Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Orientamenti altalenanti sulla disapplicazione del giudicato per asserito primato del diritto dell´Unione Europea (di Simona Zitella)


La Suprema Corte disapplica il giudicato esterno in tema di IVA sul presupposto che le controversie in materia di IVA sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale di cui all’art. 2909 c.c. Pertanto, il giudicato IVA non può estendersi alle stesse parti per i diversi periodi della stessa imposta, oggetto di contestazioni, né tantomeno può valere per imposte di diversa natura (imposte dirette). Tale disapplicazione rappresenta un’ipotesi di “disapplicazione pro contribuente”, rara nell’alveo della giurisprudenza di legittimità sempre più incline a disapplicare in favore del Fisco. Al contempo, però, la pronuncia in esame si discosta sia dagli altalenanti insegnamenti della Corte di Giustizia, sia dalla sent. 16 giugno 2006, n. 13916 delle Sezioni Unite della Cassazione e suscita talune perplessità in ordine alla tenuta operativa dei principi di diritto in essa sanciti rispetto alla tutela del contribuente.

Fluctuating orientations on the non-application of the res judicata for the alleged primacy of European Union law

The Italian Supreme Court disapplies the external res judicata on VAT based on the assumption that VAT disputes are subject to mandatory EU rules, the application of which cannot be hindered by the binding nature of the national judgment according to Art. 2909 of the Italian Civil Code. Therefore, the VAT judgment cannot be extended to the same parties for the different periods of the same tax, which is the subject of disputes, nor can it be applied to taxes of a different nature (i.e. income taxes). This represents a hypothesis of “pro taxpayer disapplication”, pretty rare in the Italian Supreme Court’s case law, which is increasingly inclined to disapply in favor of the tax authorities. However, at the same time, the commented decision differs both from the fluctuating positions of the Court of Justice of the European Union, and from the judgment no. 13916 issued on 16 June 2006 by the Grand Chamber of the Italian Supreme Court, and raises some doubts regarding the operational stability of the legal principles enshrined therein with respect to the taxpayer’s protection.

Le controversie in materia di IVA sono soggette a norme comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 c.c. e dalla eventuale sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne costituisce specifico oggetto ove gli stessi impediscano la realizzazione del principio di contrasto dell’abuso del diritto. Il giudicato in materia di IVA non può spiegare effetti in materia di imposte dirette, in quanto si tratta di imposte diverse e il giudicato relativo all’una non può produrre effetti per l’altra. (Omissis) RAGIONI DELLA DECISIONE (Omissis) 4.1. I motivi primo, secondo e terzo del ricorso, che vanno esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati. 4.2. Invero, la sentenza della Commissione regionale è fondata su una doppia ratio decidendi. (Omissis) Pertanto, la prima delle due rationes decidendi attiene alla prima parte della motivazione, con cui la Commissione regionale (204/2/09 del 28-7-2009) ha accolto l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate per la sussistenza del giudicato formatosi in relazione all’Iva del 1997, a seguito di sentenza della Cassazione 5849/2012, con cui è stato rigettato l’appello della società avverso la sentenza della commissione provinciale (219/9/2004) che aveva respinto il ricorso della contribuente. Per la Commissione regionale, dunque, tale giudicato faceva stato anche per “i diversi periodi della stessa imposta” tra le stesse parti, con la precisazione che il giudicato relativo all’Iva 1997 preclude “il riesame degli stessi punti di diritto accertati, valutati e risolti”. (Omissis). 4.3. Entrambe le rationes decidendi risultano errate. 4.4. Invero, quanto all’efficacia del giudicato, per la Suprema Corte, a sezioni unite (Cass. Civ., sez. un., 16 giugno 2006, n. 13916), qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo. Tale efficacia, riguardante anche i rapporti di durata, non trova ostacolo, in materia tributaria, nel principio dell’autonomia dei periodi d’imposta. (Omissis). Tuttavia, per questa Corte le controversie in materia di IVA sono soggette a norme comunitarie imperative, la [continua..]

» Per l'intero contenuto effettuare il login

inizio


SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte e l’erronea formulazione del principio di diritto - 3. La disapplicazione del giudicato in contrasto con il diritto dell’Unione Europea - 3.1. Segue: l’efficacia del giudicato esterno in materia di IVA - 4. Disapplicazione pro contribuente del giudicato esterno in tema di IVA - 5. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

La Suprema Corte torna ad affrontare un tema di rilevante interesse applicativo dal punto di vista della tutela del contribuente, quello dell’ultrattività del giudicato tributario, intendendosi per tale la possibilità che l’efficacia del giudicato di cui al­l’art. 2909 c.c. non rimanga circoscritta alla controversia relativa al periodo d’impo­sta al quale si riferisce l’accertamento contenuto nella pronuncia, ma possa o debba essere estesa anche ai periodi d’imposta diversi, oggetto di differenti procedimenti giurisdizionali. La sent. n. 33596/2019, tuttavia, si pone in conflitto con l’insegnamento della Corte di legittimità, inaugurato a decorrere dalle Sezioni Unite del 2006 [1], secondo cui il giudicato tributario gode di una potenziale capacità espansiva, in altri giudizi tra le stesse parti, quando si fonda sull’accertamento di fatti a rilevanza pluriennale. Il tratto peculiare della decisione meritevole di attenzione concerne i profili della disapplicazione del giudicato esterno [2] in tema di IVA, operata a favore del contribuente per asserito primato del diritto dell’Unione Europea. Tale primazia (primauté) si afferma attraverso il potere-dovere del giudice nazionale di disapplicare le norme interne in contrasto con le norme europee direttamente applicabili, senza necessità di sollevare la questione di legittimità costituzionale sulle prime. Sebbene la sentenza sia da accogliere con favore in quanto trattasi di un caso di disapplicazione che produce effetti anche a vantaggio del contribuente, caso raro nel­l’alveo della giurisprudenza di legittimità sempre più incline a disapplicare in favore del Fisco, suscita nondimeno alcune perplessità per ciò che concerne la portata dei principi di diritto in essa sanciti. Peraltro, la medesima pronuncia si discosta dagli ondivaghi indirizzi interpretativi della Corte di Giustizia sviluppatisi in subiecta materia che, da un lato ed in determinati casi limite (diversi da quello di specie), tendono a disapplicare il giudicato e, dall’altro, salvaguardano il principio dell’intangibilità del giudicato in quanto tale – avvalorandone l’importanza sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione, sia negli ordinamenti giuridici dei singoli Stati membri – al punto [continua ..]


2. Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte e l’erronea formulazione del principio di diritto

La controversia che involge il giudizio di legittimità attiene ad accertamenti emessi – per IRPEG-ILOR del 1997, per IVA, IRPEG e IRAP 1998 e per IVA, IRPEG e IRAP 1999 – nei confronti di una società a responsabilità limitata sull’assunto che i maggiori ricavi accertati emergevano da accrediti ed addebiti sui conti correnti dei soci. La CTP di Messina accoglieva il ricorso della società contribuente in assenza di motivazione dell’atto di autorizzazione delle indagini bancarie; di contro, la CTR della Sicilia, sezione distaccata di Messina, accoglieva il gravame proposto dall’Agenzia delle Entrate rilevando la sussistenza del giudicato formatosi, con esclusivo riferimento all’IVA del 1997, a seguito della sent. n. 5849/2012 [3] della Corte di Cassazione, che aveva confermato la precedente sentenza della CTR della Sicilia (28 luglio 2009, n. 204/2/09) di rigetto dell’appello della società contribuente. La pronuncia passata in giudicato era sfavorevole al contribuente e concerneva talune questioni attinenti alle indagini sui conti correnti bancari dei soci. Il giudice di seconde cure riteneva che siffatta sentenza aveva prodotto una preclusione del riesame di alcuni punti di diritto già accertati, sicché applicava tale giudicato a favore dell’Agenzia delle Entrate e contro il contribuente. Quest’ultimo, pertanto, proponeva ricorso dinanzi la Suprema Corte avverso la sentenza della CTR della Sicilia sostenendo, invece, che il giudicato relativo ad un periodo di imposta non può valere per “diversi periodi” di imposta tra le stesse parti, né per imposte di diversa natura per il solo fatto che il rapporto tributario è sorto, per più annualità, dal medesimo processo verbale di constatazione. La Corte di legittimità ha disapplicato il giudicato in questione per asserito primato del diritto dell’Unione Europea, ritenendo che esso ostacolava la piena applicazione di un tributo armonizzato (IVA). Tuttavia, l’iter motivazionale della sentenza risulta poco lineare ed addirittura erroneo ove si consideri che, in realtà, la prima massima (v. infra, par. 3) del principio di diritto enunciato non fa riferimento alla disapplicazione per la primazia del diritto europeo in quanto tale (disapplicazione bivalente, pro Fisco [continua ..]


3. La disapplicazione del giudicato in contrasto con il diritto dell’Unione Europea

La pronuncia in argomento ha il pregio di rappresentare un’ipotesi rara di disapplicazione pro contribuente; sul punto si tornerà più ampiamente nel par. 4. É opportuno soffermarsi dapprima sull’analisi della fattispecie, con la premessa che, in via generale ed in ossequio al riconoscimento del principio di primazia del diritto dell’Unione Europea rispetto al diritto interno [4], il giudice nazionale è tenuto ad applicare la norma europea in caso di conflitto tra le due normative con conseguente disapplicazione [5], al caso concreto, della norma interna in contrasto con il diritto dell’Unione Europea. La mancata disapplicazione della norma contraria al diritto eurounitario darebbe luogo ad un illecito comunitario dello Stato italiano. Il potere di disapplicazione consente di non applicare ad una singola fattispecie o per particolari effetti un atto, che per altre fattispecie o ad altri effetti rimane pienamente valido ed efficace [6]. Nel caso di specie, la Corte di Cassazione disapplica il giudicato esterno [7] che si era formato in un precedente giudizio tra le stesse parti in relazione all’IVA del 1997. Tale giudicato produceva effetti favorevoli all’Agenzia delle Entrate e contrari al contribuente ed aveva ad oggetto la questione dei presupposti delle indagini bancarie finalizzate alla verifica della riferibilità alla società di conti correnti formalmente intestati a terzi: la controversia alla base della pronuncia passata in giudicato (Cass., sez. trib., 13 aprile 2012, n. 5849), difatti, concerneva l’impugnazione da parte della società contribuente di un avviso di rettifica IVA relativo all’anno 1997 emesso a seguito di PVC della Guardia di Finanza, con cui veniva contestata l’omessa contabilizzazione di maggiori ricavi e di acquisti rilevati, rispettivamente, da accrediti ed addebiti sui conti correnti dei soci. Con la sentenza in commento la Suprema Corte procede a cassare la pronuncia impugnata dal contribuente rinviando alla CTR della Sicilia in forza del seguente principio di diritto: “Le controversie in materia di Iva sono soggette a norma comunitarie imperative, la cui applicazione non può essere ostacolata dal carattere vincolante del giudicato nazionale, previsto dall’art. 2909 c.c. e dalla eventuale sua proiezione anche oltre il periodo di imposta che ne [continua ..]


3.1. Segue: l’efficacia del giudicato esterno in materia di IVA

Riguardo la valenza espansiva del giudicato esterno, come visto, la giurisprudenza europea limita l’efficacia ultrannuale del giudicato in nome della supremazia del diritto eurounitario. Alla stregua di ciò anche la Corte di Cassazione ha talvolta posto in essere un ridimensionamento all’efficacia ultra litem del giudicato tributario [26]. Orbene, la sent. n. 33596/2019 recepisce l’indirizzo interpretativo delineato dalla Corte di Giustizia nel caso Olimpiclub, secondo cui la certezza del diritto non può tradursi in una violazione dell’effettività del diritto europeo, che si esplica nel generale obbligo per il giudice nazionale di vietare pratiche abusive nel settore dell’IVA in cui gli Stati tendono a mantenere la propria sovranità. Di conseguenza essa accoglie le doglianze del contribuente sostenendo che il giudicato IVA non può estendersi alle stesse parti per i diversi periodi della stessa imposta, oggetto di contestazioni, né tantomeno può valere per imposte di diversa natura (imposte dirette). Sebbene tale questione non investa precipuamente il profilo della disapplicazione del giudicato su cui si incentra la presente trattazione, è comunque meritevole di un breve inquadramento utile a delineare gli effetti del suddetto principio di diritto [27]. La pronuncia in commento fa richiamo agli orientamenti giurisprudenziali nazionali sviluppatisi in tema di ultrattività del giudicato tributario (o rilevanza esterna del giudicato), finendo per aderire ad un’opzione ermeneutica minoritaria. La possibilità di estendere l’efficacia dell’accertamento di un periodo d’imposta o di un’annualità ai fini IVA ad altri periodi o a diverse annualità, invero, ha costituito oggetto di esteso dibattito tra gli operatori del diritto ed è stata vagliata con riferimento all’autonomia dei periodi d’imposta di cui all’art. 7, D.P.R. n.  917/1986 [28]. Secondo un primo orientamento, datato nel tempo, l’autonomia dei periodi d’imposta rappresenta un limite invalicabile dell’efficacia oggettiva del giudicato tributario [29], sicché viene negata l’ultrattività del giudicato nei tributi. In altre occasioni, invece, la Suprema Corte ha riconosciuto l’efficacia espansiva del giudicato [30]. Il citato [continua ..]


4. Disapplicazione pro contribuente del giudicato esterno in tema di IVA

Come anticipato in apertura, la sentenza della Corte di Cassazione si pone all’at­tenzione quale ipotesi di disapplicazione, della norma interna (art. 2909 c.c.) in contrasto con il diritto europeo, che produce effetti favorevoli al contribuente. Sorprende notare come nella fattispecie in esame il principio di supremazia delle norme europee, posto dai Giudici a fondamento della disapplicazione, viene applicato a vantaggio del contribuente e non invece, come sovente accade nella materia tributaria, a favore del Fisco. Il dialogo tra giudice nazionale ed organi giurisdizionali europei mostrato dall’e­sperienza empirica nel corso degli anni, invero, appare caratterizzato da una sorta di sbilanciamento della Corte di Cassazione in favore dell’utilizzo dello strumento della disapplicazione – della norma interna in contrasto con quella europea – a vantaggio dell’Amministrazione Finanziaria. In ambito tributario, tale fenomeno è riscontrabile con maggior vigore nel settore del recupero degli aiuti di Stato non notificati o non compatibili con il mercato comune, ove deve essere salvaguardato l’interesse fiscale. In attuazione del principio di effettività ed in un’ottica di estrema tutela del primato del diritto europeo è stata disposta la disapplicazione di disposizioni che ostacolavano o ritardavano il suddetto recupero ordinato dalla Commissione europea, giungendo ad erodere persino il prin­cipio di intangibilità della cosa giudicata ex art. 2909 c.c. [38] e a qualificare come irrilevante il condono in materia di IVA di cui agli artt. 8 e 9, L. 27 dicembre 2002, n. 289 [39]. La Corte di Cassazione, inoltre, ha disapplicato il regime degli aiuti di Stato (in particolare, la disciplina agevolata prevista dal D.L. n. 185/2008, art. 6, comma 4 bis, convertito con modificazioni in L. 28 gennaio 2009, n. 2 che è stata introdotta in Italia per le imprese delle zone del Molise colpite dal sisma del 2002), limitatamente all’IVA, sul presupposto che l’imposta sul valore aggiunto è un tributo armonizzato incomprimibile e che, pertanto, il contribuente non ne può ottenere il rimborso [40]. Un altro settore emblematico, nel quale si registra un maggiore disallineamento tra diritto interno e diritto dell’Unione Europea che non si risolve in favore della tutela del contribuente, è [continua ..]


5. Conclusioni

Il bilanciamento tra primazia del diritto eurounitario, certezza e stabilità dei rapporti giuridici risulta complesso e, da diversi anni, costituisce uno dei punti nevralgici di indagine da parte della giurisprudenza europea e nazionale. Il dilemma alla base del problema è se il principio del primato del diritto eurounitario abbia o meno una portata tale da imporsi anche sul giudicato nazionale che, ove si sia formato in contrasto con il diritto dell’Unione Europea, deve essere disapplicato. Alla luce di quanto in precedenza evidenziato ben può affermarsi che la Corte di Giustizia non disconosce, in via di principio, l’intangibilità del giudicato e la stabilità degli atti amministrativi definitivi. Piuttosto la medesima Corte valorizza l’importan­za del giudicato tanto nell’ordinamento europeo quanto negli ordinamenti nazionali, al fine di garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona am­ministrazione della giustizia. A detti pregevoli intenti, però, fanno da contraltare gli altalenanti approdi ermeneutici della stessa Corte UE che in taluni casi disapplicano il giudicato ed in altri no. La tendenza dei Giudici sovranazionali a relativizzare il valore del giudicato in contrasto con il diritto dell’Unione Europea si è manifestata in ipotesi limite, ossia in occasione del caso Lucchini (in materia di aiuti di Stato), della pronuncia Olimpiclub (dalla quale comunque si deduce la regola della stabilità del giudicato per effetto interno con eventuale compromissione dell’effetto esterno) e della sentenza sul caso dello studio legale rumeno “UR” che prevede la disapplicazione del giudicato che osta­coli l’operatività dell’IVA al ricorrere di determinati presupposti. Ad ogni modo, la continua esigenza della Corte europea di individuare dei limiti a tale disapplicazione appare significativa della volontà di salvaguardare il principio di autorità di cosa giudicata, nel senso di non concepire la sua cedevolezza al di fuori di ipotesi eccezionali. Altrimenti non troverebbe spiegazione la riscontrata necessità della Corte stessa di dover ribadire la centralità ed il valore del giudicato nel tessuto ordinamentale prima di disporne la disapplicazione in una determinata fattispecie. Stante la descritta prospettiva europea, [continua ..]


NOTE