Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Famiglie e imposizione fiscale (di Maurizio Logozzo)


Il contributo fornisce un quadro generale del sistema tributario italiano con riguardo alla famiglia. Dopo la disamina degli attuali modelli familiari sul piano civilistico, se ne verificano le implicazioni a livello tributario.

Ricostruito il sistema di tassazione nell’ambito delle imposte sui redditi dalla riforma del 1973 al successivo intervento della Corte costituzionale che ha escluso il cumulo dei redditi dei coniugi ancorando la normativa vigente all’imposizione individuale, vengono esaminati anche i sistemi di tassazione in vigore in altri Stati, quali lo splitting e il quoziente familiare. La tassazione della famiglia è declinata anche con riguardo alle imposte di successione e donazioni e all’imposta municipale unica (IMU). Il contributo si chiude con l’auspicio che il legislatore, in forza degli artt. 31 e 53 Cost., incentivi l’istituto della famiglia, nelle sue diverse forme, con adeguati interventi di carattere tributario.

Families and taxation

The article provides a general framework of the Italian tax system dealing with “families”. After examining the current family models on a statutory level, the Author explains the implications on a tax level in the context of income taxes from the 1973 reform to the subsequent intervention of the Constitutional Court, which excluded the accumulation of spouses’ income by anchoring the legislation in force to individual taxation; the taxation systems in force in other states, such as splitting and the household quotient, are also examined.

Family taxation is also declined regarding inheritance and gift taxes and the single municipal tax (IMU). The article closes with the hope that the legislator, pursuant to articles 31 and 53 of the Constitution, incentives for the institution of the family, in its various forms, with adequate tax interventions.

SOMMARIO:

1. Introduzione: il rapporto tra Fisco e famiglia nell’ambito delle imposte sui redditi - 2. Tassazione personale o familiare? - 3. Il sistema italiano: dall’imposta di famiglia alla tassazione personale - 3.1. La riforma del 1973 e il cumulo dei redditi familiari - 4. La normativa vigente: assoluta “individualità” dell’imposizione - 5. I sistemi di tassazione familiare: splitting e quoziente familiare - 5.1. Il meccanismo dello splitting: il sistema tedesco e statunitense - 5.2. Il meccanismo del quoziente familiare: il sistema francese - 5.3. Tentativi di introdurre il quoziente familiare in Italia. Il quoziente familiare previsto per l’accesso al c.d. superbonus ristrutturazioni - 6. La tutela fiscale dell’azienda familiare: impresa familiare e patto di famiglia - 7. Il ruolo del “nucleo familiare” nell’accertamento sintetico dei redditi: la posizione della famiglia nel nuovo redditometro - 8. La famiglia nell’imposta sulle successioni e donazioni - 9. L’irrilevanza del nucleo familiare circa l’esenzione dell’IMU sull’“abi­tazione principale” - 10. Considerazioni conclusive


1. Introduzione: il rapporto tra Fisco e famiglia nell’ambito delle imposte sui redditi

La famiglia non è stata mai adeguatamente considerata dal sistema tributario italiano. Ci si intende riferire non soltanto alla cosiddetta famiglia tradizionale, ma anche a nuovi modelli familiari che nel tempo hanno avuto riconoscimento giuridico. Non esiste oggi una definizione unica di famiglia, ma esistono diversi modelli caratterizzati ciascuno da specifiche peculiarità. Esiste un sistema di regole di diritto civile che individua il “fenomeno familiare” e delle precise norme costituzionali che tendono a valorizzare l’istituto familiare. Come da ultimo sottolineato dalla Corte costituzionale, “il sistema fiscale italiano si dimostra avaro nel sostegno alle famiglie. E ciò nonostante la generosità con cui la Costituzione italiana ne riconosce il valore, come leva in grado di accompagnare lo sviluppo sociale, economico e civile, dedicando ben tre disposizioni a tutela della famiglia, con una attenzione che raramente si ritrova in altri ordinamenti” (Corte cost., sent. 13 ottobre 2022, n. 209). In tale contesto assumono rilievo, in particolare, l’art. 29 (“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (quale tipo di matrimonio?)) e l’art. 31 (“La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adem­pimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”). Non c’è dubbio che le disposizioni costituzionali, almeno nell’intenzione dei padri costituenti, facessero riferimento alla famiglia tradizionale e non a quei modelli “familiari” che hanno avuto riconoscimento giuridico dalla L. n. 76 del 20 maggio 2016 (c.d. Legge Cirinnà, entrata in vigore il 5 giugno 2016 con i successivi decreti attuativi D.Lgs. nn. 4, 6 e 7 del 19 gennaio 2017). I modelli familiari risultanti all’esito di tale legge sono i seguenti: - il matrimonio (artt. 79 c.c. ss. e art. 29 Cost.): il negozio giuridico solenne mediante il quale un uomo e una donna costituiscono tra loro una comunione spirituale e materiale e acquistano lo status di coniugi; - l’unione civile (L. n. 76/2016, art. 1, commi 1-34, e art. 2 Cost.): formazione sociale ritualmente costituita, mediante dichiarazione di fronte all’Ufficiale dello stato civile, da due persone maggiorenni dello stesso sesso, unite stabilmente da legami [continua ..]


2. Tassazione personale o familiare?

In ordine all’imposizione sul reddito delle persone fisiche, due sono le alternative possibili, rimesse alla discrezionalità del legislatore: tassare il reddito personale oppure quello familiare, individuando la cosiddetta unità impositiva nella persona fisica o, viceversa, nella famiglia. Nella prima ipotesi l’imposta, personale, tiene conto del reddito e delle spese dell’individuo; nella seconda, invece, si ha un’imposta che, ancorché personale, viene calcolata come una frazione del reddito familiare, determinata, come si vedrà, secondo schemi diversi. Gli obiettivi che gli ordinamenti giuridici possono prefiggersi in astratto, nella scelta tra la famiglia e la singola persona come unità di tassazione, sono molteplici e diversificati: pervenire a un trattamento fiscale uniforme delle famiglie che hanno uno stesso reddito (ad esempio, tramite il cumulo dei redditi); trattare in maniera uniforme il reddito complessivo della famiglia rispetto a quello prodotto da un singolo individuo; assicurare che la tassazione non cambi a seconda dello status familiare del contribuente (celibe/nubile o sposato), come accade nel nostro sistema personalistico “puro”; garantire la progressività del sistema d’imposizione. Le difficoltà che si frappongono al raggiungimento di tali obiettivi diversificati sono aumentate negli ultimi anni a causa del venir meno dell’unitario concetto di nucleo familiare e del contestuale moltiplicarsi, come si è visto, dei “tipi” di famiglia di cui l’ordinamento dovrebbe tenere conto ai fini della regolamentazione, anche sotto il profilo fiscale. Gli Stati membri dell’OCSE hanno effettuato scelte diverse in merito all’in­divi­duazione della cosiddetta “unità fiscale”. La maggior parte di essi prevede un sistema di tassazione individuale, che sembra garantire maggiormente gli obiettivi di equità e pari trattamento fiscale rispetto ad una crescente complessità degli assetti familiari nella società moderna. Solo cinque Stati membri dell’OCSE prevedono forme di cumulo dei redditi dei componenti della “famiglia fiscale” (Belgio, Francia, Grecia, Lussemburgo, Svizzera), mentre altri sette Stati (Stati Uniti, Germania, Islanda, Irlanda, Norvegia, Polonia e Spagna) permettono ai componenti della famiglia di optare per una tassazione su base familiare [continua ..]


3. Il sistema italiano: dall’imposta di famiglia alla tassazione personale

Anche il nostro Paese ha seguito il medesimo percorso: il regime tributario della famiglia è mutato nel corso del tempo, in conseguenza della scelta normativa di caratterizzare in senso personalistico il sistema d’imposizione diretta e di collocarne al centro il singolo contribuente. Il concetto di famiglia come “entità economica a sé stante”, in grado di produrre ed erogare redditi per fini comuni ai suoi membri e di giustificare la tassazione della ricchezza del “nucleo”, è stato via via soppiantato da un criterio più aderente alla realtà sociale, volto a tassare i redditi imputabili ai singoli componenti del nucleo e a riconoscere a ciascuno sgravi connessi al mantenimento dei familiari a carico. Se nell’ordinamento vigente è ormai consolidato il principio secondo cui la famiglia non costituisce autonomo soggetto d’imposta, la situazione era assai differente in passato; basti ricordare a tal proposito la soppressa imposta di famiglia, il cui presupposto era rappresentato da diversi livelli di agiatezza dell’intero nucleo familiare.


3.1. La riforma del 1973 e il cumulo dei redditi familiari

Con la L. delega n. 825/1971, il legislatore ha istituito, com’è noto, l’im­posta sul reddito delle persone fisiche, ispirata ad una tassazione del reddito informata al criterio dell’unicità, della personalità e della progressività (art. 2, n. 3). Il principio di “personalità” del tributo fu tuttavia disatteso dal legislatore delegato, il quale adottò per contro il principio del cumulo obbligatorio dei redditi dei coniugi: l’art. 4, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, stabilì infatti che i redditi della moglie, non legalmente ed effettivamente separata e dei figli minori conviventi, si andavano a sommare a quelli del marito, oltre a tutti quelli degli altri soggetti su cui quest’ultimo esercitasse la potestà all’interno della famiglia; dunque, il legislatore tratteggiò la famiglia come “nucleo” fiscale in quanto tale in grado di esprimere una propria capacità contributiva distinta rispetto a quella dimostrata dai suoi singoli componenti. Come è noto, sul cosiddetto cumulo dei redditi, si è abbattuta la scure della Corte costituzionale, che, con la sentenza n. 179 del 15 luglio 1976, ha sancito la fine del cumulo, ritenendo che questo istituto violasse gli artt. 3 (parità di trattamento tra i cittadini), 29 (parità giuridica e morale dei coniugi) e 53 (capacità contributiva) della Costituzione. Insomma, sotto il profilo fiscale è stata spezzata l’unità economica del nucleo familiare, che per vero, se una volta poteva essere considerato elemento ovvio, oggi, dal punto di vista sociale, è posto grandemente in discussione (vedi il fenomeno in crescente aumento delle separazioni e dei divorzi e la scelta dei coniugi verso il regime della separazione dei beni). Per far fronte al dettato della Corte costituzionale – la quale aveva affermato l’esigenza che i principi della personalità e della progressività dell’imposta fossero esattamente applicati e che la soggettività passiva dell’imposta dovesse essere riconosciuta ad ogni persona con riguardo alla sua capacità contributiva – intervenne il legislatore con le L. n. 751/1976 e n. 114/1977, sancendo così il principio in base al quale, ai fini IRPEF dovessero essere considerati soggetti passivi di imposta tutte e solo le persone fisiche che [continua ..]


4. La normativa vigente: assoluta “individualità” dell’imposizione

Nonostante l’esigenza di valorizzazione fiscale della famiglia e i continui “suggerimenti” della Corte costituzionale al legislatore, il nostro sistema rimane tuttora imperniato sull’assoluta “individualità” dell’imposizione. A ciascuno dei membri del nucleo familiare fa dunque capo un autonomo obbligo di dichiarazione e versamento, salva la facoltà, per lungo tempo concessa a tutti i contribuenti e oggi limitata ai coniugi che possiedono esclusivamente redditi da dichiarare nel Modello 730, di presentare la cosiddetta dichiarazione congiunta (che comunque non incide sul metodo di determinazione dei redditi, che rimane personale, ma unicamente sul versamento dell’imposta). In particolare, il sistema di imposizione era congegnato, fino all’anno 2006, in una serie di deduzioni per oneri di famiglia (che formavano la cosiddetta no-tax family area, cui si affiancava la previsione delle cosiddette no-tax area), pari a degli importi stabiliti con riguardo alle diverse categorie di familiari a carico, e il cui importo era determinato in misura decrescente al crescere del reddito. La Legge Finanziaria per il 2007 ha sostituito il meccanismo delle deduzioni con la previsione di determinate detrazioni per i familiari a carico, stabilite anch’esse sulla base del reddito complessivo (fino a un tetto massimo) e avuto riguardo al numero di figli, con l’introduzione di una specifica detrazione in favore delle famiglie con almeno quattro figli a carico. Fondamentale sotto questo aspetto è la previsione delle detrazioni per carichi di famiglia (art. 12, TUIR). Riguardano in particolare: la detrazione per coniuge a carico; la detrazione per figli a carico; la detrazione per altrui familiari a carico di cui all’art. 433 c.c. Il D.Lgs. n. 230/2021, che ha istituito l’assegno unico ed universale per i figli a carico dal 1° marzo 2022, ha contestualmente modificato in maniera rilevante l’art. 12 TUIR. La modifica più importante ha riguardato le detrazioni per i figli a carico, limitandole ai figli (compresi i figli nati fuori dal matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati) di età pari o superiore a 21 anni. Le detrazioni per il coniuge a carico e gli altri familiari non sono stati modificate. Com’è noto, le detrazioni variano a seconda del rapporto di parentela (coniuge, figli, altri familiari a carico) e delle soglie di [continua ..]


5. I sistemi di tassazione familiare: splitting e quoziente familiare

Dopo questa panoramica sul nostro sistema, mi soffermo brevemente sul sistema alternativo a quello vigente nel nostro Paese (che abbiamo definito come tassazione individuale dei redditi), il quale consiste nella tassazione familiare, che si applica sulla base del reddito familiare complessivo o su una quota di esso. Tali forme di tassazione sono giustificate dalla considerazione secondo cui la valutazione della capacità contributiva è influenzata non solo dal reddito individuale, ma anche dalle risorse del nucleo familiare a cui l’individuo appartiene e dalla numerosità dello stesso: l’unità fiscale non è l’individuo, ma la famiglia. Gli schemi di tassazione familiare sono sostanzialmente due: il cumulo dei redditi e la tassazione per parti.


5.1. Il meccanismo dello splitting: il sistema tedesco e statunitense

Il primo metodo consiste di due passaggi: in primis si sommano i redditi dei componenti della famiglia; successivamente si applica, all’importo risultante, l’ali­quota media prevista. Con il metodo dello splitting, tradizionalmente utilizzato negli Stati Uniti e in Germania, il reddito complessivo familiare, dato dalla somma dei redditi dei due coniugi, viene diviso per due e l’aliquota è applicata alla “parte” così ottenuta. L’im­posta così calcolata è moltiplicata per due, per ottenere il debito d’imposta del nucleo, determinato considerando la presenza di figli o altri familiari a carico con deduzioni dalla base imponibile e detrazioni d’imposta. Poiché con lo splitting i redditi vengono calcolati insieme e poi, sulla metà, viene applicata l’imposta, si produce lo stato di fatto che sussisterebbe se entrambi i coniugi avessero lo stesso reddito e fossero tassati singolarmente. È ovvio che, quando entrambi i coniugi hanno un reddito equivalente, lo splitting non porta alcun vantaggio, mentre il vantaggio massimo si ha nelle famiglie monoreddito e in quella famiglia in cui è grande la differenza tra i redditi dei coniugi (si parla, a tal proposito, nel sistema tedesco, di “effetto moglie del milionario”). Sia in Germania che negli Stati Uniti l’adozione di tale metodo non è obbligatorio, ma è rimesso alla facoltà dei coniugi, che possono optare per essere tassati disgiuntamente, oppure in modo congiunto, presentando in tal caso una dichiarazione congiunta e versando l’imposta sulla base del metodo così descritto.


5.2. Il meccanismo del quoziente familiare: il sistema francese

Ulteriore variante della tassazione familiare per parti separate consiste nell’ado­zione del cosiddetto quoziente familiare. Secondo tale metodo, proprio della tradizione francese, l’aliquota da applicare e l’imposta dovuta si calcolano per una “parte” di reddito, individuata dividendo il reddito complessivo familiare per un quoziente, che si ottiene attribuendo a ciascun individuo un coefficiente. L’imposta complessivamente dovuta dal nucleo si ottiene dalla moltiplicazione dell’imposta calcolata su ciascuna “parte” per il quoziente. L’elemento caratteristico del quoziente familiare è dato dal criterio di determinazione del coefficiente attribuibile ai singoli componenti della famiglia. Vi è una differenziazione del coefficiente in funzione della composizione del nucleo familiare (per esempio, assegnando un valore pari a 1 a ciascuno dei due coniugi e un valore inferiore agli altri membri della famiglia), ma anche in funzione della condizione personale di ogni membro del nucleo, tenendo conto, per esempio, dello stato civile o della condizione lavorativa. La differenza principale rispetto allo splitting è data dal fatto che, nel caso del quoziente, la suddivisione opera non soltanto tra i coniugi, ma anche tra i figli: ogni persona paga l’imposta sulla quota parte di reddito. Nell’esperienza francese, tale meccanismo si traduce nella tassazione globale della capacità contributiva della famiglia considerata, sul piano economico, come un’u­nità impositiva. Ogni contribuente francese, difatti, è assoggettato a imposta sul reddito per l’insieme dei redditi dei membri della famiglia fiscale, composta dal contribuente stesso, dal coniuge, dai figli non coniugati di età inferiore a diciotto anni e dai figli comunque conviventi. Il contribuente può, altresì, considerare persona a carico gli invalidi conviventi, ancorché con gli stessi non sussista alcun legame di parentela. La “famiglia fiscale” (foyer fiscal) francese può essere composta anche da conviventi di fatto, che abbiano stipulato un patto civile di solidarietà, a partire dal terzo anno. Senza scendere nel dettaglio, rilevo che gli effetti maggiori, in termini di incidenza fiscale, del quoziente familiare si verificano a favore dei nuclei familiari monoreddito e di quelli più numerosi, tenendo presente [continua ..]


5.3. Tentativi di introdurre il quoziente familiare in Italia. Il quoziente familiare previsto per l’accesso al c.d. superbonus ristrutturazioni

La soluzione del quoziente familiare è stata proposta in Italia dal Governo sin dall’anno 1990, con l’approvazione della L. delega n. 428/1990, relativa alla revisione del trattamento tributario dei redditi della famiglia. La delega, non esercitata entro la scadenza dei termini, fissava dei principi analoghi a quelli del sistema francese, introducendo un regime di tassazione familiare applicabile su opzione dei contribuenti e indicando, quale “famiglia fiscale”, una nozione ampia sulla base del medesimo modello francese (ricomprendendovi anche le convivenze di fatto). Nel corso degli ultimi vent’anni, sono state decine i disegni di legge di origine parlamentare per introdurre una tassazione opzionale basata sul quoziente familiare alla francese con delle differenziazioni legate al quoziente da attribuire al coniuge e ai figli (noto che il modello dello splitting non ha avuto successo in quanto è stato proposto soltanto in un disegno di legge). Non si può far a meno di sottolineare, comunque, che il criterio del quoziente familiare per la prima volta è stato previsto in Italia dal D.L. 18 novembre 2022, n. 176 (art. 9), c.d. Decreto Aiuti Quater. Il quoziente familiare è legato al c.d. superbonus per la riqualificazione del patrimonio edilizio. Per gli interventi avviati nel 2023 sulle c.d. villette unifamiliari, tra le condizioni per l’accesso all’agevolazione al 90% è previsto che il contribuente abbia un «reddito di riferimento» non superiore a 15mila euro, determinato «dividendo la somma dei redditi complessivi posseduti» nel 2022 dal contribuente e dai familiari «presenti nel suo nucleo familiare», per un numero pari alla somma dei seguenti importi: –1 per il contribuente; –1 per il coniuge, il soggetto legato da unione civile o la persona convivente (naturalmente, si tratta di persona convivente more uxorio di una «convivenza di fatto», in base all’art. 1, commi 36 e 37, della L. 20 maggio 2016, n. 76, con l’apposita «dichiarazione anagrafica»). Se nel nucleo familiare sono presenti familiari di cui all’art. 12 del TUIR, diversi da quelli indicati precedentemente, che nel 2022 sono risultati a carico del contribuente, cioè nelle condizioni previste dall’art. 12, comma 2, del TUIR, al denominatore della divisione va sommato 0,5 in caso di un familiare, 1 in caso [continua ..]


6. La tutela fiscale dell’azienda familiare: impresa familiare e patto di famiglia

Tornando all’ordinamento italiano, mi soffermo su due aspetti nei quali l’ordi­namento si rivela particolarmente sensibile alla “famiglia”. Il primo aspetto, di natura sostanziale, riguarda quell’entità patrimoniale comunemente definita “impresa familiare”; il secondo, di tipo applicativo, riguarda invece la possibilità, per l’Amministrazione finanziaria in sede di accertamento, di utilizzare proprio il nucleo familiare quale centro di imputazione giuridico per determinare – mediante lo strumento del redditometro – il reddito dei componenti della famiglia. Se nel primo “istituto” è l’ordinamento fiscale ad attuare il favor familiae, nel secondo caso la famiglia costituisce un vero e proprio “strumento” finalizzato all’ac­certamento dei redditi da parte del Fisco. L’azienda di famiglia è quella in cui la gestione dell’impresa fa capo a una singola persona fisica ovvero a più persone legate da vincoli di parentela, che forniscono un apporto personale all’azienda, sentendola come propria. Si tratta di un modello imprenditoriale molto diffuso nell’ambito dell’Unione Europea (che rappresenta circa il 95% delle attività produttive e dà lavoro a circa i due terzi degli occupati nel settore privato). Il nostro Paese è perfettamente in linea con tali dati, ed infatti la maggior parte delle piccole e medie imprese, che sono la struttura portante dell’economia italiana, possono essere considerate aziende di famiglia. Il legislatore italiano, nell’ambito della riforma del diritto di famiglia, introducendo nell’ordinamento la figura dell’impresa familiare, di cui all’art. 230 bis c.c., ha inteso dare regolamentazione a quei rapporti che nascono in seno ad un’impresa ogni qualvolta un familiare dell’imprenditore presti la sua opera in maniera continuativa nell’impresa di famiglia. In forza di tale norma, è riconosciuto al familiare che presti la propria attività di lavoro in modo continuativo nell’impresa familiare, il diritto al mantenimento secondo le condizioni patrimoniali della famiglia; il diritto alla partecipazione agli utili dell’impresa e dei beni acquistati con essi, nonché agli incrementi anche in ordine all’avviamento in proporzione alla qualità e alla quantità del [continua ..]


7. Il ruolo del “nucleo familiare” nell’accertamento sintetico dei redditi: la posizione della famiglia nel nuovo redditometro

La famiglia assume rilevanza anche come “strumento” per agevolare l’atti­vità di accertamento del Fisco. Difatti, il nuovo redditometro prende in considerazione il concetto di nucleo familiare, inteso quale centro comune di imputazione delle spese, al fine di consentire la determinazione induttiva di un reddito presunto. In buona sostanza, è curioso notare come il legislatore abbia inteso dare rilevanza al concetto di “famiglia fiscale” non tanto nella fase “fisiologica” del rapporto con il contribuente (si è detto che l’imposta sui redditi non è particolarmente “sensibile” ai rapporti familiari), bensì in quella “patologica” del rapporto tributario, nella fase cioè dell’accertamento di maggiori redditi. Si ha così il paradosso per cui la “famiglia fiscale” continua a essere ignorata, in via generale, con riferimento alla determinazione di una base imponibile “comune”, ma assume rilevanza per quanto concerne l’attuazione del cosiddetto “interesse fiscale” nella fase di accertamento. Lo strumento redditometrico individua difatti il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva attribuibili per gruppi e categorie di consumi, suddivisi per area geografica e tipologia del nucleo familiare di appartenenza del contribuente. L’art. 1, comma 3, D.M. 24 dicembre 2012, istitutivo del nuovo accertamento sintetico, prevede: “Il contenuto induttivo degli elementi di capacità contributiva, indicato nella Tabella A, è determinato tenendo conto della spesa media del nucleo familiare di appartenenza del contribuente [...]. Le tipologie di nuclei familiari considerate sono indicate nella Tabella B”. L’eventuale non congruità imputabile al nucleo familiare viene quindi trasposta sul singolo contribuente, sulla base dei criteri previsti dagli artt. 2 e 3 del D.M. L’art. 2 stabilisce che si considerano sostenute dal contribuente le spese relative a beni e servizi effettuate dal coniuge e dai familiari fiscalmente a carico; il successivo art. 3, prevede che l’ammontare delle spese statistiche riferite ai consumi del nucleo familiare di appartenenza vada imputato ai componenti con un sistema proporzionale basato sull’ammontare dei redditi riferibili ai singoli o, in mancanza di redditi sulla base del [continua ..]


8. La famiglia nell’imposta sulle successioni e donazioni

L’attuale sistema dell’imposta sulle successioni e donazioni è frutto, come è noto, della reintroduzione del tributo ad opera del D.L. n. 262/2006, contenente il rinvio al D.Lgs. n. 346/1990. La relativa disciplina risulta fortemente caratterizzata dalla rilevanza del rapporto di coniugio o di parentela tra disponente/de cuius e beneficiario dell’attribuzione a titolo gratuito o mortis causa. È esclusa qualsiasi rilevanza del nucleo familiare in quanto tale. Rispetto alle imposte sui redditi, la disciplina è particolarmente favorevole al punto da potersi considerare l’ordinamento italiano una sorta di paradiso fiscale sotto tale profilo. È noto che vi sono proposte di riforma in senso pro fisco di tale disciplina. La tassazione è fortemente limitata mediante l’applicazione di franchigie differenziate in base al rapporto di parentela o di coniugio. Allo stesso tempo, in considerazione della sussistenza di tali rapporti vengono differenziate le aliquote. La combinazione di questi due criteri determina, in termini di tassazione, i seguenti scenari, applicandosi: i) il 4 per cento se i beneficiari sono il coniuge o i parenti in linea retta; l’aliquota si applica sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, euro 1.000.000; ii) il 6 per cento se i beneficiari sono fratelli e sorelle; l’aliquota si applica sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, euro 100.000; iii) il 6 per cento, senza alcuna franchigia, se i beneficiari sono altri parenti sino al quarto grado o affini in linea retta sino al terzo grado ;iv) l’8 per cento se beneficiari sono altri soggetti; v) a favore di tutti i beneficiari, se portatori di handicap, l’imposta si applica esclusivamente sulla parte del valore o della quota eccedente euro 1.500.000, a prescindere dal rapporto di parentela con il de cuius; le aliquote si applicheranno invece in relazione al grado di parentela eventualmente esistente. Vanno aggiunte alcune considerazioni. Tale disciplina è coerente (e conseguente) alla previsione di norme civilistiche che prevedono le successioni necessarie, nonché le successioni legittime in assenza di testamento. In secondo luogo, va ricordato che il comma 21 dell’articolo unico della L. n. 76/2016 prevede, in particolare, che alle parti dell’unione civile (riservata a persone dello stesso sesso) si applichino le norme del [continua ..]


9. L’irrilevanza del nucleo familiare circa l’esenzione dell’IMU sull’“abi­tazione principale”

Nel campo delle imposte sul patrimonio l’istituto familiare rimane del tutto estraneo. In tal senso, come è noto, si è espressa la Corte costituzionale con la sentenza n. 209 depositata lo scorso 13 ottobre 2022. Il Giudice delle leggi era stato chiamato a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale della normativa relativa all’esenzione dall’IMU sull’abitazione principale, avuto riguardo al luogo di residenza anagrafica e di dimora abituale dell’intero nucleo familiare a cui afferisce il possessore dell’immobile (art. 13, comma 2, quarto e quinto periodo, D.L. n. 201/2011, introdotti con l’art. 4, comma 5, lett. a, D.L. n. 16/2012; art. 1, comma 639, L. n. 147/2013; art. 1, comma 741, lett. b, L. n. 160/2019). L’intervento della Corte costituzionale si era reso indispensabile in quanto il “diritto vivente” della Suprema Corte di Cassazione, formatosi intorno alla normativa vigente, era ormai giunto alle “estreme conseguenze” sul piano letterale, negando al possessore dell’immobile l’esenzione dell’imposta allorché non tutti i membri del “nucleo familiare” fossero residenti (anagraficamente e con dimora abituale) presso lo stesso immobile, e ciò a fronte non solo di ipotesi abusive, ma anche di effettive esigenze di vita (es. per ragioni di lavoro). In altre parole, l’orientamento della Cassazione era imperniato sulla considerazione “monolitica” dell’istituto familiare, quale “soggetto fiscalmente autonomo” rispetto ai singoli componenti, con la conseguenza che l’allon­tanamento dal “tetto familiare” anche di uno solo di essi (specialmente con riguardo ai coniugi, non legalmente separati) comportava il venir meno di tale unità/entità e, di riflesso, l’im­possibilità per i singoli componenti della famiglia di poter beneficiare dell’a­ge­volazione IMU. Ebbene, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della suddetta normativa per contrasto con gli artt. 3, 31 e 53 della Costituzione. In relazione all’art. 3 della Costituzione, la Corte ha osservato: “ai fini del riconoscimento dell’esenzione dell’abitazione principale, non ritenere sufficiente la residenza e – si noti bene – la dimora abituale in un determinato immobile … determina [continua ..]


10. Considerazioni conclusive