Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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L'ammissibilità del contraddittorio endoprocedimentale nel confronto tra i giudici tributari di merito e la suprema corte (di Stefania Scarascia Mugnozza)


Il presente contributo si propone di esaminare i più recenti orientamenti della giurisprudenza di merito e di legittimità sull’esistenza di un principio generale del con­traddittorio endoprocedimentale nell’ordinamento nazionale. Come emergerà in sede di analisi delle fattispecie coinvolte, nel corso del tempo la Suprema Corte di Cassazione si è resa fautrice di orientamenti altalenanti sull’immanenza di un simile principio, causando un’incertezza che si riverbera, inevitabilmente, sulla tutela del contribuente in sede contenziosa. Soffermandosi sull’ammissibilità del contrad­dittorio in talune fattispecie tipiche del procedimento tributario (procedure di controllo formale, accertamenti “a tavolino”, accessi, ispezioni e verifiche ...), sarà possibile cogliere il divario che separa la prevalente giurisprudenza di merito, favorevole al riconoscimento dell’immanenza di un simile principio nell’ordinamento nazionale, dalla giurisprudenza di legittimità, stabilmente assestata sul diniego.

L’incertezza creata dal contrasto giurisprudenziale e la mancanza di un intervento chiarificatore del legislatore trattengono il diritto nazionale in una dimensione giuridicamente arretrata, impossibilitata ad evolversi in senso conforme ai diritti derivanti dall’appartenenza all’Unione Europea, nonché ai principi costituzionali. In un simile contesto il contraddittorio preventivo tra Fisco e contribuente resta ancorato alla tradizionale visione di strumento di difesa del privato, che si atteggia diversamente a seconda del grado di pervasività dei poteri istruttori esercitati dall’Am­ministrazione nella fattispecie concreta.

The admissibility of the endoprocedural audi alteram partem principle in the debate between lower tax courts and supreme court

The purpose of this contribution is to examine the most recent trends of case law on the existence of a general endoprocedural audi alteram partem principle (principle of hear­ing) in the national tax system. As it will emerge during the present analysis, over time the Italian Supreme Court has elaborated fluctuating interpretations on the immanence of such principle, therefore causing uncertainty that inevitably reverberates on the tax­payer’s protection. Moving from the admissibility of the audi alteram partem principle in some typical cases (formal tax assessments, “paper” investigations, accesses, inspections and assessments, etc.), it will be possible to highlight the gap that separates the prevailing case law of lower Tax Courts, favorable to the recognition of the immanence of such a principle in the national legal system, from the approach of Supreme Court, firmly settled on its denial.

The uncertainty created by such a judicial debate and the inaction by the lawmaker are keeping the national system far from the EU standards, as well as from the constitutional principles. In such a context, the endoprocedural audi alteram partem between tax authorities and taxpayer is still perceived as a mere instrument of defense for the latter, which is differently characterised depending on the level of pervasiveness of the investigative powers exercised by the tax authorities in the specific case.

SOMMARIO:

1. L'altalenante giurisprudenza della Cassazione sul contraddittorio endoprocedimentale - 2. Lo stato dell'arte del contraddittorio preventivo nel procedimento tributario - 3. Conclusioni - NOTE


1. L'altalenante giurisprudenza della Cassazione sul contraddittorio endoprocedimentale

L’inquadramento del contraddittorio endoprocedimentale nella normativa tributaria nazionale rappresenta una questione attuale e quanto mai spinosa. La difficoltà che si incontra nel delimitare i confini di ammissibilità del principio è dovuta prevalentemente a due fattori critici: in primis, il contrasto registrato tra Sezioni Unite, le quali dopo un assestamento apparentemente definitivo affermavano l’inesistenza di un principio generale, compiendo un revirement storico; e lo scontro, ancora attuale, tra Ermellini e giudici di merito [1]. Inizialmente, la Corte di Cassazione ha sostenuto convintamente l’ammis­sibilità del contraddittorio tra Fisco e contribuente all’interno del procedimen­to tributario. Con le note sentenze 18 dicembre 2009, nn. 26635, 26636, 26637 e 26638, le Sezioni Unite ha sancito l’immanenza di un principio del contraddittorio endoprocedimentale nell’ordinamento nazionale, giungendo a ravvisare la nullità del provvedimento emesso in sua assenza [2], anche in mancanza di una norma che comminasse espressamente tale sanzione. Una statuizione di simile portata non è rimasta isolata: chiamata a pronunciarsi sulla validità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termi­ne dilatorio imposto dall’art. 12, comma 7, L. 27 luglio 2000 n. 212, la Suprema Corte ha fatto proprie le conclusioni elaborate dalle Sezioni Unite, ribadendo la nullità dell’atto impositivo emesso in assenza di contraddittorio sulla base di un principio dotato di portata generale [3]. Nello specifico, la Suprema Corte ha affermato l’esistenza del principio del contraddittorio preventivo valorizzando in prevalenza la normativa di fonte europea, con il sostanziale effetto di modellare la disciplina domestica del procedimento tributario a immagine e somiglianza dell’ordinamento comunitario. All’interno della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea sono reperibili numerose disposizioni che configurano il contraddittorio quale pila­stro del nostro ordinamento. Il principio trova espresso riconoscimento nel­l’art. 41, comma 2, della Carta di Nizza, che consacra il diritto di ogni individuo a essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento pregiudizievole, ed è ricavabile anche dall’art. 6, CEDU, dedicato [continua ..]


2. Lo stato dell'arte del contraddittorio preventivo nel procedimento tributario

a) Il caso degli accertamenti “a tavolino” Alla luce delle osservazioni riportate nel precedente paragrafo, è agevole comprendere che le sorti del contraddittorio preventivo all’interno del procedimento tributario siano tutt’altro che definite. La negazione dell’esistenza di un principio generale del contraddittorio endoprocedimentale ha favorito la genesi di un sistema “a doppio binario”: attualmente, l’Amministrazione Finan­ziaria è obbligata ad attivare il contraddittorio nelle sole ipotesi dei tributi “ar­monizzati” e nelle fattispecie espressamente previste da una disposizione nazionale, lasciando il contribuente sprovvisto di tale tutela in tutti gli altri casi [27]. Invero, non sono poche le norme con cui il legislatore nostrano prescrive un confronto tra Fisco e contribuente da attivarsi prima dell’emissione di un atto impositivo; ma il mancato riconoscimento di un principio generale ha prodotto l’inevitabile conseguenza di un’applicazione dell’istituto “a macchia di leopardo”, sporadica e disomogenea [28]. In particolare, aspetti quali l’ampiezza dei termini concessi al contribuente, i mezzi esperibili ai fini difensivi, e gli effetti sulla validità dell’atto in caso di omissione, sembrano modularsi diversamente a seconda della fattispecie concreta, in misura, a parere di chi scrive, proporzionale al grado di compressione delle libertà individuali del privato sottoposto al potere dell’Amministrazione Finanziaria [29]. Pertanto, ai fini di una valutazione esaustiva sull’efficacia dell’istituto, non rimane che effettuare un’indagine ispirata a un approccio di natura casistica. Come è noto, nei casi degli accertamenti “a tavolino” l’Amministrazione adotta il provvedimento sulla base di elementi acquisiti senza la collaborazione del contribuente, ossia senza avvalersi di strumenti come accessi e ispezioni che, sebbene dotati di una intensa carica invasiva della sfera privata, offrono l’innegabile vantaggio di un confronto diretto tra l’Amministrazione Finanziaria e il contribuente accertato. Attualmente non è dato rinvenire, all’interno dell’ordinamento nazionale, norme che impongano di instaurare un dialogo con il contribuente nei casi in cui l’attività accertativa sia svolta [continua ..]


3. Conclusioni

La situazione che emerge dagli orientamenti analizzati è riassumibile attraverso un gioco di parole: il dibattito sul contraddittorio endoprocedimentale è caratterizzato da profonda contraddittorietà. La composizione del conflitto tra chi nega l’esistenza di un principio generale del contraddittorio preventivo e chi, al contrario, ne afferma la sussistenza, appare lontana dall’essere raggiunta. Tuttavia, la scuola di pensiero che ricollega l’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale al grado di pervasività degli strumenti di cui si avvale l’Amministrazione Finanziaria merita particolare attenzione: configurando l’istituto come mezzo di compensazione della compressione subita dalla sfera privata a causa dei poteri esercitati dal Fisco, siffatto orientamento corrobora la tesi di chi ravvisa l’esistenza del principio del contraddittorio preventivo alla luce del suo legame con il principio del giusto procedimento; pertanto, a parere di chi scrive, merita di essere monitorato nei suoi sviluppi futuri. Anche nel panorama legislativo nazionale, l’applicazione del contraddittorio si verifica in forma episodica e disomogenea, ben lungi dall’affermazione di un principio generale. Un simile assetto ostacola il riconoscimento della più rilevante funzione del contraddittorio endoprocedimentale, consistente nella collaborazione tra contribuente e Fisco. Come è stato rilevato [97], il potenziamento della condivisione, tra le parti del rapporto impositivo, dei fatti rilevanti ai fini fiscali, previene la diffusa tendenza ad abusare delle forme di definizione agevolata; tuttavia, i recenti interventi legislativi [98] hanno privilegiato istituti c.d. di “acquiescenza rafforzata”, ai quali i soggetti privati ricorrono indiscriminatamente, attratti dalla prospettiva di usufruire della riduzione dell’importo ori­ginariamente dovuto. In una prospettiva ideale, il legislatore dovrebbe cessare di ricorrere a simili strumenti, più idonei a favorire i contribuenti disonesti che a realizzare la cir­colazione delle informazioni fiscalmente rilevanti: occorre garantire il corretto esercizio della potestà impositiva e, al contempo, l’attuazione dei principi di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione. Introdurre l’obbligo generale di instaurare il contraddittorio [continua ..]


NOTE