La simulazione rappresenta da sempre uno degli istituti giuridici più controversi del diritto civile. La scelta del legislatore di non definire il contratto simulato, limitandosi a descriverlo come inefficace relativamente alle parti, pur prevedendo che lo stesso possa aver effetto nei confronti dei terzi, ha creato un vivace dibattito dottrinale, volto a chiarire quale qualificazione giuridica fosse da attribuire a tale inefficacia.
L’incertezza relativa alla natura giuridica del negozio simulato ha influenzato profondamente il relativo trattamento fiscale, in particolare relativamente all’imposta di registro. Molteplici sono, infatti, le problematiche legate alla registrazione dei contratti simulati e degli atti giudiziali dichiarativi della simulazione. Esse si concentrano, da un lato, sull’individuazione della corretta disciplina applicabile agli stessi e, dall’altro, sull’analisi delle conseguenze derivanti dall’accertamento giudiziale della simulazione negoziale, concernenti, in particolare, il rimborso dell’imposta e la tassazione dell’atto dissimulato; tutte fattispecie interessate da numerosi interventi dottrinali e giurisprudenziali, che tuttavia non sembrano aver fornito soluzioni definitive e sufficientemente condivisibili.
Simulation has always been one of the most controversial legal institutions of civil law. The choice of the legislator not to provide a definition of simulated contract – limiting itself to describe it as ineffective in relation to the parties, while providing that the same may have an effect on third parties – has created a lively debate in literature, aimed at clarifying which legal qualification shall be attributed to such ineffectiveness.
The uncertainty relating to the legal nature of the simulated transaction has deeply influenced its tax treatment, especially in relation to registration tax. In fact, there are many problems linked to the registration of simulated contracts and judicial acts declaring such simulation. They focus, on the one hand, on identifying the correct discipline applicable to them and, on the other hand, on analysing the consequences deriving from the judicial assessment of contract simulation, such as the tax refund and of the concealed transaction; all cases affected by numerous doctrinal and jurisprudential interventions, which however do not seem to have reached sufficiently shareable solutions.
Keywords: contractual simulation, registration tax, tax refund, ineffectiveness, nullity.
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1. Introduzione - 2. La simulazione quale strumento per perseguire scopi contrari alle norme fiscali - 3. Il trattamento fiscale della simulazione negoziale ai fini dell’imposta di registro - 4. La registrazione delle sentenze d’accertamento della simulazione - 5. Conclusioni
Il presente lavoro intende esaminare il trattamento tributario, ai fini dell’imposta di registro, della simulazione, per essa intendendosi l’ostentazione di un negozio giuridico apparente e l’occultamento dell’intesa tra le parti di non attribuirgli alcun effetto nei reciproci rapporti; non volendo, in realtà, le parti, porre in essere alcun negozio giuridico, o volendo le stesse regolare i propri rapporti attraverso un negozio produttivo di effetti diversi da quello apparente [1]. Come emerge dalla lettura degli artt. 1414 ss. c.c., il legislatore ha omesso di definire il contratto simulato, limitandosi a disporne l’inefficacia relativamente alle parti ed a porre alcune regole volte a tutelare i terzi i cui diritti siano pregiudicati dalla simulazione [2]. Ciò significa che la natura giuridica della fattispecie simulatoria, così come parte rilevante della disciplina ad essa applicabile, è stata rimessa all’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. Tale circostanza ha reso la simulazione negoziale un istituto altamente controverso, in relazione al quale pochi sono gli assunti su cui sussiste generale consenso. Risalente e vivace è infatti il dibattito dottrinale volto a chiarire quale significato sia attribuibile all’inefficacia sancita dall’art. 1414 c.c., la quale dovrebbe essere considerata, secondo l’indirizzo prevalente [3], come una nullità, oppure, secondo l’indirizzo minoritario [4], al pari di un’inefficacia in senso stretto. A differenza di quanto accade nel fronte dottrinale, dove la natura giuridica della simulazione negoziale è tuttora dibattuta, la giurisprudenza è orientata a ricondurre i negozi simulati nel novero dei negozi nulli [5]. Tale interpretazione, che, come si vedrà, influenza profondamente anche la relativa disciplina tributaria, è stata recentemente confermata dalla stessa Corte di Cassazione, il cui intervento, tuttavia, ha talvolta fatto sorgere alcune obiezioni da parte della dottrina, in quanto, pur confermando il sopradescritto orientamento giurisprudenziale, ha ritenuto opportuno affiancare alla fattispecie simulatoria, ed in particolare al negozio dissimulato intercorso tra le parti, l’istituto del mutuo dissenso [6]. La diatriba in merito alla natura da attribuire all’atto simulato riveste un notevole interesse non soltanto dal punto [continua ..]
Sebbene la simulazione rappresenti frequentemente uno dei mezzi scelti dalle parti per perseguire scopi contrari alla legge fiscale, ciò non significa che la stipula di un negozio simulato debba sempre costituire una fattispecie riconducibile a fenomeni quali l’evasione, l’elusione o l’abuso del diritto ai fini tributari [8], o che la stessa debba essere necessariamente considerata al pari di uno strumento utilizzato dai contribuenti al fine di sottrarsi alla pretesa creditoria del Fisco, ben potendo gli atti simulati essere stipulati per scopi differenti e non contrari alla legge. La simulazione costituisce, infatti, una fattispecie negoziale di per sé lecita, che, pur essendo spesso utilizzata quale strumento per il perseguimento di un fine contrario alla legge, non si identifica per forza con esso, ben potendo la stipula di un contratto simulato, lungi dal celare la reale volontà delle parti di perseguire scopi contrari alla legge, essere giustificata da semplici ragioni di riservatezza. Come anticipato, ciò che contraddistingue la simulazione è l’accordo simulatorio, ossia l’intesa tra i simulanti, destinata nelle loro intenzioni a restare riservata, che l’apparente contratto da questi ultimi stipulato sia meramente fittizio e pertanto inidoneo a realizzare gli effetti cui appare essere preordinato. Tale caratteristica permette di distinguere i concetti di simulazione, da un lato, e di elusione fiscale ed abuso del diritto, dall’altro [9]. La simulazione dà luogo ad una difformità fra voluto e dichiarato, per cui si fa apparire l’esistenza di un negozio (simulato) diverso da quello che deve valere (dissimulato), e può essere utilizzata come strumento volto non ad eludere la legge, ma piuttosto ad occultarne la violazione; mentre sia nell’elusione che nell’abuso del diritto ai fini fiscali l’apparenza corrisponde alla sostanza negoziale, poiché il negozio elusivo (o abusivo) è voluto realmente quale esso appare e per gli effetti che gli sono propri [10]. Nei casi di elusione ed abuso del diritto ai fini fiscali non vi sarebbe alcuna divergenza tra fattispecie effettivamente realizzata e fattispecie apparentemente posta in essere, in quanto tali fenomeni si realizzano mediante un comportamento formalmente conforme alle norme fiscali, ma non alla loro ratio, producendo un vantaggio tributario indebito, [continua ..]
Il D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non disciplina espressamente la registrazione dei negozi simulati. L’unica norma ad essi ritenuta applicabile è rappresentata dall’art. 38, in materia di irrilevanza della nullità e dell’annullabilità degli atti da sottoporre a registrazione [16]; disposizione il cui tenore letterale, tuttavia, non considera gli atti simulati, bensì solamente gli atti nulli o annullabili. Pare quindi lecito domandarsi se gli atti simulati, in quanto atti inefficaci, almeno per quanto riguarda i rapporti intercorrenti tra le parti, possano essere assimilati agli atti nulli o annullabili richiamati dall’art. 38. Come anticipato, la qualificazione giuridica degli atti simulati ai fini del diritto civile è piuttosto controversa. Lo stesso non sembra potersi affermare per quanto riguarda il diritto tributario, essendo ormai consolidata la teoria, di derivazione giurisprudenziale, secondo la quale gli atti simulati devono essere equiparati, ai fini dell’imposta di registro, agli atti nulli [17]; con la conseguente applicabilità dell’art. 38, che prevede che gli stessi siano soggetti all’obbligo di registrazione e di pagamento del relativo tributo [18]. Il secondo comma dell’art. 38 prevede poi che l’imposta assolta a norma del comma precedente debba essere restituita, per la parte eccedente la misura fissa, quando l’atto sia dichiarato nullo o annullato per causa non imputabile alle parti, con sentenza passata in giudicato, e non sia suscettibile di ratifica, convalida o conferma. È opinione comune in dottrina che la norma abbia finalità antielusiva [19]. Con tale disposizione, infatti, il legislatore vorrebbe impedire che i contraenti includano di proposito nel regolamento di un negozio di tipo traslativo una o più clausole illecite, dando ugualmente attuazione all’accordo, al solo fine, una volta accertata la simulazione negoziale, di ottenere la restituzione del tributo, senza tuttavia ripristinare la situazione precedente. In altri termini, se non esistesse la norma di cui si discorre, le parti, nonostante il conseguimento del risultato pratico che si erano prefissate, potrebbero ottenere il rimborso della somma pagata a titolo d’imposta per effetto del provvedimento giudiziale che riconosce la nullità del contratto o che annulla lo stesso [20]. Per quanto il [continua ..]
Oltre alle tutele specificatamente previste dal legislatore al fine di salvaguardare il legittimo affidamento dei terzi acquirenti in buona fede e le ragioni dei creditori dei contraenti simulati, il secondo comma dell’art. 1415 c.c. concede ai terzi la possibilità di agire giudizialmente per far accertare la simulazione, al fine di tutelare i diritti che potrebbero essere pregiudicati dalla stessa. A differenza di quanto accade per la qualificazione giuridica attribuita alla fattispecie simulatoria, nessun dubbio pare esistere sulla natura dell’azione di simulazione, la quale, in quanto diretta a fare accertare giudizialmente l’inefficacia totale o parziale del contratto simulato, e, laddove esistente, il reale rapporto intercorso tra le parti, è azione d’accertamento; è quindi chiaro che il provvedimento giudiziale d’accertamento della simulazione negoziale posta in essere dalle parti abbia natura dichiarativa [26]. L’atto dell’autorità giudiziaria d’accertamento della simulazione rappresenta un provvedimento di tipo dichiarativo fintanto che esso si limita a rilevare la simulazione, e pertanto l’inefficacia di un atto, e, nei casi di simulazione relativa, anche ad accertare l’esistenza del contratto dissimulato, cioè dell’atto idoneo a regolare realmente i rapporti intercorrenti tra le parti, senza tuttavia disporre nulla riguardo all’esecuzione del contratto dissimulato [27]. La natura di tali provvedimenti giudiziali ai fini del diritto civile permette di individuare le norme fiscali che potrebbero disciplinare la registrazione delle sentenze d’accertamento della simulazione negoziale, le quali sono essenzialmente due, rappresentate dall’art. 8, comma 1, della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, lett. c) ed e), in materia, rispettivamente, di registrazione di atti dell’autorità giudiziaria di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale, soggetti ad imposta proporzionale (con aliquota pari all’1%), e di atti dell’autorità giudiziaria che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, soggetti ad imposta di registro in misura fissa. La giurisprudenza di legittimità, tuttavia, è da sempre orientata nell’applicare la regola della c.d. retrocessione, ritenendo che la sentenza di accertamento della [continua ..]