Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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L'etica del legislatore tributario e la certezza del diritto (di Gaetano Ragucci)


Separata da implicazioni di carattere etico, la certezza del diritto riguarda soprattutto la vigenza, la durata e il significato della legge. Tuttavia, applicata agli esiti dell’interpretazione, rivela nuove e più ampie implicazioni in tema di separazione tra politica e diritto, e di efficacia della legge. Vengono quindi esaminati alcuni orientamenti della giurisprudenza italiana che ne evidenziano la portata, a cui seguono osservazioni conclusive sugli strumenti che possono correggerne gli effetti negativi.

The ethics of tax law and the principle of legal certainty

Separated from ethical implications, legal certainty regards, especially, the validity, duration and meaning of law. Nevertheless, applied to the outcome of interpretation, it reveals new and broader implications regarding the separation between politics and law, and the effectiveness of legal provisions. The essay analyses certain approaches followed by Italian tax courts that highlight the scope, followed by concluding remarks on the measures that may correct the negative effects.

1. Premessa Il titolo della relazione che mi è stata affidata rende opportuno delimitarne, e, data l’ampiezza, meglio sarebbe dire limitarne, l’oggetto. Si parla di etica, che intenderò non nel senso di comportamento abituale bensì di scienza di tale comportamento, dunque come sinonimo di morale. Si propone il binomio legge e diritto, che vorrei considerare dal comune punto di vista dell’interpretazione. Del resto, quando si pensa alla moralità della legge – e qui mi riferisco alla legge in senso formale, lasciando per ora da parte la trama di principi e valori di cui l’interpretazione si alimenta – occorre tenere presente che essa soccombe all’obiettivo di un’azione amministrativa efficiente. Chi chiama altri a obbedire al comando legale, lo assolve nello stesso tempo da ogni libero esame, e dalle responsabilità morali conseguenti. È come se lo Stato prendesse su di sé le colpe per trasformarle in azione efficace, o, se non efficace, inevitabile [1]. Né potrebbe essere altrimenti, perché se così non fosse la “macchina” statale cesserebbe di funzionare. Sposterò allora l’attenzione sul diritto, inteso come l’insieme di norme coattive che è il prodotto dell’interpretazione. E partirò dall’idea che alla domanda di giustizia a cui l’interprete cerca di rispondere è sempre presupposta una particolare concezione del fenomeno giuridico. Diversi sono i fon­damenti che possono sostenerla – la natura dell’uomo, l’accordo o l’utilità della maggioranza dei consociati – e a ciascuno di essi corrisponde un modello metodologico dell’interpretazione [2], nel quale il ruolo dell’etica può va­riare anche di molto. Cercherò di indicare le principali opzioni teoriche che si offrono all’in­terprete, ma il punto che vorrei evidenziare subito è che vi sono concezioni nelle quali l’etica non ha un ruolo. Per esempio, quelle fondate sulla convinzione che, di fronte a un ordinamento che persegue fini di efficienza, l’indi­viduo è a sua volta guidato dall’interesse personale, e non da un’idea di virtù che la legge non riflette [3]. Eppure non è detto che in queste concezioni la certezza del diritto cessi di avere rilevanza, anzi. Si potrebbe allora cominciare con il dire che tra morale e certezza del diritto non c’è un legame logico necessario: ed è questo uno dei risultati a cui conduce la riflessione sul tema che mi accingo a svolgere. Ma il rapporto tra morale e certezza del diritto va precisato nell’ambito della teoria dell’interpretazione, intesa come attribuzione di un significato (la norma) a un enunciato legislativo. Perciò, occorre considerare che essa non dipende solo [continua..]

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