Nel corrispettivo sul quale applicare l’IVA devono essere inclusi tutti i costi sostenuti dal fornitore prima della cessione del bene (o della prestazione dei servizi) purché connessi con essa, inclusi i tributi di ogni genere (eccetto l’IVA stessa) posti a carico del destinatario, compresi quelli che gravano sulla produzione e sulla vendita dei beni, come le accise. Tuttavia, nel caso dell’accisa sull’energia elettrica, viene meno l’inclusione nella base imponibile in caso di mancata traslazione sul consumatore finale.
The price on which VAT applies must include all the costs incurred by the supplier before the sale of the goods (or performance of services) as long as they are connected with it. Therefore, the taxes of all kinds (except VAT itself), charged to the recipient, including those that affect the production and sale of goods, such as excise duties, shall form the VAT taxable base. However, in the case of the excise duties on electricity, the inclusion in the taxable base is no longer valid in case the amount is not shifted to the final taxpayer.
KEYWORDS: VAT, excise duties
1. Premessa - 2. La formazione della base imponibile IVA e la casistica giurisprudenziale - 3. Gli effetti sulla base imponibile derivanti dalla mancata traslazione delle accise - 4. Conclusioni - NOTE
La decisione in commento fa riemergere nuovamente la tematica dell’inclusione o meno nella base imponibile IVA delle accise. Si tratta di un profilo che presenta variegati aspetti problematici non risolvibili con una soluzione univoca. Nel caso di specie, una società consortile aveva prodotto energia elettrica da fonti rinnovabili e l’aveva ceduta alle imprese consorziate senza versare le accise, ritenendo di potersi avvalere del regime di esenzione previsto dall’art. 52, comma 3, lett. b), D.Lgs. n. 504/1995 (TUA). Successivamente, l’Agenzia delle Dogane ha contestato l’agevolazione, in quanto, per un verso, la società contribuente non si poteva qualificare come autoproduttore e, per l’altro, l’energia elettrica veniva ceduta alle imprese consorziate e di conseguenza non era destinata all’autoconsumo. A sua volta, l’Agenzia delle Entrate, notificava gli avvisi di accertamento per il recupero a tassazione dell’IVA sulle accise pretese dalla Dogana, includendole nella base imponibile. Nell’ambito dell’accisa sull’energia elettrica, il soggetto obbligato in senso formale, cioè colui che deve estinguere il debito tributario non è mai il consumatore finale (che rappresenta, invece, il soggetto effettivamente inciso dall’imposta). Tra i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta rientrano le officine di produzione di energia elettrica per uso proprio, le quali devono sottostare ad una serie di adempimenti strumentali e propedeutici all’applicazione del tributo (licenza di esercizio, dichiarazione annuale di consumo, ecc.). Tutto il procedimento che porta all’attuazione del tributo è posto costantemente al vaglio dell’Amministrazione Finanziaria (art. 53, TUA). Per ciò che concerne il profilo dell’agevolazione si precisa che l’esenzione da accisa compete alle imprese di autoproduzione a condizione che: a) la produzione avvenga con impianti azionati da fonti rinnovabili; b) gli impianti abbiano una potenza disponibile superiore a 20 kw; c) l’energia elettrica autoprodotta sia autoconsumata per usi diversi da quello abitativo (art. 52, comma 3, lett. b), TUA). Nel caso in esame, la Corte di Cassazione ha ritenuto che “la società consortile che autoproduce energia elettrica da fonte rinnovabile, con impianti dalla potenza disponibile superiore a 20 kw, beneficia [continua ..]
La determinazione dell’IVA presuppone l’individuazione della base imponibile che necessariamente si deve fondare su un criterio interpretativo generale che consente di quantificare l’ammontare tassabile, tenendo conto delle deroghe e delle esclusioni, tassativamente indicate. In merito alla domanda se l’accisa debba o meno integrare la base imponibile IVA, bisogna far riferimento alla normativa nazionale ma, trattandosi di un tributo armonizzato, necessariamente va fatta una correlazione con la disciplina europea anche in considerazione della rilevanza che assume ai fini del prelievo di risorse proprie. La norma interna (art. 13, comma 1, D.P.R. n. 633/1972) [1] prevede che “la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione e i debiti verso terzi accollati al cessionario …”. In linea generale, la base imponibile dell’IVA è quindi costituita dall’ammontare complessivo di tutto ciò che è dovuto al cedente o al prestatore quale controprestazione della cessione o della prestazione. Si fa riferimento non solo ai corrispettivi in denaro ma anche a quelli in natura e ai debiti verso terzi, nonché agli altri oneri posti a carico dell’acquirente del bene o del committente del servizio. Concorrono, altresì, a formare la base imponibile le spese accessorie sopportate dal cedente o dal prestatore per imballaggi, trasporti, ecc., nonché eventuali tributi gravanti l’operazione, ad eccezione della sola IVA [2]. Si tratta di una indicazione molto ampia tale da includere anche le imposte, le tasse e qualsiasi forma di prelievo coattivo ricollegabile all’operazione [3]. In altri termini, la base imponibile IVA è costituita dal corrispettivo effettivamente percepito dal cedente [4]. A tal proposito è opportuno ricordare la nota vicenda dei diritti di imbarco corrisposti dal vettore, i quali vanno inclusi nella base imponibile IVA, relativa al corrispettivo del servizio di trasporto aereo, in quanto si tratta di un costo sostenuto dalle compagnie per la prestazione del servizio e dalle stesse addebitato, in via di rivalsa, ai passeggeri, ad integrazione del prezzo del biglietto pagato [5]. Le [continua ..]
Come già detto, la Corte di Cassazione nel caso in esame, sulla scia della giurisprudenza della Corte di Giustizia, ha ragionato, tenendo conto dell’art. 78, par. 1, lett. a), della Direttiva 2006/112/CE, il quale dispone che “nella base imponibile devono essere compresi gli elementi seguenti: a) le imposte, i dazi, le tasse e i prelievi, ad eccezione della stessa IVA”. In sostanza rientrano nella base imponibile IVA tutti i costi sostenuti dal fornitore prima della cessione del bene o della prestazione del servizio, incluse le imposte che lo Stato esige dal fornitore stesso. Si tratta di una ricostruzione condivisibile che, tuttavia può essere utilizzata nell’ipotesi in cui l’ammontare complessivo dei corrispettivi effettivamente pagati dal cedente secondo le condizioni contrattualmente previste sia accollato al cessionario. In concreto, l’entità della base imponibile della cessione di beni è determinata dal corrispettivo risultante dal contratto, oltre agli oneri e alle spese direttamente riconducibili all’esecuzione dell’operazione, nonché dagli oneri verso terzi afferenti alla stessa operazione solo in quanto siano trasferiti sul cessionario dei beni medesimi, o laddove l’importo doveva essere traslato in forza di legge. Su tale specifica questione, dopo alcuni tentennamenti della giurisprudenza di merito [22] si è formato un orientamento consolidato [23] confermato dalla decisione in esame. In tale contesto la Corte di Cassazione ha ribadito che l’accisa concorre a formare la base imponibile dell’IVA costituita dal corrispettivo effettivamente pagato ma nello stesso tempo precisa che, se nella cessione di energia elettrica il fornitore non applica la rivalsa facoltativa sul consumatore allora il prezzo non comprende l’accisa e conseguentemente quest’ultima non può concorrere a formare la base imponibile dell’IVA. Orbene, nell’accisa sull’energia elettrica [24] il trasferimento dell’imposta sul consumatore finale avviene mediante la previsione di un diritto di rivalsa in capo al soggetto obbligato (art. 56, comma 3, D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504) che determina un aumento del corrispettivo di vendita dell’energia, conseguentemente soltanto i soggetti identificati come “obbligati” dalla normativa sulle accise, sono gravati dai connessi adempimenti [continua ..]
Alla luce delle suesposte considerazioni si può tranquillamente affermare che la Corte di Cassazione nel caso esaminato, partendo dalla disciplina europea, ha tracciato una linea di demarcazione tra l’ipotesi in cui l’accisa viene addebitata con il meccanismo della rivalsa sul consumatore finale e quindi concorre a formare la base imponibile IVA, e l’ipotesi in cui l’accisa non viene traslata e di conseguenza rimane in capo al fornitore del bene o del servizio. La presenza o meno della rivalsa determina l’inclusione nella base imponibile IVA dell’accisa secondo i principi europei recepiti dalla disciplina di diritto interno e dalla prassi [31]. Si tratta di un meccanismo molto evidente nell’applicazione delle accise sull’energia elettrica e sul gas naturale, al cui pagamento sono obbligati i soggetti che procedono alla fatturazione ai consumatori addebitando loro l’imposta e includendola nella base imponibile IVA in forza dell’art. 13, D.P.R. n. 633/1972. Tuttavia, come ha precisato la Cassazione, tale inclusione può essere operata a condizione che le accise siano state effettivamente traslate sul consumatore finale, poiché solo in questo caso entrano a far parte del prezzo pagato da quest’ultimo e costituiscono effettivamente un elemento del costo del prodotto venduto.