Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Tax-free shopping e frodi IVA: l´esportazione dei beni fuori dal territorio doganale europeo è sempre esente dal tributo (di Alessandro Tropea)


La Corte di Giustizia UE, nel pronunciarsi in materia di frodi IVA nell’ambito delle operazioni tax-free di cui all’art. 147 della Direttiva 2006/112/CE, ha ribadito che i beni fuoriusciti dal territorio europeo e immessi in consumo in un territorio extraeuropeo devono essere sempre esentati dall’IVA. L’esenzione all’esportazione assolve lo scopo di evitare che il medesimo bene possa subire una doppia imposizione, una prima volta con l’applicazione dell’IVA europea e una seconda volta con l’applicazione dell’imposta indiretta prevista nello Stato di destinazione. A fronte di questo principio, la Corte UE ha sottolineato che l’esenzione deve essere riconosciuta ogni qualvolta il cedente provi che il bene venduto è stato esportato definitivamente. Qualora le esportazioni siano state fraudolentemente etichettate come “operazioni tax-free”, ma – anziché beni personali – sono fuoriusciti dal territorio europeo beni a destinazione commerciale, dette cessioni sono comunque esenti dall’imposta, purché non abbiano generato alcun ammanco di gettito IVA per l’erario.

Tax-free shopping and VAT frauds: exportations outside the European Customs Union are always tax exempt

The Court of Justice of the European Union, in ruling on VAT frauds in the context of tax-free transactions pursuant to Art. 147 of Directive no. 2006/112/EC, reiterated that goods that leave the European territory and released for consumption in a third country must always be exempt from VAT. The export exemption fulfills the purpose of preventing the same asset from being subjected to double taxation, a first time with the application of European VAT and a second time with the application of the indirect tax provided by the third country of arrival. In the light of this principle, the CJEU stressed that the exemption must be recognised whenever the transferor proves that the asset sold has been permanently exported. If the exports have been fraudulently labeled as “tax-free transactions”, but – instead of personal goods – goods for commercial use have left the European territory, such transfers are anyway tax exempt, provided that they have not generated any shortfall in VAT revenue.

Keywords: tax-free shopping, export of personal goods, VAT exemption, proof of export, customs requirements for leaving the European territor

Le esenzioni IVA previste per i beni ceduti ai viaggiatori extra-UE e trasportati fuori dall’Unione europea tramite i loro bagagli personali, comunemente note come operazioni tax-free, non sono applicabili alle esportazioni di beni aventi natura commerciale. Tuttavia, se il cedente dimostra che i beni sono fuoriusciti definitivamente dal territorio europeo, tale cessione è comunque esente dall’imposta sul valore aggiunto, anche se non risultano osservate le formalità doganali d’uscita, non dovendo sussistere comunque alcuna ipotesi di frode. (Omissis). Sulle questioni terza e quarta 54. Con le sue questioni terza e quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), e l’articolo 147 della direttiva IVA debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una giurisprudenza nazionale in forza della quale, qualora l’amministrazione tributaria constati che le condizioni dell’esenzione dall’IVA prevista per i beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale dei viaggiatori non sono soddisfatte, ma che i beni interessati sono stati effettivamente trasportati fuori dell’Unione dall’acquirente, essa è tenuta ad esaminare se l’esenzione dall’IVA prevista da tale articolo 146, paragrafo 1, lettera b), possa essere applicata alla cessione in questione, anche qualora le formalità doganali applicabili non siano state espletate e, al momento dell’acquisto, l’acquirente non intendesse veder applicata quest’ultima esenzione. 55. Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 146, paragrafo 1, lettera b), della direttiva IVA, gli Stati membri esentano le cessioni di beni spediti o trasportati da un acquirente non stabilito nel loro rispettivo territorio, o per conto del medesimo, fuori dell’Unione, ad eccezione, in sostanza, dei beni trasportati dall’acquirente stesso e destinati all’attrezzatura o al rifornimento e al vettovagliamento di mezzi di trasporto ad uso privato. Tale disposizione deve essere letta in combinato disposto con l’articolo 14, paragrafo 1, della suddetta direttiva, ai sensi del quale si considera «cessione di beni» il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario (sentenze del 28 febbraio 2018, Pieńkowski, C‑307/16, EU:C:2018:124, punto 24, e del 17 ottobre 2019, Unitel, C‑653/18, EU:C:2019:876, punto 19 e giurisprudenza ivi citata). 56. Da tali disposizioni e, segnatamente, dal termine «spediti», contenuto nel suddetto articolo 146, paragrafo 1, lettera b), deriva che l’esportazione di un bene si perfeziona e l’esenzione della cessione all’esportazione diviene applicabile quando il potere di disporre di tale bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente, il fornitore prova che tale bene [continua..]

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SOMMARIO:

1. La vicenda processuale - 2. La disciplina IVA delle esportazioni tax-free - 3. La differenza tra esportazioni di beni personali e beni commerciali - 4. Frodi IVA nel tax-free shopping e neutralità fiscale del tributo - 5. Il regime probatorio relativo alle esportazioni di beni personali - 6. Conclusioni - NOTE


1. La vicenda processuale

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza qui in commento, si è occupata degli effetti IVA connessi alle false operazioni tax-free, cioè alle fittizie esportazioni di beni idonei a soddisfare bisogni personali dei viaggiatori residenti o domiciliati in paesi extracomunitari. La pronuncia ha il pregio di spiegare la differenza che intercorre tra le esportazioni di beni commerciali, disciplinate dall’art. 146, par. 1, lett. b), della Direttiva IVA, e le esportazioni di beni personali, disciplinate dal seguente art. 147, disposizioni recepite dall’ordinamento italiano rispettivamente agli artt. 8 e 38 quater del D.P.R. n. 633/1972. Inoltre, la sentenza ha puntualizzato che l’esenzione IVA deve essere riconosciuta a tutte quelle esportazioni di beni, commerciali e personali, che abbiano consentito la loro effettiva immissione in consumo in un territorio diverso da quello europeo. Nel caso specifico, il giudice tributario ungherese ha incardinato il giudizio pregiudiziale avanti la Corte di Giustizia chiedendo se la legge IVA nazionale fosse conforme al diritto dell’Unione quando nega l’esenziona IVA alle esportazioni di beni falsamente etichettate come operazioni tax-free, pur risultando detti beni effettivamente fuoriusciti dal territorio europeo [1]. Quanto ai fatti, emerge dalla sentenza che una società di diritto ungherese, tra l’anno 2015 e il 2016, era passata da un fatturato pari a circa Euro 140.000,00 ad uno pari a circa Euro 2.784.000,00. Tale incremento repentino era dipeso dal fatto che il cedente europeo aveva sostanzialmente venduto un’ingente quantità di prodotti alimentari, cosmetici e articoli di pulizia a soli venti persone fisiche residenti fuori dall’Unione europea, precisamente in Serbia. Fittiziamente, tali cessioni all’esporta­zione erano state qualificate come operazioni tax-free, cioè come cessioni di beni idonei a soddisfare bisogni personali e non bisogni commerciali degli acquirenti. Inoltre, era stato dichiarato che tali acquisti, falsamente non commerciali, sarebbero stati trasportati fuori dal territorio comunitario tramite il bagaglio personale degli acquirenti extra-UE. Sicché, il cedente ungherese aveva emesso a favore dei cessionari serbi le fatture di vendita con ordinaria applicazione dell’IVA in rivalsa. Gli acquirenti, giunti al valico di frontiera doganale, avevano chiesto [continua ..]


2. La disciplina IVA delle esportazioni tax-free

Il legislatore europeo ha tenuto distinte le discipline delle esportazioni di beni commerciali da quelle di beni personali. L’art.146, par. 1, lett. b, letto congiuntamente all’art. 14 della Direttiva IVA, disciplina le cessioni all’esportazione di beni commerciali trasportati fuori dal territorio europeo ad opera dell’acquirente non comunitario [6]. Invece, l’art. 147, disciplina le esportazioni di beni personali ad opera di viaggiatori residenti o domiciliati in un paese non appartenente all’Unione europea. Tutte e due le tipologie di esportazione sono esenti IVA dal momento di effettiva fuoriuscita del bene dal territorio unionale perché, essendo immessi in consumo nello stato di destinazione dell’acquirente, qui saranno gravati dalla vigente imposta sui consumi [7]. Limitatamente al caso che ci occupa, le cessioni all’esportazione avvenute ai sensi dell’art. 147 della Direttiva IVA sono comunemente chiamate “operazioni tax-free”. Le condizioni per ottenere questa particolare esenzione sono le seguenti: (i) il negozio europeo (cedente) deve emettere a favore dell’acquirente (cessionario) la fattura o documento equivalente (c.d. “tax-free cheque”), che deve contenere i dati identificativi di residenza o domiciliazione extracomunitaria del cessionario; (ii) i beni acquistati, privi del carattere della commercialità, devono essere esportati fuori dal territorio dell’Unione europea entro e non oltre il terzo mese successivo all’acquisto; (iii) l’esportazione dei beni deve essere certificata dall’autorità doganale, la quale deve apporre (fisicamente o telematicamente) sulla fattura (o documento equivalente) il c.d. “visto uscire”; (iv) l’importo dell’acquisto, comprensivo dell’eventuale IVA addebitata in rivalsa, deve essere almeno pari ad Euro 175,00, o comunque pari al limite stabilito dal singolo Stato membro in cui è stato effettuato l’acquisto del bene da esportare [8]. Le condizioni, al ricorrere delle quali le esportazioni tax-free possono essere sgravate dall’IVA, devono essere tutte integrate dal viaggiatore extra-UE e nessuna dal cedente. Difatti, deve essere il viaggiatore a non essere residente o domiciliato in uno Stato membro dell’Unione europea; inoltre, i beni acquistati devono essere da lui (e non da altri) trasportati fuori dal territorio [continua ..]


3. La differenza tra esportazioni di beni personali e beni commerciali

L’art. 147, par. 2, della Direttiva IVA dispone che i soggetti ai quali possono essere esentati gli acquisti di beni non commerciali sono le persone fisiche che non siano stabilite nell’Unione europea. Si deve trattare di soggetti il cui domicilio o la cui residenza abituale non siano localizzati in uno Stato membro. Tale informazione deve potersi rinvenire dal passaporto o da un altro documento equivalente, che il cedente deve inserire nella fattura tax-free all’atto della cessione. Per il legislatore europeo non è sufficiente che il cessionario sia una persona fisica extra-UE, ma, affinché l’esenzione IVA possa sorgere, occorre che questi venga riconosciuto come “viaggiatore” e che, al momento dell’attraversamento del confine europeo, esporti i beni avvalendosi del “proprio bagaglio personale” [16]. L’art. 147, nel circoscrive il campo di applicazione dell’esenzione, assume che il viaggiatore sia colui che, per definizione, dovrà ritornare nel suo luogo di residenza abituale, che non è l’Unione europea, e che, per tale ragione, immetterà in consumo i beni acquistati in uno Stato non comunitario. Per di più, oltre alla mancata immissione in consumo in Europa, il viaggiatore, proprio perché tale, non è un imprenditore e, dunque, non potrà che acquistare beni privi del carattere della commercialità, cioè beni destinati a soddisfare bisogni privati e non imprenditoriali. Da ciò ne consegue che nell’ipotesi in cui il cessionario, seppur formalmente domiciliato o residente in un paese extra-UE, avesse stabilmente vissuto all’interno dell’Unione europea per un periodo non convenzionale ad un viaggiatore (superiore a tre mesi dall’acquisto del bene) e qualora avesse effettuato acquisti il cui ampio quantitativo non è trasportabile col bagaglio a mano, tale da far sospettare l’uso non personale dei beni da esportare, allora costui non starà eseguendo un’operazione tax-free, bensì un’operazione commerciale a tutti gli effetti. Da ciò ne consegue che la qualificazione del cessionario extra-UE come viaggiatore, munito di bagaglio, riveste una funzione antiabuso della norma sull’esenzione IVA delle esportazioni tax-free [17]. Sul punto, i Giudici del Lussemburgo, con la sentenza qui in esame, hanno puntualmente precisato che [continua ..]


4. Frodi IVA nel tax-free shopping e neutralità fiscale del tributo

Dagli articoli 146, par. 1, lett. b, e 147 della Direttiva IVA si ritrae il principio in ordine al quale l’esportazione, sia di beni commerciali che di beni personali, nel medesimo istante in cui si concretizza, deve “non incidere” il cessionario extraeuropeo (soggetto situato “a valle”) e consentire di “eliminare” l’esposizione debitoria del cedente europeo verso l’erario (soggetto situato “monte”) [20]. Dunque, si deve realizzare un “vantaggio fiscale” per tutti i soggetti coinvolti nell’esportazione [21]. Il mancato incameramento del tributo deve essere un “disvalore” sopportato soltanto dall’ordi­namento europeo. In altri termini, si potrebbe affermare che, l’esenzione IVA al­l’esportazione, quando sorge, deve provocare la speculare situazione di “legittima perdita di gettito IVA per l’erario” e di “beneficio fiscale” per il cedente e il cessionario coinvolti nell’esportazione. Invece, qualora la cessione tra le parti risulti avvenuta, ma l’esportazione non si è realizzata, quindi il bene compravenduto non ha oltrepassato la linea di confine europea, detta transazione dovrà necessariamente essere sottoposta ad IVA e il garante di questo prelievo tributario è il cedente, il quale è chiamato a versare all’erario il tributo connesso alla cessione del bene non più esportato, a prescindere se questi abbia o meno riscosso l’IVA dal cessionario. Tutto ciò non muta nelle esportazioni tax-free, perché, anche in questo caso, il cedente rimane, fino al­l’esportazione dei beni personali, il soggetto deputato a garantire all’erario il versamento dell’IVA qualora l’esportatore non dovesse integrare i requisiti previsti dal­l’art. 147 della Direttiva 2006/112/CE [22]. In caso di frodi, la Corte di Giustizia ha sempre contrastato le esportazioni fittizie mediante un orientamento rigoroso, negando il diritto di esenzione IVA sia quando l’Amministrazione Finanziaria riesce a dimostrare che il cedente era l’au­tore della frode, sia quando risulta provato, anche in via presuntiva, che egli sapeva o avrebbe dovuto sapere – usando l’ordinaria diligenza tipica di un imprenditore accorto – che, con la propria vendita, stava partecipando a una evasione IVA connessa ad [continua ..]


5. Il regime probatorio relativo alle esportazioni di beni personali

Secondo l’art. 131 della Direttiva IVA, le condizioni per esentare le esportazioni devono essere stabilite dai singoli Stati membri, ai quali è demandato il compito di assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni IVA [29]. Però, le norme nazionali non sempre sono state in grado di consentire ai contribuenti di provare l’avvenuta esportazione dei beni e, dunque, la Corte di Giustizia è talvolta intervenuta per ammettere o meno l’uso di prove alternative a quelle previste dai singoli ordinamenti [30]. Invece, come rileva la sentenza qui esaminata, non si rinvengono perplessità sulle prove da fornire per dimostrare la concreta esportazione dei beni personali. Difatti, secondo l’art. 147 della Direttiva IVA, la dimostrazione dell’avvenuta esportazione tax-free deve essere data dall’autorità doganale situata al valico di frontiera, la quale, ricevendo la dichiarazione orale d’uscita, è chiamata dal cessionario extracomunitario ad apporre il timbro d’uscita sulla fattura emessa del cedente europeo. Quindi, i beni personali perdono lo status di merce europea e divengono idonei all’esportazione verso territori esteri quando ottengono l’apposizione del predetto “visto uscire” sulla fattura tax-free [31]. In particolare, per analizzare il diritto del viaggiatore extra-UE a non essere inciso dal tributo è necessario distinguere, da una parte, gli effetti giuridici che sorgono al “momento di cessione del bene” da quelli che scaturiscono al “momento di esportazione del bene”. Nel momento di cessione del bene non commerciale, il negoziante è chiamato a svolgere la normale funzione di collettore d’imposta per conto dell’erario, anche se provvisoriamente, perché se l’esportazione si realizza il tributo dovrà essere rimborsato al cessionario. Difatti, l’operazione tax-free inizia con la cessione del bene all’interno del territorio europeo. Concretamente, l’ope­razione avviene all’interno di un negozio e coinvolge il cedente, che è un soggetto passivo europeo, e un presunto consumatore finale, che è un viaggiatore residente o domiciliato in un paese extracomunitario, il quale non può essere considerato ancora un esportatore. Infatti, quando il cessionario extra-UE chiede al cedente l’emissione della [continua ..]


6. Conclusioni

La sentenza della Corte di Giustizia qui esaminata è rilevante per due ordini di motivi. Da una parte, prima di questa decisione, i Giudici del Lussemburgo, essendosi intrattenuti marginalmente sui temi del tax-free, non si erano mai pronunciati sugli effetti IVA delle esportazioni di beni non aventi il carattere della commercialità. Dall’altra, la sentenza ha avuto il pregio di affermare, per la prima volta, che l’esen­zione dei beni personali, esportati tramite bagaglio a mano dei viaggiatori non europei, persegue l’obiettivo specifico di promuovere il turismo. Analiticamente, con riferimento al primo aspetto, devono essere accolte con favore le conclusioni cui è pervenuta la Corte UE, secondo la quale se l’espor­tazione dei beni è effettivamente avvenuta, essa deve essere esentata dall’IVA, prescindendo dal fatto che i beni fuoriusciti dal territorio europeo abbiano natura personale o commerciale. Qualora le esportazioni siano state falsamente eseguite col metodo tax-free, anziché ricorrere alla corretta procedura prevista per le esportazioni commerciali, la reazione che l’ordina­mento deve riservare a questi illeciti per contrastarli non può essere il disconoscimento del diritto all’esen­zione IVA. Difatti, occorre verificare se la falsa esportazione tax-free ha provocato, o era idonea a provocare, una definitiva perdita di gettito per l’erario, oppure essa, pur rappresentando una fittizia esportazione di beni personali, non ha pregiudicato l’interesse finanziario dello Stato membro dal quale è partita l’esporta­zione [35]. In particolare, qualora l’esportazione abbia generato un’esenzione indebita, consentendo al cedente un illecito risparmio IVA, a fronte di una mancata immissione in consumo dei beni in uno Stato non europeo, allora questa operazione rappresenta una frode IVA e, in quanto tale, l’ordinamento deve potere reagire pretendendo dal cedente il tributo non applicato alla falsa esportazione. Invece, qualora l’esportazione, ancorché non tax-free, risulti realmente avvenuta sulla base della prova rinvenibile dal timbro d’uscita apposto dalla dogana sulle fatture emesse dal cedente, allora, come disposto dalla Corte di Giustizia, occorre preservare il principio di neutralità dell’IVA, riconoscendo comunque il diritto di esenzione IVA [36]. Passando alla [continua ..]


NOTE