Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
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Confisca per equivalente e sopravvenuto adempimento del debito tributario (di Gian Luca Soana)


L’introduzione – nel 2008 – della confisca per equivalente anche nel diritto penale tributario ha portato ad un importante aumento delle decisioni della Suprema Corte in materia a seguito dei numerosi sequestri intervenuti e delle conseguenti impugnazioni. In questo ambito, la Cassazione si è trovata a dover applicare un istituto pensato per altre fattispecie penali affrontando, tra l’altro, il rapporto tra il profitto che può essere oggetto di sequestro e le imposte oggetto del reato. In particolare, nella decisione in esame si è affermata la rilevanza del successivo pagamento delle imposte dopo la commissione del reato; pagamento che, pur non determinando l’estinzione del reato, esclude la possibilità di procedere alla confisca dei beni del reo.

Confiscation by equivalent and subsequent payment of taxes

The introduction in 2008 of the confiscation by equivalent also in criminal tax law has led to an important increase of decisions on this issue by the Italian Supreme Court (ISC), as a result of the great amount of seizures ordered and of their appeals. In this field, the ISC adopted an instrument originally devised for other criminal offences and addressed, inter alia, the relationship between the profit that may be subject to seizure and the taxes involved by such offence. In particular, the commented decision remarks the relevance of the subsequent payment of taxes once the offence has been committed, which – although it does not extinguish the offence itself – excludes the possibility to display the seizure of the offender’s properties.

 

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Cass. pen., sez. III, 8 febbraio 2012, n. 4956 (udienza del 19 gennaio 2012) –, Pres. Teresi, Rel. Amoresano   Reati tributari – Confisca per equivalente – Versamento imposta evasa – Effetto preclusivo   La sanatoria della posizione debitoria con l’amministrazione finanziaria fa venir meno lo scopo principale che si intende perseguire con la confisca per equivalente. Conseguentemente, non è possibile procedere al sequestro, prima, ed alla confisca per equivalente, poi, nei casi in cui dopo la commissione del reato tributario venga versata al­l’Erario l’imposta evasa.   OSSERVA   1) Con ordinanza in data 19.9.2011 il Tribunale di Genova, in accoglimento dell’appello proposto dal P.M., avverso l’ordinanza con cui il GIP presso il Tribunale di Genova aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo nei confronti di B.S., indagato per il reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter, disponeva il sequestro di somme di denaro su conti correnti intestati o cointestati al B. e/o alla società DPS srl, nonché dei libretti di risparmio, titoli, azioni, fondi, beni mobili e immobili e di qualsiasi altro bene avente valore economico, fino alla concorrenza dell’importo di Euro 50.200,00. Rilevava il Tribunale che la documentazione prodotta dalla difesa, in mancanza di riferimenti alla causale, non era idonea ad escludere la sussistenza del fumus. Assumeva, poi, che il profitto era rappresentato dall’ammontare dell’IVA evasa e che nell’im­possibilità di procedere al sequestro in forma specifica, occorreva disporre il sequestro di beni di valore corrispondente, di cui l’indagato, rappresentante legale della società, aveva la disponibilità (compresi quelli della DPS srl). 2) Ricorre per cassazione B.S., a mezzo dei difensori, denunciando, con il primo motivo la violazione di legge in relazione all’art. 321 c.p.p., comma 2, e art. 240 c.p., com­ma 1, per insussistenza del presupposto dell’impossibilità di procedere al sequestro finalizzato alla confisca“diretta”. In ordine al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter, il profitto deve ritenersi coincidente con l’importo dell’IVA incassata, confluita nei conti correnti della società DPS srl. e non versata allo Stato. Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge per inosservanza del principio per cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non può essere mai superiore al profitto derivato dal reato. Il ricorrente non ha mai sostenuto, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, che la somma pagata ad Equitalia escluderebbe il fumus del reato, ma solo che, come affermato dalla Corte di Cassazione che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità, e la restituzione [continua..]

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