Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Le agevolazioni fiscali per gli immobili ecclesiastici tra principio di laicità e divieto di aiuti di stato (di Pietro Mastellone)


Il rapporto tra religione e fiscalità risulta sempre molto delicato per ogni paese e specialmente per l’Italia, dove il principio di laicità sancito dalla Costituzione dovrebbe assicurare un equilibrio con la grande influenza politica della Santa Sede. Questo articolo analizza le modalità con cui le norme fiscali nazionali si sono evolute rispetto alle attività religiose, per poi concentrarsi sul caso Montessori e Ferracci del 6 novembre 2018, in cui la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto che la tassazione favorevole italiana sugli immobili di proprietà di enti ecclesiastici fosse un aiuto di Stato illegale. Questa decisione è estremamente rilevante non solo perché conclude che l’Italia non può obiettare che è oggettivamente impossibile recuperare gli aiuti di Stato concessi attraverso un onere impositivo più lieve, ma soprattutto perché, per la prima volta, dei concorrenti privati penalizzati per non aver potuto beneficiare tali misure fiscali (c.d. ricorrenti “non privilegiati”) hanno direttamente sottoposto la questione alla Corte sulla base dell’art. 263, comma 4, TFUE.

Tax benefits for ecclesiastical buildings between principle of laïcitè and prohibition of state aid

Religion and taxation have always had a very delicate relationship in each country and especially in Italy, where the principle of laïcité laid down in the Constitution should ensure an equilibrium with the great political influence of the Holy See. The present study analyses how national tax rules have developed in respect to religious activities and focuses on the Montessori and Ferracci case of 6 November 2018, in which the Court of Justice of the European Union has considered that Italian favourable tax rules on real properties owned by ecclesiastical entities amounts to illegal State aid measures. This decision is extremely relevant not only because it concludes that Italy cannot argue that it is objectively impossible to recover the State aid granted through a lighter tax burden, but especially because, for the first time, private competitors penalised for not having been able to benefit from those tax measures (so-called “non-privileged” applicants) have directly brought the case to the Court relying on Art. 263, para. 4, TFEU.

SOMMARIO:

1. Il delicato equilibrio nell'ordinamento italiano tra fisco e religione - 2. La tassazione 'negoziata' degli enti ecclesiastici così come emersa dagli Accordi tra Italia e Santa Sede - 3. L'evoluzione della fiscalità italiana applicabile agli immobili ecclesiastici - 4. L'esenzione della 'vecchi' ICI sugli immobili ecclesiastici e sua sospetta configurazione di aiuto di Stato illegittimo - 5. La decisione del Tribunale dell'Unione Europea e il successivo revirement da parte della Grande Sezione - 6. La sentenza Montessori e Ferracci quale 'apripista' giurisprudenziale del­l'operatività del nuovo art. 263 TFUE: l'azione di annullamento di un atto europeo promossa dai c.d. ricorrenti 'non privilegiati' - 7. Aiuti (fiscali) di Stato e giurisprudenza europea sulla tassazione agevolata per gli immobili ecclesiastici - 8. Rilevanza europea del principio di laicità, sviluppo della disciplina sugli aiuti di Stato e ... effettiva attuabilità della statuizione della Corte - NOTE


1. Il delicato equilibrio nell'ordinamento italiano tra fisco e religione

Il diritto ecclesiastico si concentra essenzialmente sulla regolamentazione giuridica del “fenomeno religioso”, il quale rappresenta il complesso delle cre­denze umane e delle visioni del mondo basate su entità soprannaturali [1]. Si tratta, tuttavia, di una materia della quale si dibatte tutt’oggi il perimetro applicativo [2] e che, pur appartenendo al settore pubblicistico, è in grado di intersecarsi con numerosi altri ambiti, quali il diritto internazionale (e.g. il diritto di libertà religiosa sancito dagli strumenti internazionali per la tutela dei diritti umani) [3], il diritto costituzionale (e.g. i principi fondamentali che disciplinano la rilevanza giuridica degli enti religiosi all’interno dello Stato), il diritto civile (e.g. gli effetti civili dei matrimoni religiosi), il diritto del lavoro (e.g. la discriminazione dei lavoratori basata sulla loro appartenenza religiosa) [4], il diritto penale (e.g. la tutela penale delle confessioni religiose) [5], il diritto amministrativo (e.g. le norme urbanistiche che riguardano gli edifici di culto) e, infine, il diritto tributario. Durante il Regno d’Italia, addirittura, l’intrinseca interdisciplinarietà del di­ritto ecclesiastico faceva sì che le università facessero studiare la materia in modo frazionato nei corsi di diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto civile e storia del diritto [6]. Il rapporto tra lo Stato e la Chiesa Cattolica è sempre stato connotato, sin dai tempi dell’Impero Romano, da un approccio dualistico che tracciava una netta distinzione tra poteri temporali e spirituali, in applicazione del principio evangelico “date all’Imperatore quello che è dell’Imperatore, ma quello che è di Dio datelo a Dio”. Mentre la tassazione iniziava a divenire una delle più dirette espressioni della sovranità dello Stato, specialmente nella transizione dal Medio Evo allo Stato moderno [7], con il modello statale emergente dalla fase successiva la pace di Vestfalia (1648) la sovranità tributaria dello Stato entrava in collisione con la pretesa della Chiesa Cattolica di non essere assoggettabile alle imposte statali e, anzi, risultare titolare di un proprio potere di imporre i tributi sui fedeli [8]. Questo ha portato a far sì che le [continua ..]


2. La tassazione 'negoziata' degli enti ecclesiastici così come emersa dagli Accordi tra Italia e Santa Sede

La “questione romana” scaturita dopo il 1870 esprimeva la forte tensione tra Stato e Chiesa cattolica, la quale considerava la Legge delle Guarentigie for­temente penalizzante sia per la sua natura unilaterale sia per la correlata possibilità di essere modificabile in pejus dal Parlamento italiano. Detto altrimenti, il timore del Pontefice era legato alla debole ed instabile natura delle condizioni contenute in tale regolamentazione normativa, che, in quanto tale, era soggetta agli ordinari principi sulla successione delle leggi nel tempo (lex posterior derogat legi priori). Solo dopo la conclusione della Grande Guerra, si crearono le condizioni per la stipulazione di un accordo internazionale tra l’Italia e la Santa Sede, in grado di riconoscere alla Chiesa Cattolica una propria sovranità anche nelle questioni fiscali. In prima battuta, tale fondamentale sviluppo potrebbe apparire sorprendente, considerato che durante il fascismo il concetto di Stato era connaturato a un esercizio assoluto della sovranità su tutto il territorio italiano [33]. Ma a ben vedere, Benito Mussolini ravvisava strategicamente nella Chie­sa Cattolica un fondamentale elemento di coesione e di consenso politico da parte della classe media [34], stremata dopo il conflitto mondiale e preoccupata dalle crescenti rivendicazioni provenienti dalle campagne. L’11 febbraio 1929, il duce e il cardinale Pietro Gasparri firmavano i Patti Lateranensi, attraverso i quali le relazioni tra Stato e Chiesa Cattolica – brutalmente interrotte nel 1861, quando il Regno decise di regolare il fenomeno religioso unilateralmente attraverso leggi ordinarie – tornavano ad essere disciplinate da un accordo di rango internazionale. I Patti Lateranensi, a loro volta, si compongono da: a) Trattato lateranense, attraverso il quale l’Italia riconosceva formalmente la piena sovranità della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, con un territorio di 0,44 km2, nonché l’inviolabilità del Papa [35]; b) Concordato, che regolava le relazioni tra lo Stato italiano e la Santa Sede, ponendo la Chiesa Cattolica in una posizione privilegiata rispetto agli altri culti “ammessi” in Italia [36]; c) Convenzione finanziaria, la quale risolveva tutte le questioni sorte a seguito della confisca delle molte proprietà degli [continua ..]


3. L'evoluzione della fiscalità italiana applicabile agli immobili ecclesiastici

Sotto il profilo del gettito, il settore più significativo delle agevolazioni tributarie riservate agli enti ecclesiastici è quello immobiliare, con particolare riguardo al patrimonio della Chiesa Cattolica che, grazie a oltre due millenni di storia, è divenuta proprietaria di innumerevoli terreni e fabbricati [52], fenomeno agevolato dai già ricordati istituti della “manomorta ecclesiastica” e dell’ob­bligo di celibato. L’art. 16 del Trattato lateranense del 1929 stabiliva che i beni immobili della Santa Sede – in quanto di proprietà di un soggetto di diritto internazionale – non solo non sono espropriabili, ma risultano altresì esenti dai tributi ordinari o straordinari istituito dallo Stato o da qualsiasi altro ente [53]. Le previsioni fiscali di favore riservate agli enti ecclesiastici rappresentano quindi una deroga, sotto il profilo nazionale, ai principi di laicità e di uguaglianza in ambito tributario [54], e, sotto quello europeo, alla disciplina sugli aiuti di Stato [55], dovendosi in entrambi i casi verificare in concreto se tale deroga sia giustificata o meno. Ma mentre, sotto il primo profilo, il legislatore e la giurisprudenza hanno solitamente adottato un approccio elastico, probabilmente anche per mantenere i rapporti di “buon vicinato” con la Santa Sede, come vedremo è grazie alla normativa UE che si è arrivati ad affrontare la questione in modo rigoroso. Sotto il profilo delle imposte sui redditi, tale previsione pattizia trova attualmente recepimento ad opera dell’art. 2, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601 [56], a cui si aggiungono delle significative esenzioni ed agevolazioni per gli immobili di proprietà degli enti ecclesiastici [57]. Sotto quello della tassazione patrimoniale, invece, la disciplina dell’impo­sta comunale sugli immobili (ICI), introdotta nel 1992 [58], esentava «i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze» [59], nonché «i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato lateranense, sottoscritto l’11 febbraio 1929 e reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810» [60]. Orbene, tralasciando [continua ..]


4. L'esenzione della 'vecchi' ICI sugli immobili ecclesiastici e sua sospetta configurazione di aiuto di Stato illegittimo

Il regime di esenzione ICI per gli immobili utilizzati da enti non commerciali, quale emergente dalle citate modifiche operanti a partire dal periodo d’im­posta 2006, veniva segnalato, grazie ad una serie di denunce, alla Commissione europea per sospetta incompatibilità con la disciplina degli aiuti di Stato. Il 5 maggio 2006, la Commissione inviava all’Italia una richiesta di informa­zioni e, dopo un’iniziale decisione di non proseguire le indagini, queste venivano riaperte a seguito di altre denunce. Più precisamente, il 20 ottobre 2008, i denuncianti inviavano alla Commissione una lettera di costituzione in mora ex art. 265 TFUE, con cui chiedevano l’avvio di un procedimento di indagine formale e l’adozione di una decisione sul punto. Messo alle strette, il Governo italiano pubblicava un orientamento di prassi con cui chiariva il perimetro dell’esenzione ICI agli immobili all’interno dei quali si svolgono attività di religione e di culto [66], ma il contenzioso a livello europeo proseguiva perché la normativa nazionale non era mutata. A fronte dei vari solleciti, la Commissione ribadiva la propria determinazio­ne a non proseguire nell’indagine per mancanza di motivi concreti e, il 26 aprile 2010, due denuncianti proponevano al Tribunale dell’Unione Europea un ricorso di annullamento contro tale decisione [67]. La Commissione si convinceva, così, a proseguire la propria indagine ex art. 108, comma 2, TFUE [68] perché non poteva escludere a priori una loro incompatibilità con il diritto UE [69] e, per l’effetto, il 18 novembre 2010 venivano cancellate le cause dal ruolo della Corte del Lussemburgo per rinuncia agli atti delle ricorrenti. Anche i giudici di legittimità erano giunti ad analoghe conclusioni, reputando che l’esenzione de qua ben potesse essere qualificata come aiuto di Stato incompatibile [70], soprattutto alla luce del (fin troppo) vasto con­cetto di “impresa” delineato dalla giurisprudenza europea [71]. Nel frattempo, l’Italia procedeva a riformare la potestà impositiva comunale nel quadro del federalismo fiscale delineato dalla legge delega n. 42/2009 [72], introducendo l’imposta municipale propria (IMU), in sostituzione della vecchia ICI, ad opera del D.Lgs. 14 marzo [continua ..]


5. La decisione del Tribunale dell'Unione Europea e il successivo revirement da parte della Grande Sezione

La Decisione 2013/284/UE veniva impugnata dalla Scuola Elementare Maria Montessori S.r.l. dinanzi al Tribunale dell’Unione Europea, ed il relativo ricorso veniva analizzato sia sul fronte della ricevibilità in diritto sia su quello del merito. La Commissione sosteneva, infatti, che l’impugnazione fosse irricevibile perché la propria decisione, in primo luogo, non riguardava individualmente la ricorrente (c.d. incidenza diretta) [81] e che, inoltre, non poteva essere considerata un atto regolamentare non comportante alcuna misura d’esecuzione. Dal punto di vista del merito, invece, la Commissione evidenziava che l’Italia – già nella fase di indagine formale e, quindi, prima dell’adozione della decisione impugnata – avesse palesato che le sarebbe risultato assolutamente impossibile dare esecuzione a un obbligo di recupero in capo ai soggetti che avevano beneficiato della “vecchia” esenzione ICI. Più precisamente, le autorità italiane avevano rilevato che risulterebbe «assolutamente impossibile definire, sia quali immobili appartenenti agli enti non commerciali erano destinati all’esercizio di attività non aventi esclusivamente natura commerciale, sia recuperare le informazioni necessarie per determinare l’importo dell’imposta che avrebbe dovuto essere versato. [...] a causa della struttura del catasto, risulta impossibile estrapolare, con effetto retroattivo, dalle banche dati catastali i dati relativi agli immobili appartenenti ad enti non commerciali destinati ad attività non aventi esclusivamente natura commerciale del tipo indicato nelle disposizioni di esenzione dall’ICI. Le informazioni presenti nel catasto non permettono di risalire alle attività svolte nell’immobile. In altri termini, sulla base dei dati presenti nel catasto, non è possibile determinare se, in un determinato immobile, un ente ha svolto attività commerciali o non commerciali. Infatti, ogni singolo immobile (comprese le porzioni di immobili aventi un classamento separato) è censito in catasto soltanto sulla base delle sue caratteristiche oggettive, che riflettono gli elementi fisici e strutturali riconducibili alla sua destinazione d’uso» [82]. Persuaso da tali argomentazioni, con sentenza del 15 dicembre 2016 [83], il Tribunale dell’Unione Europea, escludendo che la [continua ..]


6. La sentenza Montessori e Ferracci quale 'apripista' giurisprudenziale del­l'operatività del nuovo art. 263 TFUE: l'azione di annullamento di un atto europeo promossa dai c.d. ricorrenti 'non privilegiati'

La Grande Sezione ha pronunciato una decisione di significativa rilevanza pratica, la quale merita innanzitutto un’analisi dal punto di vista procedurale. Nel caso Montessori e Ferracci, infatti, i giudici europei si sono trovati per la prima volta ad applicare al settore degli aiuti (fiscali) di Stato l’art. 263, comma 4, TFUE, il quale permette a qualsiasi persona fisica o giuridica di «proporre‚ alle condizioni previste al primo e secondo comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente, e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura d’esecuzione». I concorrenti degli enti beneficiari delle misure fiscali di favore, i quali risultavano penalizzati sotto il profilo concorrenziale per non esserne anche loro destinatari, hanno quindi potuto accedere direttamente alla giustizia europea per far valere le proprie ragioni. Per capire l’impatto della pronuncia è, innanzitutto, necessario comprendere il contesto in cui è nata tale norma ed il lungo percorso che ha portato alla sua attuale formulazione. La funzione giurisdizionale della Corte si articola nei c.d. ricorsi “diretti” – i quali, determinando una giurisdizione contenziosa, sono il ricorso per inadempimento, il ricorso di annullamento, il ricorso per carenza, i ricorsi in materia di responsabilità extracontrattuale, le controversie tra l’Unione e i propri agenti, nonché i ricorsi scaturiti dall’attivazione di una clausola compromissoria – e nei c.d. ricorsi “indiretti” – i quali, determinando una giurisdizione non contenziosa, sono rivolti ai giudici nazionali che, a loro volta, effettuano un rinvio pregiudiziale alla Corte. Attraverso l’azione di annullamento, la Corte è chiamata a verificare se un atto adottato da un’istituzione europea risulti affetto da un vizio di legittimità enunciato al comma 2 dell’art. 263 TFUE e, segnatamente: i. incompetenza; ii. violazione delle forme sostanziali; iii. violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione; iv. sviamento di potere. Siamo in presenza di un’azione con la quale si possono essenzialmente sottoporre alla Corte le medesime questioni rilevabili con il rinvio [continua ..]


7. Aiuti (fiscali) di Stato e giurisprudenza europea sulla tassazione agevolata per gli immobili ecclesiastici

Nella sentenza Montessori e Ferracci, la Grande Sezione stabilisce che sebbene, in linea di massima, non spetti al giudice europeo, ai fini della ricevibilità dell’impugnazione, la verifica del rapporto di concorrenza tra il c.d. ricorrente “non privilegiato” e il beneficiario della misura fiscale nazionale [124], l’incidenza diretta non può desumersi dalla «mera possibilità di un rapporto di concorrenza» [125], del quale occorre dimostrarsi l’effettività. Questo assunto, pertanto, impone al giudice dell’Unione di accollarsi spontaneamente l’onere di «verificare se quest’ultimo abbia illustrato in modo pertinente le ragioni per cui la decisione della Commissione può porlo in una situazione di svantaggio concorrenziale e, quindi, produrre effetti sulla sua situazione giuridica» [126]. Ciò premesso, nel caso concreto veniva constatata l’effettiva sussistenza della situazione di svantaggio concorrenziale sofferto dai ricorrenti – i.e. Pietro Ferracci, titolare di un bed & breakfast, e la Scuola Elementare Maria Montessori – i quali sostenevano, «supportati da prove e senza essere contraddetti sul punto dalla Commissione, che le loro rispettive aziende erano situate nelle immediate vicinanze di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività simili alle loro e che erano quindi attivi sullo stesso mercato di servizi e sullo stesso mercato geografico. Dal momento che tali enti potevano, a priori, essere ammessi a beneficiare delle misure nazionali esaminate nella decisione controversa, si deve ritenere che il sig. Ferracci e la Scuola Elementare Maria Mon­tessori abbiano illustrato in modo pertinente che la decisione controversa poteva porli in una situazione concorrenziale svantaggiosa e che, di conseguenza, detta decisione incideva direttamente sulla loro situazione giuridica, in particolare sul loro diritto a non subire su tale mercato una concorrenza falsata dalle misure in questione» [127]. La Corte nega, poi, che la decisione della Commissione di non ordinare il recupero degli aiuti illegali implicasse qualche “misura di esecuzione”, confer­mando così l’assenza della causa ostativa all’azione di cui all’art. 263, comma 4, TFUE. Com’è noto, la compatibilità di un regime [continua ..]


8. Rilevanza europea del principio di laicità, sviluppo della disciplina sugli aiuti di Stato e ... effettiva attuabilità della statuizione della Corte

La decisione della Grande Camera nel caso Montessori e Ferracci permette di fare alcune riflessioni di carattere sistematico. In primo luogo, i giudici europei confezionano una decisione che, di fatto, appare un’applicazione del principio di laicità, il quale, oltre ad essere sancito dalla Costituzione italiana, si è ormai affermato anche a livello europeo. Sul piano costituzionale, quest’ultimo emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost. e «implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale» [134]. Ma se il principio di laicità è stato elaborato dall’Assemblea Costituente come tutela della libertà di religione a fronte di normative nazionali discriminatorie, v’è da chiedersi se una disciplina fiscale nazionale che ponga gli enti religiosi in una situazione di vantaggio rispetto ad altri soggetti che svolgono attività analoghe (e.g. istruzione, sport dilettantistico, ecc.) risulti parimenti una violazione di detto principio [135]. La laicità è diventata, inoltre, un valore europeo in quanto espressivo dei rapporti bilaterali tra Stati membri e confessioni religiose (per lo più, la Chiesa Cattolica) [136] che, in qualche misura, costituiscono parte dell’acquis communautaire. Sebbene non sia formalmente una competenza dell’Unione, la religione è entrata sempre più nella relativa agenda politica [137], tant’è che da più parti si evidenzia come la laicità risulti ormai fortemente radicata all’interno del Trattato di Lisbona – il quale ha introdotto l’art. 17, comma 1, TFUE secondo cui «l’Unione rispetta e non pregiudica lo status di cui le chiese e le associazioni o comunità religiose godono negli Stati membri in virtù del diritto nazionale» – e questo, quale risultato del dibattito tra religioni e attori secolari, avrebbe confermato la penetrazione della componente religiosa nel “DNA” europeo [138]. L’applicazione del principio di laicità “in salsa europea” da parte della Corte di Giustizia nel caso Montessori e Ferracci rimane, quindi, sullo sfondo, come un pensiero inespresso, ma comunque ben [continua ..]


NOTE