Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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La soggettività passiva ai fini dell´IMU nel caso di occupazione abusiva dell´immobile (di Francesco Spinello)


Il tema della soggettività passiva ai fini dell’ICI/IMU in caso di occupazione abusiva dell’immobile costituisce una questione controversa sulla quale si sono registrate interpretazioni divergenti sia in dottrina, che in giurisprudenza, non essendo mai stato definitivamente chiarito se, in tale situazione patologica, il possesso rilevi o meno, come presupposto ai fini del tributo immobiliare comunale, indipendentemente dalla dimostrazione della titolarità del diritto reale sull’immobile.

Parole chiave: IMU, presupposto del tributo, soggetto passivo del tributo, possesso, occupazione abusiva.

The tax liability for the purposes of the municipal tax in case of illegal occupation of the real estate

The tax liability for the purpose of the municipal property tax in case of illegal occupation of the real estate represents a controversial issue on which scholars and case law have diverging interpretations, since, in this pathologic situation, it has never been definitively clarified whether the possession is relevant or not, as a prerequisite for the municipal property tax purposes, regardless of the demonstration of ownership of the right in rem.

Keywords: municipal property tax, taxable event, taxpayer, possession, illegal occupation of the real estate.

SOMMARIO:

1. Il presupposto dell’ICI/IMU e la nozione di possesso: un tema controverso - 2. L’interpretazione della nozione di possesso: le soluzioni prospettate dalla dottrina - 2.2. La definizione del presupposto del tributo trova il suo completamento nella norma riguardante i soggetti passivi - 2.3. La tesi del possesso con proprietà (o altro diritto reale) e la tesi del possesso come sinonimo di proprietà (o altro diritto reale) - 3. Le oscillazioni della giurisprudenza di legittimità - 3.1. Le incertezze della Cassazione in merito all’individuazione del soggetto passivo dell’IMU nel caso di risoluzione anticipata del contratto di leasing immobiliare - 3.2. Il recente orientamento giurisprudenziale di legittimità in merito all’in­dividuazione del soggetto passivo dell’IMU nel caso di occupazione abusiva dell’immobile - 4. La necessità di rivedere l’indirizzo interpretativo della Cassazione - 5. Segue: anche attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata e conforme ai principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo - 6. Riflessioni conclusive - NOTE


1. Il presupposto dell’ICI/IMU e la nozione di possesso: un tema controverso

’individuazione del presupposto [1] dell’imposta immobiliare comunale – usando volutamente un’espressione neutra, che prescinde dal cambiamento delle denominazioni verificatosi in progresso di tempo – è da sempre fonte di interpretazioni divergenti. Ciò, soprattutto, a causa di una tecnica legislativa che, a dispetto dei numerosi interventi normativi e dell’ampiezza del dibattito in merito, è sempre apparsa piuttosto approssimativa [2]. Inizialmente, l’art. 4 della L. n. 421/1992, nel delegare il Governo ad istituire l’ICI, aveva fissato quali “principi e criteri direttivi”, per quanto concerne i soggetti passivi e il presupposto, “l’assoggettamento all’imposta […] del proprietario dell’immobile ovvero del titolare del diritto di usufrutto, uso o abitazione sullo stesso”. In attuazione dei criteri direttivi fissati nella richiamata Legge delega, l’art. 1, comma 2, del D.Lgs n. 504/1992 aveva indicato il presupposto dell’im­posta nel “possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa”. La richiamata disposizione si riferiva, dunque, al possesso degli immobili avanti le caratteristiche elencate, senza peraltro fornire alcuna specificazione riguardo a tale concetto. In modo del tutto analogo, l’art. 8, comma 2 del D.Lgs. n. 201/2011, istitutivo della “prima” IMU, stabiliva che “l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale”. Attualmente, la “nuova” IMU è disciplinata dall’art. 1, commi da 739 a 783 della L. n. 160/2019 (Legge di bilancio 2020); in particolare, l’art. 1, comma 740, ribadisce che “Il presupposto dell’imposta è il possesso di immobili”. Ed è proprio il riferimento al “possesso” degli immobili, quale presupposto del tributo immobiliare comunale, ad aver sollevato – in assenza di una definizione ad hoc [3] – un delicato dibattito interpretativo circa il significato da attribuirgli. Scartata la tesi consistente nel fare riferimento all’interpretazione data alla nozione di possesso in altri [continua ..]


2. L’interpretazione della nozione di possesso: le soluzioni prospettate dalla dottrina

2.1. La tesi del possesso civilistico In effetti, la laconicità del dettato normativo concernente il presupposto lasciava aperte, tanto con riferimento all’ICI, quanto alla “prima” IMU, molteplici possibilità per l’interprete. In questo senso, è apparso dubbio se il possesso, quale presupposto del­l’imposta immobiliare comunale, dovesse essere inteso in un’accezione civilistica [6], quale “potere di fatto” su una cosa corrispondente all’esercizio della proprietà o di un diritto reale di godimento ex art. 1140 c.c., o come semplice sinonimo della proprietà e dei diritti reali di godimento. Un’elaborazione dottrinale di minoranza ha rilevato non di recente che il possesso [7] dovrebbe essere inteso nel significato fatto proprio dall’art. 1140 c.c. [8] e, dunque, come detenzione qualificata, ovvero come rapporto materiale con la res accompagnato da un profilo psicologico, ma sganciato dalla sussistenza di una titolarità giuridica [9]. E ciò sulla base di una premessa sistematica [10] coerente con il principio dell’unità dell’ordinamento giuridico, secondo cui i termini giuridici, pur operanti in leggi tributarie, dovrebbero rivestire lo stesso significato coerente con gli altri rami del diritto [11]. In questo senso, il silenzio del Legislatore tributario rispetto alla nozione di possesso avrebbe manifestato l’intenzione di richiamare senza modifiche il significato dato a tale concetto nella branca del diritto di origine [12]. Come rilevato da autorevole dottrina [13], a questa conclusione si è pervenuti sulla base di una concezione civilistica del possesso particolarmente ampia rispetto alle indicazioni della dottrina e della giurisprudenza prevalente perché comprenderebbe non solo i beni materiali, ma anche i crediti e l’azienda [14]. Muovendo da siffatta premessa, essa è stata ritenuta applicabile al sistema delle imposte dei redditi considerandola compatibile con tutte le categorie reddituali ad eccezione dell’imputazione dei redditi prodotti in forma associata ai soci, venendo meno in questo caso l’elemento indefettibile del possesso costituito dalla materiale percezione del reddito. Le reazioni alla tesi brevemente illustrata non sono state favorevoli e i rilievi critici hanno riguardato profili diversi, ma comunque [continua ..]


2.2. La definizione del presupposto del tributo trova il suo completamento nella norma riguardante i soggetti passivi

Il richiamato indirizzo interpretativo è stato abbandonato dalla dottrina, in quanto è apparso inevitabile leggere la disposizione che descrive il presupposto impositivo necessariamente in collegamento con quella che individua i soggetti passivi dell’ICI/IMU [16]. Quest’ultima disposizione, invero, delinea i confini applicativi dell’imposta non solo dal punto di vista soggettivo, bensì anche, inevitabilmente, con riguardo al rapporto che il soggetto passivo deve avere con la res. Anche in questo caso, i provvedimenti istitutivi dell’ICI e dell’IMU non divergevano in misura sostanziale: l’art. 3 del D.Lgs. n. 504/1992 prevedeva infatti che i soggetti passivi dell’IMU “sono il proprietario di immobili di cui al comma 2 dell’art. 1, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie, sugli stessi”. In termini analoghi disponeva l’art. 9 del D.Lgs. n. 201/2011 in tema di IMU [17]. Ne consegue evidentemente che – come osservato da autorevole dottrina [18] – la definizione del concetto di possesso, quale presupposto dell’imposta de qua, debba trovare il suo naturale completamento nella disposizione relativa all’individuazione dei relativi soggetti passivi dell’ICI/IMU. In altri termini, vi deve essere necessariamente un collegamento tra il possesso e la qualifica del possessore soggetto passivo dell’imposta, che deve essere proprietario o titolare di altro diritto reale sul bene immobile [19]. Ancora una volta, però, l’imperfetta tecnica redazionale lasciava aperte due differenti interpretazioni: la prima, che amplia il presupposto alla contemporanea sussistenza di proprietà (o titolarità di altro diritto reale) e possesso civilistico in capo ad un soggetto sul medesimo immobile; la seconda, che invece fa prevalere l’indicazione proveniente dalla disposizione sui soggetti passivi, ricomprendendo, perciò, nella proprietà (ovvero nella titolarità di altro diritto reale) l’indefinita espressione utilizzata dal Legislatore al fine di individuare il presupposto del tributo immobiliare. Ebbene, è proprio su tale dicotomia che si sono confrontate, sino ad oggi, due tesi interpretative radicalmente opposte, che hanno alimentato una perdurante situazione di incertezza in merito alla corretta ricostruzione del [continua ..]


2.3. La tesi del possesso con proprietà (o altro diritto reale) e la tesi del possesso come sinonimo di proprietà (o altro diritto reale)

Secondo il primo orientamento interpretativo, attualmente minoritario, il presupposto dell’imposta immobiliare comunale sarebbe rappresentato, congiuntamente, dalla titolarità della proprietà (o di altro diritto reale) e dal possesso dell’immobile. In altre parole, secondo parte della dottrina [20], il Legislatore avrebbe inteso assoggettare all’imposta de qua esclusivamente le situazioni giuridiche in cui un soggetto, in virtù di un diritto attribuitogli, può effettivamente godere del bene (e ricavarne potenzialmente un reddito [21]). Tale ricostruzione, come si vedrà, ha il pregio di lasciare fuori dal perimetro applicativo del tributo tutte quelle fattispecie “patologiche” – tra cui, l’oc­cupazione abusiva di immobili e la risoluzione anticipata del contratto di leasing alla quale non segua l’immediata restituzione del bene da parte del­l’utilizzatore inadempiente – in cui il proprietario non ha, per cause indipendenti dalla sua volontà, la materiale disponibilità del bene. Secondo altra parte della dottrina, invece, pretendere di collegare l’appli­cazione del tributo anche alla condizione fattuale della materiale disponibilità dell’immobile in capo al proprietario (o titolare di altro diritto reale) imporrebbe all’Amministrazione un onere di verifica particolarmente insidioso e dispendioso, con esiti tutt’altro che scontati [22] e con l’irragionevole conseguenza per cui vi sarebbero immobili completamente sottratti all’applicazione del tributo. L’orientamento interpretativo attualmente prevalente, pertanto, sembrerebbe privilegiare una lettura del possesso alla luce della definizione dei soggetti passivi del tributo. In questo senso, come osservato da autorevole dottrina [23], il legislatore avrebbe utilizzato un concetto “atecnico” di possesso, intendendo riferirsi con tale espressione a una delle situazioni reali prese in considerazione dalla disposizione sui soggetti passivi [24]. Di conseguenza, il concetto di possesso nulla avrebbe a che vedere con l’istituto civilistico, essendo viceversa niente più che un sinonimo di proprietà o di altro diritto reale sull’immobile. A sostegno di tale tesi è stata valorizzata la c.d. “natura patrimoniale” del­l’imposta immobiliare in esame, volta [continua ..]


3. Le oscillazioni della giurisprudenza di legittimità

Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha assunto posizioni spesso contrastanti, amplificando in tal modo le incertezze generate dalla laconicità del dettato normativo sopra richiamato. In una prima fase, infatti, la Corte di Cassazione sembrava privilegiare una lettura in chiave civilistica del possesso, come mera situazione di disponibilità di fatto del bene immobile; in questo senso, con la sentenza 18 agosto 2004, n. 16130, i giudici di legittimità avevano ritenuto errata la posizione del giudice di merito, volta a far coincidere la nascita dell’obbligo di corrispondere l’ICI con la stipula del rogito notarile avente ad oggetto l’immobile, nel caso in cui il soggetto avesse già prima il possesso dell’immobile medesimo per effetto del contratto preliminare. Con le sentenze 10 settembre 2004, n. 18294 e 1 dicembre 2004, n. 22570, la Corte di Cassazione aveva inoltre stabilito che l’assegnatario, anche provvisorio, di alloggio di cooperativa edilizia fosse soggetto all’imposta, sebbene non fosse ancora stato stipulato l’atto notarile di trasferimento della proprietà in suo favore. Sempre con riferimento all’ICI, i giudici di legittimità, con la sentenza 17 ottobre 2008, n. 25376, avevano affermato che la nozione di “possesso” utilizzata dall’art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 504/1992 corrispondeva perfettamente a quella dettata dall’art. 1140 c.c., disponendo quest’ultimo al comma 1, che “il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di albo diritto reale”, e, al comma 2, che “si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”: secondo la Cassazione, invero, la richiamata disposizione non considera “possesso” qualsiasi “l’attività” esercitata sulla cosa ma soltanto l’esercizio di una “attività” che corrisponda (“corrispondente”) a quello “della proprietà o di altro diritto reale” e prevede espressamente che “si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona”, la quale però ha unicamente “la detenzione della cosa”. La corrispondenza del potere concretamente esercitato sulla cosa con quello del proprietario o del [continua ..]


3.1. Le incertezze della Cassazione in merito all’individuazione del soggetto passivo dell’IMU nel caso di risoluzione anticipata del contratto di leasing immobiliare

La Cassazione, invero, ha assunto una posizione contrastante anche in merito all’individuazione del soggetto passivo obbligato al pagamento dell’IMU con riferimento agli immobili concessi in leasing, nella specifica ipotesi di risoluzione del contratto di locazione finanziaria alla quale non segua l’immediata restituzione del bene da parte dell’utilizzatore inadempiente nei confronti della società concedente. Il contrasto giurisprudenziale de quo rispecchia quanto già registratosi in seno alla giurisprudenza di merito la quale, negli ultimi anni, si è espressa in subiecta materia con molteplici pronunce difformi che non hanno fatto altro che aumentare l’incertezza delle società di leasing circa la corretta prassi da adottare. Come rilevato da autorevole dottrina [31], infatti, il punto focale della questione è riassumibile nel seguente interrogativo: la soggettività passiva ai fini IMU in capo all’utilizzatore “per tutta la durata del contratto [32]” rinviene la propria ratio nel titolo (i.e. nel contratto di leasing stipulato) e dunque, questa ritornerà in capo alla società concedente al momento della cessazione del contratto, ovvero riviene il proprio fondamento nella materiale disponibilità (rectius, godimento) del bene e, dunque, fintanto che il bene rimanga nel godimento dell’utilizzatore, questo sarà l’unico soggetto passivo del tributo? In altri termini, come si vedrà, anche al fine di pervenire ad una soluzione che sia rispettosa del principio di capacità contributiva ex art. 53 Cost., è più corretto adottare un approccio che prediliga la prevalenza della forma sulla sostanza oppure è più corretto, al contrario, adottare un approccio che prediliga la prevalenza della sostanza sulla forma? Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale [33], condiviso da autorevole dottrina [34], il soggetto passivo dell’IMU sarebbe l’utilizzatore (i.e. il locatario) sino alla data di risoluzione per inadempimento del contratto di leasing, a nulla rilevando il fatto che la consegna non sia contestuale alla risoluzione del contratto. Difatti, la mancata riconsegna del bene non inciderebbe sulla durata del rapporto che, per effetto della risoluzione, non sarebbe più in vigore e avrebbe, pertanto, avuto fine. In definitiva, nel periodo intercorrente [continua ..]


3.2. Il recente orientamento giurisprudenziale di legittimità in merito all’in­dividuazione del soggetto passivo dell’IMU nel caso di occupazione abusiva dell’immobile

Con alcune recenti pronunce la Corte di Cassazione è tornata a esprimersi anche sul tema della corretta individuazione del soggetto passivo dell’IMU in caso di occupazione abusiva dell’immobile. Con le ordinanze 1 febbraio 2022, n. 2966, 19 gennaio 2022, n. 1596, 25 ottobre 2021, n. 29868 e 22 ottobre 2021, n. 29658, i giudici di legittimità hanno affermato che l’occupazione abusiva di un immobile da parte di terzi non incide sull’obbligo del proprietario di corrispondere l’IMU. A giudizio della Corte, l’abusiva occupazione dell’immobile non potrebbe essere considerata una sorta di causa atipica di esenzione dal pagamento del tributo, rimanendo, pertanto, impregiudicata la debenza dell’IMU in capo al formale proprietario dell’immobile. In questo senso, la Cassazione – nel richiamare un suo precedente in tema di ICI [43] – ha stabilito che, ai fini della debenza del tributo, il concetto di possesso, quale presupposto impositivo del tributo, deve intendersi riferito alla titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti reali di godimento, in coerenza con la natura patrimoniale dell’imposta, che si applica a prescindere dalla redditività del bene sottoposto a tassazione e dalla qualifica soggettiva del soggetto passivo; cosicché, la norma sui soggetti passivi non sarebbe altro che la specificazione dei confini definitori del presupposto d’imposta. Ai fini della debenza del tributo, pertanto, rileva il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà ai sensi dell’art. 1140 c.c., mentre risulta irrilevante la mera detenzione”. A conferma di tale indirizzo interpretativo i giudici di legittimità hanno evidenziato che, proprio facendo leva sulla natura reale e patrimoniale del­l’imposta, la stessa Corte – con le pronunce 6 dicembre 2017, n. 29195, 19 ottobre 2016, n. 21157, 27 settembre 2016, n. 19041, 26 febbraio 2010, n. 4753 e 12 ottobre 2007, n. 21433– ha ripetutamente riconosciuto la legittimazione passiva in capo al proprietario del cespite sottoposto a procedura ablatoria allorché vi sia stata occupazione temporanea d’urgenza da parte della P.A., finché non sia intervenuto il decreto di esproprio. Sempre muovendo dal presupposto che il fatto generatore dell’imposta sia la [continua ..]


4. La necessità di rivedere l’indirizzo interpretativo della Cassazione

Le recenti statuizioni della giurisprudenza di legittimità in subiecta materia non sembrano condivisibili, in quanto suscitano alcune perplessità che meritano di essere di seguito evidenziate [45]. Del resto, ritenere che i soggetti passivi dell’IMU possano essere incisi dal­l’imposta anche qualora essi non possano effettivamente godere dell’immobi­le, perché abusivamente occupato, non sembra conforme alla finalità dell’im­posta, ai principi costituzionali di capacità contributiva e di uguaglianza [46] e ai principi previsti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo a tutela della proprietà privata. Al fine di comprendere il reale presupposto dell’IMU, infatti, è importante considerare che i suoi soggetti passivi sono accomunati dalla possibilità di poter sfruttare in via esclusiva l’immobile, mentre coloro che non hanno il godimento del bene sono esclusi da imposizione. Basti pensare, a titolo esemplificativo, all’ipotesi del nudo proprietario, il quale, pur rimanendo proprietario del bene, non è soggetto ad imposta, al contrario dell’usufruttuario [47]. Del resto, per gli immobili inidonei ad essere sfruttati e goduti dal proprietario (i.e. gli immobili inagibili o inabitabili), il Legislatore ha recentemente previsto una riduzione al 50% della base imponibile dell’IMU [48]. Si potrebbe obiettare che, in realtà, stante la situazione di tali immobili, sarebbe stato più coerente prevedere un’esenzione totale dall’imposizione. La riduzione della base imponibile IMU in luogo dell’esenzione, tuttavia, può essere giustificata dall’intento del legislatore di incentivare il proprietario, che con la sua inerzia contribuisce al perdurare dello stato di improduttività del bene a ripristinare l’originaria potenzialità economica dello stesso [49]. Al riguardo, la stessa Corte Costituzionale, con la sentenza 31 marzo 1965, n. 16, ha affermato che “l’imposta costituisce anche incentivo ad una congrua utilizzazione del bene e favorisce tra l’altro un migliore adempimento dei doveri di solidarietà economica e un più ampio contributo al progresso materiale del Paese (artt. 3 e 4 della Costituzione).”. In questo senso, “la legge che disciplina le imposte immobiliari non indulge né [continua ..]


5. Segue: anche attraverso un’interpretazione costituzionalmente orientata e conforme ai principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo

Le recenti statuizioni della giurisprudenza di legittimità sembrerebbero porsi altresì in contrasto con i principi costituzionali di capacità contributiva (art. 53) e di uguaglianza (art. 3). Sotto il primo profilo, come noto, sono obbligati a concorrere alla spesa pubblica solo i soggetti che manifestano una capacità contributiva, ove “per capacità contributiva […] deve intendersi l’idoneità soggettiva all’obbligazione d’imposta, deducibile dal presupposto al quale la prestazione è collegata [58]”. In particolare, come affermato dalla Corte Costituzionale con le sentenze 22 aprile 1980, n. 54, 10 luglio 1975, n. 201 e 6 luglio 1972, n. 120, il principio di capacità contributiva prevede che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice in indici concretamente rivelatori di ricchezza, ragion per cui “questione logicamente preliminare in ordine al principio di capacità contributiva è quella che attiene all’esistenza di un indice di capacità come presupposto di legittima imposizione.”. Nondimeno, il collegamento del presupposto con il soggetto obbligato alla contribuzione deve risultare da un collegamento effettivo e ad un indice effettivo deve farsi capo per determinare la quantità dell’imposta che da ciascun obbligato si può esigere [59]. Di conseguenza, un’imposizione può ritenersi conforme all’art. 53 Cost. soltanto allorquando sussista un collegamento effettivo tra il destinatario dell’imposta e il suo presupposto e vengano colpiti indici di ricchezza reali, attuali e non meramente fittizi [60]. A tal fine, vale richiamare l’interpretazione costituzionalmente orientata recentemente condivisa dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana con la sentenza 19 gennaio 2022, n. 67: in particolare, con la richiamata pronuncia, i giudici di merito hanno correttamente affermato che il titolare di un immobile occupato – soggetto non attualmente ed effettivamente titolare di alcun indice di capacità economica – non trae nessun utile dal suo diritto di proprietà né quello di un godimento diretto del bene, né di un godimento mediato attraverso il conseguimento di un corrispettivo per il suo utilizzo ed è anzi costretto a subire un deterioramento del bene con conseguente diminuzione patrimoniale. Con [continua ..]


6. Riflessioni conclusive

Con il presente contributo si è tentato di mettere in evidenza la non correttezza delle ragioni logico-giuridiche poste a fondamento della tesi interpretativa secondo cui sarebbe necessario privilegiare una ricostruzione del presupposto dell’IMU sulla base della titolarità formale di un diritto reale sull’immobile, senza che, invece, possa a tal fine assumere rilevanza una situazione di effettiva disponibilità dello stesso. Facendo propria tale interpretazione, infatti, la Cassazione con alcune recenti ordinanze ha affermato che l’occupazione abusiva di un immobile da parte di terzi non inciderebbe sull’obbligo del proprietario di corrispondere l’IMU. Adottando tale ricostruzione, pertanto, ai fini della debenza dell’IMU, il concetto di possesso – quale presupposto impositivo del tributo – dovrebbe intendersi riferito alla titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti reali di godimento, in coerenza con la natura patrimoniale dell’imposta, che troverebbe applicazione a prescindere dalla redditività del bene sottoposto a tassazione e dalla qualifica soggettiva del soggetto passivo; cosicché, la norma sui soggetti passivi non sarebbe altro che la specificazione dei confini definitori del presupposto d’imposta. Di conseguenza, l’abusiva occupazione dell’immobile non potrebbe essere considerata una sorta di causa atipica di esenzione dal pagamento del tributo, restando pertanto impregiudicata la debenza dell’IMU in capo al formale proprietario dell’immobile; in altri termini, ai fini della debenza del tributo, rileverebbe il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà ai sensi dell’art. 1140 c.c., mentre sarebbe irrilevante la mera detenzione. Come rilevato in precedenza, tuttavia, la richiamata tesi interpretativa non sembra potersi ritenere condivisibile, in quanto attribuisce erroneamente rilevanza ad un fatto astratto (i.e. la titolarità del diritto di proprietà o degli altri diritti di godimento) senza considerare la sussistenza o meno di un effettivo e attuale godimento dell’immobile da parte del soggetto passivo del tributo. In altri termini, la prospettiva accolta dalla Cassazione sembrerebbe assumere una connotazione eccessivamente formalistica, evidenziata dalla valorizzazione, ai fini [continua ..]


NOTE