Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Tributi di scopo tra giustificazioni politiche e categorie giuridiche (di Concetta Ricci)


La definizione di “tributi di scopo” viene spessa utilizzata con valenza meramente descrittiva, per identificare un coacervo di tributi che, in comune, hanno il fatto di essere destinati ad uno specifico scopo ma che, per il diverso modo in cui sono strutturati e per la diversa rilevanza che i vincoli di destinazione alla spesa assumono nel regime giuridico della fattispecie imponibile, difficilmente possono essere ricondotti in una categoria giuridica autonoma. Tuttavia, si dovrebbe valorizzare il grande potenziale degli stessi in termini di accountability, e quindi concepirli nella logica di tributi caratterizzati da una definizione specifica e trasparente dei risultati e degli obiettivi attesi, mettendone in evidenza il ruolo nelle politiche di spesa e le conseguenze in termini di trasparenza ed efficienza delle scelte allocative.

Specifically targeted taxes between political justifications and juridical categories

The definition of “purpose taxes” is often used with a purely descriptive value, to identify a type of taxes that have in common a specific purpose, but, due to the different way in which they are structured and the different importance that the constraints on how their revenue is used assume in the tax discipline, they can hardly be filled in an autonomous legal category. However, their great potential should be exploited in terms of accountability, and therefore conceived in the logic of taxes characterised by a specific and transparent definition of the expected results and objectives, highlighting their role in spending policies and the consequences in terms of transparency and efficiency of allocative choices.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il poliformismo dei tributi di scopo - 2.1. Segue: il concetto corrente di tributo di scopo - 3. L’imposta di soggiorno e il contributo di sbarco - 4. L’IRAP e la rilevanza della destinazione vincolata come mera giustificazione politica - 5. L’ISOP come esempio di vero tributo di scopo - 6. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

L’obiettivo politico, reso sempre più urgente dalla crisi economica in atto, di approdare a una riforma fiscale a breve termine, impone un ripensamento degli schemi tradizionali sui cui si erge l’attuale sistema impositivo, anche alla luce del progressivo spostamento della fonte del gettito verso forme di prelievo lontane dalla logica redistributiva, mal digerita dalla collettività, e più dirette a reperire risorse destinate a finanziare specifiche spese, e per questo più facilmente accettabili da parte dei contribuenti. Si assiste, infatti, all’introduzione di un coacervo di tributi che, in comune, hanno il fatto di essere destinati ad uno specifico scopo – la dottrina economica li qualifica indistintamente e significativamente come “earmarked taxes” [1] – ma che, per il diverso modo in cui sono strutturati e per la diversa rilevanza dei vincoli di destinazione alla spesa che li caratterizzano, difficilmente possono essere ricondotti in una categoria giuridica autonoma. Il ricorso a queste forme di prelievo non è affatto nuovo: si pensi al settore della parafiscalità, o a quello della tassazione locale, ma rispondono a questa logica anche le recentissime proposte europee in tema di fiscalità ambientale, come pure di tassazione del turismo. Si tratta di prelievi che, a differenza dei tributi afferenti alla fiscalità generale, risultano più facilmente controllabili dai cittadini, a motivo della stretta correlazione tra l’entrata e la spesa con essa finanziata e, per queste ragioni, il ricorso ad essi, prima limitato soltanto a poche forme di imposizione locale o di contribuzione sociale, oggi è sempre più frequente. Si pensi al grande interesse manifestato negli ultimi anni dall’Unione europea per la materia ambientale [2], ove, nella maggiore parte dei casi, le “finalità ambientali” rilevano nella destinazione del gettito più che nella definizione della fattispecie imponibile: il profilo funzionale del prelievo, e quindi lo “sco­po” ambientale del tributo rileva, ad esempio, nella recentissima proposta sul Green Deal europeo [3] di introdurre una tassazione sulle importazioni per settori considerati altamente inquinanti, quali ad esempio il settore siderurgico, metallurgico, dell’acciaio, dell’alluminio o estrattivo (c.d. [continua ..]


2. Il poliformismo dei tributi di scopo

Il panorama nazionale e internazionale di entrate variamente “vincolate” è molto variegato. Si pensi ai tanti tributi ambientali: dalle accise sui carburanti [12], alla carbon tax, dall’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili, al tributo provinciale per l’esercizio di funzioni di tutela, protezione ed igiene dell’am­biente; dal tributo speciale sui conferimenti in discarica (c.d. Ecotassa regionale), al contributo sui prodotti fitosanitari e pesticidi pericolosi; dalla tariffa per la raccolta e la depurazione delle acque di rifiuto fino alla TARSU [13]; sarebbe da chiedersi quali di questi tributi sono veramente “di scopo”, così come talvolta definiti dallo stesso legislatore, o ancora più spesso, genericamente qualificati nelle relazioni governative. La stessa incertezza e lo stesso livello di confusione si registra anche nel settore della fiscalità locale, da cui emergono segnali di un approccio sempre più spinto verso una tassazione di scopo: nel nuovo assetto dei tributi locali, conseguente all’abolizione dell’imposta unica comunale [14], ad opera della legge di bilancio 2020 [15], con contestuale eliminazione della TASI, risulta confermata la possibilità, per i Comuni, di istituire l’imposta di scopo [16], sulla base della disposizione recata dal comma 706 dell’art. 1 della L. n. 147/2013 secondo la quale “Resta ferma la facoltà per i comuni di istituire l’imposta di scopo in base a quanto disposto dall’art. 1, comma 145, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dall’art. 6 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23” [17]. Ma l’ISOP, a cui, per la verità, i Comuni hanno fatto scarso ricorso, non è l’unico tributo di scopo presente nella finanza territoriale: si pensi alle diverse forme di tassazione dei flussi turistici [18], alle imposte di soggiorno e di sbarco, ma anche all’IRAP, il cui gettito è destinato al finanziamento del servizio sanitario regionale. Per non considerare, poi, il settore della parafiscalità e dei contributi corporativi, tradizionalmente caratterizzato dall’esistenza di vincoli di destinazio­ne, storicamente [19] giustificati alla luce dell’esigenza di reperire ulteriori stru­menti di finanziamento per fronteggiare nuovi costi, senza [continua ..]


2.1. Segue: il concetto corrente di tributo di scopo

La questione di fondo attiene alla rilevanza dei vincoli di destinazione nella definizione della fattispecie imponibile dei “veri” tributi di scopo. Occorre comprendere, in sostanza, se in presenza di un vincolo di destinazione del gettito, detto vincolo assume rilevanza giuridica nel rapporto tributario tra contribuente ed ente impositore, quali sono i diritti del contribuente e le responsabilità amministrative e contabili dell’ente impositore in caso di mancato rispetto del vincolo. La questione, quindi, diventa capire se, ed eventualmente, in che modo, la previsione di un vincolo di destinazione del gettito di un tributo rilevi nel rapporto tributario e, nel contempo, quali sono le conseguenze sotto il profilo del regime giuridico applicabile. La dottrina tributaria che si è occupata del tema, peraltro in periodi storici diversi, ha delineato soluzioni differenti, talvolta valorizzando, sul piano giuridico, l’esistenza e i conseguenti effetti di una destinazione vincolata del prelievo, talvolta, al contrario, svalutando il fenomeno, nella convinzione che “la espressa destinazione del provento a specifiche finalità rileverebbe unicamente sotto il profilo giuscontabilistico di eccezione alla regola di unità del bilancio dello Stato” [23]. Tuttavia, questa stessa dottrina, ha sottolineato che il mancato rispetto del vincolo di destinazione possa configurare comunque un vizio di violazione di legge, oltre che il reato di peculato per distrazione (art. 314 c.p.) [24]. La dottrina prevalente, in ogni caso, nega ogni rilevanza giuridica ai vincoli di destinazione, salvo che nelle ipotesi in cui essi qualifichino il presupposto [25]. Sembrerebbe infatti “doversi escludere la rilevanza dei vincoli di destinazione nei rapporti tra ente impositore e contribuente; il vincolo di destinazione ed analogamente il tributo di scopo hanno in sostanza valenza meramente politica, potendo tuttalpiù impegnare l’Amministrazione ai fini dell’utilizza-zione dei proventi; si tratta però di evento successivo all’acquisizione del provento e quindi estraneo alla fattispecie del prelievo” [26]. Al contrario, i vincoli di destinazione assumerebbero rilevanza laddove gli stessi andassero ad incidere sulla struttura e sul regime giuridico della fattispe­cie tributaria e sulle situazioni soggettive tutelabili del contribuente [27]. [continua ..]


3. L’imposta di soggiorno e il contributo di sbarco

L’imposta di soggiorno [35], che già trovava un suo precedente normativo nella L. 11 dicembre 1910, n. 863 [36], è stata reintrodotta in attuazione della legge delega per il federalismo fiscale [37]. Il tributo è a carico dei soggetti non residenti che soggiornano nelle strutture ricettive presenti sul territorio comunale; possono istituire l’imposta, con delibera consiliare, i Comuni capoluogo di provincia, le Unioni di Comuni, i Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o delle città d’arte e quelli che hanno sede giuridica nelle isole minori o quelli nel cui territorio insistono isole minori. L’imposta deve essere applicata secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, e non può eccedere l’ammontare di 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali. Il dettato legislativo, come visto, appare piuttosto scarno, individuando esclusivamente il presupposto, i soggetti passivi, la base imponibile, la misura massima dell’aliquota e il vincolo di destinazione. L’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 23/2011 prevedeva che fosse un regolamento statale [38] a dettare la disciplina generale di attuazione dell’imposta. La mancata emanazione di tale regola­mento da parte del Governo, insieme alla previsione dell’ultimo periodo dello stesso comma 3, che consentiva ai comuni di procedere all’adozione dei regolamenti istitutivi anche in assenza del regolamento statale, ha concesso ad essi ampi margini di discrezionalità ed ha determinato una situazione di grande disomogeneità fra i regolamenti comunali, dando adito ad un acceso contenzioso tra amministrazioni locali e contribuenti. Le criticità, in particolare, riguardano la compatibilità del presupposto con il principio di capacità contributiva; la delimitazione dei soggetti passivi ai soli turisti che soggiornano nelle strutture ricettive e non a tutti i non residenti; la qualificazione come territorio a vocazione turistica dei Comuni “eleggibili”; le modalità di quantificazione del tributo, determinate spesso per tariffe in funzione della categoria della [continua ..]


4. L’IRAP e la rilevanza della destinazione vincolata come mera giustificazione politica

La destinazione vincolata del gettito viene in rilievo anche nell’IRAP, che di certo non può essere qualificata come un tributo di scopo, ma le cui vicende politiche, legislative e giurisprudenziali, evidenziano l’importanza, in taluni ambiti e a determinate condizioni, di un collegamento, giuridicamente vincolante, tra spesa pubblica e relativi mezzi di finanziamento. Introdotta in conseguenza di una precisa scelta di “tax policy”: quella di semplificare l’imposizione gravante sulle imprese e i professionisti [61] e, nel con­tempo, di agevolare il progetto governativo di attuare un decentramento istituzionale: “l’Irap, infatti, ha l’esplicita funzione di attribuire alle regioni un tributo proprio che consenta loro di finanziare parte delle spese e di svolgere seppur limitate politiche autonome” [62], l’IRAP è stata inizialmente strutturata come tributo “a destinazione vincolata”. Infatti, l’art. 38 del D.Lgs. n. 446/1997 prevedeva che le Regioni dovesse destinare il 90% del gettito del tributo al finanziamento del Servizio sanitario nazionale [63]. Tuttavia, con il D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 56 [64], la previsione iniziale di un vincolo di destinazione del gettito alla spesa sanitaria è stata abolita e il finanziamento della sanità è stato ricondotto nell’ambito del bilancio regionale nel suo complesso. Più precisamente, il D.Lgs. n. 56/2000 (c.d. Federalismo fiscale) ha abolito il Fondo Sanitario Nazionale di parte corrente e ha assegnato direttamente le risorse tributarie alle Regioni a statuto ordinario secondo il principio della compartecipazione al gettito delle principali imposte (IVA, IRPEF e intero gettito IRAP) e l’aumento della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina. La L. n. 488/2001, inoltre, ha rimosso il vincolo di destinazione sulla spesa sanitaria, confermando la piena responsabilità delle Regioni nella copertura di eventuali disavanzi finanziari e ha introdotto un fondo di solidarietà perequativa operativo fino al 2013, anno di entrata a pieno regime della riforma. L’eliminazione del vincolo di destinazione dell’IRAP si giustificava, quindi, in un quadro di riforme istituzionali che rispondeva alla precisa scelta politica di modificare il sistema di finanziamento della spesa [continua ..]


5. L’ISOP come esempio di vero tributo di scopo

L’imposta di scopo per la realizzazione di opere pubbliche (ISOP) è stata introdotta dall’art. 1, commi 145-151, della legge finanziaria per il 2007 [77], in virtù del quale, a partire dal gennaio 2007, i Comuni possono, con proprio regolamento, introdurre un’“imposta” – così la definisce la norma – destinata a finanziare determinate opere pubbliche, rientranti in una delle categorie espres­samente individuate dallo stesso legislatore [78]. Il rinvio alla disciplina dell’ICI (e poi dell’IMU) quanto all’individuazione dei soggetti passivi e della base imponibile, nonché per quanto concerne le norme in materia di accertamento, sanzioni e contenzioso, ha fatto dubitare circa l’autonomia del tributo rispetto all’imposta comunale sugli immobili, ritenendo che la stessa sia qualificabile come sovraimposta dell’ICI [79] o come addizionale all’ICI [80]. Valorizzando il dato testuale, invece, altri hanno riconosciuto all’ISOP natura di imposta, seppur vincolata ad una particolare destinazione [81] o di contributo, per la sua similitudine al contributo di miglioria specifica previsto dal vecchio testo unico della finanza locale [82]. Invero, l’elemento più innovativo della disciplina dell’ISOP, che vale a qualificarla come un vero tributo di scopo [83], è costituito dalla previsione secondo cui “nel caso di mancato inizio dell’opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo i comuni sono tenuti al rimborso dei versamenti effettuati dai contribuenti entro i due anni successivi” [84]. In sostanza, nell’ISOP, il vincolo di destinazione è elemento caratterizzante la fattispecie imponibile e determinante il sorgere dell’obbligazione tributaria, tanto che il mancato adempimento da parte dell’ente pubblico rileva giuridicamente nella misura in cui comporta il sorgere, in capo al contribuente, di un diritto di restituzione. È stato rilevato [85] che il vincolo di destinazione non incide sul presupposto dell’imposta, che è il medesimo dell’ICI (IMU), per via dell’espresso rinvio contenuto nella disciplina istitutiva, costituendo invece la realizzazione dello scopo, ossia l’esecuzione dell’opera pubblica, esclusivamente [continua ..]


6. Conclusioni

Il panorama dei c.d. “tributi di scopo”, appare, come si è cercato di descrivere, molto articolato e complesso. Viene fatto rientrare in questa “categoria” un insieme composito di strumenti di natura tributaria, ovvero comunque autoritativa, in cui la finalità, spesso concorrente con altre, è quella di reperire risorse finanziarie, cercando di individuare un collegamento tra contribuenti e destinatari dei servizi e delle opere finanziate. Si tratta di strumenti che tendono ad affermare una logica di compensazione/pagamento/concorso per i benefici ottenuti o per i costi generati dai soggetti contribuenti [90], spesso riguardanti la fruizione di servizi indivisibili o di beni che hanno natura non escludibile (parchi, strade, illuminazione, pubblica sicurezza, igiene urbana, ecc.) e non possono quindi essere finanziati (o non completamente) tramite corrispettivi e tariffe. La logica di scopo assume una rilevanza giuridica diversa nelle varie fattispecie: in alcuni casi, vengono individuate in modo circoscritto le spese da finanziare, ponendo un vincolo giuridico in tal senso [91]; in altri, viene prevista una destinazione meno stringente riguardo alle spese finanziabili [92]; in altri ancora, il vincolo di destinazione assume una natura molto atecnica e descrittiva [93]. Una ricognizione tesa ad individuare i “veri” tributi di scopo, al di là della, talvolta fuorviante, qualificazione legislativa e/o della stessa voluntas legis, presuppone quindi un’attenta valutazione in merito alla struttura, alla funzione e al regime giuridico delle fattispecie imponibili. Nel tentativo di verificare se sia possibile individuare una categoria giuridica autonoma dei tributi di scopo, si è scelto, dunque, un approccio di analisi di tipo induttivo, partendo da alcune fattispecie, tutte accomunate dalla destinazione vincolata del gettito, ma, come visto, molto diverse tra loro quanto alla rilevanza giuridica dello “scopo”. Dall’analisi sembrerebbe emergere come l’unico vero tributo di scopo sia l’ISOP, i cui elementi strutturali rispecchiano in pieno le previsioni della legge delega n. 42/2009. Nell’ISOP, infatti, lo scopo caratterizza la struttura del presupposto di fatto e il regime giuridico della fattispecie imponibile, nella misura in cui vale a determinare il sorgere e le vicende successive dell’obbligazione [continua ..]


NOTE