Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Accertamento con adesione, rinunciabilità del procedimento ed effetti preclusivi: per una rilettura in chiave sostanziale dei comportamenti delle parti (di Giulio Mangiafico)


La sentenza in commento si iscrive al consolidato orientamento di legittimità che riconosce come automatica la sospensione per 90 giorni del termine per ricorrere avverso l’accertamento di cui all’art. 6, comma 3, del D.Lgs. n. 218/1997, mediante la sola, formale, presentazione dell’istanza di adesione da parte del contribuente. I precedenti giurisprudenziali non escludono espressamente il riconoscimento di ulteriori forme di rinuncia all’accertamento con adesione, ma non li definiscono positivamente. Dopo aver richiamato brevemente la natura e funzione dell’a­desione ed i relativi principi, e descritto i pertinenti approdi giurisprudenziali, si tenterà di verificare la possibile rilevanza di comportamenti concludenti del contribuente come forme di rinuncia al procedimento e si analizzeranno gli effetti della lettura offerta della Cassazione nel caso di procedimento sollecitato su invito dell’Ufficio.

Tax settlement agreement, renunciation of the procedure and foreclosure effects: a substantial reinterpretation of the parties’behaviour

The commented decision is part of a settled Supreme Court’s case law that considers as automatic the 90-day suspension of the deadline for challenging the notice of assessment, according to Art. 6, para. 3, Legislative Decree no. 218/1997, by simply filing a tax settlement proposal. The consolidated case law does not explicitly exclude the recognition of further unequivocal manifestations of the tax settlement’s procedure renunciation, but, at the same time, it does not define them positively. After having briefly recalled the nature and function of a tax settlement agreement, as well as the principles that govern it, and described the relevant jurisprudential approaches, the article will try to check the possible relevance of taxpayer’s conclusive behaviours as forms of renunciation, and it will analyse the effects of the Supreme Court’s interpretation under the tax assessment procedure promoted by an invitation issued by the tax authorities.

In caso di presentazione dell’istanza di accertamento con adesione ex art. 6 del D.Lgs. n. 218/1997, la mancata comparizione del contribuente alla data fissata per la definizione, in via amministrativa, della lite, sia essa giustificata o meno, non interrompe la sospensione del termine di 90 giorni per l’impugnazione dell’avviso di accertamento, in quanto detto comportamento non è equiparabile alla formale rinuncia all’istanza né è idoneo a farne venir meno “ab origine” gli effetti. Omissis MOTIVI DELLA DECISIONE con l’unico motivo di ricorso [omissis] deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., evidenziando che l’omessa presentazione in sede di contraddittorio a seguito di una istanza di accertamento con adesione non avrebbe comportato la decadenza del contribuente dal diritto di potere usufruire dei maggiori termini per la presentazione del ricorso; 2. il motivo è fondato; 2.1. come si evince da Corte cost. n. 140 del 15/04/2011, il procedimento per l’accer­tamento con adesione «ha la finalità di prevenire l’impugnazione dell’atto di accertamento tributario notificato, favorendo l’instaurazione di un contraddittorio con il contribuente per giungere ad un’a definizione concordata e preventiva della controversia», sicché «non appare irragionevole la previsione, a tal fine, di un periodo fisso di sospensione dei termini di impugnazione», idoneo a consentire l’esercizio del contraddittorio in sede di adesione e «durante il cui decorso il contribuente e l’ufficio hanno agio di valutare liberamente la situazione, eventualmente allacciando, sciogliendo e riannodando trattative»; 2.2. la sospensione per novanta giorni del termine per la formale impugnazione dell’accertamento, volta a consentire al contribuente e all’Amministrazione finanziaria uno spatium deliberandi (Cass. n. 22878 del 29/09/2017), consegue automaticamente alla presentazione dell’istanza da parte del contribuente (Cass. n. 21096 del 24/08/2018) e cessa solo con lo spirare di detto termine, al quale è equiparata dalla legge unicamente la formale e irrevocabile rinuncia all’istanza (Cass. n. 3278 del 05/02/2019), ma non anche il verbale di constatazione del mancato accordo (Cass. n. 20362 del 24/08/2017); 2.3. decorso il termine di novanta giorni dalla proposizione dell’istanza, l’accerta­mento diventa definitivo se non impugnato nei successivi sessanta giorni (Cass. n. 15401 del 21/06/2017); 2.4. applicando i superiori principi di diritto al caso di specie, deve ritenersi che non ha alcun rilievo, ai fini della concessione della sospensione del termine di impugnazione [continua..]

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SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Conformità ai principi europei e costituzionali dell’impostazione adottata dalla Corte - 3. Sulla rilevanza del contraddittorio nell’agire amministrativo (tributario): caratteri generali - 4. Lo Statuto dei diritti del Contribuente ed i principi di collaborazione, buona fede e legittimo affidamento - 5. Evoluzione e funzione del concordato tributario - 6. Il silenzio del contribuente e la rinuncia all’accertamento con adesione: è configurabile un comportamento concludente inequivoco? - 6.1. I confini dello spatium deliberandi - 6.2. Il momento valutativo del comportamento - 7. Simmetrie nel procedimento di adesione su iniziativa dell’Ufficio - 7.1. Effetto preclusivo e assenza di un effettivo contraddittorio - 8. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

Con l’ordinanza 24 ottobre 2019, n. 27274, la Cassazione torna ad esprimersi circa l’esistenza di fattispecie o comportamenti idonei a far cessare anticipatamente la sospensione, pari a 90 giorni, dei termini per l’impugnazione dell’accertamento notificato, riconosciuti al contribuente a seguito della presentazione di una istanza di adesione, ex art. 6, comma 3, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218. La pronuncia si innesta nel solco di un orientamento giurisprudenziale, coltivato dapprima da alcune Corti di merito, salve alcune eccezioni [1], ma consolidatosi poi nei giudizi di Legittimità, che ritiene irrinunciabile la sospensione del termine per l’impugnazione dell’atto impositivo riconosciuta nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione. La predetta impostazione presuppone un’analisi formalistica degli atti introduttivi del procedimento, analisi che, inevitabilmente, sposta la tutela dei principi sottesi all’accertamento con adesione ad una dimensione “potenziale”, anziché effettiva. Nella pronuncia in commento i comportamenti del contribuente, non orientati ad una effettiva instaurazione del contradditorio con l’Ufficio [2], sono giudicati non sufficienti dalla Cassazione per integrare una rinuncia all’istanza di adesione. La Corte non specifica quali elementi dovrebbero contraddistinguere i comportamenti del contribuente eventualmente rilevanti come inequivoca rinuncia all’ade­sione; al contempo però non sembra respingere nettamente una loro possibile configurazione. La possibilità di configurare, seppur astrattamente, l’esistenza di una rinuncia alla sospensione del termine per ricorrere mediante comportamenti concludenti deve essere valutata coerentemente con il grado di valorizzazione dei principi fondanti l’ac­certamento con adesione, quali il contraddittorio, la leale collaborazione e la buona fede, peraltro evocati nella sentenza di CTR impugnata dal contribuente nell’odier­na ordinanza. La soluzione fornita dalla pronuncia in commento, coerente con gli approdi di dottrina e giurisprudenza sulla sospensione automatica di 90 giorni dei termini di impugnazione, sollecita certamente alcune riflessioni intorno al principio del contraddittorio ed alla sua effettività. Oltretutto, la giurisprudenza in analisi si concentra esclusivamente sugli effetti [continua ..]


2. Conformità ai principi europei e costituzionali dell’impostazione adottata dalla Corte

La tutela forte, quasi automatica, del periodo di sospensione, può sicuramente giudicarsi conforme ai principi europei in materia di contraddittorio, mutuati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, ed in particolare dalla sentenza Kamino [3], anche in termini di proporzionalità della disciplina. Inoltre, l’approccio della Corte appare in linea con l’opinione, diffusa largamente anche in dottrina [4], per cui il regime sospensivo sia orientato ad una piena tutela del contraddittorio. Al radicamento della impostazione oggi in analisi ha sicuramente concorso l’ordi­nanza della Corte cost., 15 aprile 2011, n. 140, espressamente citata nel corpo della motivazione. In verità, differentemente dal caso dell’ordinanza in commento, che riguardava la mancata presentazione del contribuente al contraddittorio con l’Ufficio, la Corte costituzionale era chiamata a valutare la ragionevolezza della disposizione di cui all’art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 218/1997, nella misura in cui questa non prevedeva che la formalizzazione (mediante verbale di contraddittorio) del mancato raggiungimento dell’accordo in sede adesione [5], costituisse atto idoneo a far cessare gli effetti sospensivi del termine d’impugnazione dell’accertamento. La Corte, al riguardo, ha affermato che il termine di 90 giorni è funzionale ad una libera valutazione, da parte dei soggetti coinvolti nel procedimento, degli elementi a fondamento della pretesa, e che gli stessi soggetti sono liberi di riallacciare in ogni momento i nodi del dialogo, dovendosi ritenere validamente interruttiva esclusivamente una omogenea e definitiva manifestazione di volontà in tal senso [6]. Detta impostazione appare certamente coerente anche con i fatti sullo sfondo del giudicato della Corte costituzionale, atteso che il verbale di mancato accordo non solo non si pone in contrasto con una dimensione di dialogo tra Amministrazione e contribuente, ma, al contrario, la presuppone. La Cassazione, nell’ordinanza n. 27274/2019, fa tesoro dei principi anzi espressi, pur investita di una fattispecie connotata da assenza di dialogo; non esclude aprioristicamente la possibile idoneità di determinati atti o fatti a determinare la rinuncia alla sospensione, ma si esprime in termini di inidoneità a tali fini della mancata partecipazione al contraddittorio da parte del [continua ..]


3. Sulla rilevanza del contraddittorio nell’agire amministrativo (tributario): caratteri generali

Preliminarmente all’analisi della pronuncia in commento, pare opportuno svolgere un breve excursus storico-evolutivo dell’istituto dell’accertamento con adesione, e dei principi che lo imperniano; ciò anche per meglio comprendere il grado di tutela effettiva di questi ultimi, offerto dall’ordinanza in commento e, più in generale, dal­l’orientamento giurisprudenziale da questa valorizzato. In premessa si sottolinea come il diritto amministrativo, soprattutto nei suoi approdi più recenti, accolga una partecipazione attiva del privato al procedimento, orientata alla introduzione di ulteriori interessi, diversi od integranti quelli pubblicistici, o comunque elementi utili al corretto dispiegarsi dell’azione amministrativa, in ossequio ai principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e legalità dell’agi­re pubblico. In ambito tributario, in origine autorevole dottrina [11] non riteneva necessaria la partecipazione del privato, nel senso sopra accennato, poiché la posizione del contribuente doveva giudicarsi quasi agevolativa [12] dell’attività dell’Amministrazione Finanziaria, al fine di una migliore attuazione del prelievo tributario. Tale impostazione era ritenuta un corollario della natura non discrezionale dell’at­tività impositiva, che non consentiva l’introduzione nel procedimento di ulteriori interessi, già predeterminati dalla legge [13]. All’interno dell’ordinamento tributario, poi, era assente un generalizzato principio del contraddittorio. Di segno opposto, invece, altre autorevoli impostazioni [14], secondo cui detto prin­cipio, pur non positivamente normato, doveva giudicarsi comunque un “onere di buona amministrazione” [15]. Altri ancora hanno sostenuto [16] che, essendo l’attività istruttoria condotta in sede di accertamento orientata comunque al reperimento di prove, il contribuente eserciterebbe, nell’ambito del contraddittorio, le proprie prerogative difensive. Come è noto, l’introduzione della L. n. 241/1990 non sembra avere murato i paradigmi della partecipazione del privato al procedimento, non trovando applicazione, per espressa disposizione normativa, nei procedimenti tributari. Al di là dell’esclusione normativa, la dottrina è da subito [continua ..]


4. Lo Statuto dei diritti del Contribuente ed i principi di collaborazione, buona fede e legittimo affidamento

Lo Statuto del Contribuente, introdotto dalla L. n. 212/2000, sembrava poter contribuire al definitivo consolidamento della centralità del contraddittorio, non tanto quale strumento “difensivo”, ma coerentemente con i principi costituzionali di legalità ed uguaglianza evocati dall’art. 1, comma 1. La tutela del contraddittorio offerta dallo Statuto, pur non potendosi ritenere generalizzata, si esplica anche nella fissazione di regole comuni di comportamento che contribuente ed Amministrazione sono tenuti ad osservare. Tali regole si ispirano ad un principio collaborativo, che deve imperniare (reciprocamente) i rapporti tra amministrazione e contribuente; questo può dirsi un “incubatore” del principio di legalità. Il contraddittorio costituisce dunque una espressione della leale collaborazione e questa, specularmente, rappresenta la regola di condotta del primo, da valutarsi in termini unitari [26] a prescindere dai singoli procedimenti in cui esso sia enunciato o richiamato dal legislatore. Anche la buona fede costituisce un principio fondante del rapporto tra fisco e contribuente, già riconosciuto dalla giurisprudenza [27] prima dello Statuto del contribuente. Detto principio affonda le proprie radici nell’art. 1175 c.c. [28], e riguarda pertanto i comportamenti dalle parti [29], più che il rapporto obbligatorio, comportamenti che devono risultare privi di finalità abusive, sleali e, per quanto qui di più precipuo interesse, dilatorie [30]. La testimonianza della sua rilevanza risiederebbe, ad esempio, nella limitata modificabilità dell’adesione. La tendenziale definitività della pretesa concordata deve intendersi non soltanto a favore del contribuente, che abbia fatto affidamento, con l’aderire alla pretesa concordata con l’Ufficio, nella stabilità del rapporto tributario, ma anche nei confronti della stessa Amministrazione, che, ove il privato abbia taciuto ulteriori elementi rilevanti ai fini della corretta imposizione, deve poter, in forme definite, rettificare la pretesa. Quanto ai rapporti tra il principio/dovere di buona fede e principio/diritto al contraddittorio, questo deve riconoscersi sia che il procedimento di adesione abbia abbrivio a seguito di atto d’impulso dell’Ufficio (invito) sia per sollecitazione del contribuente (istanza). Tuttavia, per quanto di [continua ..]


5. Evoluzione e funzione del concordato tributario

Il concordato [36] tributario presenta radici lontane nel tempo [37], ed ha conosciuto ondivaghe vicende [38], quanto alla sua rilevanza nell’ordinamento. Successivamente alle riforme fiscali degli anni ’70, che avevano posto sullo sfondo [39] l’istituto, limitandolo alle sole imposte indirette, si assiste finalmente al consolidarsi di una sistematica ed organica disciplina dell’adesione, cui, prima dell’attuale D.Lgs. n. 218/1997, hanno contribuito, secondo alcuni, la stessa L. n. 241/1990 [40] ed il previgente D.L. n. 564/1994. La disciplina del 1994, pur limitata quanto alle categorie reddituali interessate ed all’oggetto del procedimento [41], aveva per esempio, come sostenuto da attenta dottrina [42], avuto il pregio di aprire una porta verso l’esperibilità del concordato anche prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, sia mediante invito al contraddittorio formulato dall’Ufficio, sia mediante apposita istanza del contribuente [43]. Com’è noto, l’odierna disciplina di cui al D.Lgs. n. 218/1997 ha allargato i confini applicativi dell’istituito, relativamente al suo oggetto [44]. L’evoluzione storica dell’istituto, qui schematicamente riportata, ha condotto gli osservatori ad assumere posizioni contrapposte circa l’esistenza di una continuità strutturale del concordato nel tempo, posizioni strettamente legate all’indivi­duazione della natura dell’istituto che, in dottrina, è stata a lungo dibattuta [45]. Per quanto di interesse può dirsi che, per coloro che riconducono l’adesione nel­l’alveo dei procedimenti (e provvedimenti) di accertamento [46], coerentemente con un più marcata limitazione della discrezionalità [47] in capo all’amministrazione Finanziaria, si è ravvisata [48] una coerenza (per alcuni tratti essenziali) sin dal Testo Unico n. 4021/1877, poi cristallizzatasi successivamente alla riforma del 1958, fino ai decreti legislativi del 1994 e 1997. Diversa invece l’impostazione di chi ritiene [49] che le più recenti novelle abbiano favorito l’introduzione, nell’ordinamento, di una nuova concezione di indisponibilità tributaria [50], orientata ad una prospettiva [continua ..]


6. Il silenzio del contribuente e la rinuncia all’accertamento con adesione: è configurabile un comportamento concludente inequivoco?

Sommariamente delineati i principi fondanti e l’inquadramento storico-sistema­tico dell’accertamento con adesione, occorre ora raccordarsi con le argomentazioni della Corte sviluppate con l’ordinanza in commento. In essa, in verità, non è fatta menzione dei principi sin qui sommariamente descritti; ciò probabilmente perché le argomentazioni del Collegio ruotano attorno, concordemente con un indirizzo giurisprudenziale maggioritario, allo stretto rigore letterale dell’art. 6, D.Lgs. n. 218/1997, che, assicurando la sostanziale intangibilità del termine di sospensione, costituirebbe ex se il necessario presidio al contraddittorio, lasciando alle parti adeguati spazi di riflessione circa lo sviluppo di eventuali confronti intorno alla determinazione dell’imponibile. La Corte, nel ritenere che la sospensione “automatica” assicuri la possibilità, per entrambe le parti, di valutare liberamente se intrecciare un confronto, ritiene forse implicito il rispetto del principio del contraddittorio, in via potenziale, capace di espandersi in relazione alle scelte compiute nell’ambito del procedimento. Il passaggio che, forse, sollecita qualche più ampia riflessione, riguarda la ritenuta, sostanziale, irrilevanza delle ragioni che abbiano spinto il contribuente a presentare l’istanza, al fine del riconoscimento del periodo di sospensione di 90 giorni. In particolare, ci si domanda se detta affermazione, pur allineata alla lettura formale dell’art. 6, nell’estremizzare la salvaguardia del contraddittorio in via prudenziale, non finisca per svilire eccessivamente il principio di buona fede reciproca. In senso affermativo si sono espressi alcuni giudici di merito, che hanno registrato aperture verso il superamento dell’automatismo, scaturente dalla mera presentazione dell’istanza, del riconoscimento della sospensione, a favore di una verifica del­l’effettività del contraddittorio e dell’eventuale responsabilità del contribuente per la mancata istaurazione di questo [57].


6.1. I confini dello spatium deliberandi

Come detto, la pronuncia si allinea ai contenuti dall’ordinanza n. 140/2011 della Corte costituzionale quanto alla tutela dello spatium deliberandi. Questo spazio di riflessione merita certamente di essere pienamente salvaguardato, soprattutto se si considerano le ragioni fisiologiche (non strumentali) che dovrebbero spingere il contribuente alla formulazione dell’istanza, ossia integrare quanto già addotto in precedenti fasi istruttorie, o comunque riequilibrare [58] la conoscibilità del presupposto impositivo in relazione ad aspetti non adeguatamente soppesati dal­l’Amministrazione Finanziaria, quali, tra gli altri, le ragioni economiche delle scelte [59], che possono emergere esclusivamente in sede di dialogo. Lo spazio valutativo tra le parti dovrebbe dunque seguire almeno un (primo) contraddittorio, nell’ambito del procedimento con adesione, e non scaturire dalla mera presentazione dell’istanza, perché il corredo informativo che il contribuente dovrebbe offrire non sarebbe già nella disponibilità dell’Ufficio, e presuppone un confronto necessariamente diretto. Oltretutto, nel caso dell’istanza ex art. 6, comma 2, successiva alla notifica del­l’accertamento, come è stato giustamente osservato [60], la proattività del contribuente dovrebbe essere maggiore, tesa a confutare le argomentazioni già espresse dall’Ufficio. Ed allora lo spatium deliberandi, evocato dall’ordinanza in commento, non dovrebbe essere inteso come momento di “riconsiderazione” dei presupposti in fatto e ragioni di diritto già in possesso dell’Amministrazione [61], ma di quanto allegato dalla parte privata in sede di contraddittorio. In favore di quanto anzidetto militerebbe altresì il dettato normativo, relativamente ai contenuti dell’atto di adesione, individuati dall’art. 7, comma 1, del D.Lgs. n. 218/1997; in essi non vi è menzione di alcuna rivalutazione degli elementi a fondamento della pretesa originariamente incardinata nell’atto di accertamento, bensì la sola indicazione di quelli in su cui nuovo atto impositivo si fonda.


6.2. Il momento valutativo del comportamento

La Corte, con l’ordinanza in commento, ribadisce come l’interruzione dell’effetto sospensivo di 90 giorni si possa verificare solo in presenza di una formale ed irrevocabile rinuncia all’istanza da parte del contribuente, non rilevando comportamenti quali la mancata partecipazione al contraddittorio né la sottoscrizione di un verbale di mancato accordo. Come correttamente evidenziato [62], la presentazione dell’istanza costituisce ex se una chiara manifestazione di volontà di contraddire con l’Ufficio da parte del contribuente e, conseguentemente, perché questa sia rinunciata (e con essa il procedimento concordatario), occorre una ulteriore manifestazione di segno uguale e contrario. Il tema di interesse ruota intorno alle possibili modalità di estrinsecazione della rinuncia. La Cassazione, nella pronuncia in commento, si esprime esclusivamente in termini di manifestazione “formale”. Eppure, militerebbe a favore della rilevanza di fatti concludenti anzitutto la circostanza che l’istanza di adesione sia libera in forme, come espressamente indica l’art. 6, comma 2. Il riconoscimento di un comportamento concludente come mezzo di rinuncia all’istanza imporrebbe, però, una verifica ex post [63] dell’effettiva volontà del contribuente, in linea con quanto affermato dalla Corte costituzionale relativamente al rispetto dello spazio valutativo, all’interno del quale si potrebbe innescare in qualsiasi momento il dialogo. In questo modo si eviterebbe il rischio, segnalato anche dai primi commentatori dell’ordinanza della Corte costituzionale, di compressione della libertà di scelta della parte privata [64], nonché del sopravvenire di eventi accidentali e non prevedibili di impedimento alla partecipazione al contraddittorio. Del resto, riconoscere una idoneità preventiva di un comportamento del contribuente all’interruzione dell’effetto sospensivo non sarebbe coerente con una verifica della tutela del contraddittorio. Tuttavia, ritenere che la valutazione ex post del comportamento tenuto dal contribuente possa comportare l’implicita rinuncia all’istanza appare una forzatura eccessiva al dato normativo, così come interpretato dalla Corte di Cassazione e dal Giudice delle Leggi.


7. Simmetrie nel procedimento di adesione su iniziativa dell’Ufficio

Si è sin qui ribadito come il procedimento di accertamento con adesione graviti intorno al principio del contraddittorio, i cui corollari sono rappresentati dalla buona fede e la leale collaborazione tra le parti. Alla tutela del contraddittorio sembra allineata anche la Corte di Cassazione, con l’orientamento confermato dalla pronuncia in analisi, sebbene in un’ottica formalistica e “potenziale” di quest’ultimo. Detto orientamento, soprattutto se si inquadrasse l’adesione nel genus dei procedimenti d’accertamento, dovrebbe presentare elementi comuni a prescindere dalla modalità di svolgimento di quest’ultimo. Conseguentemente la rilevanza del contraddittorio dovrebbe [65] assumere egual importanza sia che il procedimento di accertamento con adesione prenda avvio a seguito dell’iniziativa del contribuente sia che la sollecitazione (invito) provenga dal­l’Ufficio. Anche nel caso dell’emissione dell’invito ex art. 5, D.Lgs. n. 218/1997, si può infatti prospettare, pur riconoscendosi posizioni di segno opposto [66], la necessità per l’Amministrazione Finanziaria di colmare la propria asimmetria informativa [67] attraverso il contraddittorio [68], attesa peraltro la non obbligatorietà del procedimento [69]. Residua dunque di domandarsi se l’approdo giurisprudenziale confermato dall’ordinanza n. 27274/2019 sia in qualche modo, per simmetria, estensibile anche nei casi di procedimento avviato su invito dell’Ufficio, quanto alla tutela “prudenziale” dello spatium deliberandi. Ciò anche alla luce delle modifiche apportate dall’art. 4 octies del D.L. 30 aprile 2019, n. 34, all’art. 5 del D.Lgs. n. 218/1997, che ha fissato un termine simmetrico obbligatorio (90 giorni) per il contraddittorio tra le parti anche nel caso di procedimento attivato dall’Ufficio. Nel caso specifico, però, sussisterebbe per il contribuente una sanzione implicita, derivante dall’effetto preclusivo alla presentazione dell’istanza di adesione in relazione ad un accertamento preceduto da un invito ex art. 5, comma 1 del D.Lgs. n. 218/1997, che non abbia portato ad una definizione. Detta preclusione, peraltro, avvalora la sostanziale identità di contenuti e funzioni del [continua ..]


7.1. Effetto preclusivo e assenza di un effettivo contraddittorio

Applicando le coordinate fornite dalla Cassazione con l’ordinanza in commento ai casi di invito a comparire formulato dall’Ufficio, la mera emissione di quest’ulti­mo, senza ulteriori indagini circa l’effettività del contraddittorio, dovrebbe ritenersi sufficiente a precludere per il contribuente la possibilità di presentare successivamente una nuova istanza di adesione relativamente ad un avviso di accertamento a questi notificato. La giurisprudenza, in tal senso, non sembra soccorrere nell’analisi, in quanto si è concentrata sulla inapplicabilità della preclusione solo nei casi di difformità tra i contenuti dell’invito e quelli dell’accertamento successivo [70]. La disciplina legislativa, peraltro, simmetricamente al procedimento su istanza del contribuente, non specifica le concrete modalità di espletamento del contraddittorio. Anche in questi casi pare comunque doversi confermare, in linea con gli orientamenti di legittimità, una tutela del contraddittorio in via prudenziale; una volta formulato l’invito, l’Ufficio ha esposto le ragioni della ritenuta maggior pretesa, e starà alle parti del procedimento (principalmente, in questo caso, il contribuente) valutare se annodare un proficuo dialogo al riguardo. Ed infatti, seguendo il tracciato argomentativo della Corte costituzionale e della giurisprudenza sin qui commentata, il legislatore, quanto al procedimento di adesione, non avrebbe assicurato una particolare sacralità ai contenuti del contraddittorio, ma allo spazio temporale di riflessione in sé considerato. Quanto al possibile effetto preclusivo per il contribuente, questo può giustificarsi proprio in ragione del fatto che la parte privata, nel non attivarsi a seguito dell’invito dell’Ufficio, avrebbe già testimoniato la volontà di non capitalizzare lo spatium deliberandi offerto dal procedimento. Del resto, in termini più generali, la dottrina ha rilevato, già prima dell’introdu­zione del D.Lgs. n. 218/1997, come l’assenza o l’incompletezza del contraddittorio potesse trovare una eventuale tutela giudiziale esclusivamente in forma indiretta, in termini di difetto motivazionale [71] del provvedimento. Si è ritenuto, infatti, che sarebbe stato paradossale assicurare una tutela diretta alla violazione [continua ..]


8. Conclusioni

Volendo giungere a delle considerazioni di sintesi sul descritto orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, cui si ascrive l’ordinanza in commento, sulla scorta anche delle indicazioni della Corte costituzionale, può affermarsi che i giudici riconoscano nell’istanza di accertamento con adesione una tutela forte, che presidia non tanto il contraddittorio nella sua dimensione pratica, ma la possibilità stessa che esso abbia luogo, e conseguentemente che la definizione possa raggiungersi, possibilità rimessa comunque alle (insindacabili) valutazioni del contribuente al riguardo. Da quanto anzidetto dovrebbe discenderne la sostanziale irrilevanza delle ragioni sottese alla presentazione dell’istanza, ancorché queste convergano verso scopi dilatori [74], nonché dei contenuti della stessa, anche quando tendano a sovrapporsi ad una richiesta di autotutela. L’analisi sin qui condotta consente di prospettare l’estensibilità del predetto orientamento, permeato da una interpretazione letterale delle disposizioni del D.Lgs. n. 218/1997, anche nel simmetrico caso in cui il procedimento di adesione sia instaurato su impulso dell’Amministrazione Finanziaria. La tutela “preventiva” del periodo di sospensione dei termini per ricorrere offre certamente uno strumento forte per il contribuente; tuttavia, non ci si può dimenticare della centralità del contraddittorio e dei principi di collaborazione e buona fede. In questa prospettiva sarebbe auspicabile che il legislatore prendesse maggiore coscienza del fatto che il procedimento di accertamento con adesione, per essere efficace, non possa prescindere dal dialogo, ed il dialogo non può avere luogo senza l’intenzione sin dal principio di svilupparlo, a prescindere dalla parte, pubblica o privata, che lo abbia formalmente sollecitato. Il tema non involge solo il diritto di difesa, ma anche quello, spesso non adeguatamente rimarcato, del buon andamento della pubblica amministrazione, cui l’agire pubblico deve essere preordinato.


NOTE