Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Solidarietà fiscale e assegno unico universale (di Marialuisa De Vita)


L'intervento si concentra sulla tutela dei rapporti familiari e, in particolare, dei rapporti di filiazione in ambito fiscale (attraverso le detrazioni) ed extrafiscale (attraverso l’AUU), al fine di evidenziare non solo i vantaggi e le criticità di ciascuna misura, ma anche le implicazioni che la sostituzione delle detrazioni con l'AUU produce sulla funzione redistributiva/solidaristica tradizionalmente assegnata al­l'IRPEF.

Tax solidarity and single universal allowance

The paper focuses on the protection of family relationships and, in particular, of filiation relationships in the tax (through tax deductions) and extra-tax (through the “single universal allowance”) sphere, in order to highlight not only the advantages and critical points of each measure, but also the implications that the replacement of deductions with the “single universal allowance” produces on the redistributive/solidarity function traditionally assigned to the personal income tax.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La famiglia e i vincoli familiari nella prospettiva della tassazione dei redditi delle persone fisiche - 2.1.1. La tassazione “per parti” del reddito familiare: una possibile soluzione? - 2.2. Il sostegno alla genitorialità: le detrazioni per i figli a carico - 3. L’Assegno Unico e Universale - 3.1. Confronto fra vecchio e nuovo sistema di sostegno alle famiglie - 4. Il passaggio da una logica fiscale ad una logica assistenziale: quali implicazioni sulla funzione redistributiva dell’IRPEF? - 5. Spunti per un riordino della disciplina vigente - NOTE


1. Premessa

I trasferimenti monetari diretti (assegni) o indiretti (detrazioni e deduzioni fiscali) alle famiglie con figli a carico costituiscono uno dei modi con cui lo Stato contribuisce, in attuazione degli artt. 29, 30 e 31 Cost., a favorire la formazione e lo sviluppo della famiglia, implicitamente riconoscendo che la scelta di costituire una famiglia ed avere figli è meritevole di attenzione per le sue conseguenze sia sul piano economico, sia sul piano sociale [1]. Nell’ambito del sistema fiscale e, in particolare, della tassazione dei redditi delle persone fisiche, la tutela della famiglia è stata tradizionalmente affidata a due misure: a) le detrazioni per carichi familiari ex 12 TUIR; b) le deduzioni e le detrazioni per specifiche spese effettivamente sostenute dal soggetto passivo IRPEF nel diretto interesse dei propri congiunti ex 10 e 15 TUIR (si pensi alle spese sostenute nei campi dell’istruzione, della formazione, della sanità). A queste misure propriamente fiscali si affiancavano, fino a non molto tempo fa, molteplici istituti di natura extrafiscale, variamente denominati (assegni, bonus, premi [2]), consistenti nella erogazione di somme di denaro a famiglie con figli a carico e confluiti, dal 1º marzo 2022, in un unico istituto: l’Assegno Unico e Universale (c.d. AUU). Introdotto dal D.Lgs. 21 dicembre 2021, n. 230, in attuazione della legge delega 1º aprile 2021, n. 46, l’Assegno Unico e Universale è stato istituito al fine di perseguire un duplice obiettivo [3]: a) «riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico»; b) «favorire la natalità, sostenere la genitorialità e promuovere l’occu­pazione, in particolare femminile». Si tratta – giova chiarirlo fin da subito – di obiettivi eccessivamente ambiziosi da poter essere realizzati con un unico strumento. Tra questi, quello del riordino degli strumenti esistenti e l’allargamento del sostegno potenzialmente a tutti, pur sembrando meramente strumentale al raggiungimento degli altri, costituisce, come si vedrà approfonditamente in seguito, la vera (e forse unica) svolta determinata dall’AUU nelle politiche sociali a sostegno della famiglia. L’AUU va, infatti, in direzione di una maggiore inclusività rispetto al passato, superando il frammentato e non sempre equo sistema di [continua ..]


2. La famiglia e i vincoli familiari nella prospettiva della tassazione dei redditi delle persone fisiche

2.1. La mancata valorizzazione della famiglia quale autonomo soggetto di capacità contributiva: il problema della discriminazione fiscale delle famiglie monoreddito Come noto, la famiglia in quanto tale, pur se presidiata sul piano costituzionale (artt. 29 e 31 Cost.) è pressoché ignorata dal nostro sistema tributario, non esistendo un regime fiscale riservato al “nucleo familiare”, quale soggetto cui è riferibile una capacità contributiva diversa e autonoma rispetto a quella dei singoli elementi che lo compongono. Dal punto di vista dell’im­posizione reddituale, l’ordinamento non contempla alcuna forma di assoggettamento a tassazione di un “reddito familiare” [4]. I membri della famiglia e, in special modo, i coniugi, sono tassati individualmente, quali soggetti che manifestano una propria distinta ed individuale capacità contributiva e, conseguentemente, rispondono individualmente del proprio debito tributario, che in ragione di tale capacità, deve essere determinato. La scelta legislativa, che non prevede alcuna forma di tassazione congiunta dei membri di una stessa famiglia, è la naturale conseguenza di quanto statuito dalla Corte costituzionale nella nota sentenza n. 179 del 15 luglio 1976 in cui venne dichiarato illegittimo il cumulo dei redditi dei coniugi in capo al pater familias [5] per contrasto con gli artt. 3, 29, 31 e 53 Cost. L’applicazione di tale regola, in particolare, fu ritenuta dal Giudice delle leggi contraria: ■ al principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge (art. 3 Cost.), nonché all’eguaglianza giuridica dei coniugi (art. 29, comma 2, Cost.), in quanto comportava l’assoggettamento di situazioni eguali ad un differente trattamento, senza alcuna razionale giustificazione e, segnatamente, senza che tale disparità fosse finalizzata «a garantire o tutelare l’unità familiare», fondandosi sopra un fittizio possesso di redditi comuni; ■ allo stesso favor espresso dagli artt. 29 e 31 Cost. per la famiglia, che, in luogo di essere agevolata con misure economiche e altre provvidenze, era di fatto penalizzata rispetto alle unioni non formalizzate, in ragione della natura progressiva dell’imposizione e della concentrazione dell’imponibile in capo al pater familias [6]; ■ al principio di capacità contributiva in [continua ..]


2.1.1. La tassazione “per parti” del reddito familiare: una possibile soluzione?

La tassazione “per parti” [11] del reddito familiare è stata storicamente applicata adottando due principali schemi: lo splitting e il quoziente familiare. Con lo splitting, utilizzato negli Stati Uniti d’America ed in Germania, il reddito complessivo familiare viene determinato attraverso la somma dei redditi dei coniugi. In sostanza, il reddito complessivamente prodotto dai coniugi viene diviso per due e tassato con le relative aliquote; l’imposta così calcolata viene poi raddoppiata per determinare il debito complessivo del nucleo familiare; i coniugi sono solidalmente responsabili del pagamento dell’imposta, mentre la presenza di figli o altri familiari non rileva ai fini del calcolo, ma viene considerata attraverso il meccanismo delle deduzioni e delle detrazioni. Il quoziente familiare, invece, è proprio del sistema francese. In questo caso l’aliquota da applicare e l’imposta dovuta si calcolano per una parte di reddito, individuata dividendo il reddito complessivo familiare per un quoziente che si ottiene attribuendo a ciascun membro della famiglia un coefficiente divisore – una sorta di scala di equivalenza – che cambia in funzione della dimensione e della composizione del nucleo familiare. L’imposta così determinata individua l’ammontare del tributo solidalmente dovuto dai familiari [12]. L’implementazione di questi meccanismi in Italia ha tradizionalmente incontrato non pochi ostacoli sia sul piano dell’efficienza, sia sul piano di una loro presunta contrarietà ai principi costituzionali operanti in materia tributaria [13]. Sul piano dell’efficienza, entrambi gli strumenti sono stati oggetto di critiche perché: ■ riducono l’aliquota marginale del coniuge (o del familiare) con reddito più elevato e aumentano quella dell’altro (o degli altri familiari) in misura correlata al grado di progressività del sistema; ■ disincentivano l’offerta di lavoro da parte del coniuge con minor reddito (di regola, la moglie), scoraggiando l’occupazione femminile [14]; ■ favoriscono le famiglie con più percettori di reddito o con marcate differenze reddituali al proprio interno (sino al caso estremo della famiglia monoreddito, che ne trae i vantaggi maggiori) e i possessori di redditi più elevati, grazie alla ridotta incidenza dell’imposta [continua ..]


2.2. Il sostegno alla genitorialità: le detrazioni per i figli a carico

La decisione del legislatore tributario di non considerare la famiglia, neppure indirettamente, quale soggetto espressivo di una propria capacità contributiva, non ha impedito di introdurre alcune previsioni ad hoc, volte a dare rilievo non tanto all’esistenza del soggetto famiglia come tale, ma ad alcuni legami che tipicamente si instaurano o possono instaurarsi tra i suoi membri. Ciò in ossequio alla natura personale dell’imposizione che impone, come noto, di determinare il carico tributario in funzione della situazione personale e familiare del contribuente. In tale prospettiva vengono in rilievo le detrazioni fiscali accordate ai singoli contribuenti IRPEF per il caso di familiari a carico. Come noto, l’art. 12 TUIR accorda il riconoscimento di talune detrazioni dall’imposta reddituale a favore di quei contribuenti persone fisiche che si facciano carico di soggetti cui li lega un rapporto familiare. Per quanto concerne le detrazioni per figli a carico (che rilevano ai fini della nostra analisi) [26], conditio sine qua non per il loro riconoscimento è la dipendenza economica del figlio dal genitore che intende fruire della detrazione. Tale condizione si ha per sussistente unicamente nel caso in cui il figlio non dichiari alcun reddito, ovvero dichiari un reddito complessivo non superiore ad euro 2.840,51 (o a euro 4.000 per i figli di età non superiore a 24 anni). Nel computo di tale limite non si tiene conto di eventuali redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta, o comunque, a regimi sostitutivi che ne evitano l’inclusione nel reddito complessivo, in considerazione del tenore letterale dell’art. 12, comma 2, TUIR. In ordine a tale condizione (possesso di un reddito non superiore a euro 2.840,51 o 4.000 con esclusione dei redditi assoggettati ad imposte sostitutive) emergono due prime criticità. La prima attiene all’importo stabilito dalla norma da ritenersi inadeguato se solo confrontato con quello delle pensioni minime erogate dall’INPS, pari a 6.500 euro annui. Sarebbe dunque auspicabile, in una prospettiva de iure condendo, che tale limite sia innalzato a 6.500 euro annui attraendo così nel novero dei familiari a carico soggetti oggi esclusi perché titolari di redditi di poco superiori ai limiti vigenti, insufficienti a garantire un sostentamento autonomo [27]. La seconda criticità attiene alla mancata [continua ..]


3. L’Assegno Unico e Universale

Come si è anticipato, il sostegno alla famiglia è stato assicurato dal legislatore, sia pure in maniera non sempre adeguata, non solo attraverso misure fiscali (detrazioni di imposta e deduzioni dal reddito), ma anche e soprattutto attraverso misure di natura extrafiscale [32], vale a dire attraverso erogazioni di denaro, sostituite, a decorrere dal 1º marzo 2022, da un’unica misura: l’As­segno Unico e Universale per i figli a carico (c.d. AUU) [33]. L’Assegno Unico e Universale costituisce uno strumento: ■ “unico” in quanto sostituisce la molteplicità dei precedenti strumenti di sostegno al reddito familiare (detrazioni per figli a carico [34], assegno per il nucleo familiare [35], premio alla nascita [36], assegno di natalità [37], assegno ai nuclei familiari con almeno tre figli minori [38]), i quali, pur avendo un effetto distributivo decisamente progressivo, presentavano alcune criticità come il non essere strutturati per operare nei confronti degli incapienti (si pensi alle detrazioni per figli a carico) o perché, pur trattandosi di misure suscettibili di essere fruite anche dagli incapienti, nascevano come misure “di categoria”, destinate a sostenere solo i lavoratori dipendenti e non anche i lavoratori autonomi o i disoccupati di lungo periodo (come nel caso degli assegni al nucleo familiare, spettanti solo a lavoratori dipendenti e pensionati) [39]; ■ “universale” in quanto è erogato a tutte le famiglie con figli a carico residenti e domiciliate in Italia indipendentemente dal reddito e dalla tipologia di lavoro svolto dai componenti il nucleo familiare. Diversamente da quanto previsto per le detrazioni fiscali ex art. 12 TUIR, l’entità dell’AUU è determinata non in relazione all’importo del reddito complessivo posseduto dal genitore che intende fruire del beneficio (da ritenersi ormai inidoneo a costituire un indice in grado di misurare efficacemente la capacità contributiva del soggetto passivo), ma in relazione all’importo del­l’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) [40] del nucleo familiare, calcolato tenendo conto non solo dei redditi, ma anche dei valori del patrimonio mobiliare e immobiliare della famiglia, rapportandoli alla numerosità del nucleo familiare attraverso una specifica scala di [continua ..]


3.1. Confronto fra vecchio e nuovo sistema di sostegno alle famiglie

L’introduzione dell’AUU costituisce sicuramente una svolta nel panorama delle misure extrafiscali previste a sostegno della famiglia e, in particolare, della genitorialità. Oltre ad essere stato ampliato, rispetto alle previgenti misure, il ventaglio dei possibili destinatari (potendo essere fruito non solo dai lavoratori dipendenti, ma anche dai lavoratori autonomi e dai lavoratori atipici) il nuovo sussidio è attribuito anche a quei soggetti che, in quanto incapienti, non potevano fruire delle detrazioni fiscali per figli a carico [47]. Procedendo al confronto tra detrazioni fiscali e Assegno Unico e Universale si rinvengono alcune differenze sia sul piano della definizione delle relative fattispecie, sia sul piano dell’indice assunto come parametro di misurazione dell’importo del beneficio. Per quanto attiene il primo profilo una prima differenza si coglie sul piano della ripartizione del beneficio tra i genitori, essendo la disciplina dell’AUU caratterizzata da una maggiore flessibilità rispetto a quella contenuta nel TUIR. Se i genitori sono sposati e appartengono allo stesso nucleo familiare ai fini ISEE, l’assegno è attribuito per metà a ciascuno di essi a prescindere da chi abbia il carico familiare e il reddito più elevato. Tuttavia, i genitori possono stabilire che il contributo venga interamente erogato solo a uno dei due, attestando in procedura l’accordo tra le parti. La nuova misura è più elastica della previgente detrazione fiscale che attribuiva l’intero beneficio al genitore con coniuge a carico, senza possibilità di diverso accordo. Se i genitori sono sposati, ma appartengono a nuclei familiari diversi ai fini ISEE [48], l’assegno viene attribuito interamente al genitore affidatario dei figli o in parti uguali ai genitori entrambi affidatari, ma costoro possono concordarne la metà in caso di affidamento esclusivo e l’attribuzione a uno solo di essi in caso di affidamento congiunto. A differenza della detrazione per figli a carico [49], l’assegno può quindi essere attribuito per intero al genitore coaffidatario con reddito più basso. Se i genitori non sono sposati, ma appartengono allo stesso nucleo familiare ai fini ISEE [50] e sono entrambi affidatari dei figli, si applicano le regole previste per i genitori sposati ed entrambi affidatari. Se il figlio di [continua ..]


4. Il passaggio da una logica fiscale ad una logica assistenziale: quali implicazioni sulla funzione redistributiva dell’IRPEF?

La scelta di utilizzare, nell’ottica del sostegno economico alle famiglie, lo strumento “sovvenzionale” in luogo di quello propriamente “fiscale”, di agire cioè sul fronte della spesa pubblica e non su quello delle entrate [57] appare una scelta condivisibile per una serie di ragioni di ordine pratico, ma, come si vedrà, non di ordine giuridico. Sul piano pratico, l’AUU ha, infatti, il merito di valorizzare, attraverso il riferimento all’ISEE, la famiglia complessivamente considerata evitando le storture normalmente attribuite a quei meccanismi quali il quoziente familiare e lo splitting che intendono perseguire lo stesso obiettivo, ma nell’ambito del sistema di tassazione dei redditi [58]. È nota a tutti la tendenza, più volte segnalata nel corso del lavoro, dell’attuale sistema di tassazione dei redditi delle persone fisiche ad essere un sistema sempre meno “comprehensive” e sempre più cedolare, vale a dire un sistema in cui la progressività IRPEF, solo formalmente assicurata dalle aliquote progressive, resta di fatto confinata ai soli redditi di lavoro e pensione [59]. L’eventuale innesto dei suddetti meccanismi su redditi solo formalmente globali, unitamente alla progressività del prelievo, non farebbe altro che amplificare la già presente distorsività e selettività del­l’IRPEF [60]. Pertanto, in assenza di una valorizzazione della famiglia all’interno dell’IRPEF, appare condivisibile la scelta legislativa di procedere ad una sua valorizzazione sul piano extrafiscale, in attesa di una riforma strutturale del sistema di tassazione dei redditi delle persone fisiche [61]. L’abbandono del sostegno familiare “per via fiscale”, da alcuni [62] già da tempo auspicato e la sua collocazione sul piano extrafiscale delle forme di sovvenzione diretta, solleva, però alcune criticità di natura giuridica. L’abrogazione delle detrazioni fiscali per i figli a carico di età inferiore ai 21 anni va ad accentuare la natura sempre più “reale” dell’IRPEF, delineando un sistema di cui appare ancor più difficile predicare la compatibilità con i principi costituzionali e, in particolare, con il principio di progressività di cui all’art. 53, comma 2 Cost. Si tratta di un effetto di [continua ..]


5. Spunti per un riordino della disciplina vigente

In attesa di una riforma strutturale dell’IRPEF, la strada percorribile per una revisione fiscale rispettosa dei principi costituzionali posti a tutela della famiglia resta, quindi, quella del riordino e dell’incremento delle deduzioni dal reddito e delle detrazioni di imposta oggi previste dagli artt. 10, 12 e 15 TUIR: un intervento che possa finalmente superare le criticità che ancora si rinvengono nelle poche misure fiscali esistenti a favore della famiglia [71] e dare adeguato riconoscimento alla tutela del “minimo vitale familiare”. È un dato di fatto che i modesti importi delle deduzioni ex art. 10 TUIR e delle detrazioni ex artt. 12 e 15 TUIR non assicurano compiutamente al contribuente IRPEF l’intassabilità del minimo vitale e, in particolare, del “minimo vitale familiare”: le “misure economiche” e le “altre provvidenze” mediante le quali la Repubblica è tenuta ai sensi dell’art. 31 Cost. ad agevolare «la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi» e il diritto del lavoratore ad una retribuzione «in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa» ex art. 36 Cost., impongono, sul piano fiscale, il riconoscimento di un reddito minimo intassabile riferito non solo al singolo individuo (come si evince dall’art. 53 Cost.), ma all’intero nucleo familiare [72]. Un riferimento alla esenzione del “minimo vitale familiare” dall’imposta sul reddito si rinviene già nei lavori preparatori della Assemblea Costituente: l’On. Scoca, a sostegno della espressa costituzionalizzazione della tutela del minimo vitale, affermava che «non si può negare che il cittadino, prima di essere chiamato a corrispondere una quota parte della sua ricchezza allo Stato, per la soddisfazione dei bisogni pubblici, deve soddisfare i bisogni elementari di vita suoi propri e di coloro ai quali, per obbligo morale e giuridico, deve provvedere» [73]. Tuttavia, la misura del minimo vitale garantito dal legislatore tributario italiano non è stata mai oggetto di un concreto sindacato di costituzionalità né dal punto di vista quantitativo, né da quello qualitativo. La Corte costituzionale ha, infatti, sempre considerato insindacabile, perché rimessa alla discrezionalità [continua ..]


NOTE