Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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L'occultamento delle scritture contabili (di Anna Rita Ciarcia)


L'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000 punisce chiunque distrugga o occulti, in tutto o in parte, documenti contabili al fine di evadere le imposte. La norma presuppone la tenuta delle scritture, con l’evidenza che non si verificherà il reato allorquando il contribuente non detenga la contabilità. Siamo in presenza di un reato di evento e, pertanto, è punibile il tentativo, per cui, ai fini della configurabilità del reato, non è richiesta un’impossibilità assoluta di ricostruire il volume d’affari o dei redditi, infatti è sufficiente anche un’impossibilità relativa, non esclusa quando a tale ricostruzione si possa pervenire aliunde.

The concealment of accounting records

Art. 10 of Legislative Decree n. 74/2000 punishes anyone who destroys or conceals, in whole or in part, the accounting records in order to evade taxes. The provision presupposes the keeping of accounting books, with the consequence that the crime will not occur when the taxpayer is not obliged to hold them. We are in presence of a “crime of event” and, therefore, also the attempt is punishable. This means that, for the configuration of the crime, it is not required an absolute impossibility to reconstruct the volume of business or income: in fact, it is sufficient also a relative impossibility, not excluded when such reconstruction shall be reached through other means.

Cass. pen., sez. III, 24 gennaio 2019, n. 3571 Reati tributari – Distruzione od occultamento delle scritture contabili – Fattispecie ex art. 10, D.Lgs. n. 74/2000 – Differenze REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANOLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente – Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere – Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere – Dott. MENGONI Enrico – Consigliere – Dott. MACRI’ Ubalda – Consigliere – ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: D.M.V., nato a (Omissis); avverso la sentenza n. 1591/17 della Corte di appello di Reggio Calabria del 7 dicem­bre 2017; letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo; sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI; sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. TOCCI Stefano, il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; sentito, altresì, in sostituzione dell’avv. Francesco Giuseppe FORMICA, del foro di Reggio Calabria, l’avv. Luigi DI MONACO, del foro di Roma, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con sentenza del 7 dicembre 2017 la Corte di appello di Reggio Calabria ha integralmente confermato la precedente decisione con la quale, in data 14 ottobre 2015, il Tribunale di Palmi, in esito a giudizio celebrato nelle forme del rito ordinario, aveva dichiarato la penale responsabilità di D.M.V. in ordine al reato a lui contestato, avente ad oggetto la violazione del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10, per avere egli, in qualità di titolare di ditta individuale operante nel campo della edilizia, occultato e/o distrutto i documenti e le scritture contabili di cui è obbligatoria la conservazione in modo tale da non consentire la ricostruzione dell’effettivo volume di affari da lui prodotto e lo aveva, pertanto, condannato alla pena di giustizia. La Corte territoriale, nel confermare la sentenza del giudice di primo grado; ha rilevato che, traendo origine il giudizio a carico del D.M. da un accertamento tributario eseguito nei suoi confronti in data 30 giugno 2011, ed avente ad oggetto il volume di affari da quello prodotto negli anni dal 2005 al 2011, era risultato che il prevenuto non era stato in grado di produrre alcuna documentazione contabile relativa agli anni in questione, dato questo che è stato ritenuto dalla Corte territoriale interpretabile come elemento di prova dell’occulta­mento della documentazione in questione; tuttavia, essendo state aliun­de acquisite le fatture comprovanti i rapporti commerciali intercorsi fra il D.M. e soggetti terzi, era stato possibile ricostruire il volume di affari da questo sviluppato negli anni 2005 e [continua..]

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SOMMARIO:

1. Il caso - 2. L'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000 - 3. La (preesistente) tenuta e conservazione dei libri contabili - 4. La ricostruzione del reddito e la collaborazione del contribuente - 5. Il diverso caso dell'omessa esibizione, in sede procedimentale, delle scritture contabili - 6. Conclusioni - NOTE


1. Il caso

Nel caso in esame, il reo, in qualità di titolare di ditta individuale operante nel campo della edilizia, aveva occultato e/o distrutto i documenti e le scritture contabili di cui è obbligatoria la conservazione in modo tale da non consentire la ricostruzione dell’effettivo volume di affari da lui prodotto e, nei primi due gradi di giudizio era stato condannato; egli, quindi, ricorre in Cassazione, eccependo la prescrizione del reato. La controversia, nella fattispecie, è sorta da un accertamento tributario induttivo, eseguito il 30 giugno 2011, nei confronti del titolare di una ditta individuale, avente a oggetto il volume di affari prodotto negli anni dal 2005 al 2011. Dall’accertamento è risultato che il soggetto non era stato in grado di produrre alcuna documentazione contabile relativa gli anni in questione. Secondo il ricorrente il giudice della Corte d’Appello, pur rilevato che gli elementi di prova che erano stati acquisiti erano tali da consentire la ricostruzione del reddito prodotto relativamente ai soli anni 2005 e 2006 non aveva, tuttavia, limitato l’accertamento del reato alle sole due annualità in questione, sebbene per tutti gli altri anni in contestazione non erano emersi elementi atti a dimostrare la esistenza della documentazione contabile di cui al capo di imputazione; inoltre il ricorrente eccepiva che, una volta limitato l’ambito temporale dei reati commessi alle sole due annualità sopraindicate, il dies a quo ai fini della decorrenza della prescrizione dovrebbe essere collocato, al più tardi al momento della presentazione della dichiarazione contributiva riferita al secondo degli anni di imposta in discorso, con conseguente prescrizione del reato.


2. L'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000

L’art. 10, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 punisce chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi [1], distrugge o occulta in tutto o in parte documenti contabili obbligatori [2]. È uno dei pochi reato per i quali il legislatore non ha stabilito (come invece avviene in altre ipotesi) la necessità di superare specifiche soglie di evasione per la punibilità [3]. Lo scopo della norma è di assicurare la conservazione delle scritture contabili e degli altri documenti di cui è obbligatoria la tenuta e la conservazione per evitare che la loro indisponibilità possa impedire o comunque ostacolare l’attività di accertamento degli uffici finanziari, di tal che l’interesse tutelato è quello dell’Amministrazione Finanziaria alla trasparenza fiscale del contribuente. La questione su voglia tutelare la norma, se l’interesse, immediato, alla percezione dei tributi, o quello, in via mediata, del corretto esercizio della funzione accertatrice, ha generato, in passato, dubbi circa la qualificazione del reato. Un primo orientamento ritenendo non necessario il verificarsi di un effettivo dan­no per l’Erario propendeva per la qualificazione della fattispecie come reato di mero pericolo, poiché la distruzione delle scritture o l’occultamento esprimono un pericolo assai concreto che l’evasione si verificherà alle varie scadenze tributarie successive [4]. Secondo una parte della dottrina, il fuoco della protezione penale restava puntato, in via primaria, sull’interesse intermedio al pronto e regolare esercizio della funzione di accertamento (o di trasparenza fiscale) relegando sullo sfondo dello scenario di tutela l’interesse finale alla completa e tempestiva percezione dei tributi da parte dello Stato [5]; riguardo al primo degli interessi tutelati la sottrazione si risolve in un illecito di danno, poiché la contabilità è elemento cardine, sotto tale aspetto, del rapporto tra Fisco e contribuente, invece, privilegiando il secondo interesse (la completa e tempestiva percezione dei tributi) l’intervento punitivo arretra al livello di mero pericolo astratto [6]. Secondo alcuni si sarebbe trattato di un reato di pericolo concreto relativamente all’interesse immediato della trasparenza fiscale, e di [continua ..]


3. La (preesistente) tenuta e conservazione dei libri contabili

Il reato previsto dall’art. 10, D.Lgs. n. 74/2000, presuppone l’istituzione della documentazione contabile: le scritture contabili e i documenti da conservarsi obbligatoriamente, oggetto materiale della condotta, sono quelli che riguardano accadimenti rilevanti da un punto di vista tributario. Quanto alle scritture contabili da tenere, ri­entrano non solo quelle previste riguardo alle diverse categorie di soggetti, dagli artt. 14 ss., D.P.R. n. 600/1973 e 23 ss., D.P.R. n. 633/1972, ma ogni altra scrittura contabile obbligatoria per legge richiesta in ragione del tipo di attività esercitata [20]. La Circolare della GdF, quanto ai documenti, ha chiarito che occorre far riferimento a tutti quelli per i quali è fissato, ai fini fiscali, un obbligo di conservazione, come, ad esempio, gli originali delle lettere, dei telegrammi, delle fatture e le copie delle lettere e dei telegrammi spediti nonché i registri, i bollettari, gli schedari, le bollette doganali e gli altri documenti prescritti ai fini IVA. Laddove il contribuente abbia optato per la tenuta con modalità elettronica delle scritture contabili e dei documenti [21], nel caso in cui il processo di conservazione digitale non venga svolto conformemente alle disposizioni vigenti in materia, i documenti non sono validamente opponibili all’Amministrazione Finanziaria. Al ricorrere dei relativi presupposti, il reato può essere contestato anche in relazione alle scritture contabili conservate mediante modalità digitali. Considerando la novità della fattura elettronica, bisogna precisare che queste devono essere conservate in modalità elettronica e tale obbligo di conservazione [22] ricade sia sull’emittente della fattura che sul destinatario della stessa, pertanto qualora sia emessa una fattura elettronica per scelta del venditore/prestatore (es. un contribuente minimo), l’emittente è obbligato a conservare elettronicamente la fattura [23]. In caso di controllo, tutti i documenti informatici devono, a richiesta, essere resi leggibili e disponibili su un supporto cartaceo o informatico, presso la propria sede ovvero presso il luogo di conservazione delle scritture dichiarato dal soggetto [24]. Quanto alla tenuta della contabilità, può desumersi che non vi sia una elencazione definita dei documenti che rilevano dal punto di vista contabile e fiscale; questi [continua ..]


4. La ricostruzione del reddito e la collaborazione del contribuente

La condotta perseguita dall’articolo in esame si sostanzia nella indisponibilità della documentazione contabile da parte degli organi verificatori, sia essa temporanea o definitiva [33]; ai fini della configurabilità del reato in questione non è tuttavia richiesta un’impossibilità assoluta di ricostruire il volume d’affari o dei redditi, infatti è sufficiente anche un’impossibilità relativa, non esclusa quando a tale ricostruzione si possa pervenire aliunde [34]. Quello di cui all’art. 10 è, infatti, un reato di evento e, pertanto, è punibile il tentativo [35], per cui si configurerà il reato anche se l’Amministrazione Finanziaria riesca a ricostruire il reddito o il volume d’affari. Si può ritenere, quindi che non è richiesta come essenziale l’impossibilità di ricostruire tutta la gestione economica del contribuente per l’anno d’imposta interessato. L’irrilevanza ai fini dell’esclusione del delitto in esame della possibilità di ricostruzione aliunde dei redditi e del volume degli affari discende dalla ratio dell’incri­minazione e dal bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, da individuarsi, come già visto, nell’interesse statale alla trasparenza fiscale del contribuente. L’art. 10 sanziona, dunque, l’obbligo del contribuente di non sottrarre, all’accertamento fiscale, le scritture ed i documenti contabili. Essendo questo l’oggetto giuridico del reato, ne discende che non è rilevante che la ricostruzione delle operazioni prive di documentazione contabile sia possibile attraverso percorsi esterni all’impresa, quali i riscontri incrociati con gli altri soggetti economici con i quali vi sono stati rapporti commerciali, situazione nella quale è palese la violazione del bene giuridico alla trasparenza fiscale del contribuente. In altri termini la norma sanziona la violazione dell’obbligo di trasparenza fiscale che ricorre in tutti i casi in cui la documentazione dell’impresa non consenta la ricostruzione delle operazioni in ragione della mancanza totale o parziale di questa, restando escluso il reato solo quanto il risultato economico delle operazioni prive di documentazione obbligatoria possa essere accertato in base ad altra [continua ..]


5. Il diverso caso dell'omessa esibizione, in sede procedimentale, delle scritture contabili

La giurisprudenza di legittimità non ha avuto eccessive perplessità nel valutare consumato il reato anche nel rifiuto di esibizione della contabilità, quando tale comportamento sottintendeva la volontà di sottrarre la documentazione all’Amministra­zione Finanziaria, rendendola indisponibile alla stessa [42]. Tuttavia tale l’orientamento giurisprudenziale teso ad equiparare la mancata esibizione alle condotte criminose osservate in precedenza sembrerebbe superato, proprio perché, letteralmente, il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili, disciplinato dall’art. 10, D.Lgs. n. 74/2000, non prevede quale precetto la mancata esibizione delle scritture contabili. Ne consegue che risulta indispensabile, ai fini del reato, che l’occultamento o la distruzione dei documenti avvenga in maniera voluta, non essendo punibili casistiche estranee alla volontà del contribuente, come le ipotesi di smarrimento, furto, incendio, ecc. La fattispecie della distruzione fortuita delle scritture contabili (incendio, allagamento) o il furto delle stesse è evento che viene analizzato da parte dell’Amministra­zione Finanziaria sempre con grande attenzione e aggiungeremmo, rigore, in considerazione di eventi sgradevolmente fraudolenti che si sono verificati in passato. Naturalmente, può accadere che l’omessa esibizione sia dovuta a causa non imputabile al contribuente, come nelle ipotesi innanzi previste ovvero quando la docu­mentazione sia stata rubata o smarrita o andata distrutta. In queste ipotesi occorre chiedersi se il rischio derivante da caso fortuito o forza maggiore sia a carico del soggetto sottoposto a verifica [43]. Le conseguenze dell’omessa esibizione da parte del contribuente, in sede di controllo dell’Amministrazione, possono avere conseguenze anche sotto il profilo della possibilità, per il medesimo contribuente, di potersi portare in detrazione l’IVA assolta in via di rivalsa [44]; infatti la prova dell’esistenza e dell’inerenza dell’IVA assolta ricade sul contribuente che deve fornirla attraverso l’esibizione delle fatture e del registro in cui vanno annotate [45]. La legge, infatti, prevede espressamente che l’Amministrazione Finanziaria, ex art. 55, D.P.R. n. 633/1972 [46], può rettificare la dichiarazione IVA presentata [continua ..]


6. Conclusioni

Affinché, dunque, si possa configurare il reato di cui all’art. 10 è necessario l’oc­cultamento o la distruzione delle scritture ne consegue che la contestazione del reato presuppone necessariamente l’accertamento dell’esistenza di tali documenti e la pro­duzione di un reddito e pertanto non contempla anche la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili, sanzionata amministrativamente. Nel caso esaminato, il reato è stato certamente commesso dal contribuente che, per gli anni dal 2005 al 2011, non era stato in grado di produrre alcuna documentazione contabile. Solo in virtù della solerzia degli accertatori degli enti impositori ed alla loro capacità di reperire aliunde elementi di prova (erano state acquisite le fatture comprovanti i rapporti commerciali intercorsi tra l’imprenditore e soggetti terzi) era stato possibile ricostruire il volume d’affari che aveva sviluppato negli anni 2005 e 2006. Tuttavia, la mancata produzione di documentazione, pur limitata a 2 anni, è stata interpretata come elemento di prova dell’occultamento della documentazione in que­stione per tutti gli anni accertati. La Suprema Corte ha confermato la condanna del titolare di impresa individuale per tutti gli anni di imposta accertati dal 2005 al 2011 in quanto ha ritenuto che la realizzazione del reato «è scissa dal riferimento ad uno specifico periodo di imposta». D’altronde, il fatto che la documentazione distrutta o occultata sia riferita ad un solo anno di imposta ovvero a più anni è fattore che non incide sulla oggettività del delitto «atteso che il perfezionamento del reato si ha con la realizzazione della condotta descritta dal legislatore come vietata». Quanto all’eccezione di prescrizione, dovendosi limitare, secondo il ricorrente, l’ambito temporale dei reati commessi alle sole due annualità 2005 e 2006, la Corte ha ribadito che, come visto in precedenza, a differenza della distruzione che realizza un’ipotesi di reato istantaneo, il quale si consuma al momento della soppressione della documentazione, l’occultamento, ovvero la temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione per gli organi verificatori, costituisce un reato permanente che si consuma nel momento in cui viene svolto l’accertamento, e cioè sino al [continua ..]


NOTE