Le diverse soluzioni offerte dalla giurisprudenza sulla qualificazione e sugli effetti dell'atto di diniego del rimborso di tributi appaiono scoordinate e prive di una omogenea visione sistematica dell’atto, del suo ruolo, del giudizio che nasce dall'impugnazione dello stesso. Il quadro dei modi e dei tempi della tutela appare così frastagliato da risultare meritevole di una sistemazione normativa complessiva, in mancanza di revirements giurisprudenziali.
The different solutions offered by the case law on the qualification and effects of the denial of tax refunds appear uncoordinated and lacking a homogeneous systematic view on the administrative act, its role and the judicial proceedings that arise from its appeal. The framework of the methods and times of the discipline appears so jagged as to be worthy of an overall rearrangement, in absence of revirements by tax courts.
1. Effetti processuali del riesame del diniego - 2. Procedimento e forma del diniego espresso - 3. Il diniego di rimborso nel processo - NOTE
Con una recente ordinanza, ineccepibile quanto a motivazione, a riferimenti sistematici, a inquadramento nel contesto complessivo, la Corte di cassazione ha ritenuto ammissibile l’impugnazione proposta avverso un atto di diniego di rimborso, emesso dopo che la relativa istanza era stata già rigettata con un precedente atto [1]. Superando la questione preliminare posta nel giudizio, che riguardava l’omessa notificazione del primo atto di diniego, dalla quale sarebbe derivata l’irrilevanza dell’omessa impugnazione dell’atto, la Suprema Corte si sofferma invece sull’analisi della natura e degli effetti del secondo atto negativo, ritenendo così in ogni caso ininfluente la eventuale inoppugnabilità del primo diniego. Assumendo come riferimento la giurisprudenza amministrativa che distingue gli atti meramente confermativi, non impugnabili, da quelli di conferma, invece lesivi e impugnabili perché frutto di una rinnovata valutazione e di una nuova istruttoria, l’ordinanza conclude nel senso di considerare ammissibile il ricorso del contribuente, in quanto indirizzato verso un atto che non costituiva mera reiterazione del precedente, ma che concludeva nel senso del rigetto dell’istanza sulla base di un’istruttoria condotta su basi nuove e su profili diversi da quelli già esaminati. Poiché il contribuente aveva prodotto nuovi documenti, nel caso specifico forse potrebbe parlarsi addirittura di una nuova istanza, ma la motivazione dell’ordinanza enuncia in termini generali la sufficienza, per giustificare l’impugnabilità, di un nuovo procedimento istruttorio (sia o meno nuova l’istanza). In buona sostanza, preso atto che in tali ipotesi è la stessa amministrazione a riaprire gli spazi, riesaminando funditus la richiesta di rimborso del contribuente, la Corte esclude che l’acquiescenza al precedente diniego, fosse o meno giustificata da vizi di notifica del provvedimento, possa rappresentare una preclusione all’impugnazione del nuovo atto negativo, il quale viene appunto contestato, dato il suo contenuto originale, per “vizi propri” così come richiede l’art. 19 D.Lgs. n. 546/1992. La soluzione offerta, come si diceva, è condivisibile, perché in giudizio è stata accertata la novità degli elementi posti a base del secondo diniego, rispetto a quello rimasto, a [continua ..]
È ad es. prevalsa in giurisprudenza la discutibilissima opinione che l’erogazione di un rimborso parziale costituisca atto esplicito di diniego, come tale impugnabile nel termine decadenziale di sessanta giorni [6]. Se però il diniego è un provvedimento che esprime un percorso istruttorio che ne sta alla base, è evidente che la quota parte di rimborso non concessa non trova, nella mera erogazione di un rimborso parziale, una giustificazione a supporto. Oltre a non avere i requisiti formali del provvedimento, quest’ultima attività avrebbe addirittura una forma bifronte, essendo l’atto di diniego occultato o dissimulato da un’attività materiale favorevole all’istante, anche se solo parzialmente. In realtà, sarebbe ben più appropriato e coerente ritenere che un rimborso erogato parzialmente rispetto alla richiesta rappresenti al massimo l’espressione di un silenzio, sulla parte di rimborso non concessa, ossia un mero comportamento, che determinerebbe la conseguenza processuale dell’ammissibilità della trasposizione della richiesta di rimborso, ovviamente per la sola parte non soddisfatta, in sede giurisdizionale (senza l’esigenza di una struttura impugnatoria del ricorso, mancando il bersaglio rappresentato dall’atto dell’amministrazione). 2.1. Con la concezione del diniego come provvedimento “impegnativo” per l’amministrazione appare pure poco coerente la posizione negativa della prevalente giurisprudenza circa l’applicabilità di regole di garanzia riconducibili all’informazione e al contraddittorio. La necessità del contraddittorio procedimentale è limitata alle ipotesi del diniego emesso sulla base di una preventiva verifica presso il contribuente [7] ovvero, più di recente, è ammessa per i tributi armonizzati, anche in caso di controllo a tavolino effettuato su un’istanza di rimborso IVA presentata mediante la dichiarazione [8]. Non vi sarebbero invece, in linea generale, regole procedurali o principi a supporto di un “giusto procedimento” di rimborso. Non è, ad es., ritenuto applicabile l’art. 10-bis della L. n. 241/1990, che impone un preavviso di diniego che legittima la presentazione di osservazioni da parte dell’istante; il preavviso, tra l’altro, è abitualmente comunicato [continua ..]
Dove l’atto c’è, e si richiede di impugnarlo a pena di definitività del medesimo, il giudizio dovrebbe essere condizionato dai motivi espressi nel diniego e l’accertamento del diritto al rimborso, ove richiesto, dovrebbe essere preceduto dalla rimozione dell’atto negativo impugnato e restare coerente con l’istanza presentata in via amministrativa [15]. Nonostante il sistema assegni oggettivamente un ruolo rilevante al diniego, l’effettiva efficacia di quest’ultimo viene molto ridimensionata dalla giurisprudenza, che, prevalentemente, considera il giudizio di impugnazione del diniego omologo a quello originato dal silenzio: dunque un giudizio di puro accertamento, nel quale la parte resistente può sollevare eccezioni e argomenti difensivi non compresi nell’atto di diniego. Si tratta di giurisprudenza non condivisibile, perché non si comprende quale senso abbia la preventiva fase amministrativa se poi la pretesa di rimborso deve essere valutata direttamente dal giudice senza che il diniego conservi una funzione effettiva rispetto alla materia del contendere. Nel caso del diniego, la problematica più significativa che si offre al giudice è quella che concerne la possibilità di sindacare la fondatezza dell’istanza di rimborso, anche al di là delle ragioni di diniego opposte dall’amministrazione; e di come possa, tecnicamente, trovare spazio nella decisione un giudizio negativo sulla fondatezza dell’istanza, che pure non sia conforme alle ragioni di diniego. L’impostazione qui preferita assegna priorità al dato fenomenico che, sull’istanza di rimborso, vi sia un atto negativo dell’ufficio: è dunque su questo atto, essenzialmente, che, anche per rispetto del diritto di difesa, il giudizio deve (dovrebbe) concentrarsi. E dunque la fondatezza dell’istanza, che per ragioni di economia il giudice tributario cercherà comunque di percepire, onde non incoraggiare liti ulteriori che non abbiano un ragionevole sbocco sostanziale nel conseguimento del bene della vita richiesto (il rimborso), potrà essere episodicamente valutata sotto profili di sussistenza delle condizioni per l’azione (ad es., la titolarità del diritto) che sono rilevabili d’ufficio e che possono essere configurati come requisiti di ammissibilità dell’istanza amministrativa (la cui [continua ..]