Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Dissidi giurisprudenziali in materia di occupazione abusiva dell'immobile e applicazione dell'IMU (di Cosimo Franzoso)


Nel presente contributo viene analizzata la problematica della sussistenza del presupposto impositivo ai fini IMU nel caso di abusiva occupazione dell'immobile assoggettato al tributo. Dopo una breve premessa, necessaria all'inquadramento del tema di ricerca, si procederà dapprima all'analisi del dato normativo rilevante ai fini del­l'esame concreto della fattispecie, per poi passare ad una analisi critica del presupposto impositivo che viene ad essere considerato dal legislatore tributario, vale a dire il “possesso” dell'im­mobile, al fine di individuarne il concreto contenuto rilevante ai fini della legittimità dell'imposizione in parola. In seguito, si analizzeranno le contrapposte posizioni della giurisprudenza di legittimità e di merito, per poi, al termine dell’analisi, esporre le ragioni per le quali si ritiene che l'orientamento della Corte di Cassazione in ordine alla questione dovrebbe essere rimeditato, alla luce dei profili di criticità evidenziati, parendo più corretto l'orientamento giurisprudenziale propugnato dai giudici di merito.

Case law debates regarding the illegal occupation of real estates and application of the municipal property tax

This contribution analyses the problem of the existence of the taxable event of the municipal property tax in case of illegal occupation of the real estate. After a brief introduction, necessary for framing the research topic, we will first face the relevant discipline for the purpose of the concrete examination of the case, and then move on to a critical analysis of the taxable event selected by the lawmaker, i.e. the “possession” of the real estate, in order to identify the effective content relevant for legitimising the tax in question. Subsequently, the paper will focus on the opposing positions emerged in case law (of the Supreme Court and of lower tax courts), and, then, it will explain the reasons why the Supreme Court’s approach regarding this issue should be remedied, in the light of the critical issues highlighted, appearing more correct certain decisions issued by the majority of lower tax courts.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Il presupposto impositivo ai fini IMU: il possesso dell’immobile - 3. Il concreto contenuto del possesso dell’immobile ai fini IMU - 4. La posizione della giurisprudenza di legittimità - 5. La posizione della giurisprudenza di merito - 6. Una difficile soluzione - NOTE


1. Premessa

La fattispecie concernente l’occupazione abusiva dell’immobile assoggettato ad imposizione IMU pare degna di approfondimento, atteso che se il cespite risulta abusivamente occupato si viene a determinare la conseguente forte compressione, o annullamento, del diritto del legittimo proprietario (o possessore) di goderne appieno. Peraltro, la numerosità delle problematiche impositive scaturenti da tale illegittima occupazione appare essere destinata ad aumentare nel breve e medio periodo, in conseguenza del disagio economico che sempre più attinge alcune fasce della popolazione, acutizzatosi durante la nota contingenza sanitaria che ha caratterizzato l’ultimo periodo, con conseguente crescita della sua rilevanza anche sotto il profilo più propriamente economico-finanziario [1]. In argomento, da tempo si assiste ad una contrapposizione di orientamenti tra la giurisprudenza di legittimità e una certa parte, che appare preponderante [2], della giurisprudenza di merito, atteso che la prima tende a confermare l’esistenza dell’obbligazione tributaria in tutta una serie di fattispecie in cui si verifica, per così dire, uno scollamento tra titolarità del possesso e sussistenza del presupposto impositivo [3], mentre la seconda si dirige nel senso di negare la sussistenza del presupposto impositivo, con tutta una serie di argomentazioni più o meno variamente sostenute, nel momento in cui al legittimo possessore non sia consentito il godimento del bene immobile assoggettato ad imposizione [4]. Posta tale diversità di vedute, il problema che si pone, dunque, è, in primo luogo, quello di delineare i contorni normativi delle fattispecie impositive in parola, per poi indagare in ordine alla concreta ed effettiva natura del presupposto impositivo ai fini IMU, anche alla luce dei principi costituzionali che reggono l’imposizione, posto che, ci pare, soprattutto alla luce dell’evoluzione del concetto di “possesso” rilevante ai fini tributari, che ha visto avvicendarsi diverse posizioni dottrinali, l’accezione che ne viene attualmente valorizzata dalla Suprema Corte nelle proprie pronunce non pare ben attagliarsi alla relativa fattispecie concreta in esame.


2. Il presupposto impositivo ai fini IMU: il possesso dell’immobile

Appare, pertanto, opportuno, al fine di offrire un primo tassello che possa contribuire ad una ricostruzione in termini sistematici della problematica, tentare di delineare brevemente quelli che sono i tratti salienti del presupposto impositivo che viene in rilievo ai fini del tributo locale in parola. Come noto, a seguito dell’ultima riforma che ha interessato l’imposizione locale [5], ed a mente dell’art. 1, comma 740, L. 27 dicembre 2019, n. 160, attualmente il presupposto dell’IMU è da rinvenirsi sic et simpliciter nel possesso di immobili [6], aree edificabili e terreni agricoli. Mentre, con riferimento al profilo della soggettività passiva, l’art. 1, comma 743, L. 27 dicembre 2019, n. 160, stabilisce che soggetti passivi del tributo sono i possessori di immobili, intendendosi per tali il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o, infine, superficie sugli stessi [7]. Appare evidente, quindi, come il legislatore tributario, nell’individuare il fatto economico-giuridico da assumere ad indice di capacità contributiva e tale da giustificare l’imposizione in parola abbia, pur nella sua laconica tecnicità, operato una scelta ben precisa, posto che ai fini IMU è chiaramente richiamato il possesso dell’immobile. E, ci pare, null’altro di più specifico possa arguirsi dallo scarno precetto normativo, ai fini dell’individuazione e dell’inquadramento del presupposto impositivo [8]. Partendo da tali coordinate normative, è evidente come, al fine di verificare la concreta sussistenza del presupposto del tributo si debba, pertanto, necessariamente fare riferimento dapprima al solo dato letterale e logico-fun­zionale della norma [9]. In relazione a quest’ultimo, conseguentemente, in difetto di una esplicita previsione normativa non si potrà estenderne in via interpretativa la portata applicativa, in modo tale da tentare di far assurgere a fatto-indice di capacità contributiva anche un fatto che non è stato a tal fine preso in considerazione dal legislatore tributario, posto che la norma tributaria, seppur tradizionalmente posta in una diversa posizione rispetto alle altre norme dell’ordina­mento, attesa la sua particolare funzione definitoria di fatti economici in vista della successiva realizzazione del prelievo tributario, non sfugge [continua ..]


3. Il concreto contenuto del possesso dell’immobile ai fini IMU

Fatte tali necessarie considerazioni, al fine di potere delineare il concreto contenuto del presupposto impositivo rilevante ai fini IMU, si ritiene di dover stabilire se la effettiva possibilità di poter ritrarre e fare propria l’utilità ritraibile dal bene immobile sia o meno necessaria al fine di ritenere integrato il presupposto impositivo, e se in sua assenza si dovrebbe, pertanto, escludere l’im­posizione. A tal fine, non può non venire in rilievo l’esame di alcune fattispecie in relazione alle quali il legislatore tributario ha previsto la non imponibilità pur in presenza della titolarità del diritto di proprietà sull’immobile, come, ad esempio, la fattispecie della nuda proprietà dell’immobile e la fattispecie degli immobili collabenti, inagibili o inabitabili. Quanto alla prima di tali fattispecie, è noto come essa, pur integrando addirittura la proprietà dell’immobile, non integri, tuttavia, il presupposto impositivo, posto che soggetto passivo è l’usufruttario dell’immobile [19], il quale ne detiene il possesso materiale. Quanto alla seconda fattispecie, è noto come l’imposizione sia esclusa per quanto concerne gli immobili in stato di collabenza [20], in quanto di valore economico pari a zero e, pertanto, privi di rendita catastale [21], mentre subisca un temperamento, sub specie di dimezzamento del carico tributario, nel caso degli immobili per i quali sia riscontrata l’inagibilità o l’inabitabilità. È stato pure notato come le figure del nudo proprietario e dell’usufrut­tuario dell’immobile, del resto, paiano sovrapporsi, rispettivamente, a quelle del concedente e dell’utilizzatore dell’immobile concesso in leasing [22]: que­st’ultimo, in particolare, dal momento della sottoscrizione del contratto, esercita sull’immobile i poteri spettanti tipicamente al proprietario, potendone, quindi, ritrarne utilità, ed essendo, conseguentemente, inquadrato come soggetto in capo al quale si manifesta il presupposto impositivo [23]. La necessaria sussistenza della possibilità, per il titolare dell’immobile, di poterne trarre utilità, al fine di poter configurare la sussistenza del presupposto impositivo, è stata ancora recentemente considerata dal legislatore tributario, allorquando, [continua ..]


4. La posizione della giurisprudenza di legittimità

La problematica che ci occupa, come si è accennato, vede la posizione quasi unanime della giurisprudenza di legittimità attestata, salvo alcuni casi [29], nel senso di non ritenere esentabile dall’imposizione l’immobile oggetto di occupazione sine titulo. In particolare, ad esempio in tema di occupazione d’urgenza di un immobile da parte della P.A., la Suprema Corte ormai da tempo è ferma nel ritenere [30] che essa, benché caratterizzata da una evidente coattività, non sia idonea a privare il proprietario del possesso del bene immobile occupato, in quanto quest’ultimo, perlomeno fintanto che non interviene il decreto definitivo di esproprio o, comunque, un titolo legittimante la definitiva ablazione, continua ad appartenergli, tanto che, proprio per tale ragione, si riconosce in suo favore una somma a titolo di indennità per l’occupazione [31]. Proprio in virtù di tale ultimo obbligo, nell’occupante non potrà sorgere alcun “animus rem sibi habendi”, con la conseguenza, da un lato, che egli sarà qualificabile come un mero detentore e, dall’altro, che in capo al proprietario continuerà a permanere la soggettività passiva [32]. La medesima impostazione, valorizzante il dato prettamente formale, è stata seguita anche più recentemente dalla Suprema Corte, al fine di dirimere il contrasto giurisprudenziale venutosi a creare in merito alla effettiva sussistenza o meno del presupposto impositivo in capo alla società di leasing nei confronti della quale, a seguito della risoluzione del contratto di locazione finanziaria immobiliare [33], per cause più o meno patologiche, non vi sia stata la materiale restituzione, da parte dell’utilizzatore, dell’immobile oggetto del contratto [34]. Ed infatti, nel dirimere la questione, la Corte, con alcune pronunce rese nel corso dell’ultimo triennio [35] ha risolto il contrasto interpretativo venutosi a formare, nel senso di ritenere che, pur in presenza di risoluzione del contratto di leasing finanziario [36] immobiliare cui non faccia seguito in tempi ragionevoli la restituzione dell’immobile nella disponibilità della società di leasing locatrice, è pur sempre quest’ultima ad assumere la qualifica di soggetto passivo ai fini dell’imposta locale sugli immobili e non [continua ..]


5. La posizione della giurisprudenza di merito

D’altro canto, volendo brevemente dare conto della posizione di quella corrente della giurisprudenza di merito che attualmente pare essere preponderante [41] e che, come si è detto, è attestata nel senso di riconoscere la non imponibilità nel caso in cui si sia in presenza di una occupazione abusiva di un immobile da assoggettare al tributo locale, occorre evidenziare come essa si rifaccia a tutta una serie di argomentazioni imperniate sul riconoscimento della insussistenza del presupposto impositivo ai fini del tributo de quo, in connessione al rispetto del principio di capacità contributiva. Tra le varie pronunce dei giudici di merito, deve evidenziarsi come non sia mancata la posizione di chi [42], a seguito della circostanza di fatto costituita dal­l’occupazione abusiva dell’immobile, abbia ritenuto sic et simpliciter realizzata la perdita di possesso del cespite in capo al soggetto titolare del relativo diritto reale, essendo a quest’ultimo preclusa la possibilità di ripristinare il rapporto materiale con l’immobile, anche solo dal punto di vista dell’“animus rem sibi habendi”. Vi è stata pure la posizione di chi [43], a seguito della circostanza di fatto costituita dalla mancanza di possesso dovuta ad un atto di disposizione integrale dell’immobile da parte di uno solo dei comproprietari, ha ritenuto insussistente il presupposto impositivo in capo all’altro comproprietario, estromesso forzosamente dal godimento del cespite, e dalla possibilità di fruire del relativo reddito [44], anche in misura ideale. Ancora, è stato pure ritenuto [45] che in presenza di una occupazione abusiva di un immobile, opinare, comunque, nel senso della debenza del tributo equivarrebbe a far patire al contribuente le conseguenze non del suo agire, ma le conseguenze di eventi del tutto estranei alla sua volontà, e non evitabili con l’ordinaria diligenza. Da ultimo, si è anche [46] sottolineato che la mancanza di possesso in capo al soggetto titolato è tanto più evincibile e, consequenzialmente, tutelabile sotto il profilo impositivo, quanto più risulta vano per egli il tentativo di richiedere l’inter­vento della forza pubblica al fine di ripristinare il proprio rapporto materiale con l’immobile [47]. Il leit motiv alla base della menzionato orientamento [continua ..]


6. Una difficile soluzione

Sulla base di tali considerazioni, pertanto, si è dell’opinione che l’orienta­mento della Suprema Corte di cui si è dato conto debba essere rimeditato, in quanto sconta un approccio alla fattispecie caratterizzato da un non condivisibile inquadramento del presupposto impositivo. Infatti, la giurisprudenza di legittimità finisce per valorizzare a detto fine un dato – la sussistenza del mero astratto diritto di proprietà o altro diritto reale – slegato dall’effettiva sussistenza della concreta relazione col cespite, vale a dire il possesso per come tradizionalmente inteso. Solo questo, invero, in base alla lettura costituzionalmente orientata della disposizione sul presupposto dell’IMU legittima la debenza del tributo. Non sfugge, comunque, la probabile pur meritevole finalità del giudice di vertice di voler salvaguardare il gettito di questo tributo locale, indubbiamente minato dalle condotte illegittime in parola, che rendono complicato per le Amministrazioni comunali ottenere il pagamento del tributo o in capo al titolare del bene – in quanto appunto privato del possesso – o nei confronti del­l’occupante, attesa l’assenza di un valido titolo giuridico sul cespite e, comunque, l’essere ragionevolmente del tutto incapiente dal punto di vista patrimoniale ai fini dell’assolvimento dell’obbligo impositivo. È innegabile, poi, che del problema dell’occupazione abusiva degli immobili risentano in maniera preponderante quei soggetti proprietari di numerosi alloggi di edilizia residenziale, pubblica o privata, che maggiormente esprimono, da un lato, potenzialità ai fini del relativo gettito tributario e, dall’altro, solidità dal punto di vista finanziario, con la conseguenza che l’esecuzione impositiva nei loro confronti ha quasi sempre esito positivo. Privare l’ente locale di tale gettito, riconoscendo la spettanza dell’esenzione dall’imposizione per il proprietario, potrebbe esporre il Comune a deficit di finanza che dovrebbero essere colmati attraverso l’inasprimento della pressione fiscale nei confronti della collettività municipale, posto che, come detto, l’alternativo recupero delle imposte nei confronti degli occupanti abusivi pare essere solo un’ipotesi di scuola. Così opinando, tuttavia, ci pare che la Suprema Corte si atteggi, più che ad [continua ..]


NOTE