Con l’ordinanza 25 ottobre 2022, n. 31560, la Cassazione ha affermato che, in materia di concordato preventivo, la notifica di una cartella di pagamento, quale atto che accorpa in sé le funzioni di precetto ma non determina l’inizio della procedura esecutiva, non rientra nel divieto previsto dall’art. 168 L.F. Pertanto, interpretazione di segno contrario proposta con alcuni precedenti giurisprudenziali di legittimità dovrebbe ritenersi superata anche in considerazione dell’applicazione immediata, con efficacia a valere dai giudizi pendenti al 21 dicembre 2021, delle nuove disposizioni sulla non impugnabilità dell’estratto di ruolo e sui limiti all’impugnabilità del ruolo previsti dall’art. 12, comma 4 bis del D.P.R. n. 602/1973. Le conclusioni raggiunte dalla Suprema Corte non sembrano pienamente condivisibili e offrono lo spunto per svolgere alcune considerazioni critiche sulla legittimità costituzionale della novella, recentemente confermata dalla Consulta con la sentenza 17 ottobre 2023, n. 190.
In its decision case no. 31560 of 25 October 2022, the Italian Supreme Court stated that in the field of restructuring agreements the notification of the payment notice, intended as a precept, does not determine the beginning of the executive procedure and for this reason does not fall within the prohibition provided by article 168 of Bankruptcy Law. Therefore, the different interpretation proposed by the Supreme Court with other decisions should be considered obsolete, also in consideration of the immediate application, from the pending judgements as at the 21 December 2021, of the new provisions of the non-appealability of the abstract of register and on the limits to the appealability of the register provided by article 12, paragraph 4 bis of the Presidential Decree no. 602/1973. The conclusions reached by the Supreme Court do not seem fully acceptable and offer the opportunity to criticize the constitutional legitimacy of the rule of law, recently confirmed by the Constitutional Court with the judgment 17 october 2023, no. 190.
1. Introduzione - 2. La vicenda processuale - 3. L’art. 168 L.F.: il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore concordatario - 4. La quaestio iuris: la cartella di pagamento notificata in pendenza di un concordato preventivo determina l’applicazione del divieto di cui all’art. 168 L.F.? - 5. L’applicazione ai giudizi in corso dei nuovi limiti sull’impugnabilità del ruolo e dell’estratto di ruolo: profili di incostituzionalità dell’art. 12, comma 4 bis del D.P.R. n. 600/1973 - 6. Le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Napoli e dal Giudice di Pace di Napoli - 6.1. La sentenza “monito” della Consulta - 7. Riflessioni conclusive - NOTE
Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione ha affermato che la peculiare natura della cartella di pagamento, assimilabile ad un atto di precetto, non ne impedisce la notifica dopo la pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato diventa definitivo; ciò, in quanto, l’inizio dell’azione esecutiva sul patrimonio del debitore concordatario, vietata dall’art. 168 L.F. [1], non deve ricondursi alla notifica della cartella di pagamento, bensì all’inizio della vera e propria procedura esecutiva, il cui incipit è rappresentato dal pignoramento. Di conseguenza, la diversa tesi interpretativa proposta dalla Suprema Corte con alcuni precedenti giurisprudenziali – secondo cui la notifica della cartella di pagamento costituisce a tutti gli effetti l’inizio dell’azione esecutiva – dovrebbe ritenersi superata. Inoltre, tale indirizzo interpretativo sarebbe incompatibile con il nuovo comma 4 bis dell’art. 12 del D.P.R. n. 602/1973, inserito dall’art. 3 bis del D.L. n. 146/2021, convertito con modificazioni dalla L. n. 215/2021, che ha previsto – salvo specifici casi [2] – la non impugnabilità degli atti della riscossione conosciuti in occasione del rilascio dell’estratto di ruolo; secondo l’arresto giurisprudenziale in commento, l’art. 12, comma 4 bis del D.P.R. n. 602/1973 sarebbe applicabile anche ai giudizi pendenti alla data dell’entrata in vigore della L. n. 215/2021 e, dunque, ai ricorsi depositati prima del 21 dicembre 2021. Ne consegue che, qualora il ruolo e l’estratto di ruolo non siano impugnati dal curatore del fallimento o dall’amministratore o dal contribuente (in caso di inerzia del curatore), se non alle condizioni previste dall’art. 12, comma 4 bis del D.P.R. n. 602/1973, l’ammissione al passivo che si fondi su detti atti delimita la possibilità dei soggetti indicati di contestare la fondatezza della pretesa impositiva. Le conclusioni raggiunte dalla Cassazione con l’ordinanza in commento non sembrano pienamente condivisibili in quanto un’interpretazione costituzionalmente orientata porterebbe a concludere che le nuove disposizioni possano trovare applicazione soltanto per i ricorsi proposti a far data dal 21 dicembre 2021: la pronuncia, che fa [continua ..]
Nella fattispecie esaminata dalla Corte di Cassazione, una società di capitali operante nel settore fotovoltaico e delle energie alternative aveva chiesto l’ammissione alla procedura di concordato preventivo ex art. 161 L.F. e presentato istanza di transazione fiscale ex art. 182 ter L.F., rispetto alla quale l’Agenzia delle Entrate aveva manifestato il proprio dissenso. A seguito del ricorso della società, la Corte d’Appello competente accoglieva il reclamo, revocando il fallimento della società e il diniego di omologa del concordato; gli atti venivano quindi rimessi al Tribunale, che dichiarava aperta la procedura di concordato preventivo. Nell’ambito di tale procedura, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società una cartella di pagamento a titolo di sanzioni; la società proponeva ricorso avverso la cartella, sul rilievo che non era ammissibile la notifica di atti esecutivi in violazione della par condicio creditorum e del piano concordatario. I giudici di prime cure accoglievano il ricorso, ritenendo illegittima la notifica della cartella di pagamento in pendenza della procedura concordataria per contrasto con il disposto dell’art. 168 L.F. I giudici d’appello confermavano la sentenza di primo grado sulla scorta dell’inammissibilità di azioni esecutive sul patrimonio del debitore sino al passaggio in giudicato del decreto di omologazione; gli stessi giudici precisavano che la cartella di pagamento era stata notificata allorquando la società era già stata ammessa al concordato preventivo e prima del passaggio in giudicato del decreto di omologazione. L’Amministrazione Finanziaria proponeva ricorso per Cassazione, deducendo la violazione e la falsa applicazione degli artt. 167 e 168 della L.F., nonché dell’art. 15 bis del D.P.R. n. 602/1973 ex art. 360, n. 3, c.p.c. per avere i giudici regionali attribuito al ruolo straordinario di imposta e alla conseguente cartella di pagamento la natura di atti esecutivi, sostenendo che l’iscrizione a ruolo di un credito fiscale per sanzioni è atto dovuto, gravando sul contribuente l’onere di chiedere la sospensione del titolo esecutivo, dovendosi individuare l’entità del passivo ed il piano di riparto o il piano concordatario.
L’art. 168 L.F. [4] prevede che dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato proposto diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, a pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Come evidenziato dall’ordinanza in commento, la richiamata disposizione assolve alla duplice funzione di conservare l’integrità del patrimonio dell’imprenditore da possibili azioni intraprese dai creditori concorsuali e di garantire il rispetto della par condicio creditorum, nella prospettiva di un negativo epilogo della procedura concordataria con conseguente dichiarazione di fallimento [5]. Il divieto in esame trova applicazione, sotto il profilo soggettivo, anche ai crediti dell’erario sorti prima dell’apertura della procedura, per cui anche i crediti dell’Agente della Riscossione devono essere fatti valere nell’ambito della procedura concordataria, ancorché assistiti da titolo esecutivo [6]. La violazione del divieto comporta la nullità degli atti esecutivi compiuti dopo la pubblicazione della domanda di concordato. Più precisamente, l’art. 168 L.F. impedisce ai creditori di intraprendere l’esecuzione forzata e, quindi, di effettuare il pignoramento, per cui il debitore può proporre opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. in caso di violazione del divieto [7], salvo non si affermi la rilevabilità d’ufficio a fronte della mera allegazione dell’interessato [8].
4.1. Le oscillazioni della giurisprudenza di legittimità In tempi recenti, la giurisprudenza di legittimità ha assunto posizioni contrastanti in merito all’applicazione del divieto previsto dall’art. 168 L.F. in caso di notifica di una cartella esattoriale in pendenza di un concordato preventivo. Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale, la notifica della cartella di pagamento costituisce un vero e proprio esercizio di azione esecutiva in considerazione della funzione esclusiva della cartella di realizzare, anche in executivis, la pretesa erariale e per tale ragione ricade nell’ambito di applicazione del divieto previsto dall’art. 168 L.F. [9] A sostegno di questa condivisibile lettura interpretativa, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 11 novembre 2021, n. 33408, hanno evidenziato come, in ogni caso, la mancata notifica della cartella di pagamento in pendenza della procedura di concordato preventivo non pregiudichi la posizione dell’Amministrazione Finanziaria. L’art. 33 del D.Lgs. n. 122/1999, infatti, nel disciplinare la posizione dei contribuenti sottoposti alla procedura del concordato preventivo, autorizza, per un verso, l’ente creditore ad iscrivere a ruolo il credito vantato dall’Erario e, per l’altro, il concessionario della riscossione all’insinuazione di tale credito nella procedura concorsuale; ne consegue che non è necessaria la notifica della cartella per partecipare alla procedura concordataria, essendo sufficiente la produzione dell’estratto di ruolo da parte dell’Amministrazione Finanziaria [10]. La pretesa erariale è inoltre salvaguardata dal disposto dell’art. 25, comma 1 bis del D.P.R. n. 602/1973, che, in deroga alle disposizioni ordinarie in tema di decadenza, prevede un’apposita disciplina per la notificazione della cartella relativa ai crediti anteriori alla data di pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo nel registro delle imprese; nel dettaglio, tale disposizione prevede per i crediti anteriori alla pubblicazione del ricorso per l’ammissione al concordato, non ancora iscritti a ruolo, che il concessionario della riscossione notifichi la cartella a pena di decadenza entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla pubblicazione: (i) del decreto che revochi l’ammissione al concordato ovvero ne dichiari la mancata approvazione [continua ..]
Con l’ordinanza in commento la Cassazione è giunta inoltre ad affermare che la diversa impostazione dogmatica proposta dalle Sezioni Unite con la sentenza 11 novembre 2021, n. 33408 sarebbe incompatibile con il nuovo comma 4 bis dell’art. 12 del D.P.R. n. 602/1973, che ha previsto la non impugnabilità della cartella e del ruolo nel caso in cui se ne contesti un vizio di notifica (“invalidamente notificata”); ciò, salvo i soli casi in cui il debitore dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a gare di appalto (per effetto di quanto previsto dall’art. 80, comma 4 del D.Lgs. n. 50/2016) oppure un blocco dei pagamenti ex art. 48 bis del D.P.R. n. 602/1973 (ossia per la riscossione di somme da soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lett. a), del D.M. n. 40/2008) o, infine, la perdita di un beneficio nei rapporti con una Pubblica Amministrazione [18]. La richiamata disposizione, invero, come peraltro affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 6 settembre 2022, n. 26283, sarebbe applicabile anche ai giudizi pendenti alla data dell’entrata in vigore della L. n. 215/2021 e, pertanto, ai ricorsi depositati alla data del 21 dicembre 2021, in quanto specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata. Ne deriva che, se il ruolo e l’estratto di ruolo non sono impugnabili dal curatore del fallimento o dall’amministratore ovvero dal contribuente (in caso di inerzia del curatore [19]) se non a determinate condizioni, l’ammissione al passivo che si fondi solo su detti atti delimita la possibilità dei soggetti indicati di contestare la fondatezza della pretesa. La soluzione interpretativa resa dalla Cassazione con l’arresto giurisprudenziale in commento non sembra condivisibile. Come osservato da autorevole dottrina [20], infatti, è indubbio che le modifiche introdotte alla disciplina processuale si applichino, in genere, anche ai processi in corso e che la materia processuale non sia, di per sé, sotto questo profilo soggetta a vincoli di rango primario. Tuttavia, la questione in gioco concerne la verifica dei requisiti di ammissibilità del ricorso introduttivo nel processo tributario; tali requisiti, in particolare, devono essere valutati con riferimento al [continua ..]
Le considerazioni svolte sinora trovano ulteriore conforto nell’ ordinanza 23 gennaio 2023, n. 515 [32], con cui la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Napoli ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 4 bis del D.P.R. n. 602/1973 . In relazione alla possibile violazione del principio di uguaglianza, i giudici partenopei hanno espressamente rilevato che il dubbio di costituzionalità sussiste anche perché le fattispecie menzionate dal comma 4 bis non esauriscono tutti i possibili pregiudizi che potrebbero derivare nei confronti del contribuente data l’impossibilità di procedere ad un’impugnazione immediata del ruolo. Tra questi, la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Napoli ha evidenziato la possibilità di subire l’esecuzione senza poter preventivamente paralizzare la pretesa, dovendosi necessariamente affidare a una tutela di urgenza, in presenza magari di un pignoramento di uno stipendio; l’eventualità che una Pubblica Amministrazione tenuta ad effettuare un rimborso o un pagamento al contribuente tenti una compensazione con il debito iscritto a ruolo; infine, le difficoltà di accesso al credito bancario, considerando inoltre che per concedere un finanziamento la banca può pretendere un estratto della posizione fiscale del soggetto. In relazione alla possibile violazione dell’art. 3 Cost., la Corte di Giustizia Tributaria ha inoltre richiamato la questione relativa alla prescrizione: laddove essa venga fatta valere contro una cartella che si assume non notificata, il giudice competente sarebbe quello tributario, ma occorrerà attendere la notifica di un atto successivo – magari esecutivo – per potere contestare la pretesa. Viceversa, laddove si discuta di prescrizione successiva alla notifica della cartella (e non vi sia contestazione di tale notifica) la giurisdizione spetta al giudice ordinario, con possibilità di opposizione ex art. 615 c.p.c. e tutela esperibile immediatamente e indipendentemente dalla notifica di un ulteriore atto. Su argomentazioni e parametri sostanzialmente coincidenti, anche il Giudice di Pace di Napoli, con l’ordinanza n. 492 del 3 febbraio 2023, ha sollevato in riferimento agli articoli 3, 24, 77, 111, 113 e 117 della Costituzione la questione di [continua ..]
Con la sentenza 17 ottobre 2023, n. 190, la Corte Costituzionale ha ritenuto inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 12 comma 4 bis del D.P.R. n. 602/1973 rispettivamente sollevate dalla Corte di Giustizia Tributaria di I Grado di Napoli e dal Giudice di Pace di Napoli, invitando, tuttavia, il Legislatore a porre rimedio alla paradossale situazione prodottasi per effetto della norma censurata. Secondo la Consulta, infatti, consentendo di impugnare direttamente la cartella che si assume invalidamente notificata – di cui si sia venuti a conoscenza tramite la consultazione dell’estratto di ruolo – solo per alcune fattispecie attinenti a rapporti con la Pubblica Amministrazione, il Legislatore, pur nell’intenzione di limitare una grave proliferazione di ricorsi spesso strumentali, ha inciso negativamente sull’ampiezza della tutela giurisdizionale dei diritti del contribuente. La sentenza ha dunque precisato che il rimedio al vulnus riscontrato richiede, almeno in prima battuta, un intervento normativo di sistema, implicante scelte di fondo tra opzioni tutte rientranti nella discrezionalità del Legislatore; tale risultato, infatti, può essere ottenuto intervenendo in più direzioni, peraltro non alternative: da un lato, estendendo con i criteri ritenuti opportuni, la possibilità di una tutela “anticipata” a determinate fattispecie ulteriori e analoghe a quelle previste dall’art. 12, comma 4 bis del D.P.R. n. 602/1973, dall’altro, agendo in radice, ovvero sulle criticità che ancora permangono nel sistema italiano della riscossione. Tali patologie, invero, attengono sia al passato – dove, anche per cause storiche, si è accumulata una consistente massa di crediti ormai evidentemente prescritti – sia al futuro, perché il sistema dovrà essere strutturato in modo che tale fenomeno non si ripeta, evitando, in particolare, gravi falle nell’adempimento del dovere tributario. Ebbene, in relazione all’indifferibile esigenza di superare le criticità sopra richiamate, la Corte Costituzionale ha formulato il pressante auspicio che il Governo dia efficace attuazione ai princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema nazionale della riscossione contenuti nella delega conferitagli dall’art. 18 della L. 9 agosto 2023, n. 111. In definitiva, la Corte Costituzionale ha [continua ..]
Le conclusioni raggiunte dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza in commento non sembrano, dunque, condivisibili. Si è al contrario dell’avviso che le nuove disposizioni previste dall’art. 12, comma 4 bis, del D.P.R. n. 602/1973 non possano che trovare applicazione soltanto per quei ricorsi proposti a far data dal 21 dicembre 2021. Al riguardo, occorre ribadire la necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata della novella sia sotto il profilo della ragionevolezza, ex art. 3 della Costituzione, nella parte in cui impone dei criteri di ammissibilità dei ricorsi che in precedenza erano pacificamente esclusi, sia in punto di tutela del diritto di difesa, ex art. 24 della Costituzione, laddove l’effetto della previsione qui contestata si risolve in molti casi nel tramutare l’azione del contribuente in un recupero di natura essenzialmente risarcitoria, in quanto attuato solo dopo la soggezione all’attività esecutiva del Fisco. Pertanto, come recentemente auspicato dalla Corte Costituzionale, si rende necessario un intervento del Legislatore che estenda la possibilità di una tutela “anticipata” a fattispecie ulteriori rispetto a quelle previste dalla disposizione censurata e, al contempo, ponga le basi per superare le numerose criticità che ancora permangono nel sistema italiano della riscossione dei tributi, creando gravi falle nell’adempimento del dovere tributario. Sembra, inoltre, proponibile una lettura maggiormente rispettosa dei principi della CEDU, in punto di conformità all’art. 6 della Carta [34], sotto il profilo della salvaguardia dell’affidamento del cittadino all’assetto disegnato dei giudici di vertice, inopinatamente travolto con valenza sostanzialmente retroattiva in virtù di un’interpretazione difficile da condividere. Potrebbe inoltre palesarsi un conflitto con l’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali [35], laddove enuncia che “ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni”. Invero, se il contribuente non ha possibilità di “ripulire” le sue pendenze fiscali, queste potrebbero rappresentare una minaccia permanente sui propri beni e, pertanto, un pregiudizio al loro godimento. Da ultimo, la tesi interpretativa [continua ..]