La Suprema Corte, a distanza di un anno, si pronuncia nuovamente sulla natura di cessione del contratto di prestazione sportiva del calciatore, rigettando la tesi del collegamento contrattuale tripartito e ritenendo invece configurabile una cessione ai sensi dell’art. 1406 c.c. Un siffatto inquadramento consentirebbe l’applicazione della disciplina della deducibilità delle minusvalenze, sempreché la cessione sia avvenuta a titolo oneroso. Contestualmente, la Cassazione si dedica alla delicata questione circa il corretto inquadramento della fattispecie di cessione del “cartellino” in assenza di corrispettivo. Nonostante la cessione sia avvenuta a “costo zero”, la Suprema Corte considera l’operazione negoziale onerosa, essendo sorretta da reciproci costi e benefici, legittimando così l’applicazione della disciplina della deducibilità delle minusvalenze generate ai sensi degli artt. 86 e 101 del TUIR. Tale nuovo approccio critico al concetto di onerosità operato dalla Suprema Corte implicherebbe una nuova valutazione dell’assetto negoziale, apprezzabile alla luce dell’equilibrio complessivo e globale che le parti hanno ritenuto di imprimere alla fattispecie contrattuale.
The Italian Supreme Court, after one year, issued another decision on the nature of the transfer of the football player’s performance contract, rejecting the thesis of the tripartite contractual link and, instead, deeming a transfer to be configurable pursuant to Art. 1406 of the Italian Civil Code. Such a classification would allow the application of the discipline of capital losses deductibility, provided that the transfer was made for consideration. At the same time, the Italian Supreme Court focuses on the delicate issue concerning the correct classification of the football player’s transfer in absence of payment. Although the transfer takes place “at no cost”, the Italian Supreme Court considers the transaction burdensome, being supported by reciprocal costs and benefits, thus legitimising the application of the discipline of capital losses deductibility pursuant to Arts. 86 and 101 of the Income Tax Consolidated Act. This new critical approach to the concept of onerousness operated by the Italian Supreme Court would imply a new evaluation of the contractual structure, appreciable in light of the overall and global balance that the parties have decided to give to the specific case.
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1. La fattispecie in esame - 2. La natura dell’atto di cessione del contratto di prestazione sportiva del calciatore in rapporto con la disciplina delle minusvalenze - 3. Il problema: la qualificazione della cessione a “costo zero” quale operazione negoziale a titolo oneroso o a titolo gratuito - 4. Conclusione: una soluzione ancora aperta - NOTE
La sentenza in commento presenta due profili di rilevante interesse, entrambi meritevoli di essere esaminati: in primo luogo, la natura di cessione del contratto ex art. 1406 c.c. dell’atto di trasferimento del “cartellino” di un calciatore da una società sportiva all’altra; in secondo luogo, la rilevanza fiscale ai fini delle imposte dirette delle minusvalenze realizzate in occasione della cessione del contratto di prestazione sportiva c.d. a “costo zero”, purché sia dimostrato un equilibrio tra sacrificio e vantaggio dei contraenti. Nella fattispecie in esame, dalla ricostruzione offerta dalla Suprema Corte, l’Agenzia delle Entrate, per gli anni d’imposta 2004 e 2005, recuperava ad imponibile IRES le minusvalenze generate della cessione del “cartellino” di due calciatori. Secondo l’Amministrazione Finanziaria tale operazione avveniva in assenza di corrispettivo e, conseguentemente, il trasferimento degli atleti doveva considerarsi a titolo gratuito. Si negava così l’applicazione della disciplina della deducibilità delle minusvalenze ai sensi degli artt. 86 e 101, comma 1, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che richiede, com’è noto, il presupposto dell’onerosità dell’operazione negoziale. Si rileva fin da subito che tale pronuncia si pone in aperto contrasto con un recente arresto giurisprudenziale, ove la Cassazione ha disconosciuto la deducibilità delle minusvalenze realizzate con il trasferimento dell’atleta da una società sportiva all’altra, ritenendo che la cessione a “costo zero” sia qualificabile quale atto a titolo gratuito, «non rilevando la circostanza che la parte cessionaria dovrà corrispondere al giocatore ceduto il compenso dovutogli» [1].
Prima di affrontare la questione principale oggetto della presente pronuncia, pare opportuno soffermarsi sulla questione (propedeutica) della natura dell’atto di cessione del contratto di prestazione sportiva da una società sportiva all’altra. L’operazione di interpretazione e di qualificazione di tale operazione giuridica ai sensi dell’art. 1406 c.c. non è priva di effetti sul piano pratico. La deducibilità delle minusvalenze generate a seguito della cessione del “cartellino” è condizionata dalla qualificazione dell’operazione negoziale quale cessione del contratto civilisticamente riconosciuta; l’assimilazione del diritto all’utilizzazione della prestazione sportiva del calciatore alla categoria dei beni strumentali immateriali, infatti, legittima l’applicazione della disciplina delle minusvalenze regolata dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (vedi infra). Com’è noto, è la Legge n. 91/1981, recentemente sostituita dal D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, che disciplina i rapporti giuridici tra le società sportive e i calciatori. In particolare, l’art. 5, comma 2, della Legge citata (ora art. 26, comma 2, D.Lgs. n. 36/2021), consente alle parti di cedere il contratto avente ad oggetto la prestazione sportiva dell’atleta [2]; ciò a condizione che il trasferimento avvenga prima della scadenza del contratto e che il calciatore presti il suo consenso[3]. Se da una parte, l’eliminazione del c.d. “vincolo sportivo” ha determinato la proliferazione di operazioni negoziali nella fase antecedente alla naturale scadenza del contratto, dall’altra parte, sono sorte molteplici problematiche inerenti alle conseguenze fiscali (in tema di IRES e IRAP), discendenti dalla controversa configurazione dell’atto di trasferimento del diritto all’utilizzazione della prestazione sportiva dell’atleta [4]. Per quanto interessa ai nostri fini, con la pronuncia in esame, la Suprema Corte ha confermato l’orientamento maggioritario, inaugurato dalla prassi amministrativa [5], facendo propria la tesi sostenuta da autorevole dottrina [6], e successivamente sposato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato [7], secondo cui «il contratto con cui è ceduto il diritto all’utilizzo esclusivo della [continua ..]
Atteso che la deducibilità delle minusvalenze è sottoposta al rispetto della condizione di cui all’art. 86 del TUIR, ossia l’onerosità dell’operazione negoziale, nel caso di specie occorre ora valutare se la cessione a “costo zero” del diritto di utilizzazione della prestazione sportiva sia da considerarsi atto a titolo oneroso o a titolo gratuito. Le problematiche che sono sorte in seno al concetto di onerosità ai sensi dell’art. 86 del TUIR potrebbero derivare dall’assenza, nel sistema tributario, di una chiara e precisa definizione di tale concetto e, al tempo stesso, dall’evoluzione degli scambi commerciali, ove ormai i vantaggi di natura patrimoniale scaturiscono, non raramente, da operazioni negoziali caratterizzate dalla mancanza, almeno sul piano formale, dell’elemento della corrispettività [16]. Come osservato nella parte motiva della pronuncia, la Suprema Corte critica in prima battuta il concetto di onerosità fiscalmente rilevante, il quale non dovrebbe coincidere con l’elemento del corrispettivo, seppur sia ritenuto essenziale ai fini del perfezionamento della compravendita. Infatti, se da una parte, la giurisprudenza valorizza la nozione di causa in concreto, ritenendo irrilevante il rapporto costi-benefici valutato nel complesso dell’operazione a “costo zero”, ritenendo gratuito l’atto di alienazione in assenza di corrispettivo [17]; dall’altra, osserva che sono contratti a titolo oneroso quelli in cui i vantaggi sono reciproci al pari dei sacrifici, mentre atti a titolo gratuito sono quelli in cui il sacrificio a vantaggio dell’altro è sopportato solo da un contraente [18]. Come osservato dalla Cassazione, conseguentemente, «la mancata previsione del corrispettivo della cessione di un bene non deve sempre ricondurre l’operazione fuori della vendita stessa», poiché anche un’operazione negoziale formalmente gratuita, valutata nel complesso, può assumere un valore sostanzialmente oneroso. Viene così introdotto il tema delle alienazioni delle c.d. discommodities, per tali intendendosi le operazioni negoziali attuate con il trasferimento di un determinato bene con “prezzo negativo”, ma anche a “costo zero” [19]. Non è richiesto, in sostanza, per il perfezionamento del negozio, la [continua ..]
In conclusione, il riconoscimento ormai pacifico, come sembra, della natura di cessione del “cartellino” del calciatore ai sensi dell’art. 1406 c.c. comporta, invece, sotto la qualificazione dell’onerosità o della gratuità, rilevanti problematiche, le quali si ripercuotono, a cascata, sull’applicabilità o meno della disciplina della deducibilità delle minusvalenze. Con la pronuncia in esame, pertanto, la Suprema Corte, prendendo le distanze dall’orientamento contrario, il quale tuttavia – come esplicitamente precisato – «non consente di ravvisare ancora l’emersione di una vera difformità di decisioni sulla questione di diritto», sposa l’indirizzo ermeneutico favorevole alla ricostruzione unitaria dell’operazione giuridica (già compiuta dal Consiglio di Stato e, in precedenza, dall’Agenzia delle Entrate), riconoscendo che il concetto di onerosità postula che «l’operazione sia oggetto di considerazione complessiva dei costi e benefici che all’esito del trasferimento ognuna delle società avrà sopportato e avrà conseguito», senza che ciò determini un eccessivo squilibrio sinallagmatico. Si delinea così, almeno a livello generale, un’evoluzione del concetto di onerosità, funzionale al soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela ed estraneo ad una valutazione unilaterale degli interessi delle singole parti. In tal senso, pertanto, potrà assumere importanza, quale schema contrattuale formalmente gratuito ma sostanzialmente oneroso, anche la “purgazione”, ossia l’eliminazione, delle c.d. discommodities.