Il contributo analizza le agevolazioni fiscali introdotte dall’art. 83, D.Lgs. n. 117/2017 per le erogazioni liberali effettuate in favore dei c.d. Enti del Terzo Settore, tra i quali particolare attenzione è riservata a quelli operanti nel settore culturale, per metterne in evidenza sia i punti di forza rispetto alle agevolazioni previgenti, sia le criticità. Dal momento che il riconoscimento delle agevolazioni in esame è subordinato al rispetto di talune condizioni, il lavoro intende indagare, in particolare, le conseguenze sanzionatorie e non che, in una prospettiva de iure condendo, possono derivare in capo ai soggetti coinvolti (soggetto erogante e/o ente beneficiario) nelle ipotesi in cui si accerti l’insussistenza ab origine o la perdita ex post di tali condizioni.
The work analyzes the tax benefits introduced by art. 83, Legislative Decree no. 117/2017 for the donations made in favour of the so-called Third Sector Entities, among which particular attention is paid to those operating in the cultural sector, with the aim to highlight both the strengths compared to the previous facilities and the critical issues. Since the recognition of the tax benefits in question is subject to compliance with certain conditions, the article intends to investigate, in particular, the penalty and non-penalty consequences that, in a de jure condendo perspective, may derive to the involved subjects (lender and/or beneficiary entity) in the event that the absence of origin or the ex post loss of these conditions is ascertained.
KEYWORDS: cultural heritage, Third Sector Entities, donations, tax benefits, tax administrative penalities
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1. Premessa - 2. Detrazioni e deduzioni per le erogazioni liberali in favore degli ETS - 3. Alcune prime considerazioni - 4. Le incertezze sul piano sanzionatorio - 5. Il carattere “parapenalistico” del modello sanzionatorio tributario: il principio di colpevolezza - 6. Proposte de iure condendo - NOTE
L’esigenza di salvaguardare il patrimonio storico, artistico e culturale del nostro Paese ha indotto sempre più spesso il legislatore italiano, a fronte della ben nota ridotta disponibilità di risorse pubbliche, a ricorrere alla “leva fiscale” per incoraggiare il finanziamento privato delle iniziative volte alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale nazionale [1]. La funzione promozionale del Fisco nel settore culturale si è tradizionalmente manifestata attraverso molteplici disposizioni agevolative [2] il fondamento ed il limite per l’introduzione delle quali si rinviene nel principio costituzionale di cui all’art. 9 Cost. [3], nonché – nella misura in cui ineriscono ad erogazioni liberali a soggetti pubblici e privati – nel principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, comma 4, Cost. [4]. Come sostenuto da autorevole dottrina [5], affinché possa essere riconosciuta la legittimità e la ragionevolezza delle agevolazioni fiscali (e, dunque, del relativo trattamento di favore) è necessario che esse trovino il loro fondamento nel perseguimento di interessi extrafiscali che, al pari del principio di uguaglianza (art. 3 Cost.) e di capacità contributiva (art. 53 Cost.) [6], godono di un’adeguata copertura costituzionale, spettando al legislatore il delicato compito di realizzare un’efficace ponderazione tra i principi e i valori costituzionali che, volta per volta, vengono in rilievo [7]. Tra le agevolazioni fiscali nel settore culturale presenti nell’attuale contesto normativo [8], assumono particolare rilevanza le detrazioni e le deduzioni a fini IRPEF/IRES previste per persone fisiche, enti e società che effettuano erogazioni liberali inquadrabili nel c.d. “mecenatismo culturale”. Alle agevolazioni disciplinate dal TUIR e da alcune leggi speciali (come, ad esempio, dall’art. 14, comma 1, D.L. n. 35/2005) – le quali, tuttavia, non sembrano aver incoraggiato significativamente gli investimenti privati in cultura [9] – si affiancano ora e soprattutto quelle introdotte dall’art. 83, D.Lgs. 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo Settore – CTS) concernente le liberalità effettuate in favore degli enti che, a seguito dell’iscrizione nel costituendo Registro Unico Nazionale del [continua ..]
Con l’emanazione del Codice del Terzo Settore il legislatore ha inteso superare l’approccio occasionale e contingente della previgente normativa, introducendo e definendo espressamente nel panorama legislativo italiano la nuova categoria degli Enti del Terzo Settore (ETS) [13]. La scelta operata dal legislatore delegato è stata quella di valorizzare le attività esercitabili dai nuovi enti; più in particolare, la scelta è stata quella di presumere che lo svolgimento in via esclusiva o principale di determinate attività, definite di interesse generale, sia in se stesso idoneo a garantire il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale [14]. Ciò vale a far beneficiare tali enti delle agevolazioni fiscali di cui agli artt. 79 ss. del CTS [15]. Nell’ampio ventaglio di attività di interesse generale esercitabili dagli ETS, puntualmente indicate nell’art. 5 del CTS, vi sono, tra le altre, quelle aventi ad oggetto: “interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni” (lett. f); “organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale […]” (lett. i); “organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale e religioso” (lett. k). Tale elencazione fa sì che le attività volte alla promozione e alla tutela del patrimonio culturale trovino un esplicito riconoscimento anche nel CTS potendo ora essere esercitate in via esclusiva o principale e senza alcun limite [16] da tutti gli enti che decideranno di qualificarsi come ETS. Il legislatore, al fine di incentivare il fund raising degli anzidetti enti istituzionalmente impegnati nello svolgimento delle “attività di interesse generale”, ha ridefinito in maniera unitaria la disciplina delle detrazioni e delle deduzioni per le erogazioni liberali effettuate da privati, enti e società a loro favore [17], superando la nota disomogeneità e frammentarietà della normativa previgente [18]. Nel dettaglio, il comma 1 dell’art. 83 del CTS accorda, alle persone fisiche, una detrazione dall’IRPEF pari al 30% (elevata al 35% se [continua ..]
Alla luce di quanto esposto appare evidente come il regime di favore destinato ai soggetti che effettueranno erogazioni liberali a favore degli ETS assuma, rispetto al passato, connotazioni più favorevoli [25]. Dal punto di vista soggettivo, viene, infatti, significativamente ampliata la categoria degli enti beneficiari, la quale non è più limitata a determinate figure di enti non profit come ONLUS, Associazioni di promozione sociale e Organizzazioni di volontariato, ma viene estesa fino a ricomprendere tutti gli enti che si qualificheranno come ETS. Sono tali, ai sensi dell’art. 4 del CTS, le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni (riconosciute o non riconosciute), le fondazioni che rispondono ai requisiti previsti dal Titolo IV del CTS e, più in generale, qualunque ente di carattere privato diverso dalle società costituito “per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di attività di interesse generale mediante forme di azione volontarie o gratuite o di mutualità o di produzione e di scambio di beni e servizi ed iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo Settore” [26]. Dal punto di vista oggettivo, le suddette agevolazioni sono riconosciute a fronte di erogazioni liberali sia in denaro sia in natura, superando così le precedenti disposizioni che, invece, limitavano il beneficio alle sole liberalità in denaro [27]. Sul piano quantitativo, si registra una maggior convenienza del nuovo regime sia per l’incremento della percentuale di detrazione riconosciuta alle persone fisiche (che passa dal 19% [28] e 26% [29] al 30% o al 35% per le erogazioni alle Organizzazioni di volontariato), sia per l’eliminazione del limite di 70.000 euro previsto dall’art. 14, comma 1, D.L. n. 35/2005 (relativo alla deduzione c.d. “più dai, meno versi”), quale tetto massimo di deducibilità annua per persone fisiche o enti e società soggetti all’IRES, sia, infine, per la possibilità (non prevista in precedenza), nei quattro esercizi successivi all’erogazione, di computare in deduzione del proprio [continua ..]
Le criticità finora rilevate circa l’accertamento delle condizioni cui il legislatore delegato subordina la fruizione delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 83 del CTS si accentuano alla luce delle possibili conseguenze sanzionatorie [44] che, a fronte del silenzio normativo sul punto, possono astrattamente derivare in capo ai soggetti coinvolti e, in particolare, in capo al soggetto erogante, proprio dall’accertamento della violazione di tali condizioni. Contrariamente al passato, nulla è previsto per le ipotesi in cui si accerti ex post che l’ente beneficiario non abbia mai avuto o abbia perso la dichiarata natura “non commerciale” o abbia utilizzato le liberalità ricevute per fini diversi da quelli tutelati dal legislatore e su cui il soggetto erogante aveva legittimamente confidato per la fruizione del beneficio. L’art. 91, comma 3, CTS si limita a prevedere genericamente una sanzione amministrativa da 5.000 euro a 20.000 euro per i soli casi di utilizzo illegittimo della qualifica di ETS finalizzato ad ottenere da terzi erogazioni di denaro o di altre utilità. Come noto, i meccanismi sanzionatori previsti dalle normative previgenti nelle ipotesi di distorto o mancato utilizzo delle liberalità da parte dei soggetti beneficiari risultavano disincentivanti solo per i soggetti eroganti: il legislatore, anziché punire la condotta omissiva dei beneficiari, ha scelto di punire i privati che fanno affidamento sugli stessi. Si prenda, ad esempio, la norma di cui all’art. 14, D.L. n. 35/2005, che istituiva la deduzione c.d. “più dai, meno versi”. Uno dei presupposti cui il legislatore subordinava la deduzione fiscale era rappresentato dalla tenuta, da parte del beneficiario della erogazione, di determinate scritture contabili in grado di rappresentare in maniera completa e analitica le operazioni effettuate, nonché dalla redazione entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio di un apposito documento volto a rappresentare adeguatamente la situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’ente. Il mancato rispetto di tali obblighi comportava una ricaduta sotto forma di ripresa a tassazione di quanto già dedotto non sul beneficiario dell’erogazione, ma sul soggetto erogante [45], con un irragionevole sbilanciamento delle posizioni dei soggetti [continua ..]
L’attuale sistema sanzionatorio amministrativo tributario è disciplinato, quanto ai principi generali, dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472. Come noto, con l’introduzione di tale corpus normativo, il legislatore ha inteso operare una radicale inversione di rotta rispetto all’impianto precedente, conferendo al sistema sanzionatorio un’impronta marcatamente “parapenalistica” e caratterizzando la stessa sanzione amministrativa tributaria in termini squisitamente personalistici. Si è passati da un modello di tipo risarcitorio, ancorato all’automatica applicazione della sanzione nei confronti del soggetto passivo d’imposta in presenza di una violazione degli obblighi fiscali, ad un modello personalistico [47]: la sanzione può essere irrogata solo nei confronti della persona fisica (anche non coincidente con il soggetto passivo d’imposta), autrice o concorrente nella violazione, quando sia riscontrabile la sua imputabilità e colpevolezza. Il modello personalistico, comportando l’attribuzione della responsabilità alla persona fisica autrice della violazione, assegna un grande spazio alla dimensione soggettiva, istituzionalizzando il principio della colpevolezza (art. 5, D.Lgs. n. 472/1997), tra i cui elementi costitutivi figurano, anzitutto, il dolo e la colpa. Ne deriva che per l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie non è sufficiente la mera volontarietà (coscienza e volontà) del comportamento sanzionato, ma è richiesta altresì la colpevolezza [48] dell’agente, cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quanto meno colposo. Le maggiori difficoltà derivanti dalla scelta legislativa di informare il sistema sanzionatorio al principio di personalità risiedono proprio nell’accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria dello stato soggettivo del trasgressore tanto che la giurisprudenza [49] ritiene che la contrarietà oggettiva del comportamento al precetto tributario, astrattamente verificabile, sia sufficiente ad integrare l’illecito sul piano della sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa. Come affermato dalla Cassazione [50], la cui posizione è sostanzialmente in linea con quella dell’Amministrazione [continua ..]
Così inquadrato in termini generali e senza alcuna pretesa di esaustività il principio di colpevolezza anche nelle sue declinazioni pratiche, è possibile passare alla fase propositiva del presente lavoro, tracciando alcune proposte sanzionatorie e non volte a perfezionare il quadro normativo esistente. Per fare ciò, è opportuno distinguere due ipotesi: 1. quella in cui la violazione dei presupposti per la fruizione delle detrazioni e deduzioni di cui all’art. 83 del CTS dipenda da cause esclusivamente imputabili al soggetto erogante; 2. quella in cui la suddetta violazione dipenda da cause imputabili al solo ente beneficiario. Nel primo caso, che ricorre allorquando il donante ha operato le detrazioni e le deduzioni in violazione dei limiti posti dalla legge (rispettivamente pari al 30% o 35% e al 10% delle erogazioni liberali), è del tutto legittima, alla luce del principio di colpevolezza, una previsione normativa che preveda solo in capo al soggetto erogante sia il disconoscimento della detrazione o deduzione fruita illegittimamente, sia l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 471/1997. Nel secondo caso, ovverosia quello in cui il beneficio fiscale risulti illegittimo per cause imputabili al solo beneficiario (per non aver mai avuto o aver perso la dichiarata natura “non commerciale” ovvero, laddove si tratti di un ETS “commerciale”, per aver utilizzato le liberalità ricevute per fini diversi da quelli tutelati dal legislatore), non sembra condivisibile la soluzione (adottata in passato e di cui si è detto) volta far ricadere le conseguenze di tali violazioni anche o esclusivamente in capo al soggetto erogante [60] il quale abbia diligentemente provveduto: – nel caso di erogazioni a ETS “non commerciale”, ad accertare che l’ente sia iscritto nel RUNTS come tale ovvero; – nel caso di erogazione a ETS “commerciale”, a farsi rilasciare dall’ente medesimo una certificazione attestante sia siffatta natura sia l’utilizzo delle liberalità per il perseguimento delle finalità tutelate dal legislatore. Invocare in tali casi per il donante la causa di non punibilità di cui agli artt. 6 e 10, D.Lgs. n. 472/1997 per aver confidato senza sua colpa sulla sussistenza in capo all’ente beneficiario dei [continua ..]