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Il danno patrimoniale di speciale tenuità non convince la Corte costituzionale: giudicata legittima la carenza di soglia di punibilità del delitto di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000
Marco Di Siena
La Corte costituzionale giudica non censurabile la carenza di una soglia di punibilità nel contesto del delitto di cui all’art. 2, D.Lgs. n. 74/2000 a confronto con l’ipotesi delittuosa disciplinata dal successivo art. 3 del medesimo provvedimento normativo. Le motivazioni della sentenza appaiono abbastanza tradizionali e basate principalmente sulla discrezionalità del legislatore in tema di elaborazione della struttura delle fattispecie incriminatrici. Una interpretazione alternativa, tuttavia, non appare del tutto fuori luogo.
The Constitutional Court confirms the validity of the absence of an economic threshold in the context of the tax crime provided by Art. 2 of Legislative Decree no. 74/2000 in comparison with the one provided by subsequent Art. 3. The reasons of the judgement are quite traditional and mainly grounded on the lawmaker’s discretion in structuring the crimes. However, an alternative interpretation does not seem totally wrong.
Keywords: tax crimes, tax fraud, economic threshold, invoice, burden of proof
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Commento
Sommario:
1. Premessa. L’asimmetria dell’elemento oggettivo dei delitti di frode fiscale nel contesto del D.Lgs. n. 74/2000. Il dubbio di costituzionalità sollevato dal giudice rimettente - 2. La soluzione tracciata dalla Corte costituzionale - 3. Una conclusione interpretativa apparentemente solida ma non sprovvista di talune incoerenze e forzature concettuali - 4. Il (viepiù) difficile equilibrio fra le due ipotesi delittuose in esito alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 158/2015 - 5. Conclusioni - NOTE
1. Premessa. L’asimmetria dell’elemento oggettivo dei delitti di frode fiscale nel contesto del D.Lgs. n. 74/2000. Il dubbio di costituzionalità sollevato dal giudice rimettente
La sentenza in commento si colloca in un momento storico particolare in cui le modalità con le quali il diritto penale viene impiegato come strumento di lotta all’evasione ottiene rinnovata attenzione anche al di fuori della ristretta platea degli studiosi dell’ordinamento punitivo tributario [1]. È, perciò, quanto mai interessante soffermarsi sulla trama argomentativa di questa pronunzia che permette di sviluppare anche qualche considerazione laterale sulle torsioni a cui l’attuale sistema penale tributario è stato assoggettato in poco meno di un ventennio. È bene, tuttavia, prendere le mosse dall’esito del giudizio. Con la sentenza qui analizzata[2], la Corte costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Palermo in relazione all’art. 2, D.Lgs. n. 74/2000 «nella parte in cui non prevede che la condotta delittuosa [continua ..]
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2. La soluzione tracciata dalla Corte costituzionale
A fronte dei dubbi manifestati del Tribunale di Palermo, la replica dei giudici costituzionali è stata netta e, al tempo stesso, abbastanza tradizionale nel proprio sviluppo argomentativo. La Corte, infatti, ha negato la sussistenza del denunziato vulnus dell’art. 3 Cost. rilevando come sia pacifico nella propria giurisprudenza il fatto che un eventuale trattamento punitivo difforme di condotte apparentemente omogenee risulti censurabile solo in caso di palese arbitrarietà della soluzione prescelta a livello legislativo. Nel caso di specie tali arbitrarietà ed abnormità non sarebbero ravvisabili e di qui il rigetto della questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale [10]. Quello della incensurabilità della discrezionalità legislativa salvo abnormità della soluzione concreta costituisce un principio sovente reiterato nella giurisprudenza costituzionale [continua ..]
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3. Una conclusione interpretativa apparentemente solida ma non sprovvista di talune incoerenze e forzature concettuali
Ricostruito in tal senso il percorso argomentativo elaborato dai giudici costituzionali v’è da dire che l’intero sviluppo motivazionale, sebbene apparentemente ineccepibile (dati gli ampi margini dialettici assicurati dal richiamato principio della discrezionalità legislativa in materia di criminalizzazione delle condotte), si presta a considerazioni che – se non sono rigorosamente critiche – si possono senz’altro definire (quanto meno) dubitative. Anche una volta ripercorso con attenzione lo sviluppo della sentenza, il punto di sostanza posto in rilievo dai giudici rimettenti, infatti, permane intatto nella propria evidenza e non risulta di certo smussato dal rinvio alla nozione (ad onore del vero abbastanza impalpabile o, comunque, sufficientemente duttile) dell’abnormità del risultato quale limite all’esercizio della discrezionalità normativa. A [continua ..]
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4. Il (viepiù) difficile equilibrio fra le due ipotesi delittuose in esito alle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 158/2015
Del resto – come puntualmente posto in luce in dottrina [29] – se il rapporto fra le due ipotesi di dichiarazione fraudolenta (l’una connotata dalla presenza di una soglia di punibilità e la seconda, invece, sprovvista di tale elemento) poteva giustificarsi nell’originaria impostazione del D.Lgs. n. 74/2000, la razionalità di tale opzione risulta sensibilmente attenuta alla luce della modifica della struttura del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici introdotta dal D.Lgs. n. 158/2015. Infatti, la circostanza che la condotta tipizzata di questa ipotesi di frode sia stato riformulata e soprattutto il fatto che – alla luce del diritto vivente – la documentazione non veritiera (sia in termini materiali che ideologici) possa rilevare in entrambi gli ambiti punitivi fa sì che il livello di potenziale sovrapposizione fra le due fattispecie criminose risulti incrementato rispetto [continua ..]
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5. Conclusioni
Tracciare delle conclusioni circa la sentenza in allegato non costituisce esercizio agevole. Sarebbe stato oggettivamente velleitario attendersi un esito differente e ciò, almeno, per un duplice ordine di ragioni. In prima istanza, alla luce della menzionata giurisprudenza costituzionale in tema di discrezionalità legislativa per quanto attiene all’elaborazione delle fattispecie incriminatrici. In seconda istanza, poi, perché la materia tributaria (anche nel suo coté sanzionatorio) è comunque oggetto di una giurisprudenza (anche a livello costituzionale) tendenzialmente conservatrice che non cela di certo un approccio di estrema prudenza rispetto a qualsiasi iniziativa interpretativa che possa figurare alla stregua di una possibile attenuazione dei presidi di tutela degli interessi erariali. La sentenza, quindi, non stupisce nel suo esito e v’è da dire che lo sviluppo argomentativo elaborato dai giudici costituzionali [continua ..]
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NOTE