzione rispetto a tali fenomeni e nuove priorità nell’agenda delle istituzioni internazionali (in particolare OCSE e G20) – in specie con il Progetto BEPS [6] – hanno profondamente alterato questo approccio, generando una diffusa consapevolezza circa il fatto che il corretto funzionamento del mercato interno non può essere disgiunto dalla tutela della sovranità impositiva nazionale. Ne è derivato un radicale cambio di prospettiva, che ha riguardato tanto la scelta degli strumenti di contrasto ai fenomeni di erosione degli imponibili, affidati a Direttive (anziché a semplici strumenti di soft law), quanto gli ambiti di intervento, che spaziano dall’armonizzazione di alcuni istituti di diritto sostanziale [7] alla previsione di nuovi congegni di diritto formale [8]. In questo mutato scenario prende corpo la Direttiva 2018/822/UE (di qui, la “Direttiva”). In vista del migliore funzionamento del mercato interno [9]-[10], la Direttiva introduce inediti obblighi di trasparenza per «tutti gli attori che sono di solito coinvolti nell’elaborazione, commercializzazione, organizzazione e gestione del­l’attuazione» di schemi di pianificazione fiscale potenzialmente aggressiva, «nonché a coloro che forniscono assistenza o consulenza» [11], affidando direttamente ai privati, sotto la [continua ..]


2. L'ambito oggettivo. Il meccanismo transfrontaliero

Come si è accennato, gli schemi di pianificazione di cui è resa obbligatoria la comunicazione sono individuati dalla Direttiva «attraverso la compilazione di un elenco delle peculiarità e degli elementi delle operazioni che presentano una forte indicazione di elusione e abuso fiscale, piuttosto che» definendo «il concetto di pianificazione fiscale aggressiva» [24]. Il perimetro “oggettivo” di applicazione della Direttiva dipende dunque dalla combinazione di due fattori: la presenza di un «meccanismo transfrontaliero» e l’esistenza di uno o più «elementi distintivi» di un rischio di elusione fiscale (contenuti nell’Allegato alla Direttiva 2018/822) [25]. Per «meccanismo transfrontaliero» si intende, ai sensi dell’art. 3, punto 18, della Direttiva 2011/16/UE [26], un meccanismo che interessa più Stati mem­bri o uno Stato membro e un Paese terzo, «laddove almeno una delle condizioni seguenti sia soddisfatta: a) non tutti i partecipanti al meccanismo sono residenti ai fini fiscali nella stessa giurisdizione; b) uno o più partecipanti al meccanismo sono simultaneamente residenti a fini fiscali in più di una giurisdizione; c) uno o più partecipanti al meccanismo svolgono un’attività d’impresa in un’altra giurisdizione tramite una stabile organizzazione situata in tale giurisdizione e il meccanismo fa parte dell’attività d’impresa o costituisce l’intera attività d’impresa della suddetta stabile organizzazione; d) uno o più partecipanti al meccanismo svolge un’attività in un’altra giurisdizione senza essere residente a fini fiscali né costituire una stabile organizzazione situata in tale giurisdizione; e) tale meccanismo ha un possibile impatto sullo scambio automatico di informazioni o sull’identificazione del titolare effettivo». La definizione, per quanto all’apparenza dettagliata, si regge su un concetto indeterminato [27], quello di “meccanismo”, che oltre a non essere espresso nella Direttiva 2011/16/UE né in quella antiabuso (2016/1164/UE), non tro­va una chiara rispondenza neppure nelle versioni inglese (“arrangement”, accordo), francese (“dispositif”, dispositivo) e tedesca [continua ..]


3. Segue: gli elementi distintivi

Affinché un “meccanismo transfrontaliero” determini l’obbligo di notifica previsto dalla Direttiva è necessario, come si diceva, che esso coesista con uno o più degli elementi distintivi indicati nell’Allegato alla medesima (i cc.dd. hallmarks). Il legislatore europeo ha adottato, al riguardo, un approccio “misto”, contemplandone di generici, legati alle modalità con cui il meccanismo viene offerto o presentato al cliente, e di specifici, correlati alla fisionomia e ai riflessi fiscali della struttura considerata in sé. Gli elementi distintivi “generici” si riferiscono, in specie, alla presenza di clausole di riservatezza negli accordi tra professionisti e clienti, alla commisurazione del compenso professionale al risparmio fiscale conseguito o, ancora, alla standardizzazione del meccanismo offerto al cliente [35]. Gli elementi distintivi “specifici”, dal canto loro, comprendono ipotesi eterogenee: a) ve ne sono alcuni (quelli indicati al paragrafo B della Seconda Parte dell’Allegato alla Direttiva) inerenti all’idoneità del meccanismo transfrontaliero a: i) disgiungere le perdite fiscali dall’attività cui fanno riferimento, ii) convertire il reddito in capitale o in altri flussi esenti da imposta (o soggetti a un’imposizione inferiore) e iii) generare flussi “circolari” [36]; b) altri, legati all’utilizzo di strumenti ibridi che generano salti d’imposta [37]; c) altri ancora, legati all’esistenza di strutture opache che ostacolano lo scambio automa­tico di informazioni o l’identificazione del titolare effettivo [38]; d) altri, infine, legati alla pianificazione dei prezzi infragruppo, specie nei casi in cui vengano in rilievo beni intangibili e altri beni o servizi difficili da valorizzare col criterio di libera concorrenza [39]. Si tratta, per la maggior parte degli evocati hallmarks, di (elementi comuni a) operazioni che sfruttano asimmetrie impositive tra due o più ordinamenti; fenomeni invero tollerati dalla stessa giurisprudenza europea [40]-[41], e ora invece caricati di un “disvalore” intrinseco, che prescinde dalla natura indebita del beneficio fiscale cui sono rivolti e – di conseguenza – dall’accertamento (del­l’illiceità) di tale meccanismo da parte [continua ..]


4. I soggetti. L'intermediario

Il secondo profilo applicativo della Direttiva su cui in questa sede ci si vuole soffermare concerne i “soggetti” chiamati agli obblighi di disclosure (verifica che, evidentemente, si impone solo laddove si sia appurata l’esistenza di un «meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica», nei termini in precedenza indicati). La Direttiva individua in proposito due categorie, l’“intermediario” ed il “con­tribuente pertinente”: quest’ultimo è tuttavia caricato di un onere di comunicazione solo in via sussidiaria, nella misura in cui non vi adempia l’intermedia­rio [53]. Per entrambi, l’obbligo di comunicazione presuppone l’esistenza di un collegamento territoriale (dell’intermediario o del contribuente di volta in volta presi in considerazione) con uno o più Stati membri dell’Unione Europea [54]; nesso che circoscrive la platea dei soggetti potenzialmente tenuti sia all’obbli­go di comunicazione sia agli ulteriori adempimenti di carattere strumentale previsti dalla Direttiva (quale, segnatamente, l’onere dell’intermediario di “no­tificare” al contribuente una causa di esonero dall’obbligo di disclosure del mec­canismo transfrontaliero) [55]. Preme al riguardo osservare come il legislatore europeo si sia disinteressato delle peculiari caratteristiche soggettive di intermediario e contribuente, focalizzandosi di converso su elementi di tipo relazionale: le due definizioni sono difatti ricavate in funzione del tipo di apporto fornito (nel caso dell’inter­mediario) e di beneficio tratto (nel caso del contribuente) dalla messa a disposizione del meccanismo transfrontaliero, secondo un approccio empirico-sostanziale, che se da un lato intercetta alcune zone grigie, dall’altro lato presenta inevitabili margini di opinabilità. In particolare, la figura dell’intermediario tracciata dalla Direttiva prescinde dalla qualifica professionale e dell’eventuale iscrizione presso albi, ordini o elenchi professionali. Rientra in questa categoria «qualunque persona che elabori, commercializzi, organizzi o metta a disposizione a fini di attuazione o gestisca l’attuazio­ne di un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica», ed altresì [continua ..]


5. Segue: il contribuente pertinente

L’obbligo di notifica viene a insistere sul c.d. “contribuente pertinente” [70] nelle ipotesi in cui un intermediario sia assente [71] oppure si avvalga del segreto professionale [72] o, infine, non esprima alcun collegamento territoriale con l’or­dinamento di uno (o più) Stato membro: sono queste le sole situazioni in cui l’obbligo di disclosure si trasferisce sulle spalle del contribuente. Ciò significa, tra l’altro, che il contribuente non potrà ritenersi gravato da alcun obbligo di comunicazione allorquando esso competa a un intermediario (o a più intermediari), ma questi non vi abbia(no) in concreto adempiuto. La Direttiva postula, in altri termini, una sussidiarietà puramente “teorica” tra l’obbligo (principale) dell’intermediario e quello (subordinato) del contribuente, assegnando agli Stati membri l’adozione di misure di coordinamento per garantire che «laddove non vi sia un intermediario o l’intermediario notifichi al contribuente pertinente o a un altro intermediario l’applicazione di un’esenzione ai sensi del paragrafo 5 (esonero per segreto professionale, ndr) l’obbligo di comunicare informazioni su un meccanismo transfrontaliero soggetto all’obbligo di notifica spetti all’altro intermediario notificato o, in sua assenza, al contribuente pertinente» [73]. Merita osservare come la figura del “contribuente pertinente” sia individuata non in funzione del vantaggio che il “meccanismo transfrontaliero” gli procura o potrebbe procurargli, bensì in virtù della mera e semplice messa a disposizione, a suo favore, di tale meccanismo [74]. Non è detto, in altri termini, che il contribuente chiamato ad adempiere l’obbligo di comunicazione sia lo stesso soggetto in relazione al quale si manifesta il presupposto dell’imposta e che verrebbe inciso dal prelievo nel caso in cui si accertasse la natura indebita del vantaggio fiscale che discende dal meccanismo transfrontaliero [75] (situazioni queste ultime che dal canto loro potenzialmente stridono col principio nemo tenetur se detegere) [76]. Evidenziando, anche sotto questa prospettiva, che gli obblighi stabiliti dalla Direttiva sono insensibili alle vicende concernenti il rapporto [continua ..]


6. Lo schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva

Il legislatore italiano si accinge a recepire le disposizioni contenute nella Direttiva, in base allo schema di decreto legislativo sottoposto a consultazione pubblica dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel luglio 2018 (di qui, lo “schema di Decreto”) [78]. Tale schema non presenta rilevanti differenze con la Direttiva sul piano oggettivo (data la sostanziale sovrapponibilità del significato delle locuzioni «schema, accordo o progetto» a quello di «meccanismo» e la riproposizione di caratteristiche di ultra-territorialità analoghe a quelle indicate dalla Direttiva) [79], ma ne introduce di significative sotto il profilo soggettivo, in particolare per quanto attiene la figura degli “intermediari” e le ragioni di esonero da questi spendibili. In specie, lo schema di Decreto definisce intermediario il «soggetto, inclusi quelli indicati all’articolo 1, comma 1, lettera n) del decreto del Ministero del­l’economia e delle finanze del 28 dicembre 2015 e all’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che: 1) mette a disposizione ai fini dell’attuazione un meccanismo transfrontaliero da comunicare o ne gestisce l’attuazione; 2) direttamente o attraverso altri soggetti, svolge un’attività di assistenza o consulenza ai fini dell’attuazione del meccanismo transfrontaliero da comunicare, qualora, avuto riguardo alle informazioni disponibili e alle com­petenze necessarie per svolgere tale attività, sappia o abbia un motivo ragionevole per concludere che il meccanismo sia rilevante ai sensi dell’articolo 5». Al di là dell’aggiunta del riferimento esplicito (ancorché non esaustivo) agli intermediari finanziari obbligati allo scambio automatico obbligatorio delle in­formazioni sui conti correnti [80] e ai soggetti tenuti al rispetto della disciplina an­tiriciclaggio [81], la nozione recepita dallo schema di Decreto pare (condivisibil­mente) più circoscritta di quella che emerge dalla Direttiva [82]. A differenza della Direttiva, infatti, lo schema di Decreto esplicita che l’ap­porto dell’intermediario debba essere finalizzato alla «attuazione di un meccanismo» (e non alla semplice elaborazione, commercializzazione e organizzazione). Dovrebbero quindi potersi [continua ..]


NOTE