La dinamica del rapporto giuridico tributario presenta situazioni nelle quali il contribuente è titolare di interessi rilevanti ad essere informato, a collaborare e a partecipare al procedimento e alla formazione dell’atto impositivo attraverso modelli consensuali. La più recente disciplina della transazione fiscale e del mancato accordo dimostra la necessità di una tutela anche se l’attribuzione alla giurisdizione ordinaria e non tributaria pone serie questioni alla luce della funzione dell’asseverazione e della prassi ministeriale.
The dynamics of the tax relationship presents situations in which the taxpayer has significant interests in being informed, collaborating and participating in the proceedings and in the formation of notices of assessment through consensual models. The most recent discipline of the “fiscal transaction” and of the non-agreement demonstrates the need for protection even if the attribution to civil and non-tax jurisdiction raises serious issues in light of the sworn function and ministerial practice.
Keywords: taxpayer’s interests, participation, agreement, fiscal transaction, safeguards.
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1. Interessi pretensivi (e non oppositivi) del contribuente: l’informazione e la collaborazione nell’attività istruttoria e accertativa, la partecipazione al procedimento di formazione dell’atto e i modelli partecipativi consensuali - 2. La partecipazione al procedimento di autotutela negativa. Il (raro) doveroso annullamento d’ufficio dell’atto impositivo e la mancata autotutela; interesse pretensivo, effetti conformativi e attività amministrativa nel caso di giudicato tributario sostanziale - 3. Effetti conformativi e attività amministrativa nel caso di accertamento con adesione su fattispecie a rilevanza pluriannuale e plurisoggettiva - 4. Il contesto internazionale: A) gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale; B) le procedure amichevoli previste dalle convenzioni per evitare la doppia imposizione - 5. La “transazione” fiscale - 5.2. Segue. Le diverse ipotesi di mancata transazione fiscale (mancato voto, voto negativo, silenzio sull’istanza e diniego espresso di transazione fiscale) - 5.3. Segue. Il ruolo del terzo asseveratore investito di funzioni a rilevanza (anche) pubblica nel fondamento dell’interesse pretensivo alla transazione fiscale; dalle “alternative concretamente praticabili” alla “liquidazione giudiziale” nel giudizio di convenienza espresso dal piano e dalla relazione - 5.4. Segue. La motivazione del dissenso: dissenso vs asseverazione? Dalla valutazione tecnica all’interno delle indicazioni della best practice fissate nella prassi “normativa” al rischio di arbitrio? Dalla discrezionalità alla vincolatezza? - 6. La tutela giurisdizionale degli interessi pretensivi del contribuente. Profili generali e delimitazione dell’indagine - 7. Segue. Tutela giurisdizionale e mancata definizione consensuale. Interesse tutelabile, giudice competente e potere sostitutivo - 8. Segue. Mancata transazione fiscale e tutela giudiziale tra giudice tributario e giudice ordinario. Antefatto giurisprudenziale e scelta legislativa a favore del giudice ordinario - 9. Segue. La relazione dell’attestatore e le fonti di convincimento del giudice titolare di un potere sostitutivo: esclusività o concorrenzialità, discrezionalità o vincolatezza del potere giudiziale? - NOTE
Nella recente dinamica dei rapporti tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente da tempo si osserva come il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria rivesta un ruolo attivo all’interno dei procedimenti amministrativi tributari. L’“attivazione” esprime un interesse giuridico non più oppositivo, cioè riferibile ad un contesto conflittuale la cui soluzione è demandata ad un giudice terzo, ma, invece, a vario modo partecipativo e dall’intensità (in termini di effetti e di conseguenze per gli uffici) variamente definita dal dato normativo positivo. L’iniziativa del contribuente caratterizza, quindi, sempre più diffusamente l’evoluzione tipologica dei procedimenti amministrativi tributari fino a giustificarne uno studio sistematico attento alla varietà degli interessi giuridici rilevanti ad essa sottesi [1]. La rilevanza degli interessi pretensivi nell’attuale quadro normativo si colloca tradizionalmente in momenti sia antecedenti che successivi alla formazione dell’atto impositivo e solo in alcune (rare) occasioni (alle quali si dedicherà precipuamente attenzione) è percepibile anche nella prospettiva della “costruzione” di un atto “condiviso” da perfezionare nella fase dell’accertamento oppure della riscossione. L’iniziativa del contribuente con la quale si manifesta l’“attivazione” ha fisionomia distinta a seconda che essa consista nella pretesa all’informazione/collaborazione o, invece, ad una vera e propria partecipazione; nella prima eventualità l’iniziativa (facoltativa o doverosa che sia) ha una funzione ausiliaria dell’attività ricognitiva/acquisitiva tipica del potere istruttorio mentre nella seconda essa si rivela concorrente rispetto allo stesso esercizio d’ufficio dell’attività amministrativa e, talvolta, intesa ad ottenere dall’ufficio alternativamente, in negativo, l’annullamento di un atto illegittimo o infondato oppure, in positivo, la perfezione di un atto la cui effettività si baserebbe su interessi sia pubblici che privati meritevoli di tutela. Sia l’essere informato che il poter collaborare sono accomunati da un contraddittorio non contenzioso [2] dedicato alla migliore cognizione di fatti, di valori e di fattispecie concrete da qualificare [continua ..]
La partecipazione del contribuente assume una fisionomia particolare quando l’istanza del contribuente è intesa non alla formazione e perfezione congiunta di un atto o, quantomeno, all’attivazione di un procedimento unilaterale di definizione di un atto impositivo di adesione ma, invece, a promuovere un intervento in termini annullatori/sostitutivi di un atto impositivo precedentemente notificato ritenuto viziato. Il fenomeno dell’autotutela c.d. negativa (annullamento d’ufficio di un atto impositivo illegittimo o infondato) è emblematico dell’esistenza di un tipo procedimentale nel quale la partecipazione si attiva con un’istanza di parte alla quale potrebbe (e non sempre dovrebbe) far seguito una reazione dell’ufficio in termini sia convergenti che divergenti. In esso la partecipazione è eventuale e l’utilità attraverso un’istanza di annullamento con documenti è, nella maggior parte dei casi, rimessa all’apprezzamento discrezionale dell’ufficio il quale ben potrebbe restare in silenzio e non manifestare alcuna costruttiva reazione all’istanza presentata. Il carattere eccezionalmente doveroso emerge solo in presenza di un concreto ed attuale interesse pubblico all’annullamento, senza dubbio sussistente nei casi in cui, nonostante la definitività dell’atto di cui si chiede l’annullamento, si debba tutelare un interesse all’effettività della capacità contributiva ed all’eguaglianza nell’imposizione, talvolta rafforzato dalla rilevanza regolamentare del passaggio in giudicato di una sentenza favorevole nelle ipotesi di solidarietà e di rapporti tra imposte contigue nello stesso periodo di imposta nonché di rilevanza pluriennale del giudicato sostanziale. È proprio con riguardo alla presenza di un giudicato sostanziale favorevole che ci si può chiedere se e a quali condizioni il contribuente possa pretendere dall’Agenzia l’annullamento d’ufficio di un proprio atto. Di conformità dell’azione amministrativa ex post rispetto ad un disposto giudiziale si può già discutere con riguardo al giudizio di ottemperanza la cui funzione è quella di garantire al contribuente l’ottenimento forzoso della conformazione degli assetti patrimoniali e obbligatori ad un disposto giudiziale cui l’Agenzia non [continua ..]
Ulteriori spunti in tema di interesse pretensivo del contribuente sono offerti dal procedimento di accertamento con adesione ormai configurabile su iniziativa sia del contribuente sia dell’Agenzia; in esso la partecipazione è volta alla definizione consensuale (molto spesso) della base imponibile e (più raramente anche) della qualificazione della fattispecie in termini diversi da quelli adottati nell’avviso di accertamento. La giurisprudenza di legittimità, sebbene ancora su posizioni ortodosse [30] ha, comunque, riconosciuto tale istituto come strumento non solo deflattivo del contenzioso ma anche di definizione “in tempi rapidi, la pretesa sostanziale” con una misura “concordata” [31] che dovrebbe garantire, nella duplice convenienza soggettiva, certezza alla riscossione e diminuzione dell’imposta richiesta al contribuente. La Cassazione ha, però, precisato che il procedimento tributario, per quanto autoritativo, è, comunque, legato alle garanzie derivanti al principio “della collaborazione e della buona fede” di cui all’art. 10 della L. n. 212/2000 [32], avente “carattere immanente” e “idoneità ad orientare la stessa interpretazione sistematica degli istituti del diritto tributario” [33]. La Suprema Corte esclude ancora, l’applicazione al procedimento tributario delle regole degli accordi procedimentali ex art. 11 della L. n. 241/1990 poiché l’art. 13 della stessa L. n. 241 impedirebbe, ad oggi, di esportare all’attività dell’Agenzia modelli operativi medianti i quali l’accordo consenta di determinare il contenuto finale di un provvedimento e ne faccia perdere il carattere autoritativo; per la S.C. la partecipazione del contribuente ove prevista “lascia inalterato il carattere autoritativo dell’attività” dell’Agenzia: lo stesso Statuto del contribuente (L. n. 212/2000) definirebbe non un ruolo attivo del cittadino come nella L. n. 241 ma, invece, “un ruolo tendenzialmente passivo” poiché il contribuente “è destinatario di informazioni o è coinvolto in attività a cura ed onere dell’Ufficio” [34]. La novità su cui riflettere è se la validità dell’atto impositivo sia condizionata al rispetto di regole comportamentali per la parte pubblica [continua ..]
L’esperienza di accordi sostanzialmente bilaterali e di natura consensuale è nota anche al diritto tributario internazionale. A) Una recente fattispecie è quella prevista dall’art. 31 ter del DPR n. 600/1973 secondo cui le “imprese con attività internazionale” possono accedere “ad una procedura finalizzata alla stipula di accordi preventivi” (Map) mediante i quali. previamente rispetto al controllo. (i) definire metodi di calcolo del transfer pricing e valori fiscali in uscita o in entrata in caso di trasferimento della residenza all’estero o in Italia, (ii) individuare la normativa anche convenzionale in tema di attribuzione di utili/perdite ad una stabile organizzazione oppure di erogazione o percezione di dividendi, interessi e royalties e altri componenti reddituali a o da soggetti non residenti, (iv) verificare la sussistenza dei requisiti necessari per la configurazione di una stabile organizzazione[43]. Tali accordi se perfezionati vincolano le parti “per il periodo d’imposta nel corso del quale sono stipulati e per i quattro periodi d’imposta successivi salvo mutamenti delle circostanze di fatto o di diritto rilevanti ai fini degli accordi sottoscritti e risultanti dagli stessi”. La fattispecie è senza dubbio significativa in quanto collocata all’interno della disciplina dell’accertamento quale innovativa forma di modulo consensuale [44] e partecipativo con evidente effetto deflativo non solo del contenzioso ma dello stesso controllo. La presenza di una fase prodromica all’accordo (di c.d. pre-filing) evidenzia il ruolo attivo del contribuente il quale, nell’attivarsi e darsi disponibile a condividere scelte normative e valutative, partecipa con l’ufficio a garantire l’efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost. stimolando un contraddittorio (rectius un confronto) partecipativo e non conflittuale [45], peraltro destinato ad essere riattivato per esigenze di c.d. manutenzione dei termini originari a seguito del sopravvenuto mutamento della circostanza di fatto nonché di diritto (es. per mutamento degli orientamenti giurisprudenziali). L’esito non è scontato: l’accordo, infatti, a seguito dell’istanza e dell’istruttoria in contraddittorio potrebbe non essere raggiunto e di ciò si dovrà dare conto [continua ..]
5.1. I fondamenti costituzionali/comunitari di un interesse all’accordo e la collocazione dell’istituto tra procedimento amministrativo tributario e procedimento paraconcorsuale La storia sia normativa che giurisprudenziale dell’istituto della transazione fiscale (nella nuova veste post maquillage lessicale di “trattamento” dei crediti tributari e previdenziali) ne conferma la natura di modello di accordo dispositivo consensuale dell’obbligazione tributaria [56]. Recenti vicende normative (D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 4 nonché l’art. 3, comma 1 bis del D.L. 7 ottobre 2020 n. 125 convertito nella L. 27 novembre 2020, n. 159) e auspicati chiarimenti ministeriali (Circolare Agenzia Entrate 29 dicembre 2020 [57]) ne hanno colorato la fisionomia. La sua introduzione con l’art. 182 ter della L. fall. ha, come è noto, indotto una profonda rivisitazione del c.d. dogma dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria e della (talvolta senza confini) discrezionalità dell’Agenzia delle Entrate, dogma già superato e razionalizzato con l’antecedente istituto dell’accertamento con adesione [58], soddisfacendo le istanze di una adeguata previa copertura legislativa [59]. L’avvenuta copertura legislativa garantisce sia l’azione dell’Erario sia l’interesse ad un equo riparto alla luce di ulteriori interessi pubblici meritevoli tra i quali quello all’effettività della riscossione; l’avvenuta positivizzazione della disponibilità ha innegabili effetti limitativi dello spazio della discrezionalità sebbene non si debba escludere una futura ipervalutazione della prassi. Ciò premesso, si considerino alcuni dati. a) Il primo è rappresentato dai principi dettati dalla sentenza della CGE caso Degano trasporti Corte di Giustizia UE, 7 aprile 2016 C-546/14 la quale, nel ritenere falcidiabile anche l’IVA, ha espressamente collegato il buon esito della procedura di ristrutturazione al miglior perseguimento dell’interesse pubblico all’effettività della riscossione[60]. La sentenza comunitaria ha, infatti, dato luogo alle inevitabili modifiche all’art. 182 ter al fine di consentire agli uffici la falcidia dell’Iva (e, con l’occasione, anche delle ritenute per quanto non oggetto, ovviamente, della statuizione comunitaria) [continua ..]
Nonostante la chiara funzionalizzazione costituzionale della transazione rispetto all’art. 97 Cost. [71] prima del coinvolgimento ex lege del giudice ordinario (sic!) avutasi con la novella legislativa nulla era mai stato disposto a livello normativo sui margini di tutela avverso il silenzio o il rifiuto espresso dell’Agenzia in sede di accordi o il voto dissenziente quando per l’entità del credito la posizione assunta avesse impedito la ristrutturazione del debito; solo la giurisprudenza tributaria di merito aveva aperto uno spazio all’impugnabilità del diniego di transazione ed alla sindacabilità del rifiuto non solo sotto il profilo motivazionale. Qualsiasi forma di silenzio della Amministrazione finanziaria a fronte di una istanza del privato può ledere le garanzie costituzionali alla base del c.d. “giusto procedimento” e dei principi di collaborazione e di buona fede ex art. 10 della L. n. 212/2000 [72]. La circostanza che non vi sia una generalizzata ed esplicita qualificazione normativa in senso provvedimentale del silenzio rende ancora più irragionevole la sproporzione degli effetti del silenzio degli uffici rispetto a quelli che ex lege si producono per il contribuente in termini di preclusioni e decadenze [73]. La normativa si rivela lacunosa di un elemento temporale fondamentale ovvero il dies ad quem entro il quale l’adesione deve essere data ed oltre il quale la sua “mancanza” sia, appunto, perfezionabile; si dovrebbe, quindi, richiamare il termine di 90 gg per gli accordi di ristrutturazione mentre per il concordato il termine sarebbe già fissato in generale dalle regole della procedura. Il silenzio (rifiuto tacito) ed il rifiuto espresso possono costituire una mossa dell’Agenzia delle Entrate per avere di più (cioè tutto o quasi tutto) …. anche quando ciò non dovrebbe essere possibile per la par condicio ed il divieto di trattamento deteriore a parità di natura (privilegiato, chirografario) e grado o, quantomeno, per l’obbligo di pari trattamento per crediti omogenei [74]. Senza dubbio occorre riflettere se i concetti di “mancanza di voto” e di “mancanza di adesione” comprendano il solo silenzio oppure, come pare confermato anche dai recenti orientamenti giurisprudenziali dei tribunali fallimentari, anche il voto contrario, quello contrario [continua ..]
La recente legislazione permette di rilevare all’interno di procedimenti amministrativi a partecipazione facoltativa/doverosa del contribuente, spesso attivati su iniziativa di questo per il tramite di una apposita istanza, un “ruolo” particolarmente significativo ad un qualificato soggetto terzo rispetto alle parti del rapporto giuridico tributario. Il riferimento è alle diverse ipotesi di attestazioni che la legge tributaria ha introdotto in procedimenti volti non solo all’ottenimento del rimborso di tributi e crediti ma, soprattutto, alla ristrutturazione del debito tributario attraverso gli strumenti offerti dal diritto della crisi di impresa e del consumatore; è emblematica la rilevanza dell’asseverazione di un professionista indipendente così come prevista e disciplinata ai fini della transazione fiscale in sede di accordi di ristrutturazione e di concordato preventivo: ad essa si dedicherà ora attenzione. Il ruolo che la legge attribuisce al terzo asseveratore e al contenuto della sua relazione è senza dubbio concorrente nella perfezione dell’accordo e idoneo a limitare gli spazi di discrezionalità degli enti creditori tributari e previdenziali rispetto ad un rifiuto espresso o tacito anche attraverso la mancanza di voto o il voto negativo. Se l’Agenzia delle Entrate, infatti, non condividesse la relazione ne dovrebbe contestare ad es. il valore di realizzo di immobili o beni liquidabili, i valori previsionali del fatturato, le probabilità di incasso dei crediti verso terzi, la capacità di finanziamento dei soci, ecc. Ma allora a cosa servirebbe l’asseverazione la cui falsità è il presupposto di un reato? Essa è senza dubbio l’unico benchmark [79] per valutare la convenienza della proposta nella prospettiva dell’interesse pubblico [80]. In questi termini la stessa Circolare n. 34/E/2020 § 3 nell’attribuire all’Agenzia un potere di valutare il contenuto dell’attestazione sembra limitarlo all’indagine se l’attestatore abbia correttamente eseguito le “attività propedeutiche all’attestazione” espressamente indicate nel § 2.3 attraverso il richiamo al principio di revisione internazionale Isa Italia 500 e illustrate in termini molto dettagliati: non sembra ci siano spazi per sbagliare senza colpa grave a questo [continua ..]
La Circolare n. 34/E del 2020 al § 3.1 ammette che l’Ufficio possa dissentire dalla relazione nonostante il parere favorevole del commissario giudiziale ove si tratti di concordato; qualora ciò accada il diniego del singolo ufficio dovrà, però, presentare “una puntuale motivazione” tale da “confutare analiticamente, in base ad elementi chiari, oggettivi e verificabili, le argomentazioni e le conclusioni” del commissario; analogamente viene chiarito dal successivo § 3.2 per gli accordi di ristrutturazione. Il dissenso è in realtà da riferirsi, per il concordato, non tanto e non solo alle argomentazioni del Commissario quanto al contenuto della relazione: il parere favorevole del Commissario, infatti, esprime l’adesione alla relazione e al piano. Se così è, come pare, esso è rivolto alla relazione stessa. La contraria opinione dell’ufficio è senza dubbio configurabile qualora non siano rispettate le regole della buona prassi richiamate dalla stessa Circolare. Sebbene sia espressamente previsto nella Circolare un contraddittorio quantomeno opportuno laddove l’ufficio abbia già in mente di non accettare, è possibile dissentire senza considerare l’asseverazione inattendibile e, quindi, dovuta la denunzia penale? Se tale rispetto fosse, invece, indubbio su che base la proposta potrebbe essere rifiutata ed il diniego motivato? A fronte dello svolgimento di tutte le “attività propedeutiche all’attestazione” e dell’analisi “del maggior apporto patrimoniale” rappresentato “dai flussi o dagli investimenti generati dalla eventuale continuità aziendale” rispetto all’“esito dell’attività liquidatoria” (cfr. i §§ 2.3 e 3.1 della Circolare) e delle indicazioni delle ragioni per le quali l’accettazione della proposta sarebbe più conveniente, lo spazio di dissenso sembra molto esiguo; l’ufficio non potrebbe, infatti, entrare nel merito delle singole valutazioni asseverate o dell’opportunità (o meno) di talune scelte riorganizzative e gestionali quando il procedimento di dimostrazione della convenienza della proposta rispetto alla liquidazione giudiziale sia stato sviluppato secondo i criteri indicati e sia stato asseverato. Si ha, quindi, l’impressione che si sia passati da [continua ..]
Le diverse situazioni in cui si configurano interessi pretensivi del contribuente a che l’Agenzia, a seconda dei casi, consenta al contribuente di essere informato, prendere parte al procedimento di accertamento oppure provveda all’annullamento di un precedente atto impositivo o, infine, definisca i termini dell’obbligazione attraverso un modello comportamentale di natura consensuale e non autoritativo unilaterale pongono senza dubbio all’attenzione una serie di questioni: – in via preliminare se ci si trovi di fronte ad una situazione giuridica attiva tutelabile in via immediata o, invece, solo mediata attraverso l’impugnazione di un atto successivo; – se l’atto concretamente adottato dall’ufficio o la situazione di omessa attivazione siano riconducibili non solo alla materia tributaria ma, soprattutto, ad uno degli atti impugnabili di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 nella latitudine definibile in via di interpretazione estensiva o analogica; – se, in alternativa, sia fondata l’attribuzione della tutela alla giurisdizione ordinaria. Limitandoci a richiamare le conclusioni del noto dibattito dottrinale e giurisprudenziale sviluppatosi sull’argomento si può ritenere che sia impugnabile in commissione tributaria qualsiasi atto che per la sua specifica regolamentazione sia idoneo a portare a conoscenza del contribuente, con concreta esposizione delle ragioni di fatto e di diritto relative, una pretesa tributaria, una sua nuova determinazione o la mancata rideterminazione della stessa qualora uno specifico procedimento amministrativo tributario sia per legge inteso ad offrire, su istanza del contribuente, una occasione di definizione consensuale di aspetti qualificatori e quantitativi del presupposto. Mentre la questione della tutela dell’interesse ad una definizione concordata della pretesa e della relativa riscossione costituisce novità alla quale si dedicherà a breve attenzione, è, invece, più solcato il cammino in ordine alla reazione in caso di mancata informazione e partecipazione nonché di mancato annullamento. In ordine alle prime due ipotesi è prevalente la convinzione che, fino a quando il contraddittorio non verrà riconosciuto espressamente come principio generale dell’ordinamento e, quindi, come regola inderogabile nel rapporto tra Agenzia delle Entrate e contribuente, l’interesse di [continua ..]
Le considerazioni che precedono hanno evidenziato la presenza di interessi soggettivi giuridicamente rilevanti a che un’esposizione debitoria tributaria sia ristrutturata e, quindi, a che la proposta contenuta nell’istanza di transazione fiscale corroborata dall’asseverazione del terzo attestatore sia accolta. Si tratta di un interesse non oppositivo (sebbene la mancata ristrutturazione consegua ad un diniego, espresso o tacito) quanto, invece, pretensivo. L’articolata partecipazione disciplinata dalla legge fallimentare e l’innegabile peso, per quanto trascurato nelle posizioni della prassi ministeriale, che la stessa (in combinazione con la previsione della fattispecie penale) attribuisce all’asseverazione esprimono la presenza di una situazione giuridica che, a certe condizioni, merita indubbiamente una tutela. Sebbene alle azioni del contribuente si siano sempre collegati interessi giuridicamente rilevanti di immediata matrice privatistica (es. integrità del patrimonio, libertà di iniziativa economica, interesse al buon andamento e all’imparzialità rispetto alla singola sfera soggettiva) nel caso della mancata transazione fiscale la funzionalizzazione ex lege delle scelte dell’Agenzia delle Entrate all’effettività della riscossione può far emergere, laddove siano state rispettate non solo le regole procedurali prevista dall’art. 182 ter della L. fall. ma anche quelle soft rules che, sul punto, la stessa Circolare dell’Agenzia si è preoccupata di definire in dettaglio (si pensi ai criteri di asseverazione) un particolare interesse soggettivo a che, a seguito del confronto procedimentalizzato, venga adottata, attraverso un modello relazione bilaterale consensuale, la scelta più “giusta” nell’interesse “pubblico”. È proprio rispetto alla declinazione che quest’ultimo è suscettibile di avere che assume rilievo la “collettività” come entità soggettiva cui fare riferimento nel fondare l’interesse del contribuente quale membro della stessa; non si tratta più di un interesse erariale contrapposto ma di garantire (da parte dell’ufficio e, quindi, poter pretendere da parte del singolo) che le scelte pubbliche da adottare in un caso concreto giungano al miglior risultato anche per la collettività: ciò significa che sarebbe [continua ..]
Le Sezioni Unite della Cassazione [98], nel risolvere una questione preventiva di giurisdizione, hanno attribuito al giudice ordinario la cognizione delle controversie sul mancato assenso; la S.C. ha ritenuto prevalente sulla natura tributaria dell’obbligazione e della riscossione delle relative imposte la finalità (in realtà, però, non esclusiva ma concorrente) concorsuale dell’accordo e, quindi, la natura non tributaria degli interessi soggettivi coinvolti e l’assenza di una loro autonomia all’interno di quelli più genericamente intesi come interessi concorsuali e creditori così da considerare quelli tributari (e del contribuente) endocorsuali e non esoconcorsuali. La scelta per la giurisdizione ordinaria si è fondata sulla asserita riconducibilità della ratio dell’accordo alla funzione delle procedure concorsuali e, quindi, sulle conseguenze che la sua mancata perfezione può avere nella prospettiva del legittimo svolgimento ed esito della procedura concorsuale rispetto agli interessi sia creditori privati sia pubblici propri delle procedure nelle loro peculiarità e finalità. Non rileverebbe, quindi, anche la tutela degli interessi del contribuente e dell’interesse pubblico all’effettività della riscossione all’interno delle procedure stesse e di quelle di attuazione dei tributi [99]. Si ricordano, però, sempre più situazioni giuridiche eterogenee (riconducibili, peraltro, ai “diritti civili” di cui alle controversie menzionate dall’art. 6 della CEDU) in cui la natura provvedimentale/autoritativa dell’atto tributario è sminuita da un potere di valutazione (non discrezionale) di interessi plurimi ed anche soggettivamente diversi alla cui ponderazione è funzionale per legge l’attività dell’Agenzia delle Entrate secondo i canoni prescritti dall’art. 97 Cost. La disciplina vivente del rapporto tributario deve interessarsi non più solo dello squilibrio della supremazia rispetto ai limiti fissati dalla legge a garanzia del contribuente ma anche dei limiti che la Costituzione e la legge pongono a garanzia della corretta funzionalizzazione della scelta dell’amministrazione (con atti o silenzi che sia) nei confronti di un contribuente non più suddito ma cittadino e, come tale, titolare di situazioni giuridiche attive quale membro [continua ..]
Pare ormai segnata la strada di una tutela giudiziale in sede ordinaria avverso la “mancanza” di transazione fiscale in tutte le sue possibili forme; ci si deve, allora, chiedere quali conseguenze abbia sullo spazio cognitivo giudiziale così come definito dalla novella l’importante contenuto esplicativo (de facto regolamentare) delle indicazioni date dall’Agenzia nella Circolare n. 34/E. Altrimenti detto: se nella fin qui nota esperienza la conformazione alle indicazioni date in una circolare ha l’effetto della disapplicazione delle sanzioni ex art. 10 della L. n. 212/2000 (Statuto del contribuente), in un caso come quello in esame l’effetto giuridico conseguente dovrebbe essere ricondotto all’affidamento sulla corrispondenza di quanto asseverato a quanto richiesto dalla stessa Agenzia ai propri fini (che altro non sono che interessi pubblici). È indubbiamente significativa la circostanza che la Circolare n. 34/E del 29 dicembre 2020 fissi delle guide rules di best practice (ma forse, di più) tali da attribuire al contenuto dell’asseverazione, come si legge, un “valore presuntivo”. La Circolare al § 2 definisce l’asseverazione un elemento “determinante in quanto deputato a rafforzare” (sic!) “la credibilità degli impegni assunti dal debitore mediante il piano che devono essere finalizzati al riequilibrio della situazione economico – finanziaria e, sostanzialmente, al risanamento dell’impresa”; essa, poi, si sofferma in modo diffuso nel § 2.3 sul contenuto che dovrebbe avere l’attestazione, dando, così, ad intendere che il paradigma da seguire al fine di soddisfare l’aspettativa informativa e dimostrativa degli uffici sia quello indicato in tale circolare. Da ciò l’impressione che sia configurabile un effetto anche vincolante; si andrebbero, in questo modo, a ridurre quasi del tutto (se non integralmente) gli spazi di contestazione dell’attestazione sulla fattibilità del piano di rientro e, quindi, di diniego tacito o esplicito che si voglia. Il vincolo, se esistente, opererebbe, a questo punto, nei confronti non solo dell’Ufficio che per primo si dovrebbe, comunque, preoccupare di tutelare l’interesse pubblico all’effettività della riscossione e gli altri interessi costituzionalmente rilevanti che entrano in gioco nell’alternativa tra [continua ..]