Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Considerazioni critiche sul criterio formale di individuazione della residenza fiscale ex art. 2 del TUIR (di Erica Serafini)


La giusrisprudenza continua ad affermare che il criterio formale dell’iscrizione al­l’Anagrafe della Popolazione Residente, ai fini e per gli effetti dell’art. 2, comma 2, del TUIR, assume valore di presunzione legale assoluta in grado di radicare la residenza fiscale delle persone fisiche in Italia. Tale orientamento iper formalista connota profili di illegittimità costituzionale.

Si fornisce, dunque, una diversa chiave interpretativa volta a chiarire la natura di presunzione relativa del criterio dell’iscrizione anagrafica combinando lo stesso art. 2, comma 2, del TUIR con l’art. 4, par. 2, contenuto all’interno del Trattato contro le doppie imposizioni (c.d. tie-break rules) trascurato dalla giurisprudenza e che me­riterebbe di essere preso in considerazione, non solo per la sua valenza come norma internazionale, ma anche perché la sua applicazione rispetta al meglio i principi di cui agli artt. 2, 3, 53 e 117, comma 1, Cost.

Critical observations on the formal criteria for identifying the tax residence according to art. 2 ITCA

The case law continues to consider that the formal criterion of the enrollment in the Register of Resident Population, for the purposes and for the effects of Art. 2, para. 2, of the Income Tax Consolidated Act (ITCA), assumes the value of an absolute legal presumption capable of rooting individuals’tax residence in Italy. This excessively formalist approach has clear profiles of constitutional illegitimacy.

Therefore, this article provides a different interpretative key in order to clarify the nature of relative presumption of the criterion of registration in the Register of Resident Population, by combining Art. 2, para. 2, ITCA, with Art. 4, para. 2, of the Treaty against double taxation (so-called tie-break rules), which is neglected by case law and deserves to be taken into consideration, not only for its international relevance, but also because its application better complies with the principles laid down in Arts. 2, 3, 53 and 117, para. 1, of the Italian Constitution.

Cass., sez. VI, 25 giugno 2018, n. 16634 – Pres. Iacobellis, Est. La Torre Imposte sui redditi – IRPEF – Soggetti passivi – Iscrizione anagrafe popolazione residente – Presunzione di residenza fiscale – Effettivo trasferimento all’estero – Irrilevanza – Preclusione di ogni ulteriore accertamento Ai fini delle imposte sui redditi le persone iscritte nell’anagrafe della popolazione residente si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dall’art. 2, D.P.R. n. 917/1986, in ogni caso residenti, e pertanto soggetti passivi d’imposta, in Italia. A ciò consegue che, essendo l’iscrizione indicata preclusiva di ogni ulteriore accertamento, il trasferimento della residenza all’Estero non rileva fino a quando non risulti la cancellazione dall’anagrafe di un Comune italiano. (Omissis) FATTO E DIRITTO L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia, che su impugnazione da parte di M. L. di avvisi di accertamento sintetico, ex art. 38 comma 4, d.p.r. 600/73, per Irpef anni 2007 e 2008, ha respinto l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza di primo grado. La CTR, in fattispecie di omessa dichiarazione in presenza di attività fiscalmente rilevante compiuta dal contribuente sul territorio italiano, ha ritenuto dimostrata la residenza del contribuente fin dal 2006 nel Regno Unito, dove svolgeva la propria attività lavorativa, pagando le relative imposte, ritenendo ininfluenti sia la residenza fiscale in Italia – quale strumento presuntivo di per sé inidoneo a giustificare l’accertamento – sia la tardiva iscrizione all’AIRE e la qualifica di legale rappresentante della Ladis spa, carica rivestita dal L. in periodo successivo a quello oggetto di accertamento (2009). Il contribuente si costituisce con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato. 1. Con unico motivo l’Agenzia delle entrate deduce violazione dell’art. 38, commi 4, 5, 6, d.p.r. 600/73, per non avere la CTR considerato l’omessa presentazione della dichiarazione, pur in presenza di attività fiscalmente rilevanti svolte dal contribuente in Italia, in mancanza di iscrizione all’AIRE (avvenuta successivamente, nel 2014). 2. Il motivo è fondato, in quanto i soggetti residenti fiscalmente in Italia devono provvedere ad inserire nella propria dichiarazione dei redditi anche i redditi esteri che ottengono durante il periodo d’imposta. Ai sensi dell’art. 3 del TUIR, “L’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell’articolo 10 [...] e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato”. In base a quanto indicato dalla norma, i [continua..]

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SOMMARIO:

1. Il caso all'esame della Suprema Corte - 2. La rilevanza dell'anagrafe della popolazione residente nella nozione di residenza fiscale: riflessioni critiche - 3. La mancata considerazione delle c.d. tie-break rules e il principio iura novit curia - 4. Segue: analisi della norma convenzionale nel caso di dual residence - 5. Conclusioni - NOTE


1. Il caso all'esame della Suprema Corte

Con ord. n. 16634/2018, la suprema Corte di Cassazione, conformandosi al proprio consolidato orientamento [1], ha accolto il ricorso presentato dall’Amministrazio­ne Finanziaria ribadendo che il trasferimento all’estero delle persone fisiche non rileva fino a quando non avviene la formale cancellazione dall’Anagrafe della popolazione residente (di seguito, APR) e che, dunque, le persone iscritte nelle anagrafi dei residenti in un Comune italiano, si considerano, in applicazione del criterio formale dettato dall’art. 2 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986), in ogni caso residenti, e pertanto soggetti passivi d’imposta in Italia. Dunque, la residenza del soggetto è stata individuata nel territorio dello Stato italiano sulla base di un requisito meramente formale, a nulla rilevando i concreti elementi di prova, presentati in giudizio, attestanti l’effettiva residenza all’estero. L’art. 2 del TUIR configura una presunzione legale assoluta e ciò desta perplessità in riferimento alle Convenzioni contro le doppie imposizioni, ai principi cardine del nostro ordinamento tributario, di cui agli artt. 2, 3 e 53 Cost., ai principi internazionali riconosciuti dallo Stato italiano, principalmente dall’art. 117, comma 1, Cost.: tutti profili ignorati. La fattispecie in oggetto riguarda un contribuente persona fisica che impugnava gli avvisi di accertamento sintetico con i quali l’Agenzia delle Entrate, rilevata l’omes­sa presentazione della dichiarazione relativamente ai periodi d’imposta 2007 e 2008, imputava allo stesso maggiori redditi, ai sensi dell’art. 38, D.P.R. n. 600/1973, derivanti da attività fiscalmente rilevante in Italia. Il ricorrente, pur non invocando l’art. 4, comma 2, della Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e il Regno Unito [2] (recante una disposizione per la risoluzione di fattispecie di doppia residenza relativamente alle persone fisiche), affer­mava di aver trasferito, sin dal 2006, la residenza anagrafica e il domicilio fiscale a Londra, città in cui svolgeva la propria attività lavorativa provvedendo al pagamento delle relative imposte, e di essersi iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’este­ro (di seguito, AIRE) solo successivamente, nel 2014, per “mera dimenticanza”. A seguito dell’impugnazione, i giudici di merito [continua ..]


2. La rilevanza dell'anagrafe della popolazione residente nella nozione di residenza fiscale: riflessioni critiche

La questione della residenza fiscale è, da sempre, oggetto di particolare attenzione da parte del Fisco, al fine di contrastare fenomeni evasivi legati a casi di fittizia emigrazione all’estero di persone fisiche residenti. Come noto, il nostro ordinamento tributario adotta il principio del “reddito mon­diale” (c.d. worldwide taxation principle), in virtù del quale, ai fini dell’imposta sui red­diti, i soggetti residenti fiscalmente in Italia sono assoggettati a tassazione per i redditi ovunque prodotti [3]. In particolare, il Legislatore fiscale identifica come residenti le persone «che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle Anagrafi della Popolazione Residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile» [4]. Il citato art. 2, comma 2, del TUIR, oltre all’elemento temporale (la maggior parte del periodo di imposta), definisce tre criteri alternativi in presenza dei quali una persona fisica si considera residente in Italia: il primo – l’iscrizione nel registro dei re­sidenti – è un requisito meramente formale, mentre il secondo e il terzo – il domicilio e la residenza ai sensi dell’art. 43 c.c. [5] – sono elementi di natura sostanziale. Trattandosi di tre presupposti tra loro alternativi e non concorrenti, è sufficiente che ricorra solo uno di questi per l’assoggettamento di un soggetto alla potestà impositiva dello Stato italiano. Tuttavia, mentre i due criteri fattuali rappresentano elementi costitutivi la cui prova è a carico del Fisco, l’ordinanza in esame ribadisce il principio di diritto secondo cui l’iscrizione all’anagrafe, ai fini e per gli effetti dell’art. 2, comma 2, del TUIR, assume valore di presunzione legale assoluta e, come tale, incontrovertibile. Questo orientamento iper formalista, più volte ribadito dalla Suprema Corte, è stato altrettante volte oggetto di critiche da parte della dottrina [6]: è, infatti, chiaro che una interpretazione esclusivamente letterale dell’art. 2, comma 2, del TUIR, si pone ra­dicalmente in contrasto con i principi enunciati agli artt. 2, 3 e 53 Cost. I summenzionati articoli, contenenti il principio di capacità contributiva, di eguaglianza sostanziale e di [continua ..]


3. La mancata considerazione delle c.d. tie-break rules e il principio iura novit curia

Nel caso esaminato, il contribuente, già sottoposto a tassazione nel Regno Unito (giacché ivi residente) è stato ulteriormente assoggettato ad imposta in Italia, unicamente sulla base della mancata cancellazione dall’APR. Tuttavia, in violazione dell’art. 117, comma 1, Cost. [20], tale interpretazione contrasta con quanto stabilito nell’art. 4, comma 2, della Convenzione in vigore tra il Governo della Repubblica Italiana e il Governo del Regno Unito per evitare le doppie imposizioni (conforme al Modello OCSE). In base alla Convenzione, quando una persona fisica è considerata residente in entrambi gli Stati contraenti in ragione delle rispettive norme interne, la stessa deve essere considerata residente: i) nello Stato contrante nel quale ha una abitazione per­manente, ovvero nello Stato nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette (c.d. centro degli interessi vitali); ii) nell’ipotesi in cui disponga di un’abi­tazione permanente in entrambi gli Stati, nello Stato contraente in cui soggiorna abitualmente; iii) nell’ipotesi in cui non è possibile determinare dove abbia il soggiorno abituale, nel solo Stato di cui abbia la nazionalità; iv) se possiede la nazionalità di entrambi gli Stati contraenti, in base alla procedura amichevole disciplinata dall’art. 25 della Convenzione in esame [21]. Le disposizioni sopra richiamate si definiscono tie-break rules e non sono criteri alternativi tra loro, ma seguono un ordine gerarchico, presupponendo dunque che, qualora il primo dei criteri non sia stato integrato, assuma rilievo il secondo e così via. Tale previsione fa desumere che, laddove un contribuente sia considerato residente, sia in Italia in virtù dell’art. 2, comma 2, del TUIR, che nel Regno Unito in base alla norma interna del suddetto Stato, tale conflitto deve essere risolto attraverso l’applicazione dell’art. 4, comma 2, della summenzionata Convenzione. Infatti, con riferimento al rapporto intercorrente tra la norma internazionale e la norma interna, tanto la giurisprudenza [22] quanto la dottrina sono concordi nel ritenere che si utilizza un principio di specialità che assicura al Trattato prevalenza in ragione della materia più specifica che è idoneo a disciplinare e che trova il proprio fondamento [continua ..]


4. Segue: analisi della norma convenzionale nel caso di dual residence

Analizzando le tie-break rules sopra richiamate, si può constatare come le stesse privilegino gli aspetti sostanziali rispetto a quelli formali. Infatti, mettendo a confronto la normativa interna con quella internazionale, non si può fare a meno di notare che: i) la nozione di abitazione permanente sembrerebbe corrispondere alla nostra definizione di residenza di cui all’art. 43, comma 2, c.c., recepita dall’art. 2 del TUIR; ii) il concetto di centro degli interessi vitali sembrerebbe corrispondere alla nostra definizione di domicilio di cui all’art. 43, comma 1, c.c., recepita sempre dall’art. 2 del TUIR; iii) il termine soggiorno abituale corrisponderebbe alla nostra definizione di dimora ex art. 43 c.c.; iv) il termine nazionalità corrisponderebbe alla cittadinanza [29]. Ad ogni modo, la Convenzione non fa menzione del criterio formale di iscrizione anagrafica privilegiando gli aspetti fattuali come più idonei per la determinazione della residenza ai fini fiscali. Alla luce di quanto sopra esposto, l’art. 4, par. 2 della Convenzione contro le dop­pie imposizioni – prescindendo dal caso esaminato di dual residence tra Paesi aderenti ad un Trattato e che, dunque, per la sua risoluzione dovrebbe vedere applicata la norma convenzionale – avvalora in maggior misura le condivisibili critiche dalla dottrina poste nei confronti dell’interpretazione iperformalistica dell’art. 2, comma 2, del TUIR da parte della Suprema Corte in merito alla rilevanza del requisito di iscrizione all’anagrafe della popolazione residente rispetto agli altri due criteri quali la residenza e il domicilio disciplinati dal codice civile, criteri questi ultimi in grado di determinare la reale capacità contributiva di un soggetto. Infatti, per gli effetti dell’art. 4, par. 1 del Modello di Convenzione OCSE (e altrettanto del Modello di Convenzione ITA-UK), l’espressione residente di uno Stato contraente denota «ogni persona che in virtù della legislazione di detto Stato, è ivi assoggetta ad imposta a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione, o di ogni altro criterio di natura analoga» [30] ed essendo questi criteri (il domicilio, la residenza, la direzione) caratterizzati dal requisito [continua ..]


5. Conclusioni

A fronte di quanto evidenziato, la decisione della Suprema Corte appare iperformalistica, assolutamente non conforme ai principi costituzionali ed a quelli contenuti nei Trattati. La Corte applica le sole norme nazionali disattendendo del tutto le norme convenzionali che avrebbero consentito di valorizzare elementi sostanziali e fattuali. Sembra invece apprezzabile l’approccio dei giudici di merito e, in specie, della Com­missione Tributaria Regionale della Puglia che ha interpretato l’art. 2, comma 2, del TUIR in un’ottica sistematica orientata al rispetto dei principi costituzionali precedentemente richiamati, poiché «l’applicazione di qualsivoglia strumento presuntivo non può avvenire in maniera asettica e automatica, dovendo esso, per converso, avere riguardo necessariamente alla reale capacità contributiva ex art. 53 Cost., nonché evitare un’inammissibile duplicazione di imposta» [31]. Infatti, la pronuncia in questio­ne appare maggiormente rispettosa dei criteri di determinazione della residenza fiscale previsti sia a livello comunitario che internazionale, poiché stabilisce che un soggetto debba essere sottoposto a tassazione nel luogo in cui egli abbia la sua effettiva residenza, intesa come “centro dei propri interessi vitali” [32]. Inoltre, la CTR della Puglia, non solo afferma che l’iscrizione nel registro dei residenti debba considerarsi una presunzione iuris tantum della residenza fiscale, ma illustra anche come l’Amministrazione Finanziaria (o i giudici stessi nel corso di un processo) debbano procedere in merito all’iter da seguire per identificare un soggetto fiscalmente residente in Italia [33]. A tal proposito, appare interessante il chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate in risposta ad interpello del 25 giugno 2019, n. 203, con cui la stessa avvalora la Convenzione contro le doppie imposizioni precisando che, in caso di mancata iscrizione all’AIRE, al fine di evitare una duplicazione d’imposta, la residenza fiscale può essere accertata alla luce dei criteri (di matrice sostanzialistica) individuati dalle norme convenzionali vigenti tra gli Stati [34]. Inoltre, un ulteriore riscontro positivo emerge tra le misure introdotte dal D.L. n. 34/2019, c.d. decreto Crescita, ormai convertito in legge (L. 28 giugno 2019, n. 58), [continua ..]


NOTE