Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
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La Corte di Cassazione conferma l'impossibilità di riqualificare la cessione di 'fabbricato' in vendita di 'terreno edificabile' (di Filippo Passagnoli)


Le cessioni di fabbricati ultraquinquennali non danno luogo a plusvalenza imponibile: tuttavia, in caso di riqualificazione dell’atto in termini di cessione di “terreno edificabile”, la plusvalenza medesima diventa tassabile. La Suprema Corte, con la decisione in commento, è tornata a ribadire che la cessione di un fabbricato non può essere riqualificata in cessione di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria, neanche laddove il venditore abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e successiva ricostruzione del fabbricato. Le azioni accertative degli uffici, nonostante l’orientamento del giudice di legittimità, restano ancorate a tale prassi, finendo per pregiudicare gravemente la certezza del diritto ed il legittimo affidamento dei contribuenti. La fattispecie prevista dall’ultima parte della lett. b) dell’art. 67 del TUIR ha, invece, più che mai necessità di essere interpretata rigorosamente, alla luce tanto della volontà del legislatore che l’ha introdotta quanto della sua assoluta singolarità (per non dire eccezionalità) nel variegato quadro delle plusvalenze immobiliari.

The Supreme Court reaffirms the impossibility of requalify the transfer of a 'building' in transfer of a 'building land'

The transfer of buildings after five years from the purchase do not generate a taxable capital gain: however, in the event of reclassification of such transfer in terms of transfer of a “building land”, the capital gain itself becomes taxable. The Supreme Court, with the commented decision, has reaffirmed that the transfer of a building cannot be reclassified as a transfer of a piece of land with construction purposes, even if the seller has submitted a building permit application for the demolition and the subsequent reconstruction of the building. The investigative actions of Italian tax authorities, despite the abovementioned approach followed by the Supreme Court, still remain anchored to this practice, seriously jeopardising the certainty of law and the legitimate reliability of taxpayers. The author believes that the case regulated by lett. b), last period, of art. 67 of the Income Tax Consolidated Act (ITCA), shall be subject to a rigorous interpretation, in the light of both the will of the legislator and its absolute (not to say exceptional) singularity in the variegated picture of real property capital gains.

Cass., sez. VI, 27 settembre 2018 (ud. 17 luglio 2018, dep. 27 settembre 2018), n. 23409 – Pres. Iacobellis, Est. La Torre Imposta Reddito Persone Fisiche (IRPEF) – Oggetto dell’imposta – Redditi diversi   In materia di imposte sui redditi, in forza degli artt. 67 e 17, comma 1, lett. g) bis, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, sono soggette a tassazione separata, quali “redditi diversi”, le «plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione», e non anche di terreni sui quali insiste un fabbricato e quindi, già edificati. Ciò vale anche qualora l’alienante abbia presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile in quanto la “ratio” ispiratrice del citato art. 67 tende ad assoggettare ad imposizione la plusvalenza che trovi origine non da un’attività produttiva del proprietario o possessore ma dall’avvenuta destinazione edificatoria del terreno in sede di pianificazione urbanistica.   FATTO E DIRITTO Ritenuto che: D.S.A. e De.Sa.Al. ricorrono per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, n. 6291/06/2016 dep. 20.10.2016, che in controversia su impugnazione di avviso di accertamento per Irpef anno 2008, ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate, riformando la sentenza di primo grado. Il contenzioso verte su omessa dichiarazione di plusvalenza in relazione a vendita (del 20 ottobre 2008) di terreno edificabile e sovrastante fabbricato sito in (Omissis), oggetto di rettifica con atto notarile del 18 dicembre 2008, col quale era stato diversamente qualificato l’oggetto della compravendita, definito come “villino con annessa corte” ad un valore inferiore a quello accertato. La CTR, premesso che l’atto di rettifica non può mutare in senso sostanziale l’ogget­to dell’atto rettificato (contenuto in atto pubblico) e non può o deve avere alcuna portata in termini di imposizione ai fini dell’imposta di registro ha ritenuto l’atto di rettifica non “idoneo a invalidare l’accertamento tributario né a modificare l’oggetto e la natura del bene compravenduto nel giugno 2008” (tenuto conto anche del permesso di costruire sul terreno oggetto di compravendita, della contestuale demolizione del fabbricato e del fatto che l’acquirente era società edile destinataria del permesso di costruire ottenuto nel giugno 2008). L’Agenzia resiste con controricorso. Considerato che: 1. Col secondo motivo, esaminato prioritariamente per ragioni logiche, si deduce violazione, ex art. 360, n. 3, dell’art. 67 TUIR, per avere la CTR erroneamente equiparato la cessione di [continua..]

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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La prassi della riqualificazione - 3. La cessione di “terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria”: l’orientamento della Cassazione - 4. Redditi diversi e plusvalenze immobiliari: un quadro asistematico fra “reddito prodotto” e “reddito entrata” - 5. I corollari dell’orientamento della Corte - 6. Osservazioni conclusive - NOTE


1. Premessa

Con l’ordinanza in commento la Corte è tornata a riflettere su una fattispecie che ricorre non di rado nella pratica degli affari di natura immobiliare e che trae il proprio spunto dalla cessione a titolo oneroso, da parte di un soggetto che agisce al di fuori dell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, di un immobile da cui ha conseguito una plusvalenza. Plusvalenza che, come vedremo, viene considerata dal giudice di legittimità non tassabile, secondo una rigorosa applicazione del vigente art. 67 del TUIR. Nel caso risolto dalla Cassazione, il contenzioso verteva sull’omessa dichiarazione di una plusvalenza in relazione alla vendita, avvenuta nell’ottobre del 2008, di un terreno edificabile e sovrastante fabbricato, oggetto poi di rettifica con atto notarile, tramite il quale l’oggetto della compravendita veniva riqualificato come «villino con annessa corte». Nel momento in cui, però, il campo di osservazione non venga limitato alla cessione del fabbricato, costituente l’oggetto formale dell’atto pubblico di trasferimento, ma esteso all’intento, emergente dall’atto medesimo, di sfruttare le ulteriori potenzialità edificatorie del terreno rispetto alle volumetrie già esistenti (ovvero, emerge l’in­tenzione delle parti di procedere alla demolizione del fabbricato stesso), si può comprendere la ragione per cui gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate hanno accertato la tassabilità, quale reddito diverso, della plusvalenza conseguita, in applicazione del­l’art. 67, lett. b) ultima parte del TUIR. Questa norma, come noto, dispone la tassazione (in via separata) «in ogni caso delle plusvalenze derivanti dalla cessione di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione». La problematica in questione ha toccato molti contribuenti, i quali, dopo aver ceduto un proprio immobile, un fabbricato ricevuto in successione o detenuto da più di cinque anni, senza dichiarare alcuna plusvalenza imponibile ai fini IRPEF, si sono visti riqualificare a distanza di anni da parte dell’Agenzia delle Entrate tali atti come cessioni di area edificabile, sulla base di indizi anteriori e posteriori alla stipula [1]. L’ordinanza n. 23409/2018, dopo aver delineato i confini della fattispecie, [continua ..]


2. La prassi della riqualificazione

L’art. 67, lett. b), del TUIR dispone la tassabilità, «in ogni caso», delle «plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione». Muovendo dalla locuzione «in ogni caso» gli Uffici dell’Agenzia hanno da tempo individuato il passepartout per le loro pretese di riqualificazione: tale locuzione, in realtà rivolta alla provenienza del cespite e preordinata, come vedremo, semplicemente a derogare ai criteri temporali individuati nella prima parte della lett. b), è finita infatti per essere talvolta strumentalizzata e richiamata (addirittura in concomitanza con l’art. 20 del D.P.R. n. 131/1986, relativo all’imposta di registro) per avvalorare la tesi dell’imponibilità della plusvalenza alla luce di una diversa ricostruzione del contenuto e degli effetti del contratto [2]. La prassi della riqualificazione immobiliare è stata definitivamente “consacrata” con la Risoluzione 22 ottobre 2008, n. 395/E, in cui l’Agenzia, rispondendo all’inter­pello di un contribuente, ha sostenuto che l’inserimento dei fabbricati all’interno di un’area oggetto di un Piano di Recupero, da cui discenda la possibilità di ampliare le cubature esistenti, fa sì che oggetto della compravendita non possano essere considerati i fabbricati, «oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alle potenzialità edificatorie in corso di definizione» [3]. Da quel momento in poi, gli Uffici si sono sentiti a vario titolo legittimati a riqualificare quelle cessioni che, per vari motivi, potessero lasciare trapelare l’intenzione dei contraenti di considerare quale reale oggetto della cessione non il fabbricato, oggetto magari di futura demolizione, ma la potenzialità edificatoria sottostante ad esso. Costante, infatti, il riferimento, negli atti della Amministrazione Finanziaria, anche all’art. 1362 c.c. relativo all’interpretazione dei contratti ed alla intenzione delle parti [4]. Si è ritenuto, in particolare, che rappresentino elementi espressivi di una diversa volontà: la presenza di un permesso di [continua ..]


3. La cessione di “terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria”: l’orientamento della Cassazione

La previsione di legge, già dal mero dato letterale, è tecnicamente chiara nel prevedere la tassazione, ai fini delle imposte sui redditi, delle sole cessioni di aree edificabili (terreni). Del resto, che questa fosse l’intenzione del legislatore si evince anche dalla relazione di accompagnamento della L. n. 413/1991 [6]: la ratio ispiratrice dell’art. 81 (attuale art. 67) del TUIR è quella di tassare la «manifestazione di forza economica», conseguente al «fatto oggettivo» della «avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni», e non derivante da un’attività produttiva (o speculativa) del proprietario o, addirittura, del futuro proprietario dei beni oggetto della cessione. In altri termini, il legislatore del 1991 non ha inteso sottoporre a tassazione la «manifestazione di forza economica» conseguente ad un una attività del cedente, bensì quella scaturente da un fatto oggettivo e non controvertibile: la «avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica» dei terreni. Al riguardo, già nel 2014 il giudice di legittimità, con due leading cases [7], delineò i confini della vicenda, precisando che la cessione di un fabbricato, pur se poi demolito, non può essere riqualificata come cessione di area edificabile, dal momento che l’art. 67, comma 1, lett. b) è chiaro nel fare riferimento alla sole cessioni di terreni edificabili, quindi non ancora edificati. Nel caso di terreno su cui insorge un fabbricato l’area risulta già edificata, quindi non vi può essere alcuna «manifestazione di forza economica conseguente alla destinazione edificatoria del bene in sede di pianificazione urbanistica». La Corte, in quell’occasione, giunse alla conclusione secondo cui le norme di natura tributaria di riferimento sono inequivocabilmente finalizzate a sottoporre a tassazione la manifestazione di forza economica derivante dalla «destinazione edificatoria originariamente conferita, ad area non edificata, in sede di pianificazione urbanistica e non a quella ripristinata, conseguentemente ad intervento su area già edificata operata dal cedente o cessionario». Insomma, ciò che rileva ai fini dell’applicabilità dell’art. 67, comma 1, lett. b), [continua ..]


4. Redditi diversi e plusvalenze immobiliari: un quadro asistematico fra “reddito prodotto” e “reddito entrata”

La soluzione interpretativa fornita per il caso delle cessioni di «terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria» va ricercata, oltre che nella ratio dichiarata della norma, anche ad un più profondo livello sistematico. In effetti, la rigorosa lettura della giurisprudenza citata riesce a cogliere la singolarità della fattispecie delle “aree edificabili”, e di conseguenza mira ad arginare pericolose interpretazioni estensive della stessa, che finirebbero per minare il quadro stesso dei redditi diversi. Per lungo tempo, infatti, e specialmente prima dell’emanazione del TUIR, è stata enfatizzata la natura residuale della categoria dei redditi diversi. Peraltro, la disposizione antecedente all’art. 81 TUIR (attuale art. 67), ovverosia l’art. 80 del D.P.R. n. 597/1973, oltre a contemplare un elenco di fattispecie costituenti reddito diverso, recava una norma di chiusura secondo cui al reddito complessivo concorreva «ogni altro reddito diverso da quelli espressamente considerati» [12]. Come si evince dalla relazione governativa al TUIR, la scelta compiuta con l’art. 1 del Testo Unico di rinunciare ad enucleare una nozione generale di reddito tassabile si è sposata con la volontà di considerare reddito quello appartenente alle singole categorie contemplate; parallelamente, si è optato per l’eliminazione dal contesto dei redditi diversi, per esigenze di certezza del diritto, di quella previsione residuale da ultimo richiamata, foriera di contrasti interpretativi e gravi incertezze [13]. Nel nuovo sistema, la categoria dei redditi diversi continua ad avere carattere residuale, ma unicamente nel senso che ricomprende al suo interno fattispecie fra loro eterogenee e tassativamente elencate [14]. Si può notare, dunque, come le ipotesi disciplinate dalle prime lettere dell’art. 67 siano tutte accomunate dal fatto che la ricchezza colpita tramite esse derivi lato sensu da cessioni; dunque, esse sono riconducibili al più generale concetto di plusvalenza, intesa come differenza tra costo di acquisto e corrispettivo percepito a fronte della cessione del bene. In passato si parlava di “plusvalenze speculative”, in quanto la disciplina, esplicitamente o implicitamente, mostrava di voler assoggettare al prelievo i soli differenziali realizzati a seguito di un’attività del soggetto [continua ..]


5. I corollari dell’orientamento della Corte

A conferma dell’eccezionalità del paradigma “reddito entrata”, la Corte, nella fattispecie della cessione di aree edificabili, ha seguito una precisa direzione: quella di ribadire la ratio oggettiva del legislatore del 1991 e la esclusiva centralità della «avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica». Ciò che rileva è la destinazione edificatoria originariamente conferita all’area “non edificata” e non quella ripristinata, conseguente all’intervento eseguito sull’area “già edificata”. Da questo assunto discendono tutta una serie di corollari che l’Amministrazione finanziaria, nell’espletamento della propria attività accertativa, non può certo ignorare; ed il primo principio che si ricava consiste nella regola per cui la distinzione fra edificato e non ancora edificato è alternativa e non ammette terze soluzioni. In secondo luogo, si ricava il principio per cui la cessione di un edificio non può essere riqualificata quale cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’e­dificio non assorbe integralmente la volumetria del lotto su cui insiste. Ne deriva, ulteriormente, il principio per cui la pattuizione fra le parti di demolire e ricostruire, anche con ampliamento di volumetria, non può essere riqualificata come cessione di terreno edificabile. Infine, si ricava che il potere generale dell’Amministrazione di riqualificare un negozio giuridico in ragione dell’operazione economica sottesa trova un limite nel­l’indicazione di carattere tassativo del legislatore, che nella specie ha previsto due regimi fiscali differenti per la cessione di edifici e di terreni edificabili. Del resto, si è già osservato nel paragrafo precedente come eventuali attività, poste in essere dal contribuente, di lottizzazione o comunque di esecuzione di opere tese a rendere un terreno edificabile, siano riconducibili alla fattispecie sub lett. a) dell’art. 67. Ove non ci si attenesse a questa interpretazione di stretto rigore [31], si finirebbe per dar rilievo a quelle attività concernenti i contraenti che il legislatore, nel momento in cui è andato a configurare una tassativa ipotesi di reddito entrata, ha voluto evidentemente lasciare del tutto estranee alla [continua ..]


6. Osservazioni conclusive

L’ordinanza della Corte di Cassazione, dunque, censura la prassi della riqualificazione operata dagli Uffici circa le cessioni di immobili destinati alla demolizione. Questa netta presa di posizione reca un indiscusso pregio: la giurisprudenza di le­gittimità, con il proprio contributo ermeneutico, è riuscita a delimitare in modo chiaro il controverso paradigma della cessione dei “terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria”. Diversamente operando, infatti, si sarebbero continuati a presentare scenari sempre più incerti. La fattispecie in esame, così come scolpita dalla Corte, presenta confini netti: se sul terreno insiste un fabbricato, significa che il terreno è già stato edificato, e dunque la sua cessione non può mai integrare la fattispecie che il legislatore tributario ha inteso colpire, ossia la manifestazione di capacità contributiva sottesa alla vendita di un terreno potenzialmente edificabile. La natura dell’atto deve essere dunque la medesima non solo ai fini del registro, in relazione all’atto notarile [33], ma anche per le imposte dirette, a prescindere da quelli che possano essere gli elementi soggettivi inerenti la sfera dei contraenti. La netta delimitazione della fattispecie imponibile non è un pregio di poco conto. Residua tuttavia, pur una volta scolpita la portata della disposizione, qualche per­plessità a livello sistematico: nessuna delle interpretazioni maturate con riferimento alla cessione di terreni edificabili riesce, infatti, a cogliere il reale problema concettuale a monte dell’intera vicenda, ossia «cosa distingue i terreni dai fabbricati»? Perché il terreno edificabile genera plusvalenze imponibili anche oltre il quinquennio dal­l’acquisto ed il fabbricato no? Il problema si pone a priori, sul piano delle scelte di politica fiscale. La ricostruzione dei tratti essenziali delle plusvalenze immobiliari ha evidenziato al­cune incoerenze: dal punto di vista della capacità contributiva, che deve sempre sottendere al prelievo, ciascuna fattispecie prevista dalle prime due lettere dell’art. 67 del TUIR manifesta idoneità alla contribuzione, derivante da incrementi di ricchezza realizzati tramite la cessione di un cespite immobiliare [34]; tuttavia, assai diverso è il modo di atteggiarsi del [continua ..]


NOTE