Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
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Società estinta, vizi di rappresentanza processuale e responsabilità tributaria dei soci (di Antonio Marinello)


In una recente pronuncia, la n. 17986/2019, la Corte di Cassazione ha ritenuto che nel caso di estinzione della società di capitali, a seguito della cancellazione della stessa dal registro delle imprese, ove il socio unico successivamente deceda, gli eredi di questi possono proseguire il giudizio, con sanatoria ex tunc di tutti i vizi processuali. La prosecuzione del giudizio da parte degli eredi, inoltre, in quanto comporta l’implicita rinuncia a ricevere l’autonomo avviso di accertamento previsto dall’art. 36, comma 5, D.P.R. n. 602/1973, fa presumere l’avvenuta distribuzione in loro favore di parte dell’attivo ricavato dalla liquidazione. Ad una prima ricognizione, questo orientamento non convince e lascia aperte numerose questioni interpretative ed applicative.

Extinct company, procedural representation defects and shareholders’ tax liability

In the recently published decision no. 17986 of 2019, the Italian Supreme Court held that in the event of extinction of a capital company, following the cancellation from the Register of Companies, if the sole shareholder subsequently dies, his heirs may continue the tax litigation, with an ex tunc amnesty of all procedural defects. The continuation of the tax litigation by the heirs, moreover, involving the implicit renunciation to receive an autonomous notice of assessment provided by Art. 36, para. 5, Presidential Decree no. 602/1973, leads to the presumption of the distribution in their favour of part of the assets obtained from liquidation. At first glance, this approach does not convince and leaves open various interpretative and applicative issues.

Cass., sez. trib., ord. 4 luglio 2019, n. 17986 – Pres. Cirillo, Rel. D’Orazio Società – Estinzione – Cancellazione della società di capitali dal registro delle imprese – Decesso del socio unico – Costituzione in giudizio degli eredi – Sanatoria ex tunc dei vizi di legittimazione processuale – Ammissibilità – Presunzione del­l’avvenuta distribuzione a favore degli eredi dell’attivo – Sussistenza   In tema di estinzione della società di capitali, a seguito della cancellazione della stessa dal registro delle imprese, ai sensi dell’art. 2495 c.c., ove il socio unico successivamente deceda, gli eredi di questi possono proseguire il giudizio, con sanatoria ex tunc di tutti i vizi processuali in precedenza verificatisi. La prosecuzione del giudizio da parte degli eredi del socio unico deceduto, dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese, con la conseguente estinzione della stessa, comportando l’implicita abdicazione dal diritto di ricevere un autonomo avviso di accertamento, ai sensi dell’art. 36, comma 5, del D.P.R. n. 602/1973, fa presumere l’avvenuta distribuzione in loro favore di parte dell’attivo ricevuto dalla liquidazione volontaria dei beni.   (Omissis) 1.2. Invero, il ricorso avverso la cartella di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis è stato proposto in data 19-6-2012, dall’ex amministratore F.A., quando la C. s.r.l. era stata già posta in liquidazione (il 7-5-2012), con la nomina del liquidatore F.G.V., iscritta nel registro delle imprese. Pertanto, la società non era correttamente rappresentata, in quanto l’ex amministratore era privo di legitimatio ad processum. La C. s.r.l. viene, poi, cancellata dal registro delle imprese il 2-7-2012, con conseguente estinzione della stessa, prima della sua costituzione in giudizio, avvenuta il 12-7-2012. In tale situazione l’unico socio della società, legittimato a proseguire il giudizio, era proprio l’ex amministratore F.A., unico socio della C. s.r.l. Il 2-8-2012 decede F. A., unico socio, ma il processo non viene interrotto, con il rinvio dell’udienza dal 24-9-2012 al 17-12-2012. Gli eredi dell’unico socio però proseguono in giudizio in qualità di eredi del de cuius. 1.3. Pertanto, con la prosecuzione del giudizio da parte degli eredi dell’unico socio, e con la ratifica espressa dell’operato dell’ex amministratore F.A., e quindi anche del rilascio del mandato al legale per proporre ricorso avverso la cartella di pagamento, i vizi processuali pregressi sono stati sanati con effetto ex tunc (sia il difetto di legitimatio ad processum per proporre il ricorso, sia la costituzione della società dopo la sua estinzione per cancellazione), sicché [continua..]

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SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Il difetto di legittimazione processuale e la sanatoria dei vizi ex art. 182, comma 2, c.p.c. - 3. L’estinzione postuma della società ai fini fiscali e i profili di responsabilità dei soci - 4. La prosecuzione del giudizio da parte degli eredi dell’ex socio della società estinta e l’“abdicazione dal diritto” di ricevere l’avviso di accertamento previsto dal­l’art. 36, D.P.R. n. 602/1973: considerazioni critiche - NOTE


1. Introduzione

Con un’articolata ordinanza, la n. 17986 del 4 luglio 2019 [1], la sezione tributaria della Corte di Cassazione ha fissato alcuni importanti principi, come si vedrà non del tutto condivisibili, in ordine a due distinte questioni, che attengono rispettivamente al difetto di rappresentanza dell’ente nel caso di estinzione della società a seguito della cancellazione dal registro delle imprese, ed al profilo della responsabilità dei soci, che abbiano proseguito il giudizio, per i debiti tributari della società estinta. Nella fattispecie, invero piuttosto singolare, si trattava di una società, già posta in liquidazione, che aveva proposto ricorso avverso una cartella di pagamento emessa ai sensi dell’art. 36 bis, D.P.R. n. 600/1973 per mezzo dell’ex amministratore e socio unico. Al tempo della presentazione del ricorso, tuttavia, era già intervenuta la nomina del liquidatore, tanto che l’ex amministratore risultava ormai privo di legittimazione processuale. Solo in un momento successivo alla proposizione del ricorso – e prima della costituzione in giudizio– veniva a prodursi l’effetto estintivo della società, cosicché a quel punto l’unico soggetto apparentemente legittimato a proseguire la lite diventava proprio l’ex amministratore ed unico socio, il quale, però, decedeva a sua volta pochi giorni dopo la costituzione in giudizio. A coronamento di questa già di per sé bizzarra concatenazione di eventi, infine, il processo veniva proseguito dagli eredi dell’ex amministratore, senza alcuna interruzione, in quanto questi si costituivano spontaneamente in giudizio con apposita me­moria depositata in udienza, con ciò manifestando l’intenzione di ratificare la proposizione originaria del ricorso da parte del de cuius. Avverso la decisione di primo grado, resa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che aveva accolto il ricorso dei contribuenti, l’Amministrazione Finanziaria proponeva appello e, in accoglimento del gravame, il giudice di seconde cure dichiarava l’inammissibilità del ricorso per difetto di legitimatio ad processum dell’ex amministratore. Tale pronuncia viene ora rigettata dalla Cassazione, sulla base del fatto che la prosecuzione del giudizio da parte degli eredi dell’unico socio e la ratifica del suo operato [continua ..]


2. Il difetto di legittimazione processuale e la sanatoria dei vizi ex art. 182, comma 2, c.p.c.

In primo luogo, viene in rilievo la questione relativa al difetto di rappresentanza processuale della società, nel caso in cui questa risulti estinta per effetto della cancellazione dal registro delle imprese. Al riguardo, il giudice di legittimità muove dalla premessa secondo cui nel processo tributario trova applicazione la previsione generale di cui all’art. 182, comma 2, c.p.c. [2], che ammette in qualunque stato e grado del giudizio la sanatoria del difetto di legittimazione processuale della persona fisica che abbia agito in giudizio in rappresentanza di un altro soggetto. Nei limiti ed alle condizioni di cui si dirà subito, per il codice di rito la sanatoria è in effetti possibile con efficacia retroattiva e nei riguardi di tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato dell’effettiva rappresentanza, il quale renda manifesta la volontà di ratificare la condotta difensiva del falsus procurator. E questo principio, osserva la Corte, deve ritenersi valido anche allorché la sanatoria dei vizi processuali (nella specie, mandato alle liti sottoscritto dall’ex amministratore invece che dal liquidatore, la cui nomina risultava già iscritta nel registro delle imprese e costituzione in giudizio della società, sempre in persona dell’ex amministratore, quando l’ente risultava già cancellato dal registro) non sia avvenuta da parte del soggetto che aveva la legittimazione processuale originaria (in questo caso, il liquidatore), bensì ad opera degli eredi del socio unico della società dissolta [3]. Nei termini appena esposti, tuttavia, la Corte non sembra tenere in adeguata considerazione la natura e la struttura del processo tributario, giungendo così ad una conclusione che non mi pare possa essere condivisa. Provo a chiarire il punto, cominciando col ricordare che, ai sensi della disposizione richiamata dalla Suprema Corte (l’art. 182, comma 2, Codice di rito), allorché rilevi un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione, «il giudice può assegnare alle parti un termine per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, o per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, salvo che si sia avverata una decadenza». Ebbene, la giurisprudenza processualcivilistica desume da [continua ..]


3. L’estinzione postuma della società ai fini fiscali e i profili di responsabilità dei soci

Venendo al secondo aspetto affrontato nella decisione in commento, vale a dire quello concernente la responsabilità patrimoniale dei soci per i debiti tributari della società dissolta, la Cassazione ha ritenuto in questa occasione che la prosecuzione del giudizio da parte degli eredi del socio unico, deceduto dopo la cancellazione dell’en­te dal registro delle imprese, implicherebbe altresì una “implicita abdicazione dal diritto” di ricevere l’autonomo avviso di accertamento cui si riferisce l’art. 36, comma 5, D.P.R. n. 602/1973, facendo così presumere l’avvenuta distribuzione in loro favore di parte dell’attivo ricavato dalla liquidazione volontaria dei beni della società. Si tratta di un orientamento già affiorato in alcune recenti, quanto isolate pronunce, con il quale il giudice di legittimità sembra superare la linea ricostruttiva più rigorosa sin qui adottata, secondo la quale la legittimazione processuale degli ex soci (e la loro responsabilità) sussisterebbero soltanto nell’ipotesi di effettiva riscossione dell’attivo sociale liquidato. Anticipo subito che anche su questo punto la decisione non mi pare convincente. Essa, peraltro, si colloca in un contesto normativo e giurisprudenziale caratterizzato da una considerevole incertezza, sul quale conviene, nei limiti necessariamente angusti del presente contributo, svolge qualche considerazione ricostruttiva. Come è noto, l’estinzione della società rappresenta l’esito finale di una fattispecie a formazione progressiva che, in seguito al verificarsi di una causa di scioglimento, si snoda attraverso una fase di liquidazione dell’ente fino alla cancellazione della società dal registro delle imprese. Ciò ricordato in via preliminare, peraltro, l’individua­zione del momento in cui si producono gli effetti dell’estinzione costituisce da sempre un tema dibattuto, sebbene la riforma del diritto societario del 2003 abbia in gran parte contribuito a chiarificare la questione [8]. Nella vigenza dell’art. 2456 c.c. ante-riforma, infatti, si registrava un contrasto fra la dottrina, che in via maggioritaria riconosceva l’efficacia costitutiva della cancellazione indipendentemente dalla eventuale sopravvenienza di rapporti attivi e passivi [9], e la giurisprudenza prevalente, la quale sosteneva [continua ..]


4. La prosecuzione del giudizio da parte degli eredi dell’ex socio della società estinta e l’“abdicazione dal diritto” di ricevere l’avviso di accertamento previsto dal­l’art. 36, D.P.R. n. 602/1973: considerazioni critiche

Ed è su questo tema che interviene ora la Suprema Corte la quale, in linea con le pronunce più recenti, sembra discostarsi dal precedente orientamento in base al quale la legittimazione processuale degli ex soci (e la loro eventuale responsabilità) erano limitate alle sole ipotesi di riscossione dell’attivo sociale liquidato. Stando a questa prima impostazione, in particolare, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto in alcune decisioni che i soci subentrino nel lato passivo del rapporto, dopo la cancellazione della società dal registro, solo nei limiti di quanto eventualmente riscosso a seguito della liquidazione, sicché l’accertamento di tale circostanza costituisce presupposto dell’assunzione, in capo agli stessi, della qualità di successori e, conseguentemente, della legitimatio ad causam ai fini della prosecuzione del processo [32]. Ed in questa prospettiva, pertanto, l’effettiva percezione delle somme da parte dei soci in base al bilancio finale di liquidazione va provata dall’Amministrazione Finanziaria che agisce contro i soci per i debiti pregressi dell’ente [33]. Nelle decisioni più recenti, invece, la Cassazione ha riconosciuto che la legittimazione passiva, in caso di cancellazione dal registro delle imprese, spetta ai soci indipendentemente dalla circostanza che essi abbiano goduto di una distribuzione di attivo nel riparto effettuato in base al bilancio finale di liquidazione, fermo restando il loro diritto di opporre al creditore il limite di responsabilità. E ciò con l’ulteriore precisazione secondo cui, qualora il suaccennato limite di responsabilità dovesse rendere evidente l’inutilità per il creditore di far valere le proprie ragioni nei confronti del socio, ciò si rifletterebbe sul requisito dell’interesse ad agire, ma non sulla legittimazione passiva del socio medesimo [34]. Secondo questo orientamento, in sostanza, il socio potrà comunque esser chiamato in causa dal creditore sociale poiché questi potrebbe avere comunque interesse a citarlo – per esempio se sia necessario, per poter azionare delle garanzie, escutere preventivamente il patrimonio della società cancellata quale debitore principale – oppure per altri legittimi interessi, quali la possibile insorgenza di attivi non compresi nel bilancio di [continua ..]


NOTE