Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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L´esenzione IMU per l´abitazione principale dei coniugi residenti in Comuni diversi: problematiche interpretative e spunti di riflessione (di Nicolò Treglia)


La Corte di Cassazione disconosce l’applicazione dell’esenzione IMU sull’abitazio­ne principale nell’ipotesi in cui i coniugi risiedano in Comuni diversi. Le documentate esigenze lavorative non vengono ritenute sufficienti, dunque, a superare la previsione contenuta nell’art. 13, comma 2, D.L. n. 201/2011, secondo cui l’agevo­lazione sarebbe subordinata al fatto che l’immobile sia adibito a residenza anagrafica e dimora abituale dell’intero nucleo familiare. Si tratta di una lettura delle norme che presta il fianco a considerazioni critiche e che stimola una più ampia riflessione sulle nozioni di “abitazione principale” e “prima casa” nell’ordinamento tributario italiano, nonché sulle profonde trasformazioni in atto nella società e negli stili di vita.

Exemption from the municipal tax on real properties applicable to the main residence of spouses living in different municipalities: interpretative issues and critical remarks

The Supreme Court denies the application of exemption from the municipal tax on real properties applicable to the main residence of spouses living in different municipalities. The documented work needs are not considered sufficient, therefore, to overcome the provision contained in Art. 13, para. 2, Law Decree no. 201/2011, according to which the tax break should be subject to the fact that the property is used as a registered residence and habitual abode of the entire family unit. This interpretation leads to critical remarks and stimulates a broader reflection on the notions of “main residence” and “first home” in the Italian tax system, as well as on the profound changes taking place in society and in lifestyles.

Keywords: municipal tax on real properties, exemption applicable to the main residence, spouses, registered residence, habitual abode.

Ai fini dell’applicazione dell’esenzione IMU sull’abitazione principale di cui all’art. 13, comma 2, del D.L. n. 201/2011, in virtù della natura di stretta interpretazione delle norme agevolative, è necessario che, per il medesimo immobile, tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare debbano dimorarvi stabilmente e risiedervi anche anagraficamente. Pertanto, nel caso i coniugi risultino non legalmente separati e risiedano in immobili ubicati in Comuni diversi, il beneficio va disconosciuto per entrambi gli immobili. FATTO Ritenuto che: Con sentenza n. 1142/6/2018, depositata il 27.11.2018 non notificata, la CTR dell’Abruzzo, sez. distaccata di Pescara, accoglieva l’appello di C. B. relativamente ad una controversia avente ad oggetto avvisi di accertamento per Imu per l’anno di imposta 2013 ritenendo sussistente il presupposto per fruire dell’aliquota agevolata Imu da abitazione principale giacché la contribuente aveva la residenza anagrafica all’interno dell’im­mobile e la residenza anagrafica del coniuge in altro comune sarebbe stata giustificata da esigenze lavorative. Avverso la sentenza della CTR la RIS. Co-società di riscossioni comunali s.r.l. ha proposto ricorso per Cassazione svolgendo un unico motivo. C. B. si è costituita con controricorso illustrato da memoria. Con l’unico articolato motivo la ricorrente deduce la violazione del D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per essere stata riconosciuta l’esenzione malgrado l’immobile non fosse stato adibito a dimora abituale dell’intero nucleo familiare. Osserva infatti che la residenza del coniuge in altro Comune peraltro limitrofo non avrebbe consentito neppure presuntivamente di configurare il requisito della dimora abituale dei coniugi nel­l’immobile sito in Francavilla. DIRITTO Considerato che: Il motivo è fondato. Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente ravvisandosi nella doglianza dedotta una critica afferente l’esatta portata della norma censurata. Ciò posto in merito alla censura svolta si osserva che il tenore letterale della norma in esame è chiaro, diversificandosi in modo evidente dalla previsione in materia di ICI in tema di agevolazione relativa al possesso di abitazione principale, oggetto di diversi interventi normativi. Il D.L. n. 201 del 2011, art. 13, comma 2, per quanto qui rileva, statuisce che “L’im­posta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (...). Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il [continua..]

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SOMMARIO:

1. La vicenda processuale - 2. La ‘stretta interpretazione’ delle norme agevolative alla base della decisione della Suprema Corte - 3. L’impianto dell’art. 13 del D.L. n. 201/2011: la residenza anagrafica e la dimora abituale - 4. Le nozioni di “abitazione principale” e ‘prima casa’ nell’ordinamento tributario italiano: assetti attuali e prospettive di modifica - 5. Riflessioni conclusive - Postilla - Sull’illegittimità della tassazione ai fini IMU dell’abitazione principale dei coniugi residenti in Comuni diversi - NOTE


1. La vicenda processuale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 24 settembre 2020, n. 20130, è tornata ad occuparsi dell’annosa questione relativa al riconoscimento dell’agevolazione IMU sull’abitazione principale [1], nell’ipotesi in cui i coniugi risiedano in distinti immobili [2]. In questo caso, i Giudici di legittimità hanno affrontato l’ipotesi in cui la residenza anagrafica e la dimora abituale di un coniuge siano stati trasferiti in un immobile localizzato in un diverso Comune a causa di documentate esigenze lavorative. La condizione di ‘necessità’, però, è stata ritenuta dalla Suprema Corte insufficiente a superare la previsione contenuta nell’art. 13, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, che subordinerebbe il riconoscimento dell’agevolazione al fatto che l’immobile sia adibito a residenza anagrafica e dimora abituale dell’intero nucleo familiare. La frequenza con la quale si ripropongono controversie sul regime fiscale dell’abi­tazione principale o della ‘prima casa’ sollecita una riflessione più ampia sul fondamento costituzionale delle agevolazioni in questione, alla ricerca di stabili criteri ermeneutici e per verificare l’attualità di concetti e schemi impositivi stratificatisi nel tempo. Sarà opportuno analizzare, in tale prospettiva, la latitudine concettuale del­l’‘immobile principale’ nella disciplina di differenti tributi, per valutarne l’adegua­tezza rispetto alle profonde trasformazioni in atto nella società e negli stili di vita.


2. La ‘stretta interpretazione’ delle norme agevolative alla base della decisione della Suprema Corte

L’ordinanza in rassegna muove dalla definizione di “abitazione principale”, contenuta nell’art. 13, comma 2, del D.L. n. 201/2011, come «l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore ed il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente», sulla cui base la Suprema Corte ha negato il diritto di fruire dell’esenzione IMU ai coniugi aventi la residenza anagrafica in immobili ubicati in Comuni diversi. La questione è stata oggetto di plurime pronunce sia di legittimità sia di merito che hanno creato due orientamenti contrastanti [3]. Il primo disconosce il beneficio per il coniuge che dimora presso un’unità immobiliare diversa rispetto a quella del suo nucleo familiare [4]; il secondo lo ammette, a condizione che sussista un’oggettiva necessità di tenere le dimore separate [5]. Nella pronuncia, in ossequio al tenore letterale della disposizione e alla natura di ‘stretta interpretazione’ delle norme agevolative, la scissione del nucleo familiare è stata ritenuta ostativa alla concessione del regime di favore. Tradizionalmente, infatti, la Corte di Cassazione fa discendere dal carattere eccezionale delle tax expenditures la necessità di adottare un’interpretazione letterale che le rende inapplicabili a fattispecie eccedenti il dato testuale [6]. Tale orientamento, maggioritario in giurisprudenza [7], non è stato sempre condiviso dalla dottrina. È stato, infatti, autorevolmente sostenuto che ritenere praticabile la sola interpretazione letterale potrebbe condurre a soluzioni non coerenti con la ratio dell’agevolazione e dar luogo a paradossali discriminazioni, in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost. [8]. Il rischio di svilimento degli obiettivi perseguiti dal legislatore induce, in effetti, a considerare irragionevole l’aprioristica esclusione di un’esegesi diversa dalla ‘stretta interpretazione’, dovendosi piuttosto preferire una valutazione ‘caso per caso’, in funzione della finalità del­l’agevolazione stessa [9]. Né appare sostenibile giustificare la tesi della Suprema Corte con argomenti sistematici relativi al contrasto con gli artt. 23, 53 e 81 Cost. [10], in quanto proprio questi ultimi promuovono interpretazioni volte [continua ..]


3. L’impianto dell’art. 13 del D.L. n. 201/2011: la residenza anagrafica e la dimora abituale

Si ravvisa, poi, un’ulteriore incoerenza nell’iter argomentativo della Corte allorché omette di considerare l’impianto complessivo del comma 2 del citato art. 13. Infatti quest’ultimo, al secondo periodo, prevede che «nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile». Viene, dunque, dettata una particolare disciplina, intrinsecamente antielusiva, per l’ipotesi in cui i componenti del nucleo familiare localizzino la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi ubicati nel territorio dello stesso Comune. Proprio nel rispetto dell’interpretazione letterale della norma, solo in tale fattispecie l’agevolazione andrebbe applicata in riferimento ad un solo immobile. Ove, invece, i coniugi fissassero la residenza e la dimora in Comuni diversi, verrebbero a costituirsi due distinti nuclei familiari e, di conseguenza, l’esenzione andrebbe riconosciuta per entrambe le unità immobiliari in cui essi, rispettivamente, risiedono e dimorano [17]. È esattamente questa l’ipotesi affrontata nella pronuncia in commento, che si colloca in una posizione antitetica rispetto all’interpretazione dell’Amministrazione Finanziaria, spesso disattesa anche dagli enti locali nell’esercizio di un’autonomia regolamentare che andrebbe meglio raccordata con la disciplina legislativa statale. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, infatti, con la Circolare 18 maggio 2012, n. 3/DF, aveva già avuto occasione di chiarire che «il legislatore non ha, però, stabilito la medesima limitazione nel caso in cui gli immobili destinati ad abitazione principale siano ubicati in comuni diversi, poiché in tale ipotesi il rischio di elusione della norma è bilanciato da effettive necessità di dover trasferire la residenza anagrafica e la dimora abituale in un altro comune, ad esempio, per esigenze lavorative». Nell’as­solvere la sua funzione interpretativa e d’indirizzo, il Ministero aveva, così, correttamente dedotto che nessun limite è previsto qualora gli immobili siano situati in Comuni diversi, non avendo il legislatore [continua ..]


4. Le nozioni di “abitazione principale” e ‘prima casa’ nell’ordinamento tributario italiano: assetti attuali e prospettive di modifica

L’ordinanza offre lo spunto per proporre una riflessione (anche) sulle nozioni di “abitazione principale” e ‘prima casa’ di cui l’ordinamento tributario italiano si avvale in contesti differenti ma contigui e sulla possibile confusione che la divergenza dei due concetti può alimentare sul contribuente. Orbene, in riferimento ad entrambe queste nozioni, il legislatore fiscale è intervenuto a più riprese e nella disciplina di distinti tributi per conseguire l’affermazione dei medesimi valori e principi costituzionalmente protetti (v. infra, par. 5). Le misure promozionali hanno riguardato: la fase dell’acquisto o della costruzione, con riferimento alla tassazione indiretta [22]; la fase del godimento del bene, rispetto alla quale assumono rilevanza sia la fiscalità immobiliare locale (IMU) che particolari deduzioni [23] e detrazioni [24] ai fini IRPEF; la fase della cessione che potrebbe dar luogo a plusvalenze imponibili ai fini IRPEF [25]-[26]. In estrema sintesi, possono individuarsi alcune nozioni-base: i) ai fini IMU l’“abitazione principale” è quella presso la quale il possessore e il suo nucleo familiare stabiliscono la residenza anagrafica e la dimora abituale; ii) nella disciplina IRPEF l’“abitazione principale” coincide con la dimora abituale del contribuente o dei suoi familiari [27]; iii) nell’imposta di registro e nell’IVA si fa riferimento alla nozione di ‘prima casa’ e alle relative condizioni di cui alla nota II-bis dell’art. 1 della parte prima della Tariffa allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (TUR) [28]. Emerge, dunque, un quadro frammentato e piuttosto disorganico che rende l’applicazione delle norme particolarmente complessa e farraginosa, dal momento che possono esservi ‘prime case’ che non costituiscono ‘abitazioni principali’ (ad es. un appartamento acquistato da un residente all’estero) ed ‘abitazioni principali’ che non configurano una ‘prima casa’ (ad es. un appartamento in cui il contribuente dimora effettivamente, acquistato dopo aver già fruito dell’agevolazione ‘prima casa’) [29]. Anche la nozione di “familiare” contenuta nella disciplina IRPEF presenta divergenze rispetto al concetto di “nucleo familiare” assunto dalla normativa [continua ..]


5. Riflessioni conclusive

Nella Carta costituzionale italiana non vi è un esplicito riconoscimento al ‘diritto all’abitazione’ ma non risulta difficile rintracciarne il parametro costituzionale negli artt. 2 e 3, che consentono di definirlo come un diritto inviolabile dell’uomo, funzionale a garantirgli un’esistenza dignitosa e a realizzare il principio di uguaglianza sostanziale [36]. Di converso, meno esauriente ed appropriato appare il riferimento all’art. 47 che tutela il risparmio e ne favorisce l’accesso «alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese». Sarebbe, infatti, eccessivamente riduttivo ricondurre alla norma appena citata la questione relativa al ‘diritto all’abitazione’, atteso che esso include modalità di realizzazione ben più estese e articolate dell’acquisizione di un diritto reale sulla casa [37]. Pur rilevando come il ‘diritto all’abitazione’ non possa essere eccessivamente compresso dall’obbligo di concorrere alle spese pubbliche, è doveroso effettuare un bilanciamento tra il suddetto diritto e il principio di capacità contributiva, in quanto il patrimonio immobiliare può essere pacificamente assunto come indice rivelatore di forza economica [38]. La stessa Corte costituzionale, esprimendosi a favore di una sua idoneità oggettiva alla contribuzione, ha ritenuto che l’immobile a scopo abitativo possa ragionevolmente configurare una causa giustificatrice del prelievo [39]. Nell’ordinanza oggetto di indagine non si intravede, però, quale possa essere la maggiore capacità contributiva in capo ad un soggetto che possiede un’unità immobiliare in un altro Comune – fattispecie della decisione in epigrafe – rispetto ad un altro che possiede un’unità immobiliare nello stesso Comune – fattispecie disciplinata dal comma 2 dell’art. 13 del D.L. n. 201/2011 –, tale da giustificare un trattamento diverso. Il primo soggetto sopporterà, infatti, un maggior carico tributario, in ragione del disconoscimento del beneficio per entrambi gli immobili, rispetto al secondo, per il quale la norma prevede espressamente che l’age­volazione si applichi per uno solo degli immobili posseduti nel [continua ..]


Postilla - Sull’illegittimità della tassazione ai fini IMU dell’abitazione principale dei coniugi residenti in Comuni diversi

La nota di Treglia contiene delle osservazioni critiche all’ordinanza della Corte di Cassazione n. 20130/2020 decisamente condivisibili. Altre, tuttavia, possono essere avanzate. Con la decisione annotata la Suprema Corte ha affrontato, con motivazione stringata e improntata ad un formalismo poco aderente alla attuale e mutevole realtà sociale dei nostri tempi, il tema dei riflessi fiscali (nello specifico, sotto il profilo della imposizione ai fini dell’IMU) conseguenti alla scelta – sempre più frequente e molto spesso dettata da esigenze di natura personale o lavorativa – di alcuni coniugi di porre la propria residenza anagrafica (e/o di dimorare abitualmente) in Comuni diversi. La fattispecie posta all’esame della Cassazione era quella di una «contribuente [che] aveva la residenza anagrafica all’interno dell’immobile e la residenza anagrafica del coniuge in altro comune […] giustificata da esigenze lavorative». Ebbene, secondo la Corte, in tale “situazione” alla contribuente non spetta l’esen­zione dal pagamento dell’IMU prevista dall’art. 13, comma 2, D.L. n. 201/2011, atteso che tale norma – avente “natura agevolativa” e quindi soggetta a stretta interpretazione – dispone che l’imposta «non si applica al possesso dell’abitazione principale» (ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9), con tale locuzione intendendosi «l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente». “Dimora abituale” e “residenza anagrafica” di tutti i membri del nucleo familiare costituiscono, pertanto, secondo la Corte, presupposti indefettibili per godere dell’invocata agevolazione, a nulla rilevando, al fine di “conservare” la spettanza di detta esenzione, particolari esigenze, ad esempio di natura lavorativa, volte a giustificare la decisione dei coniugi di porre la propria residenza anagrafica in Comuni differenti. Fin da subito appare evidente come una simile conclusione – seppur giustificata da esigenze di “stretta interpretazione” di una norma che introduce una “agevolazione fiscale”, quale l’esenzione dall’IMU per le c.d. [continua ..]


NOTE