In tema d’imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all’imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto, ma esercita un’azione di rimborso di quanto versato.
In the field registration tax, the order for payment, obtained against the debtor by the guarantor who has signed a surety insurance policy and that has been enforced, is subject to tax at a rate proportional to the value of the Court’s order, as the guarantor does not claim payments or services subject to value added tax, but promotes a refund action on the amount paid.
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1. Premessa - 2. Il contrasto giurisprudenziale in materia di trattamento fiscale del decreto ingiuntivo su polizza fideiussoria - 3. La natura giuridica della polizza fideiussoria - 4. La tassazione degli atti giudiziari. Principio di alternatività tra IVA e registro - 5. Osservazioni conclusive - NOTE
Le Sezioni Unite, con la pronuncia in oggetto, hanno risolto la vexata quaestio concernente la tassazione, ai fini del registro, del decreto ingiuntivo ottenuto su polizza fideiussoria. Il caso concreto, da cui scaturisce la questione giuridica, vedeva l’Assicurazione, in qualità di garante, agire in monitorio nei confronti del debitore principale, in quanto non le erano state restituite le somme da questa versate al creditore, beneficiario della polizza fideiussoria stipulata, nel suo interesse, tra debitore principale e Assicurazione. La Cassazione ha, quindi, dovuto stabilire se il tributo di registro, ai sensi dell’art. 8 della Tariffa, Parte Prima, allegato A, e relativa nota II, D.P.R. n. 131/1986, nonché dell’art. 40, D.P.R. n. 131/1986, vada applicato al decreto ingiuntivo in misura fissa o proporzionale. Come è noto, il legislatore, ai fini del registro, pone a tassazione in misura proporzionale gli atti dell’Autorità giudiziaria in materia civile, compresi i decreti ingiuntivi, che prevedono la “condanna al pagamento di somme o valori o altre prestazioni, o alla consegna di beni di qualsiasi natura”. In tali casi, il tributo del registro si atteggia a imposta e quindi è rapportato, in ragione proporzionale, al valore dell’atto registrato. Tuttavia, ai sensi dell’art. 40 del T.U. n. 131, si prevede altresì la non soggezione all’imposta di registro (in misura proporzionale) per la parte di atto in cui si dispone il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto. Questa norma sancisce il c.d. principio di alternatività tra IVA e tributo di registro (nella sua accezione di imposta), secondo il quale gli atti sottoposti ad IVA, anche teoricamente perché di fatto esenti, non debbono scontare l’imposta proporzionale di registro, al fine di evitare che un medesimo atto sia sottoposto ad una duplice tassazione e colpito da due imposte. Pertanto, il reale interrogativo da porsi, nel caso in esame, è il seguente: l’azione di rivalsa esercitata dall’Assicurazione, in qualità di garante, nei confronti del debitore principale, dà luogo ad una prestazione soggetta ad IVA? In altri termini, il decreto ingiuntivo ottenuto dal garante nei confronti del debitore principale ha ad oggetto “cessioni di beni o prestazioni di servizio” soggetti ad imposta [continua ..]
La V Sezione civile, con ordinanza pubblicata in data 20 dicembre 2018, n. 33009, rimetteva la questione della tassazione del decreto ingiuntivo su polizza fideiussoria al Primo Presidente della Suprema Corte, per l’opportunità di assegnazione alle Sezioni Unite. La Sezione tributaria aveva, infatti, ravvisato orientamenti palesemente difformi in tema di registro (in misura proporzionale o fissa) applicabile al decreto ingiuntivo ottenuto dal garante, nei confronti del debitore inadempiente, per il recupero delle somme pagate al creditore principale. Invero, secondo un primo filone giurisprudenziale, il decreto ingiuntivo ottenuto dal garante, che sia stato escusso dal creditore, è soggetto a registrazione con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante, in sede monitoria, non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto. Secondo questa impostazione, le prestazioni oggetto della rivalsa esercitata dal garante nei confronti del debitore principale, a seguito dell’escussione della polizza fideiussoria da parte del creditore, non sono soggette ad applicazione IVA e l’unico tributo dovuto è l’imposta proporzionale di registro, che inerisce più che alla ricchezza trasferita, direttamente all’atto giudiziario. In tal caso, il tributo ha appunto natura d’imposta d’atto, considerato in funzione degli effetti giuridici ed economici che esso è destinato a produrre [2]. Tuttavia, secondo altro orientamento giurisprudenziale, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore inadempiente, per il recupero delle somme versate al creditore, è operazione soggetta ad IVA, con la conseguenza che la condanna del monitorio sconta la tassa di registro in misura fissa. Infatti, secondo questa impostazione la condanna al pagamento in favore del garante, insita nel decreto ingiuntivo, deve considerarsi identica a quella afferente alle obbligazioni garantite e, pertanto, si deve fare applicazione della nota II dell’art. 8 citato, nella parte in cui esclude dall’obbligo di registrazione (e perciò dal pagamento del tributo in ragione proporzionale) gli atti dell’autorità giudiziaria concernenti pagamenti di corrispettivi o prestazioni soggetti all’IVA [3]. In specie, l’obbligazione del garante si identifica, secondo il citato orientamento, con [continua ..]
Per meglio esaminare il ragionamento condotto dalla Suprema Corte volto ad avallare la tesi atta ad applicare l’imposta di registro in misura proporzionale, è necessario analizzare la natura giuridica della polizza fideiussoria, nonché i principi e le norme che regolano la tassazione degli atti giudiziari, con particolare attenzione al decreto ingiuntivo. Si definisce polizza fideiussoria [6] il contratto in forza del quale una parte (solitamente una compagnia di assicurazioni ovvero un istituto di credito), contro il pagamento di un corrispettivo in denaro denominato “premio” [7], si impegna a garantire al creditore il pagamento delle somme a questi dovute dall’assicurato, in relazione all’inadempimento di determinate obbligazioni di fonte negoziale o legale [8]. La natura giuridica dell’istituto in oggetto non è di facile esplicitazione, tanto che la vexata quaestio su cui dottrina [9] e giurisprudenza [10] hanno da sempre concentrato i propri sforzi, riguarda, appunto, la sua qualificazione giuridica e il relativo inquadramento sistematico. La suddetta questione non è solo teorica, ma ha inevitabili ripercussioni concrete, come testimonia il caso in oggetto. La giurisprudenza di legittimità ha, nel corso del tempo, considerato la natura giuridica della polizza fideiussoria come sottotipo innominato di fideiussione, come figura contrattuale intermedia fra il versamento cauzionale e la fideiussione, come contratto atipico, ovvero come contratto misto risultante dalla fusione di elementi propri di vari contratti. Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, la polizza fideiussoria dovrebbe essere ricondotta alla disciplina legale tipica della fideiussione, poiché la causa del negozio de quo consiste sostanzialmente nel garantire l’adempimento della prestazione dovuta al creditore da un terzo [11]. Altro filone giurisprudenziale ha invece ritento che il contratto in parola costituisce una figura intermedia tra il versamento cauzionale e la fideiussione ed è contraddistinta dall’assunzione dell’impegno, da parte (di una banca o) di una compagnia di assicurazione, di pagare un determinato importo al beneficiario, onde garantirlo nel caso di inadempimento della prestazione a lui dovuta dal contraente [12]. Nonostante il diverso inquadramento, anche secondo questo orientamento [continua ..]
La disciplina degli atti dell’autorità giudiziaria, ivi compresi i decreti ingiuntivi, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, è delineata dal combinato disposto degli artt. 37 ss., D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e 8 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986 [23]. Per inquadrare compiutamente l’ambito di applicazione dell’imposta di registro sui provvedimenti dell’autorità giudiziaria, è opportuno suddividere, in maniera schematica, gli atti in due macro-categorie, ossia: a) gli atti “soggetti” a registrazione, vale a dire quelli delineati nel sopraccitato art. 37 (la cui tassazione è poi da effettuare in base al disposto dell’art. 8 della Tariffa), il quale menziona: 1) atti promananti da una Autorità giudiziaria; 2) atti emessi nell’ambito di controversie civili; 3) atti che definiscono il giudizio o una sua fase; b) gli atti “esenti” da registrazione, vale a dire quelli individuati, principalmente, nell’art. 2, della Tabella[24]. Come è noto, per quanto riguarda gli atti soggetti a registrazione, il legislatore prevede l’applicazione dell’imposta agli atti dell’Autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, dei decreti ingiuntivi esecutivi, dei provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e delle sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato. Il legislatore elenca inoltre gli atti giudiziari soggetti a registrazione in termine fisso e specifica che per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto, il registro si applica in misura fissa. Con specifico riguardo al decreto ingiuntivo, si afferma, come noto, che se esso reca la condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura, il registro sconta l’aliquota del 3% del valore della condanna. Invece, non è soggetto all’imposta proporzionale per la parte in cui dispone il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto. L’assunto sopra esposto è espressione del principio della c.d. [continua ..]
Le considerazioni sopra svolte in merito alla natura giuridica della polizza e alla tassazione degli atti dell’Autorità giudiziaria, con particolare attenzione al principio di alternatività, consentono di fornire soluzione alla questione concernente la determinazione della misura (proporzionale o fissa) del tributo di registro da applicare al decreto ingiuntivo ottenuto dal garante nei confronti del debitore principale inadempiente per il recupero delle somme pagate al creditore principale in virtù di polizza fideiussoria. Come già accennato nelle premesse, la Suprema Corte, a Sezioni Unite, ha risolto il contrasto giurisprudenziale sorto in materia, ed ha stabilito che il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante, che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore, è soggetto all’imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante, esercitando un’azione di rimborso di quanto versato, non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto. La conclusione a cui giunge la Suprema Corte (e confermata dalla più recente giurisprudenza [44]), a pare di scrive, è condivisibile e coerente sia alla natura civilistica dell’istituto in parola e ai conseguenti rapporti che si vengono a configurare, sia al principio di alternatività tra IVA e imposta di registro. In specie, la polizza fideiussoria ha natura di contratto autonomo di garanzia ed ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale. Infatti, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale ed è dunque non di tipo satisfattorio, come nella fideiussione, ma di tipo indennitario. È proprio la funzione indennitaria (e non satisfattoria) della garanzia che conferma l’autonomia dei titoli e dei conseguenti rapporti, che pertanto non possono configurare un’operazione unitaria ed inscindibile essendo volti ad originare prestazioni diverse. Pertanto, quando il garante agisce in monitorio, per ottenere dal debitore principale quanto ha versato al creditore, non fa valere un credito da corrispettivo per la prestazione resa al debitore (ossia il corrispettivo [continua ..]