La disciplina dell’imposta di soggiorno, distribuita tra livello statale e comunale di normazione, ha fino ad oggi alimentato incertezze sugli adempimenti a carico del gestore delle strutture ricettive e sulle conseguenze giuridiche del tardivo o omesso riversamento al Comune del tributo prelevato dall’utente-ospite della struttura. Il c.d. “decreto rilancio” prova ad affrontare e superare tali limiti coordinando e sottraendo alla potestà comunale gli adempimenti dichiarativi, assegnando una qualificazione giuridica più appropriata al gestore della struttura ricettiva e, da ultimo, riconducendo al novero delle sanzioni amministrative tributarie le conseguenze della violazione dei suoi obblighi. L’intervento, nel suo complesso, sembra voler inibire le conseguenze penali di un illecito che la giurisprudenza ha sistematicamente ricondotto, nei precedenti assetti, al reato di peculato. La depenalizzazione dell’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno potrebbe tuttavia incontrare alcuni ostacoli che vengono affrontati nella parte finale di questo scritto.
Until now, the legal discipline of the tourist tax, which is shared between the state and municipal regulatory authority, has so far fueled uncertainties on the obligations borne by the accommodation facility manager and on the legal consequences of late or omitted transfer to the Municipality of the tax collected by the guest of the structure. The so-called Relaunch Decree tries to address and overcome these limits by coordinating and subtracting the tax return duties from the municipal authority, recognising a more suitable legal qualification to the accommodation facility manager and, ultimately, reconducting the consequences of delayed or partial payment of the tourist tax to the field of tax administrative penalties. The decriminalization of the omitted, delayed or partial payment of the tourist tax may however encounter some obstacles that are addressed in the final part of this paper.
KEYWORDS: Tourist-tax, withholding agent, ne bis in idem, tax administrative penalties, decriminalization
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1. Cenni introduttivi - 2. La frastagliata disciplina dell’imposta di soggiorno, tra prescrizioni legislative ed esercizio della potestà regolamentare periferica - 3. La funzione ausiliaria del gestore della struttura ricettiva e del locatore nel procedimento di attuazione del tributo: profili di responsabilità e ritardi legislativi nel coordinamento degli adempimenti sul territorio nazionale - 4. Eccessi di autonomia comunale nella disciplina sanzionatoria di matrice amministrativa “pre-Covid”: possibili interferenze tra regimi sanzionatori e orientamenti della giurisprudenza penale - 5. Il contributo offerto dal “decreto rilancio” al superamento del possibile squilibrio tra la concreta lesività della condotta e la particolare afflittività del trattamento sanzionatorio dei soggetti tenuti a riscuotere l’imposta di soggiorno - 6. Verso la depenalizzazione dell’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta di soggiorno? - NOTE
Tra le maglie della decretazione d’urgenza che tenta di arginare le conseguenze del Covid-19 sull’economia italiana s’annida una significativa modifica della disciplina dell’imposta di soggiorno. Più in dettaglio, la novella contenuta nel D.L. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. “decreto rilancio”), convertito con modificazioni dalla L. 17 luglio 2020, n. 77, è riferita al ruolo del gestore della struttura turistica e al regime sanzionatorio del tributo che, da tempo, innescano contenziosi in sede civile, amministrativa e penale. Alla base dei dissidi si colloca, principalmente, un disordinato esercizio della potestà regolamentare degli enti locali [1] sul versante della fiscalità del turismo [2] che solo in parte è dovuto alla fisionomia del tributo proprio comunale. Infatti, per quanto l’autonomia impositiva periferica [3] legittimi il ricorso ad eterogenei modelli organizzativi e differenti modulazioni del prelievo (non necessariamente espressive di strategie diversificate in funzione delle caratteristiche dei sistemi turistici locali), la varietà dei regimi sanzionatori previsti dai regolamenti comunali [4] non sempre risulta congrua agli obblighi e adempimenti imposti a ciascuna categoria di soggetti coinvolti nel prelievo. Accanto all’ospite della struttura turistica – soggetto passivo del tributo che è tenuto al suo versamento – si colloca infatti il suo gestore, chiamato ad assolvere funzioni particolarmente ampie che muovono da quella informativa e si proiettano nella fase accertativa e, soprattutto, in quella riscossiva, con conseguenti assunzioni di responsabilità ripetutamente scandagliate dalle Corti di merito, di legittimità e dalla magistratura contabile. Al Comune, infine, competono l’istituzione e la disciplina di dettaglio del tributo, il ruolo più rilevante nella fase dell’accertamento, nonché la funzione sanzionatoria che viene esercitata, in via esclusiva, nei confronti del soggetto passivo e del gestore per quanto attiene i soli adempimenti strumentali o, in concorso con il giudice penale, nelle ipotesi di ritardato o omesso (ri)versamento all’ente locale del tributo riscosso (o che avrebbe dovuto essere riscosso) dal gestore. Prima di illustrare le novità contenute nel D.L. n. 34/2020, che interessano anche la [continua ..]
Con l’art. 4, D.Lgs. n. 23/2011 (decreto attuativo del federalismo municipale) [5] i capoluoghi di Provincia, le unioni di Comuni e i Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte sono stati autorizzati ad istituire, con deliberazione del proprio consiglio, l’imposta di soggiorno che deve essere versata da coloro i quali alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio [6]. Questo tributo si colloca tra i pochi istituti suscettibili di conferire concreta autonomia alle scelte periferiche di governo del territorio perché offre un contributo interessante all’autonomia di entrata e di spesa delle amministrazioni civiche [7]. La legge statale individua i criteri cui gli enti impositori devono informare l’esercizio della loro potestà regolamentare stabilendo che il tributo deve essere applicato secondo “criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno”. Proprio in questa previsione e nella particolare indeterminatezza dei concetti di cui essa s’avvale risiedono gli ampi margini di autonomia degli enti locali cui compete ogni decisione in ordine al livello di tassazione, all’individuazione delle fasce di prezzo, alla stagionalità o meno del prelievo, alla distinzione tra categorie o tipologie di strutture ricettive ed altro [8]. Decisioni, queste, che possono determinare differenze sensibili tra enti impositori, sia pure limitrofi, com’è del resto evincibile dal raffronto dei regolamenti delle principali città turistiche del Paese. In alcuni casi si assiste ad una parametrazione del tributo in base alla classificazione delle strutture (anziché del prezzo praticato, come avrebbe invece voluto il legislatore), in altri in ragione della loro tipologia (es. alberghi, bed & breakfast, case vacanze), altre volte ancora in funzione del periodo dell’anno e, quindi, delle sempre più diffuse strategie di destagionalizzazione della domanda. Non sempre, peraltro, la modulazione del tributo è valorizzata in modo adeguato, risultando ancora numerosi i comuni che prediligono un approccio semplificato a fronte di strutture turistiche fortemente differenti (es. 2 euro a notte per tutti gli alberghi o strutture assimilate fino a 3 stelle, 3 euro a notte per quelli a 4 e 5 stelle, a prescindere dalle tariffe in [continua ..]
Com’è stato già accennato, il meccanismo di attuazione dell’imposta di soggiorno trasla sul gestore dell’attività turistica numerosi adempimenti che avevano inizialmente indotto a domandarsi se potessero assimilarsene le funzioni a quelle assolte dal più noto e indagato sostituto d’imposta [11]. A suo carico, infatti, la disciplina statale e i regolamenti comunali pongono un articolato insieme di attività tra cui: dare visibilità, con appositi cartelli e insegne, dell’esistenza e dell’incidenza della tassa di soggiorno; identificare gli ospiti e raccoglierne le generalità; illustrare loro le modalità di applicazione del tributo e le conseguenze dell’eventuale omesso versamento; segnalare all’ente eventuali inadempimenti da parte dell’ospite; compilare e trasmettere al Comune le dichiarazioni annuali e mensili delle somme incassate e di quelle non incassate, con l’illustrazione dei motivi del mancato introito; versare periodicamente le somme; corrispondere sanzioni e interessi nell’ipotesi di ritardato riversamento. Anche nell’applicazione delle esenzioni o riduzioni il titolare della struttura ricettiva assume un ruolo fondamentale, essendo a lui rimessa l’acquisizione e il successivo inoltro all’ente comunale della documentazione prescritta dal regolamento ai fini dell’accesso dei suoi ospiti alle agevolazioni. L’ente impositore, quindi, individua nel titolare della struttura ricettiva un vero e proprio soggetto ausiliario all’esercizio della sua funzione impositiva, ponendo a suo carico un complesso regime di obblighi e un parallelo meccanismo sanzionatorio che solo in alcuni casi viene dichiaratamente attinto dal sistema sanzionatorio amministrativo erariale disciplinato dai D.Lgs. 18 dicembre 1997, nn. 471, 472 e 473. Altre volte, invece, i regolamenti comunali fanno riferimento a differenti trattamenti sanzionatori [12] che, proprio a causa dell’iniziale riconoscimento dell’autonomia periferica anche su questo versante, si avvalgono di espressioni non sempre chiare e finiscono per comporre un articolato quadro che mal s’addice all’esigenza di un’anticipata rappresentazione delle conseguenze della propria condotta e che può finanche condurre, nelle situazioni più critiche, a sovrapporre sanzioni di diversa [continua ..]
Su queste premesse risulta più agevole affrontare l’indagine sul regime sanzionatorio della violazione degli obblighi del gestore della struttura ricettiva sul quale incidono le disposizioni del decreto rilancio. Non può che muoversi dal rischio, già evidenziato, di una simultanea applicazione di trattamenti sanzionatori differenti rispetto ad una medesima condotta omissiva. Il ritardato versamento dell’imposta di soggiorno costituisce l’esempio più eloquente di tale possibile sovrapposizione, atteso che, pur con alcune differenze nelle espressioni utilizzate dai singoli regolamenti nell’inquadramento delle conseguenze dell’illecito, la risposta sanzionatoria viene spesso affrontata in modo confuso, anche quando sia direttamente attinta (per rinvio) dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, il cui art. 13 prevede l’irrogazione della sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo non versato. Se da un lato, infatti, la mancata approvazione del regolamento governativo non avrebbe dovuto precludere l’armonizzazione delle discipline comunali, poiché la riserva assoluta di legge dell’art. 25 Cost. impedisce di rimettere alla potestà regolamentare l’autonoma disciplina di istituti e dei meccanismi punitivi, dall’altro lato, la pluralità di soggetti coinvolti nell’attuazione del tributo ha alimentato non poche difficoltà. Confrontando le espressioni utilizzate dai regolamenti comunali, infatti, emergono incertezze già sull’individuazione del soggetto destinatario del trattamento sanzionatorio. Nella maggior parte dei casi, l’ordinario regime dell’illecito amministrativo tributario è riferito, in modo generico, al “ritardato versamento delle somme”. A ben vedere, però, detto ritardo potrebbe ascriversi sia al contribuente-ospite, nei cui confronti appare ineccepibile imputare conseguenze sanzionatorie simmetriche a quelle che discendono dal ritardato versamento di altri tributi, sia al gestore della struttura ricettiva che, per motivazioni varie (e finanche involontariamente) potrebbe comunque ritardare il (ri)versamento alle casse comunali delle somme trattenute. L’ampiezza delle espressioni fino ad oggi utilizzate dagli enti locali – solo in pochi casi i regolamenti riferiscono chiaramente ed esplicitamente all’ospite le conseguenze in [continua ..]
La particolare severità della reazione ordinamentale al ritardato (ri)versamento al Comune di somme finanche modestissime ha indotto a domandarsi se potesse considerarsi ragionevole e compatibile con i principi cardine del sistema tributario la previsione di un simile regime sanzionatorio a fronte di condotte che, per di più, fino a poco tempo addietro, non erano nemmeno ascritte con certezza al reato di peculato [22]. Non solo, infatti, il combinato disposto dell’art. 314 c.p. e della “legge spazzacorrotti” ha individuato un trattamento complessivo, in punto di indifferibilità nell’applicazione della pena, non dissimile al regime dell’associazione per delinquere di stampo mafioso [23] ma, per di più, l’evasione fiscale più insidiosa, quale può essere quella collegata alle violazioni in materia di Iva o per le condotte socialmente più deplorevoli come l’omesso versamento delle ritenute previdenziali o la sottrazione fraudolenta di garanzie all’erario, è repressa con risposte sanzionatorie più miti che in alcuni casi prescindono dall’importo dei tributi in concreto evasi o sottratti all’azione riscossiva. Con l’irragionevole conseguenza che, alla deliberata sottrazione al Fisco di più ingenti somme maturate in riferimento a distinte obbligazioni tributarie, il legislatore “pre-Covid” ha reagito con un trattamento sanzionatorio meno rigoroso di quello previsto per il ritardato versamento di pochi euro di imposta di soggiorno [24]. Per di più, nell’impianto della vigente legislazione penal-tributaria (D.Lgs. n. 74/2000) e per le ipotesi più ricorrenti e connotate da minore insidiosità rispetto alle condotte fraudolente di sottrazione al versamento dei tributi, la configurazione del reato presuppone il superamento di significative soglie di punibilità: per l’omesso versamento dell’IVA è prevista una soglia di duecentocinquantamila euro mentre per l’omesso versamento dei contributi previdenziali la soglia è attualmente fissata a centomila euro. Ha rischiato di entrare in crisi, in questo modo, la proporzionalità della misura della pena, intesa come applicazione del canone della ragionevolezza in ambito penale. Il che avrebbe dovuto indurre il legislatore, già nel decreto [continua ..]
La novella persegue, in tal modo, apprezzabili obiettivi: anzitutto, quello di rimuovere la discrezionalità comunale sui termini e sulle modalità con cui va resa la dichiarazione tributaria del gestore e del locatore, così delimitando ulteriormente l’autonomia municipale ma rendendo certamente più stabile e meno oscuro il contesto normativo e i profili attuativi a beneficio di un più puntuale assolvimento degli obblighi accessori dei soggetti tenuti a tale adempimento; in secondo luogo, quello di inquadrare in termini finalmente chiari – e ancora una volta uniformi su base nazionale – le conseguenze dell’omessa o infedele presentazione della dichiarazione (sanzione amministrativa dal 100 al 200%) che vengono adesso differenziate da quelle – finanche riducibili in applicazione del ravvedimento operoso – dell’omesso, ritardato o parziale versamento dell’imposta e del contributo di soggiorno (sanzione amministrativa base del 30%, ex art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997). In questa prospettiva, dovrebbero dissolversi le principali incertezze alimentate dalla giungla di regolamenti e dalle variegate espressioni utilizzate dai Comuni nell’individuazione delle conseguenze delle omissioni in questione. Risulta meno agevole, invece, formulare una valutazione prognostica sulla capacità della novella di “recuperare” e circoscrivere al “solo” sistema sanzionatorio amministrativo le conseguenze dei ritardi e delle omissioni nel riversamento dell’imposta alle casse comunali. Resta infatti da verificare se all’esplicito rinvio all’art. 13 (presumibilmente comma 1) del D.Lgs. n. 471/1997 conseguirà effettivamente la mitigazione delle complessive conseguenze della condotta omissiva dell’“ausiliario responsabile” che, com’è stato già osservato, possono risultare sproporzionate soprattutto quando la stessa si traduca in un mero ritardo nel trasferimento delle somme ed ancor più quando detto ritardo sia provocato, ad esempio, da sopravvenute e imprevedibili difficoltà finanziarie [26] o da meri errori di calcolo. La riformulazione dell’art. 4, D.Lgs. n. 23/2011 e del medesimo articolo del D.L. n. 50/2017, restituiscono attualità al parallelo tema del rilievo dei ritardi e omissioni [continua ..]