In materia di tardivo o omesso versamento di accise non trova applicazione la disposizione prevista dall’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997 perché esiste una specifica sanzione per i ritardati pagamenti, benché impropriamente denominata indennità di mora, che deve considerarsi assorbente rispetto ad altre misure eventualmente applicabili.
In case of delayed or omitted payment of excise duties, art. 13 of Legislative Decree no. 471/1997 is not applicable, since there is a specific penalty for delayed payments, although improperly called indemnity of late payment, which prevails over other measures potentially applicable
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1. Evoluzione della disciplina in materia di riscossione delle imposte: considerazioni di carattere generale - 2. La riscossione delle accise e la sanzione in caso di omesso o tardivo versamento - 3. La sanzione per l’omesso o tardivo versamento ed i presupposti per la sua irrogazione - 4. L’indennità di mora e le sue caratteristiche. Natura sanzionatoria o ripristinatoria? - 5. Illegittimo il cumulo tra sanzione generale e speciale in caso di omesso o tardivo versamento delle accise - 6. Illegittimità del cumulo e violazione dei principi di specialità, unicità, proporzionalità delle sanzioni - NOTE
Le sanzioni irrogate dall’ordinamento giuridico in caso di omesso o ritardato versamento dei tributi [1] sono collocate nell’ambito delle violazioni in materia di riscossione. Per esse l’art. 17, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997 prevede un procedimento di irrogazione immediata perché, in deroga alle previsioni del precedente art. 16, l’amministrazione può procedere alla comminazione delle sanzioni senza dover provvedere alla notifica dell’atto di contestazione [2]. L’irrogazione di tale sanzione si inserisce, dunque, nel più vasto quadro del procedimento di riscossione dei principali tributi che ha subito nel corso del secolo scorso una netta evoluzione che il legislatore non è però riuscito a sistematizzare in modo unitario. Si è passati da un modello caratterizzato dalla richiesta del tributo da parte degli Uffici fiscali che tradizionalmente concede dei termini stabiliti a pena di decadenza per adempiere agli obblighi di versamento, ad un modello incentrato sull’adempimento spontaneo dei contribuenti sia nella fase di quantificazione che in quella di liquidazione, determinato dalla maggiore rilevanza assunta dall’imposizione reddituale [3]. I soggetti passivi del tributo non erano dunque tenuti a versare spontaneamente l’imposta dichiarata, come accade oggi, ma dovevano aspettare di essere “iscritti a ruolo” e di ricevere una formale richiesta di pagamento. Ciò comportava uno sfasamento temporale tra il momento di produzione dei redditi e quello in cui l’erario incamerava le imposte: per sopperire a questo inconveniente la L. n. 192/1971 affidò il compito di riscuotere il tributo, come si faceva nei secoli precedenti con gli appaltatori delle imposte, a una serie di esattori comunali, soggetti privati vincitori di un appalto che la legge obbligava al “non riscosso per riscosso” [4]. Il passaggio non fu però repentino; infatti, anche dopo la diffusione degli obblighi di dichiarazione annuale, per la riscossione delle imposte dichiarate era comunque necessario l’intervento dell’autorità fiscale che procedeva all’iscrizione a ruolo [5]. Con l’avvento della c.d. “fiscalità di massa”, cioè il coinvolgimento di un numero molto elevato di contribuenti negli adempimenti fiscali, la necessaria fase di [continua ..]
Prima di esaminare il tema specifico del presente contributo, appare doveroso fare alcune precisazioni su un’altra tipologia di imposte indirette e precisamente le accise [11]; queste ultime costituiscono una specifica categoria di imposte indirette che colpiscono una ristretta cerchia di beni rappresentata dai prodotti energetici, dall’alcole etilico e dalle bevande alcoliche, dall’energia elettrica e dai tabacchi lavorati. Ai fini di una sistemazione della materia in linea con il processo di integrazione europea, il legislatore nazionale, in attuazione della legge delega n. 427/1993, ha emanato con il D.Lgs. n. 504/1995 il “Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative” (c.d. TUA,) introducendo una disciplina unitaria e specifica per tali imposte. Il TUA è diviso in quattro titoli, il primo dei quali reca la “disciplina delle accise”, a sua volta suddiviso in quattro capi, dedicati alle “disposizioni generali” in tema di accise (artt. 1-20), ai “prodotti energetici” (artt. 20-26), all’“alcole e bevande alcoliche” (artt. 27-39), ai tabacchi lavorati (artt. 39 bis-39 duodecies) e alle sanzioni (artt. 40-51). In linea generale la tassabilità non è legata alla natura del prodotto impiegato, ma agli usi cui lo stesso è stato destinato, in applicazione del principio della tassazione per destinazione d’uso. Proprio l’uso è determinante anche per individuare i termini e le modalità di versamento dell’imposta. In particolare l’art. 3, comma 4, del TUA stabilisce che: – per i prodotti immessi in consumo in ciascun mese, il versamento deve essere effettuato entro il giorno 16 del mese successivo; – per le immissioni in consumo avvenute nel mese di luglio, il pagamento dell’accisa è effettuato entro il giorno 20 del mese di agosto; – per le immissioni in consumo avvenute dal 1° al 15 del mese di dicembre, il pagamento dell’accisa deve essere effettuato entro il giorno 27 dello stesso mese ed in tale caso non è ammesso il versamento unitario ai sensi dell’art. 17, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241. Per quel che riguarda il gas naturale e l’energia elettrica, essendo i soggetti passivi tenuti alla [continua ..]
Iniziamo ad esaminare la sanzione di carattere generale per violazioni relative alla riscossione prevista nell’art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 471/1997 [14]; tale disposizione, nel testo vigente, prevede che «chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al 30% di ogni importo non versato, anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile. Per i versamenti effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, la sanzione di cui al primo periodo, oltre a quanto previsto dal comma 1 dell’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, è ulteriormente ridotta ad un importo pari ad un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo» [15]. Identica sanzione si applica, in base a quanto previsto nel comma 2 del citato art. 13, nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli artt. 36 bis e 36 ter, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell’art. 54 bis, D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. La sanzione prevista dall’art. 13 deve essere irrogata a chi non versa “l’imposta risultante dalla dichiarazione” e dunque punisce esclusivamente chi dichiara e non versa. La sanzione è comprensibilmente più lieve, perché il contribuente [16] omette solo il versamento del tributo [17] e non l’obbligo dichiarativo [18] anche se la posizione di chi omette l’obbligo dichiarativo può beneficiare di riduzioni maggiormente apprezzabili sia sotto il profilo temporale che economico [19]. La formulazione e la collocazione di tale disposizione hanno dato luogo a vari dubbi interpretativi che però potrebbero essere risolti ricorrendo ad una interpretazione sistematica. La collocazione di tale disposizione nel solo D.Lgs. n. 471/1997 riferito alle «sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi» ha comportato non pochi [continua ..]
Vediamo ora di esaminare l’indennità di mora in modo da cercare di individuarne la natura giuridica; iniziamo con la disciplina generale che era contenuta nell’art. 30, D.P.R. n. 602/1973 che la configurava come una misura riparatoria predeterminata [24]. Decorso il termine per il pagamento delle somme iscritte a ruolo, il contribuente inadempiente era, in base a tale disposizione, tenuto al pagamento dell’indennità di mora in sostituzione degli interessi moratori; la misura di tale indennità era del 2% se il pagamento veniva eseguito entro i 3 giorni successivi alla scadenza e del 6% se il pagamento veniva effettuato oltre tale termine senza alcuna altra graduazione. Fin dalla sua origine detta indennità aveva destato dubbi sulla sua natura [25]. A favore della funzione puramente riparatoria venivano richiamati molteplici argomenti tra i quali: l’alternatività con gli interessi, l’applicazione automatica per il mero ritardo senza possibilità di esimenti, la collocazione nell’ambito del Titolo I del D.P.R. n. 602/1973 relativo alla riscossione delle imposte e non del Titolo III relativo alle sanzioni. Tuttavia molteplici e più convincenti erano già al tempo le argomentazioni a favore della natura sanzionatoria della predetta indennità; in particolare le perplessità maggiori erano legate al criterio di quantificazione dell’indennità che non era commisurato ai singoli giorni di ritardo, ma a periodi predeterminati (2% entro i 3 gg. di ritardo, 6% per ritardi superiori senza alcuna altra differenziazione). L’intensità della pena è, infatti, formulata in proporzione inversa all’inadempimento, dal momento che l’intensità della misura afflittiva si concentra intorno alla data dell’inadempimento e diminuisce in proporzione via via che l’inadempimento permane. È stato sottolineato come la sua funzione sia quella di assicurare il tempestivo adempimento dell’obbligazione tributaria consentendo di concludere per la funzione più afflittiva che risarcitoria tanto da farle assumere il carattere di sanzione [26]. L’art. 30, D.P.R. n. 602/1973 è stato prima modificato e successivamente abrogato dall’art. 14, D.Lgs. n. 46/1999 con l’effetto che la funzione in precedenza svolta [continua ..]
Una volta concluso in favore della natura sanzionatoria dell’indennità di mora, occorre tornare sulla legittimità o meno del cumulo di tale indennità con la sanzione generale del 30% prevista dall’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997 che rappresenta l’oggetto della nostra indagine. Ricordiamo infatti una prassi diffusa tra gli uffici tecnici di finanza dell’Agenzia delle Dogane che comminano ai soggetti obbligati al versamento dell’accisa, sia l’indennità di mora del 6%, riducibile al 2% se il pagamento avviene entro i 5 giorni dalla data di scadenza, oltre agli interessi di mora (art. 3, comma 4, D.Lgs. n. 504/1995) e successivamente notificano l’avviso di contestazione e provvedimento di irrogazione della sanzione per un importo pari al 30% dell’acconto versato o che si sarebbe dovuto versare (art. 13, D.Lgs. n. 471/1997). In questo modo il tardivo versamento dell’acconto sull’accisa relativa al gas metano è assoggettato ad una punizione più severa rispetto a quella prevista per colui che versa tardivamente le imposte dirette od indirette. Tale cumulo è stato per lungo tempo e nonostante il copioso contenzioso sul tema [30] avallato anche dalla giurisprudenza di legittimità. Tale conclusione può essere agevolmente colta nella sent. n. 4960/2017 della Corte di Cassazione [31] in cui si legge che: «In tema di sanzioni amministrative tributarie, il d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 detta una disciplina destinata a valere, in generale, per tutti i tributi, integrata dalle disposizioni normative speciali di imposta (con riferimento alle accise, il d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504), con la conseguenza che, nel caso di omesso pagamento dell’imposta di consumo sul gas trovano applicazione sia l’art. 13 del d.lgs. n. 471 cit., che prevede il pagamento di una somma a titolo di sanzione amministrativa, sia l’art. 3, n. 4, del d.lgs. n. 504 cit., nel testo vigente “ratione temporis”, che prevede un’indennità di mora dovuta per il ritardato pagamento, trattandosi di norme pienamente compatibili, che non realizzano un cumulo di sanzioni, in ragione della loro diversità funzionale, afflittiva (con riferimento alla sanzione amministrativa) e reintegrativa del patrimonio leso (con riguardo all’indennità di [continua ..]
Il cumulo, per quanto avallato per lungo tempo dalla giurisprudenza di legittimità non può essere condiviso alla luce delle considerazioni sopra formulate sia in merito alla portata dell’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997 sia alla natura dell’indennità di mora. Proprio il riconoscimento della natura afflittiva a proposito dell’indennità di mora, unita alla valenza non generalizzata dell’art. 13 consentono di qualificare come illegittimo il cumulo in questione per il palese contrasto con i principi generali in materia sanzionatoria. Al di là del diverso nomen (indennità di mora e sanzione amministrativa) attribuito a somme che vengono richieste dall’ufficio fiscale con atti separati, non possiamo infatti non evidenziare come si tratti dell’applicazione di due sanzioni in relazione al medesimo fatto considerato nella sua dimensione storico fattuale. Tale comportamento, oltre che illogico, è in contrasto con l’art. 3, comma 133, lett. a), L. n. 662/1996 che ha introdotto in ambito tributario il principio dell’unicità della sanzione pecuniaria amministrativa. Infatti la lett. a) dell’art. 3, comma 133, L. n. 662/1996 testualmente indica come principio cui il legislatore delegato deve uniformarsi «l’adozione di un’unica specie di sanzione pecuniaria amministrativa»; detto criterio è poi confermato dal successivo D.Lgs. n. 472/1997 che disciplina e razionalizza le sanzioni tributarie non penali. L’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 472/1997, disponendo che «le sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie sono la sanzione pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma di danaro, e le sanzioni accessorie, indicate nell’art. 21, che possono essere irrogate solo nei casi espressamente previsti dalla legge» fissa definitivamente il principio di unicità della sanzione amministrativa [32]. Paradossalmente si dovrebbe concludere che la portata generale dell’art. 13, D.Lgs. n. 471/1997 (che abbiamo criticato al precedente par. 3) imporrebbe di considerare implicitamente abrogata l’indennità di mora sia perché la sanzione prevista nell’art. 13 dovrebbe essere la sola ed unica sanzione applicabile in virtù del citato principio di unicità della sanzione sia perché la riforma [continua ..]