Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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La detraibilità dell'IVA da operazione inesistente versata dal cedente nell'ambito di una transazione fiscale (di Fabio Russo)


La sentenza affronta il tema della detraibilità dell’IVA esposta in una fattura emessa a fronte di una operazione inesistente allorché il cedente, tramite strumenti di composizione quali la transazione fiscale, abbia effettivamente versato il tributo comunitario. La Corte conclude nel senso che l’assenza di danno per l’Erario legittima la detrazione in favore del cessionario e si colloca nel solco tracciato dalla più recente giurisprudenza comunitaria e dello stesso giudice di legittimità.

 

The deduction of VAT from non-existing transaction paid by the seller in the context of a tax transaction

The ruling addresses the issue of the deductibility of VAT shown in an invoice issued for a non-existent transaction when the transferor, through settlement tools such as the fiscal transaction, has actually paid the EU tax. The Italian Supreme Court concludes in the sense that the absence of Treasury’s damage legitimises the deduction in favour of the transferee and aligns to the path traced by the most recent CJEU’s case law and by the same Supreme Court.

Keywords: VAT, deduction, neutrality, non-existing transactions, regular payment of the tax.

MASSIMA: In tema di detrazione dell’IVA, sussiste il diritto alla detrazione dell’imposta addebitata a titolo di rivalsa, sia pure per un’operazione non effettivamente posta in essere, là dove il cedente dei beni o il prestatore dei servizi abbia provveduto a versare integralmente l’imposta indicata nella relativa fattura in esecuzione di una transazione fiscale conclusa nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, atteso che, in tale modo, risulta definitivamente eliminato il rischio di perdita di gettito fiscale. PROVVEDIMENTO: (Omissis) RILEVATO CHE L’Agenzia delle Entrate («A.E.») propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 5 novembre 2014, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della R. I. e C. s.r.l. per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui, relativamente all’anno 2004, era stata contestata l’indebita detrazione dell’i.v.a. di rivalsa assolta con riferimento ad un’operazione di cessione immobiliare e recuperata la relativa imposta; Dall’esame della sentenza impugnata si evince che con l’atto impositivo l’Ufficio aveva contestato l’abusività della condotta della contribuente, rilevando che le parti dell’operazione appartenevano alla medesima organizzazione imprenditoriale, la cessione era finalizzata a creare un vantaggio fiscale all’acquirente e che la cedente, avente sede in Lussemburgo, non aveva provveduto a versare l’i.v.a. applicata; Il giudice di appello ha disatteso il gravame evidenziando che la cedente aveva provveduto all’integrale versamento dell’i.v.a. in oggetto a seguito di transazione fiscale, per cui non si era verificato danno all’erario e che laddove si negasse alla contribuente di detrarre l’i.v.a. di rivalsa assolta si realizzerebbe una illegittima duplicazione di imposta; Il ricorso è affidato a due motivi; Resiste con controricorso la R. I. e C. s.r.l. CONSIDERATO CHE 1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 54, della Dir. n. 77/388/CEE, e dei principi generali in tema di abuso del diritto, per aver la sentenza impugnata riconosciuto il diritto alla detrazione dell’i.v.a. in oggetto senza rilevare che sussistevano gli elementi sintomatici della contestata natura abusiva dell’operazione e che il versamento dell’i.v.a. da parte della cedente era avvenuta solamente in epoca successiva alla notifica dell’atto impugnato e in via non spontanea; 2. Con il secondo motivo deduce l’omesso esame di fatti decisivi e controversi per il giudizio, indicativi della sussistenza del contestato abuso; 3. I motivi, esaminabili congiuntamente, sono [continua..]

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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. L’indetraibilità dell’IVA nelle operazioni inesistenti - 3. Il principio di neutralità plasma l’orientamento del giudice unionale - 4. L’irrilevante particolarità del caso esaminato ed il tempo del pagamento - 5. La detrazione dell’IVA secondo il principio di proporzionalità - 6. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

La sentenza in commento analizza il tema, per il vero assai noto, afferente la detraibilità dell’IVA esposta in una fattura emessa per operazione inesistente [1] allorché, però, il cedente abbia provveduto all’integrale pagamento del tributo. Il caso specifico è caratterizzato dalla pendenza di una procedura di composizione, poiché il soggetto emittente la fattura aveva concluso, nel corso del processo di cui trattasi, una transazione fiscale [2]. All’interno dell’accordo raggiunto con l’Agenzia delle Entrate il cedente aveva assolto gli obblighi di versamento. La vicenda precisamente origina da un avviso di accertamento con il quale è stata contestata l’indebita detrazione [3] dell’IVA di rivalsa assolta con riferimento ad un’operazione di cessione immobiliare caratterizzata da abusività della condotta, posto che le parti del negozio appartenevano alla medesima organizzazione imprenditoriale e la cessione appariva finalizzata a creare un vantaggio fiscale all’acquirente. A tale condotta attiva faceva seguito un comportamento omissivo, poiché la cedente, con sede in Lussemburgo, non aveva provveduto a versare l’IVA di rivalsa [4]. L’Agenzia delle Entrare soccombe in primo grado e stessa sorte subisce nel giudizio di appello, poiché i giudici del gravame valorizzano l’avvenuto integrale versamento del debito IVA ad opera del cedente nell’ambito di una procedura di transazione fiscale [5]. Tale comportamento era considerato idoneo a scongiurare il rischio di perdita del gettito erariale. Con apposito ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta l’ingiustizia della sentenza innanzi la Corte di Cassazione subendo, per l’ultima volta, l’esito del processo. I motivi di impugnazione confluiscono, da diversa angolazione, sulla medesima tematica. Con un primo motivo l’Agenzia denuncia la violazione e la falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 19 e 54, nonché della Dir. n. 77/388/CEE e dei principi generali in tema di abuso del diritto, per aver la sentenza impugnata riconosciuto il diritto alla detrazione dell’IVA senza rilevare che sussistevano gli elementi sintomatici della natura abusiva dell’operazione. Inoltre, precisava la parte, il versamento del tributo era avvenuto solamente in epoca successiva alla notifica dell’atto [continua ..]


2. L’indetraibilità dell’IVA nelle operazioni inesistenti

Nell’ambito della tematica trattata la detraibilità dell’IVA, esposta in una fattura emessa a fronte di una operazione inesistente, è quella che impegna maggiormente la dottrina e giurisprudenza. La nozione di fattura inesistente comprende tanto le ipotesi di mancanza assoluta dell’operazione, quanto la divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale, sino ad estendersi alla inesistenza puramente soggettiva laddove, pur in presenza di beni e servizi entrati nella disponibilità dell’impresa cui le fatture sono rilasciate, risultino falsi uno, o addirittura entrambi, i soggetti del rapporto [8]. La fattura non è solo obbligo formale di centrale importanza ai fini dell’appli­cazione dell’IVA [9], ma è momento strumentale per l’attuazione del tributo secondo il modello giuridico delineato dalle disposizioni di settore [10]. Il diritto alla detrazione sorge, però, sul fronte sostanziale, solo in presenza di una operazione imponibile, indipendentemente dall’emissione della fattura. Ciò nonostante la fattura, sul piano procedimentale, è titolo legittimante l’esercizio della detrazione [11]. L’operazione oggettivamente inesistente, non essendo mai avvenuta, comporta la indeducibilità del costo e l’indetraibilità dell’IVA. Nella categoria delle operazioni soggettivamente inesistenti, invece, rientrano diverse ipotesi, come quella in cui l’emittente della fattura non esiste in quanto soggetto di pura fantasia, oppure realmente esistente ma non è un soggetto IVA, per giungere all’ipotesi classica in cui chi ha emesso fattura non è colui che effettuato l’operazione indicata nel documento fiscale [12]. In tali fattispecie è legittimo dedurre il costo, mentre sul versante della specifica detraibilità dell’IVA il contribuente è onerato di dimostrare la puntuale esistenza della operazione ritenuta inesistente o l’incolpevole mancanza di consapevolezza della operazione soggettivamente inesistente. Solo quando l’Amministrazione Finanziaria raggiunga la prova dell’inesisten­za dell’operazione, o dell’esistenza del­l’operazione intercorsa tra soggetti differenti, riversa sul contribuente l’onere della prova contraria [13]. Un conto è il tema del riparto [continua ..]


3. Il principio di neutralità plasma l’orientamento del giudice unionale

La sentenza annotata tratta il tema della detraibilità dell’IVA in ipotesi di operazione inesistente inserendosi nel solco della giurisprudenza comunitaria e particolarmente del caso “Ensa”. Il punto di partenza, ma anche di arrivo, di quest’ultima pronuncia, è il concreto rispetto del principio di neutralità del tributo comunitario, salvaguardato dall’obbligo di rivalsa e dal diritto di detrazione [16]. La Commissione Tributaria Regionale per la Lombardia, con l’ordinanza n. 1714 del 10 novembre 2017, ha chiesto alla Corte di Giustizia UE se la disciplina interna sia compatibile con i princìpi comunitari laddove esclude la detraibilità dell’IVA relativa all’effettua­zione di operazioni inesistenti, anche quando queste ultime non abbiano arrecato alcun danno all’Erario, né determinato un vantaggio fiscale indebito per il contribuente. L’ordinanza è stata depositata in un processo avente ad oggetto una società di produzione e distribuzione di energia elettrica che, nell’ambito di un meccanismo circolare di false fatturazioni all’interno del gruppo di appartenenza, aveva venduto ed acquistato i medesimi quantitativi di energia agli stessi prezzi, per consentire al gruppo di migliorare il proprio rating bancario [17]. L’Agenzia delle Entrate, applicando rigorosamente l’art. 19 D.P.R. n. 633/1972, ha escluso che il cessionario potesse detrarre l’IVA esposta nelle fatture perché afferenti ad operazioni inesistenti. L’uf­ficio, al contempo, ha tenuto fermo l’obbligo del cedente di versare il tributo comunitario, in applicazione dell’art. 21, comma 7, dello stesso testo di legge, oltre ad irrogargli la pesante sanzione pari all’importo illegittimamente detratto. La conseguenza ha ricadute pesanti, perché la detrazione è l’elemento che maggiormente caratterizza l’IVA, soprattutto sotto il profilo giuridico [18]. Con la sentenza, depositata all’esito della causa C-712/17 del 2019 [19], il giudice unionale fornisce un’articolata risposta, muovendo dal consolidato orientamento per cui la Direttiva IVA [20] si fonda sul principio di neutralità fiscale che non può, in linea di principio, essere messo in discussione [21]. Le norme di diritto interno che negano al cessionario la detrazione per le operazioni [continua ..]


4. L’irrilevante particolarità del caso esaminato ed il tempo del pagamento

Nel caso specifico il pagamento del tributo è avvenuto nell’ambito di una transazione fiscale, istituto coniato con il D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 tramite l’inserimento dell’art.182-ter nella Legge fallimentare [30], la cui applicazione era originariamente prevista solo all’interno del concordato preventivo e, successivamente, proceduralmente estesa anche agli accordi di ristrutturazione dei debiti, in virtù delle modifiche apportate dal D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169 [31]. L’istituto, puntualmente rubricato all’art.182 ter “Trattamento dei crediti tributari e contributivi”, a seguito della riformulazione operata dalla L. n. 232/2016, entrata in vigore il 1° gennaio 2017, prevede il raggiungimento di un’intesa tra le parti del rapporto d’imposta che consente di ottenere rilevanti benefici, tanto in punto di sconto, quanto di dilazione di pagamento [32]. La dottrina si è occupata dell’istituto sotto molteplici angolazioni ed innanzitutto per tentare di renderlo compatibile col principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria [33]. Si è infatti sostenuta, per un lungo periodo di tempo, l’illegittimità di una norma che attribuisse all’Amministrazione finanziaria il potere di concedere ai contribuenti la riduzione del carico impositivo, per insuperabile contrasto con il dogma della indisponibilità dell’obbligazione tributaria [34]. Oggi la transazione fiscale è riconosciuta compatibile con l’ordinamento in quanto deroga, come tale non suscettibile d’interpretazione analogica o estensiva, al principio di indisponibilità che viene visto come orientativo, più che imperativo, del sistema tributario. Il dibattito sulla falcidiabilità dell’IVA all’interno della transazione fiscale è tema di assoluto fascino sviluppato nella dottrina tributaria e commerciale [35], ampiamente trattato dalla giurisprudenza [36] e dai documenti di prassi dell’Agenzia delle Entrate [37]. Il punto di approdo è rappresentato dall’entrata in vigore della L. n. 232/2016, che ha riconosciuto l’obbligatorio inserimento dell’istituto all’interno delle procedure concorsuali, inquadrandolo al livello sub-procedimentale, prendendo le distanze dalla previgente individuata natura negoziale. L’effetto finale [continua ..]


5. La detrazione dell’IVA secondo il principio di proporzionalità

Non va al contempo taciuto il passaggio della Corte nel quale richiama la valenza orientativa del principio di proporzionalità di matrice comunitaria [44]. Secondo tale principio gli interventi del legislatore e le azioni della pubblica amministrazione, anche in materia tributaria, devono essere commisurati al raggiungimento dell’obiet­tivo perseguito, arrecando il minor pregiudizio o sacrificio possibile all’individuo. Il parametro di valutazione della proporzionalità in senso stretto richiede che la misura adottata dai pubblici poteri non debba essere tale da gravare eccessivamente sull’in­teressato ed è stata valutata, dalla Corte annotata, sotto il profilo degli obblighi imposti ai contribuenti. Il principio di proporzionalità ha sempre trovato particolare spazio nella giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, quale parametro per stabilire il limite oltre il quale una qualsiasi disposizione fiscale, anche di tipo sanzionatorio, rappresenti un ostacolo al funzionamento del mercato europeo e non persegua più il proprio reale obiettivo [45]. La sua applicazione evita che le norme tributarie interne possano rendere troppo oneroso l’esercizio delle libertà fondamentali ed al contempo consente la corretta operatività, negli ordinamenti tributari nazionali, di altri principi posti a garanzia del contribuente diversi dall’eguaglianza e dalla capacità contributiva, come la tutela delle libertà economiche ed individuali che si contrappongono all’interesse fiscale nazionale. Il principio consente il rispetto di una serie di garanzie e diritti posti a tutela del contribuente, assicurando la necessarietà e l’adeguatezza di alcune misure rispetto al loro fine. Spesso il principio è stato legato al campo sanzionatorio, in tema di giusta risposta dell’ordinamento e di prevenzione del ne bis in idem, sebbene emerga «chiaramente come la sfera del principio di proporzionalità contemplata dalle giurisprudenza UE riguarda spesso, oltre le sanzioni pecuniarie, provvedimenti che precludono il soddisfacimento di diritti e/o benefici come la neutralità attraverso la detraibilità IVA che risulta particolarmente garantita e non può essere limitata o negata da norme afflittive di qualsiasi genere comprese le c.d. sanzioni improprie» [46]. A proposito di sanzioni improprie il giudice [continua ..]


6. Conclusioni

La sentenza in commento si inserisce correttamente nel descritto quadro europeo, che sviluppa con coerenza e si apprezza per l’aver incentrato i propri considerando secondo un ragionamento concentrato sul tributo armonizzato e non limitato al campo di applicazione delle sole sanzioni. Inoltre va rimarcata la natura sostanzialista, a tratti decisamente pragmatica, dell’orientamento che si sta ultimamente delineando nella giurisprudenza della Suprema Corte, tutto incentrato sull’assolvimento dell’obbligo di versare il tributo comunitario e di garantirne la detraibilità. Questa considerazione appare allineata alla stessa visione espressa dal legislatore di recente in ambito penale tributario. Il collegamento non è affatto peregrino, poiché l’opera­zione inesistente è condotta prevista e punita dall’art.2 [50] e dall’art.8 [51] del D.Lgs. n. 74/2000. Con la riforma del 2015, contenuta nel D.Lgs. n. 158 del 24 settembre, riguardo alle cause di non punibilità, il legislatore aveva escluso in radice la possibilità di evitare la punizione quando il reato avesse i caratteri della fraudolenza. Tanto ciò è vero che l’art.13 del D.Lgs. n. 74/2000, rubricato «Causa di non punibilità. Pagamento del debito tributario», escludeva la punizione solo nell’ipotesi di fatti integranti il reato di dichiarazione infedele, oppure omessa, di cui agli art.li 4 e 5 stesso testo. Non era possibile, quindi, estendere la non punibilità per integrale pagamento ai reati, contemplati agli artt. 2 e 3 del D.Lgs. n. 74/2000, ovvero la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o documenti inesistenti o mediante altri artifici. Ciò in quanto, in tali ultime fattispecie, l’odiosità della condotta del contribuente sconfina il campo della tollerabilità e trancia il patto di fedeltà fiscale che lo lega al Fisco. Con l’art. 39, comma 1, lett. q bis), del D.L. n. 124/2019 [52], convertito con modifiche dalla L. n. 157/2019, il legislatore ha invertito totalmente la rotta, aggiungendo al testo dell’art. 13, comma 2, del D.Lgs. n. 74/2000, l’espresso riferimento agli artt. 2 e 3 prima estromessi, adottando un approccio sostanzialista, pienamente raccolto dalla sentenza annotata, che rende il sistema più conformato ed omogeneo e maggiormente in grado di tendere al raggiungimento del [continua ..]


NOTE