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Considerazioni critiche sulla compatibilità europea della disciplina italiana sul monitoraggio fiscale a margine di una recente pronuncia della Corte di Giustizia UE
Francesco Spinello
Con la sentenza del 27 gennaio 2022 (causa C-788/19) la Corte di Giustizia UE ha stabilito che la normativa spagnola sul monitoraggio fiscale degli investimenti e delle attività finanziarie possedute all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Spagna si pone in contrasto con il diritto dell’Unione Europea e, in particolare, con i principi di proporzionalità e di libera circolazione dei capitali. Le recenti statuizioni della Corte offrono lo spunto per svolgere alcune considerazioni critiche sulla compatibilità della disciplina italiana sul monitoraggio fiscale, che presenta notevoli consonanze con l’impianto normativo spagnolo ritenuto non conforme al diritto dell’Unione Europea.
On 27 January 2022 (case C-788/19), the Court of Justice of the European Union ruled that the Spanish legislation on taxpayer’s reporting duties concerning investments and financial activities held abroad by its residents is in contrast with EU law and, in particular, with the principle of proportionality and the free movement of capital. The recent judgment offers the opportunity to carry out some critical remarks on the compatibility with EU law of the Italian discipline on taxpayers’ reporting duties, which has many similarities with the Spanish one.
Keywords: taxpayer’s reporting duties, doubling of the terms for tax assessment, free movement of capital, proportionality principle, tax administrative penalties.
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Sommario:
1. La vicenda processuale - 2. La violazione del principio di libera circolazione dei capitali e del principio di proporzionalità delle sanzioni tributarie - 3. Considerazioni critiche sulla compatibilità comunitaria della disciplina italiana sul monitoraggio fiscale degli investimenti e delle attività di natura finanziaria detenute all’estero da contribuenti residenti e del raddoppio dei termini - 3.1.1. Segue: il contrasto con il principio di proporzionalità - 3.2. Sulla proporzionalità delle sanzioni connesse alla violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale - 3.3. Sull’incompatibilità comunitaria della disciplina sul raddoppio dei termini prevista dall’art. 12 del D.L. 1 luglio 2009, n. 78 - 3.4. Sulla proporzionalità del raddoppio delle sanzioni previsto dall’art. 12, comma 2 del D.L. n. 78/2009 - 4. Riflessioni conclusive - NOTE
1. La vicenda processuale
Con la sentenza del 27 gennaio 2022, relativa alla causa C-788/19 (Commissione Europea contro Regno di Spagna), la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che la disciplina spagnola sul monitoraggio fiscale degli investimenti e delle attività finanziarie possedute all’estero da soggetti fiscalmente residenti in Spagna è in contrasto con il diritto comunitario. La normativa spagnola, già ritenuta discriminatoria dalla Commissione Europea [1], si pone in contrasto con il principio di proporzionalità, prevedendo rilevanti conseguenze sanzionatorie in caso di omessa, inesatta o tardiva presentazione del Modello 720 [2] (corrispondente al “quadro RW” italiano); tali conseguenze consistono, in particolare, nella qualificazione dei beni e diritti detenuti all’estero come “plusvalenze patrimoniali non giustificate” senza possibilità di eccepire la prescrizione, nell’irrogazione di una [continua ..]
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2. La violazione del principio di libera circolazione dei capitali e del principio di proporzionalità delle sanzioni tributarie
In maggior dettaglio, con la sentenza in commento la Corte di Giustizia ha stabilito che la Spagna è venuta meno agli obblighi su di essa incombenti in forza dell’art. 63 del TFUE, avendo previsto, come conseguenza dell’inadempimento o dell’adempimento inesatto o tardivo dell’obbligo di informazione relativo ai beni e ai diritti situati all’estero, la qualificazione di tali attivi come “plusvalenze patrimoniali non giustificate”, senza possibilità di eccepire la prescrizione [7]. Secondo la costante giurisprudenza comunitaria, infatti, la mera circostanza che un contribuente residente possieda beni o diritti al di fuori del territorio di uno Stato membro non può legittimare una presunzione generale di evasione fiscale [8]. Peraltro, una normativa interna che presuma l’esistenza di una condotta fraudolenta per il sol fatto che ricorrano le condizioni da essa previste, senza concedere al contribuente [continua ..]
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3. Considerazioni critiche sulla compatibilità comunitaria della disciplina italiana sul monitoraggio fiscale degli investimenti e delle attività di natura finanziaria detenute all’estero da contribuenti residenti e del raddoppio dei termini
3.1. L’eccessiva onerosità degli obblighi di compilazione del quadro RW: il contrasto con il principio di libera circolazione dei capitali Le recenti statuizioni della Corte di Giustizia offrono lo spunto per interrogarsi sulla compatibilità comunitaria della disciplina italiana sul monitoraggio fiscale degli investimenti e delle attività di natura finanziaria detenute all’estero da contribuenti residenti, che presenta notevoli consonanze con l’impianto normativo spagnolo ritenuto in contrasto con la libera circolazione dei capitali e con il principio di proporzionalità delle sanzioni tributarie. In maggior dettaglio, l’art. 4, comma 1, primo periodo, del D.L. 28 giugno 1990, n. 167, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 1990, n. 227, prevede che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia, che nel periodo d’imposta detengono investimenti [continua ..]
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3.1.1. Segue: il contrasto con il principio di proporzionalità
In ogni caso, pur considerando l’esigenza di assicurare l’accertamento di violazioni tributarie, le misure adottate dai singoli Stati non debbono superare quanto necessario al fine di raggiungere tale obiettivo, così come impone il principio di proporzionalità [26]. Nell’applicare tale ultimo principio, invero, si deve tener presente come da diverse sentenze della Corte di Giustizia emerga che gli ostacoli motivati dall’esigenza di garantire l’efficacia dei controlli tributari non sono giustificati quando esistono con l’altro Stato (in particolare, se si tratta di uno Stato membro) efficaci sistemi di scambio di informazioni su richiesta, specie se in combinazione con sistemi di scambio automatico, che consentano alle autorità fiscali di innescare tempestive indagini [27]. Ne consegue che, al pari della disciplina spagnola, la normativa nazionale sul monitoraggio fiscale potrebbe porsi in contrasto anche con il [continua ..]
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3.2. Sulla proporzionalità delle sanzioni connesse alla violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale
La disciplina sul monitoraggio fiscale delle attività di natura finanziaria e degli investimenti detenuti all’estero appare eccessivamente afflittiva rispetto ai soggetti fiscalmente residenti in Italia anche sotto il profilo sanzionatorio. Al riguardo si evidenzia che l’art. 5, comma 2, del D.L. n. 167/1990 punisce la violazione dell’obbligo dichiarativo previsto dall’art. 4, comma 1 cit. con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 3 al 15 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati; la richiamata disposizione, inoltre, punisce la mancata esposizione nel quadro RW degli asset detenuti in Paesi black list con l’irrogazione di una sanzione compresa tra il 6 ed il 30 per cento degli imponibili non indicati. Tali sanzioni – che per le attività detenute nei Paesi Europei raggiungono il 15% dei valori non dichiarati – risultano sproporzionate in quanto non variano in funzione dell’entità delle imposte [continua ..]
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3.3. Sull’incompatibilità comunitaria della disciplina sul raddoppio dei termini prevista dall’art. 12 del D.L. 1 luglio 2009, n. 78
Le recenti statuizioni della Corte di Giustizia offrono altresì lo spunto per svolgere alcune considerazioni critiche sulla compatibilità europea delle disposizioni di contrasto ai paradisi fiscali, introdotte con l’art. 12 del D.L. 1 luglio 2009 n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102 [32]; in particolare, l’art. 12 cit. prevede per gli accertamenti basati sulla presunzione secondo cui le attività finanziarie detenute in Paesi black list si considerano costituite mediante redditi sottratti a tassazione [33], il raddoppio dei termini di accertamento (comma 2 bis [34]) ovvero dei termini per la constatazione delle violazioni degli obblighi di monitoraggio (comma 2-ter [35]), nonché il raddoppio delle sanzioni previste dall’art. 1 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 (comma 2 [36]). Più precisamente, le recenti statuizioni dei giudici unionali consentono di riaprire il dibattito [continua ..]
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3.4. Sulla proporzionalità del raddoppio delle sanzioni previsto dall’art. 12, comma 2 del D.L. n. 78/2009
Come anticipato, la disciplina prevista in relazione alle attività detenute nei Paesi black list appare eccessivamente afflittiva nei confronti dei contribuenti residenti in Italia anche sotto il profilo sanzionatorio. In tal senso, l’art. 12, comma 2 del D.L. n. 78/2009 prevede che nei casi in cui opera la presunzione che i capitali detenuti all’estero siano il frutto di redditi evasi, le sanzioni per l’omessa o infedele dichiarazione dei redditi sono raddoppiate. Di conseguenza, nell’ipotesi di infedele dichiarazione, la sanzione risulterebbe compresa tra il 180 e il 360 per cento della maggior imposta di cui si presume l’evasione, mentre in caso di omessa dichiarazione, tale penalità sarebbe compresa tra il 240 e il 480 per cento delle imposte evase. In tali ipotesi, pertanto, il carico sanzionatorio potrebbe persino eccedere il controvalore dell’asset non dichiarato [46]. Tale penalità, inoltre, si cumula con quella [continua ..]
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4. Riflessioni conclusive
Alla luce delle considerazioni sopra esposte, la disciplina italiana sul monitoraggio fiscale, al pari di quella spagnola, potrebbe ritenersi in contrasto con il principio di libera circolazione dei capitali di cui all’art. 63, par. 1 del TFUE, il quale, come enunciato dalla costante giurisprudenza comunitaria, vieta l’imposizione da parte di uno Stato membro di misure idonee a dissuadere, impedire o limitare le possibilità degli investitori residenti di investire in altri Paesi [51]. L’esistenza di una restrizione dei movimenti di capitali rilevante ai fini dell’applicazione del TFUE potrebbe essere ravvisata nell’eccessiva onerosità degli obblighi di compilazione del quadro RW individuati dall’Agenzia delle Entrate con il Provvedimento del 18 dicembre 2013; nonostante le modifiche introdotte con la Legge 6 agosto 2013, n. 97, al fine soddisfare le richieste di semplificazione degli obblighi dichiarativi a suo tempo formulate [continua ..]
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NOTE