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Il nuovo amministratore risponde di omesso versamento IVA se non effettua una due diligence relativa ai pregressi adempimenti fiscali: una colpa “mascherata” da dolo
Pietro Mastellone
La Suprema Corte consolida ulteriormente il proprio orientamento interpretativo secondo cui il nuovo amministratore di una società risulta incriminabile per l'omesso versamento IVA qualora il tributo calcolato nella dichiarazione presentata dal precedente amministratore non venga integralmente versato entro la scadenza prevista dalla legge, potendo il primo “agevolmente” evitare di incorrere in tale responsabilità penale attraverso una verifica della contabilità e degli adempimenti fiscali antecedente all’ingresso in carica. Il filone interpretativo che considera, in tal modo, configurata una condotta rimproverabile in capo al nuovo amministratore, quantomeno a titolo di dolo eventuale, appare criticabile perché, a ben vedere, punisce con la sanzione penale l’omissione di un'attività squisitamente connotata da colpa e, di fatto, polarizza il disvalore del delitto ex art. 10 ter, D.Lgs. n. 74/2000 su un obbligo di facere di conio pretorio (consistente nel dovere di verificare il previo accantonamento delle somme da versare all’Erario) che non è previsto né da tale disposizione né tantomeno è rinvenibile nell’ordinamento tributario. Siffatto approccio, già di per sé discutibile, rende il dolo ancor più impalpabile in presenza di una successione nell’organo amministrativo societario intercorsa a cavallo tra la presentazione della dichiarazione e l'omesso versamento dell'IVA, ove si rimprovera al nuovo amministratore di non aver fatto una previa due diligence degli adempimenti fiscali.
The Supreme Court further consolidates its case law according to which the new director of a company is prosecutable for the omitted payment of VAT if the tax calculated in the submitted annual return by the previous director is not paid in full within the deadline set by law, since the former may be “easily” able to avoid incurring in such criminal liability by checking the accounts and tax compliance prior to taking office. The interpretative trend that considers, in this way, criminally prosecutable the conduct of the new director, at least realised through an “eventual” wilful misconduct, appears criticisable because it punishes the omission of an activity exquisitely characterised by negligence and, in fact, polarises the negative value of the crime pursuant to Art. 10 ter, Legislative Decree no. 74/2000 on a duty created by case law (consisting in the obligation to check the prior provision of the sums to be paid to the Treasury), which is neither provided by this criminal provision nor may be found in the tax discipline. This approach, already questionable in itself, makes the wilful misconduct even more intangible in the presence of a succession in the corporate administrative body occurred between the submission of the annual tax return and the omitted payment of VAT, where the new director is accused of not having carried out a previous due diligence on the company’s tax compliance.
Commento
Sommario:
1. Considerazioni preliminari - 2. Il difficoltoso inserimento dell’art. 10 ter nel sistema penale tributario - 3. L’orientamento secondo cui sussisterebbe un obbligo di accantonamento in capo al soggetto tenuto al versamento dell’IVA, il cui adempimento scongiura la configurabilità dell’art. 10 ter - 4. La previa due diligence fiscale che dovrebbe compiere il nuovo amministratore: una colpa “mascherata” da dolo (eventuale) - 5. Qualche riflessione conclusiva tra bis in idem processuale e rilevanza della crisi di liquidità da Covid-19 nei reati attinenti alla riscossione tributaria - NOTE
1. Considerazioni preliminari
Il caposaldo dell’attuale disciplina sui reati tributari dettata dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, consiste nel sostanziale “avanzamento” della tutela penale alle sole condotte caratterizzate da dolo specifico di evasione ed in grado di arrecare una diretta lesione degli interessi erariali, valorizzando così il principio di offensività [1] e, al contempo, relegando alla mera punibilità amministrativa tutte quelle attività “preparatorie” (c.d. violazioni formali) ad una successiva, ma pur solo eventuale, evasione fiscale [2]. Come noto, nel primo intervento in materia di diritto intertemporale all’indomani dell’approvazione dell’attuale disciplina, le Sezioni Unite confermavano il netto cambio di passo rispetto alle figure delittuose della precedente “Manette agli evasori” [3], ove l’arma penale era rivolta anche a condotte non immediatamente lesive degli interessi [continua ..]
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2. Il difficoltoso inserimento dell’art. 10 ter nel sistema penale tributario
Per poter analizzare la decisione epigrafata e dare atto del citato dibattito giurisprudenziale, appare innanzitutto opportuno effettuare qualche considerazione preliminare sul delitto di omesso versamento IVA ex art. 10 ter del D.Lgs. n. 74/2000, la cui collocazione nel “microcosmo” del diritto penale tributario appare successiva, trattandosi, di fatto, dell’ultima fattispecie introdotta assieme a quella di cui al successivo art. 10-quater e, proprio per questo motivo, maggiormente delicata [7]. Già la sua struttura sembra prima facie stridere con l’impianto originario del sistema penal-tributario [8], la quale ha permesso il progressivo consolidamento della deriva giurisprudenziale sulla configurabilità del dolo in capo al soggetto attivo [9]. Se, infatti, la ratio originaria del sistema del D.Lgs. n. 74/2000 era quella di colpire le forme di evasione maggiormente insidiose che si manifestano attraverso comportamenti [continua ..]
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3. L’orientamento secondo cui sussisterebbe un obbligo di accantonamento in capo al soggetto tenuto al versamento dell’IVA, il cui adempimento scongiura la configurabilità dell’art. 10 ter
Nella giurisprudenza penal-tributaria risulta, ormai, prevalente l’orientamento volto a ritenere sussistente il dolo richiesto dall’art. 10 ter in capo all’amministratore che omette di versare l’IVA durante una crisi di liquidità, vedendosi spesso rigettata l’eccezione di trovarsi in una situazione di forza maggiore o in uno stato di necessità [27]. In tale ipotesi, le indicazioni provenienti dalla Suprema Corte sono chiare, seppur discutibili: incomberebbe in capo al contribuente un obbligo di accantonamento delle provviste necessarie al fine di versare, alla scadenza prevista dalla legge, l’IVA dovuta. Questo perché, ogniqualvolta il soggetto passivo effettua delle operazioni imponibili «riscuote già (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione [continua ..]
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4. La previa due diligence fiscale che dovrebbe compiere il nuovo amministratore: una colpa “mascherata” da dolo (eventuale)
Nella sentenza in commento, i supremi giudici sono stati chiamati a valutare la responsabilità del presidente del consiglio di amministrazione di una S.r.l. operante nel settore della vigilanza, per non aver versato l’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale per il periodo di imposta 2012 entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, per un ammontare superiore alla soglia di punibilità. La difesa sosteneva l’impossibilità di ascrivere alcuna responsabilità all’imputato poiché egli era stato investito di tale carica amministrativa, con delega ad assolvere gli adempimenti fiscali per conto della società, in un momento successivo alla formazione del debito tributario, ma antecedente a quello di consumazione del delitto. La dichiarazione dei redditi, infatti, non era stata neppure presentata dall’imputato, bensì dall’amministratore che in precedenza [continua ..]
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5. Qualche riflessione conclusiva tra bis in idem processuale e rilevanza della crisi di liquidità da Covid-19 nei reati attinenti alla riscossione tributaria
Sulla scorta di queste considerazioni, risulta inevitabile soffermarsi sull’effettiva differenza tra la sanzione amministrativa tributaria per l’inadempimento dell’obbligazione relativa al versamento dell’IVA e l’art. 10 ter. Se, infatti, la reazione ordinamentale consistente nell’irrogazione della sanzione amministrativa tributaria ha dei connotati afflittivi paragonabili a quella penale, allora la descritta giurisprudenza che si ostina ad individuare il dolo in capo all’amministratore subentrante appare ancor più criticabile, perché in ogni caso il comportamento non risulterebbe impunito. La condotta di omesso versamento IVA, come noto, integra anche un illecito amministrativo tributario, la cui sanzione consiste nel pagamento di un importo pari al 30% della somma non versata (oltre accessori) [49]. Considerando acclarato il carattere afflittivo delle sanzioni tributarie, tale da legittimare la loro [continua ..]
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NOTE