Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
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Considerazioni sull'efficacia della cessione delle eccedenze di imposta nell'ambito del consolidato nazionale (di Stefano Moratti)


La Corte di Cassazione ha affermato l’efficacia della cessione di un credito IVA nell’ambito del perimetro di consolidamento anche in caso di violazione delle formalità dichiarative richieste dall’art. 43 ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (nella versione antecedente alle modifiche introdotte dal D.L. 2 marzo 2012, n. 16). Le cessioni ai fini della compensazione infragruppo rappresentano una “conseguenza naturale del consolidato nazionale, il cui scopo è porre in relazione con l’Amministrazione Finanziaria una singola fiscal unit”.

 

Remarks on the effectiveness of the transfer of tax credits within the national tax consolidation discipline

 The Italian Supreme Court affirmed the validity and the effectiveness of the transfer of a VAT credit in the tax consolidation area even in absence of the declaratory formalities required by Art. 43 ter of Presidential Decree no. 602 of 29 September 1973 (before the amendments introduced by Law Decree no. 16 of 2 March 2012). The transfers of tax credit with the aim of intra-group compensation represent a “natural consequence of the tax consolidation, the purpose of which is to identify a single fiscal unit that manages the relationship with the tax authorities”.

Keywords: corporate tax, national tax consolidation discipline, transfer of tax credits, VAT, compensation.

MASSIMA: All’interno del perimetro di consolidamento, è efficace la cessione di un credito IVA anche in assenza delle formalità dichiarative richieste dall’art. 43 ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (nella versione antecedente alle modifiche previste dal d.l. 2 marzo 2012 n. 16) poiché le cessioni ai fini della compensazione infragruppo rappresentano una “conseguenza naturale del consolidato nazionale” senza che le novità introdotte nel 2012 dal comma 2 bis dell’art. 43 ter smentiscano tale conclusione. PROVVEDIMENTO: RILEVATO CHE: – con la sentenza impugnata la CTR della Lombardia accoglieva l’appello dell’Ufficio e pertanto in riforma della sentenza di primo grado dichiarava la legittimità dell’atto impugnato, cartella di pagamento per IVA 2006; – ricorre a questa Corte la società LA SOCIETÀ s.p.a. con atto affidato a due motivi; l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso. CONSIDERATO CHE: – con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43 – ter, del D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17, degli artt. 117 sino al 128 TUIR, nonché del D.M. 9 giugno 2004, art. 7, anche in relazione all’art. 23 Cost., per avere la CTR meneghina ritenuto erroneamente applicabile il disposto dell’art. 43 ter, ridetto alla cessione del credito iva maturato in capo alla società consolidata NTF s.r.l., la cui compensazione con l’IRES dovuta dalla consolidante LA SOCIETÀ s.p.a. non poteva operarsi legittimamente se non rispettando (cosa che non è avvenuta nel caso concreto) precise formalità in sede di redazione della dichiarazione della consolidante stessa, formalità aventi efficacia costitutiva; – il secondo motivo si incentra, con riguardo alla sopraesposta questione, sulla violazione e falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del principio generale del divieto di doppia imposizione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67, dei principi generali in materia di IVA di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 2041 c.c., anche in relazione all’art. 53, per ingiustificato arricchimento erariale; – i motivi possono esser trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi tra di loro al punto da risultare costituenti profili autonomi di una medesima censura; – gli stessi risultano fondati; – la disposizione di riferimento risulta il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43 ter, rubricato “cessione delle eccedenze nell’ambito del gruppo”, nel testo in vigore dal 03/03/2000 come modificato dal D.P.R. n. 542 del 1999, art. 11, secondo il quale “le eccedenze dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi risultanti [continua..]

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SOMMARIO:

1. Il caso - 2. Il consolidamento finanziario e il consolidato nazionale - 3. La cessione delle eccedenze all’interno del perimetro di consolidamento - 3.1. La logica operativa del consolidato - 3.2. La rilevanza della compensazione come modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria - 4. La cessione delle eccedenze da e verso la fiscal unit: il significato del richiamo all’art. 43 ter - 5. Le modifiche introdotte all’art. 43 ter nel 2012 e la loro rilevanza interpretativa - 6. Conclusioni - NOTE


1. Il caso

Il caso preso in esame dalla Cassazione riguarda le modalità di cessione delle eccedenze d’imposta e dei crediti utilizzabili in compensazione nell’ambito del consolidato nazionale. Nell’ordinanza in commento è stata affermata l’efficacia della compensazione tra l’imposta sul reddito delle società dovuta dalla capogruppo consolidante e il credito per l’imposta sul valore aggiunto di una società consolidata ceduto in mancanza delle formalità previste dall’art. 43 ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, applicabile nella versione vigente prima delle modifiche introdotte dal D.L. 2 marzo 2012 n. 16 [1]. Gli adempimenti in questione prevedono, perché una cessione abbia effetto verso l’Amministrazione, che “l’ente o società cedente indichi nella dichiarazione gli estremi dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi”. Sul piano generale, il problema è stato risolto con l’introduzione nel 2012 del nuovo comma 2 bis dell’art. 43 ter che ha semplificato i requisiti formali della cessione nell’ambito del consolidato, prevedendo che “la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto non determina l’inefficacia ai sensi del secondo comma” e prevedendo, in questo caso, soltanto l’applicazione della sanzione di cui all’art. 8, comma 1, del D.lgs. 19 dicembre 1997, n. 471 nella misura massima [2]. Prima di tale intervento normativo, però, i dubbi e le contestazioni sulla disciplina applicabile erano diversi. La controversia prende avvio dalla notifica di una cartella di pagamento IVA a una società consolidata per un credito ceduto alla consolidante e utilizzato in compensazione da quest’ultima con l’Ires dovuta in assenza delle formalità previste dal secondo comma dell’art. 43 ter. Contro tale cartella è stato proposto ricorso dalla capogruppo le cui argomentazioni sono state accolte con la conseguente declaratoria di illegittimità dell’atto. Nel successivo appello innanzi alla Commissione Tributaria Regionale venivano, invece, accolti i motivi proposti dall’Amministrazione incentrati sull’efficacia costitutiva delle formalità. Contro tale sentenza è stato proposto ricorso in Cassazione dalla consolidante che ha lamentato una erronea applicazione [continua ..]


2. Il consolidamento finanziario e il consolidato nazionale

Tramite l’art. 43 ter del D.P.R. n. 602/1973 è possibile giungere a una forma di consolidamento finanziario grazie alla cessione delle eccedenze infragruppo. Il comma 1 prevede che le eccedenze Ires possano essere cedute, in tutto o in parte, a una o più società dello stesso gruppo, senza l’osservanza delle formalità previste dagli artt. 69 e 70 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 [4]. Per tracciare l’ambito di operatività dell’istituto, i confini del gruppo sono definiti richiedendo una partecipazione della controllante nel capitale della controllata superiore al cinquanta percento, fin dall’inizio del periodo di imposta precedente a quello al quale fanno riferimento i crediti di imposta ceduti [5]. Si tratta di un meccanismo che non incide sulle modalità di determinazione del reddito ma che consente esclusivamente una forma di consolidamento finanziario unidirezionale, poiché riguarda soltanto le eccedenze e i crediti e non i debiti, nel contesto di rapporti bilaterali tra società facenti parte di un medesimo gruppo. La divergenza di finalità e di ampiezza operativa è netta rispetto all’istituto del consolidato nazionale che, invece, incide proprio sulla formazione del risultato reddituale del gruppo, rendendo possibile la determinazione di un’unica base imponibile e superando, quindi, la sola compensazione delle posizioni finanziarie delle singole società del perimetro [6]. Il differente angolo visuale dal quale vengono inquadrate le esigenze della fiscalità di gruppo emerge con chiarezza dalla trama normativa laddove l’art. 118 TUIR ha previsto la trasferibilità sia delle eccedenze Ires maturate prima dell’attivazione del consolidato che delle eccedenze prodotte dopo l’esercizio dell’opzione senza operare particolari preclusioni e divieti come, invece, accade, sul fronte della circolazione delle perdite [7]. Per quest’ultime, invece, è prevista una disciplina molto diversa per evitare possibili distorsioni distinguendo le perdite maturate dopo l’esercizio dell’op­zione, per le quali è possibile una circolazione nell’ambito del perimetro, dalle perdite antecedenti, per le quali la circolazione non è possibile [8]. Nel primo caso, emerge con evidenza l’approccio collettivo della tassazione di gruppo mentre, nel secondo, [continua ..]


3. La cessione delle eccedenze all’interno del perimetro di consolidamento

Per inquadrare la questione, oltre all’art. 118, comma 2, TUIR occorre prendere in considerazione quanto previsto dal decreto di attuazione del consolidato nazionale, il D.M. 9 giugno 2004. In particolare, l’art. 7, comma 1, lett. b), prevede “che ciascun soggetto può cedere, ai fini della compensazione con l’imposta sul reddito delle società dovuta dalla consolidante, i crediti utilizzabili in compensazione ai sensi dell’art. 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nel limite previsto dall’art. 25 di tale decreto per l’importo non utilizzato dal medesimo soggetto, nonché le eccedenze di imposta ricevute ai sensi dell’art. 43 ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602” [9]. Come già anticipato, nella configurazione antecedente al 2012, il dubbio è se la circolazione delle eccedenze all’interno del consolidato debba o meno rispettare i requisiti formali dell’indicazione del cessionario e dell’importo ceduto. La Cassazione nell’ordinanza in commento ammette tale circolazione, anche in assenza dei requisiti formali. Le argomentazioni a sostegno di questa conclusione si concentrano introno a due nuclei concettuali collegati tra di loro e rappresentati dalla logica operativa sottesa all’istituto del consolidato nazionale, da una parte, e dal ruolo della compensazione come modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria, dall’altra.


3.1. La logica operativa del consolidato

Con riferimento al primo ordine di argomentazioni, la Corte sottolinea come “le operazioni di cessione di credito ai fini della compensazione infragruppo risultino conseguenza naturale del consolidato nazionale, il cui scopo e funzione naturale individuata dal TUIR è quello di porre in relazione con l’Amministrazione finanziaria una singola fiscal unit”. Tale argomentazione pare condivisibile dal momento che il consolidato è stato introdotto nel nostro ordinamento con la finalità di semplificare l’inquadramento fiscale del gruppo ponendo in capo alla sola consolidante la fase di liquidazione e versamento del tributo. La rilevanza essenzialmente procedimentale del meccanismo di consolidamento, infatti, si sostanzia nel metodo unitario di quantificazione dell’imponibile e dell’imposta e individua nell’istituto della compensazione infragruppo uno dei propri strumenti operativi più rilevanti. La compensazione opera sia a livello del calcolo degli imponibili, ovvero tra gli utili e le perdite delle società del perimetro, sia a livello della liquidazione dell’unica imposta di gruppo dove i crediti e le eccedenze delle diverse società del perimetro possono essere trasferiti alla consolidante. Ai sensi dell’art. 122 TUIR, infatti, le società consolidate non procedono alla liquidazione della propria imposta dal momento che spetta alla consolidante calcolare il reddito complessivo globale e procedere alla liquidazione dell’imposta. La circolazione delle eccedenze verso la capogruppo è, quindi, una conseguenza fisiologica dell’impostazione strutturale del consolidato stesso. Anche l’Amministrazione nella Risposta n. 191 del 13 giugno 2019 è giunta a conclusioni molto simili. Il quesito posto da una società consolidata riguarda la legittimazione di quest’ultima a cedere i crediti d’imposta di cui agli artt. 17 e 18 della legge 14 novembre 2016, n. 220 [10] per consentire alla consolidante la compensazione degli stessi con l’Ires dovuta. L’Amministrazione ha risposto affermativamente, sottolineando come la cessione del credito di imposta o dell’eccedenza al consolidato cui partecipa la società consolidata si inserisca in “un sistema di tassazione disegnato dal legislatore al fine di consentire la determinazione di un reddito imponibile unico e di abbattere l’Ires di gruppo [continua ..]


3.2. La rilevanza della compensazione come modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria

L’altro snodo argomentativo sul quale la Cassazione fonda le proprie conclusioni è rappresentato dal ruolo rivestito dalla compensazione come modalità di estinzione dell’obbligazione tributaria. In primo luogo viene ricordato come il già ricordato art. 7, comma 1, lett. b), del D.M. 9 giugno 2004 richiami l’art. 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 per definire i crediti cedibili all’interno del perimetro e utilizzabili in compensazione senza che siano previsti particolari obblighi formali che condizionino l’operatività della compensazione stessa [13]. Viene poi richiamata la previsione contenuta nell’art. 8 dello Statuto dei diritti del contribuente secondo cui “l’obbli­gazione tributaria può essere estinta anche per compensazione”. Tale meccanismo di estinzione del debito tributario “sembra essere stato riconosciuto quale modalità generale di estinzione dell’obbligazione tributaria, utilizzabile anche per ipotesi diverse da quelle espressamente disciplinate dal legislatore salvi altrettanto espressi divieti e limiti ex lege previsti”. La Corte ha poi sottolineato come l’art. 8 dello Statuto abbia introdotto una norma di portata generale che prevede un modello di compensazione applicabile ad ampio spettro “che si affianca a tutte le discipline specifiche oggi esistenti”. Più in particolare, il legislatore ha fatto riferimento “all’istituto della compensazione legale, come disciplinato dal codice civile, ribadendo il pieno utilizzo di tale istituto in materia tributaria”. Il riferimento alla disciplina civilistica, per quanto non particolarmente approfondito, è comunque significativo. Anche in altre decisioni della Cassazione [14] e in dottrina [15] il richiamo alla disciplina dettata dall’art. 1241 c.c. è abbastanza frequente anche se il dato normativo in materia di compensazione presenta molte variegate sfaccettature che impediscono un richiamo alla sola disciplina codicistica. Anche la perdurante assenza dei regolamenti di attuazione dell’art. 8 dello Statuto limita il raggio operativo della compensazione e può essere letta come indice di una certa difficoltà ad estendere tutte le norme dettate dal codice civile al settore tributario. Con riferimento alle dinamiche della fiscalità infragruppo, quindi, il ruolo della compensazione [continua ..]


4. La cessione delle eccedenze da e verso la fiscal unit: il significato del richiamo all’art. 43 ter

Occorre a questo punto chiarire quali requisiti debbano rispettare le cessioni delle eccedenze da e verso la fiscal unit. In altre parole, restano da approfondire la cessione da una società controllata ex art. 43 ter esterna al consolidato verso la capogruppo consolidante e quella in direzione opposta, ossia dalla consolidante verso una società esterna al perimetro ma controllata ex art. 43 ter. Proprio in questo contesto assume un ruolo fondamentale il disposto dell’art. 118 TUIR in relazione al quale l’ordinanza in esame offre diversi spunti di riflessione. Secondo i giudici, infatti, il più volte ricordato richiamo all’art. 43 ter serve per “coordinare la disciplina delle società immesse nel perimetro del consolidato nazionale con quelle delle società, che pur legate da rapporti partecipativi di controllo dal lato attivo e da quello passivo, sono rimaste al di fuori della fiscal unit”. In sostanza, l’art. 43 ter rappresenta, la via di accesso al perimetro di consolidamento delle eccedenze e dei crediti di imposta che provengono “dall’esterno”. Tale ricostruzione trova nell’art. 7, comma 1, lett. b), del D.M. 9 giugno 2004 un forte sostegno argomentativo laddove il dato testuale della norma fa riferimento alla possibilità di cedere ai fini della compensazione le eccedenze “ricevute” ai sensi dell’art. 43 ter. Le eccedenze “ricevute” sono solo quelle che provengono da società esterne al perimetro di consolidamento. Sul punto, l’ordinanza è molto chiara e evidenzia come “l’utilizzo da parte del legislatore del termine ‘ricevute’ fa rimando senza dubbio alcuno a un trasferimento unidirezionale dall’esterno all’interno, in cui il soggetto destinatario di tale ricezione è un soggetto, per l’appunto, ‘interno’ rispetto al consolidato”. Specularmente, per quanto l’ordinanza in commento non dedichi attenzione a questo caso, la consolidante può anche cedere le eccedenze di imposta del consolidato non utilizzate ad altri soggetti del gruppo in relazione ai quali sono integrati i requisiti di partecipazione previsti dall’art. 43 ter. L’Agenzia delle Entrate nella Circolare 20 dicembre 2004, n. 53/E, ha precisato che gli artt. 118, comma 2, del TUIR e 7, comma 1, lett. b), del decreto di attuazione fanno salva [continua ..]


5. Le modifiche introdotte all’art. 43 ter nel 2012 e la loro rilevanza interpretativa

Restano da approfondire le considerazioni proposte dalla Corte sulla portata e sulla rilevanza delle modifiche apportate nel 2012 all’art. 43 ter. Si tratta di considerazioni che si discostano nettamente dal precedente orientamento espresso dalla Cassazione nella sentenza 21 novembre 2018, n. 30014. Come già detto, il D.L. 2 marzo 2012, n. 16 ha introdotto il nuovo comma 2 bis dell’art. 43 che ha previsto, in caso di cessione dell’eccedenza Ires risultante dalla dichiarazione del consolidato ex art. 122 TUIR, che “la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto non determina l’inefficacia ai sensi del comma 2 se il cessionario è lo stesso soggetto consolidate”. Successivamente, la legge di conversione (L. 26 aprile 2012, n. 44) ha modificato il dato testuale del nuovo comma eliminando la limitazione all’operatività della norma al solo caso in cui cessionario e consolidante coincidessero e prevedendo, in modo più ampio, che “la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto non determina l’inefficacia della cessione stessa nei confronti dell’amministrazione finanziaria”. Oggi, quindi, il trasferimento delle eccedenze nell’ambito del gruppo esplica i suoi effetti anche in assenza della indicazione nella dichiarazione consolidata dei dati del cessionario e dell’importo ceduto. In questi casi è prevista soltanto una sanzione pecuniaria senza che vi sia alcuna inefficacia della cessione. La Corte ritiene che l’introduzione di tale disposizione non comporti particolari ripercussioni sulla ricostruzione normativa proposta, né ritiene necessaria un’even­tuale valutazione della retroattività della stessa o della sua portata interpretativa. Secondo la Corte, le conclusioni prospettate circa la non necessità delle formalità previste dall’art. 43 ter anche prima delle novità del 2012 si basano su un’attenta analisi della disciplina normativa e regolamentare del consolidato che non varia a seguito dell’introduzione del nuovo comma 2 bis. Su questo specifico punto, l’ordinanza in esame si allontana della precedente interpretazione adottata nel 2018 che aveva portato a conclusioni molto diverse. Nella ricordata sentenza n. 30014, infatti, è stato affermato che il nuovo comma “non ha [continua ..]


6. Conclusioni

L’ordinanza in commento ha ricostruito in molto preciso il quadro della cessione delle eccedenze nel consolidato prima delle modifiche introdotte nel 2012 che hanno chiarito definitivamente la portata non costitutiva delle formalità previste dal secondo comma dell’art. 43 ter. Nell’articolata motivazione proposta è di sicuro interesse la ricostruzione della logica operativa sottesa al consolidato che costituisce il principale fondamento argomentativo a sostegno della conclusione della legittimità della cessione pur in presenza di violazioni dichiarative di carattere formale. Su questo specifico fronte, infatti, la fiscal unit assume una fisionomia unitaria e le cessioni che avvengono al proprio interno si distinguono dalle cessioni che vanno al di là del confine del perimetro di consolidamento e si inseriscono in un meccanismo comune di liquidazione dell’im­posta di gruppo dove le operazioni di cessione del credito ai fini della compensazione infragruppo sono fisiologiche. In questo quadro, coerentemente l’art. 43 ter rappresenta la porta di accesso al perimetro garantendo un coordinamento tra la disciplina che regola il consolidato e la disciplina delle società che, per quanto siano legate da forti rapporti partecipativi e di controllo, non fanno parte della fiscal unit. Altrettanto significative sono le considerazioni proposte sulla rilevanza della compensazione, non soltanto nell’ambito del consolidato dove, come detto, rappresenta uno strumento che trova ampio spazio, ma anche come modalità generale di adempimento dell’obbligazione tributaria “utilizzabile anche per ipotesi diverse da quelle espressamente disciplinate dal legislatore salvo altrettanto espressi divieti e limiti ex lege previsti”. In conclusione, l’orientamento espresso nell’ordinanza fornisce solide argomentazioni che giustificano il superamento del precedente orientamento giurisprudenziale rigorista e che si collocano in linea con l’impostazione di fondo del consolidato nazionale.


NOTE