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Il 'ribaltamento' obbligatorio di costi e ricavi nei consorzi, tra esasperata valorizzazione della mutualità ed esigenze di contrasto all'abuso di diritto
Maurizio Interdonato
La sentenza della Corte di Cassazione 17 giugno 2011, n. 13295 nella quale si afferma che una società consortile, essendo caratterizzata dallo scopo mutualistico, sarebbe soggetta in ogni caso all’obbligo di ribaltare sulle imprese consorziate tutte le operazioni economiche da essa eseguite, sembra fondarsi sull’impostazione (datata) secondo cui lo scopo lucrativo e quello mutualistico sono fra loro incompatibili. Detto assunto finisce con l’inficiare l’intera sentenza e porta i giudici a non distinguere tra le commesse procacciate dalla società consortile e realizzate da una o più imprese consorziate e quelle eseguite direttamente dalla stessa società consortile con strutture proprie o indirettamente con impiego di imprese terze non consorziate e ad affermare che, in entrambe le fattispecie, il mancato ribaltamento dei ricavi e costi genera un’evasione dell’IVA.
Invero, per l’attività marginalmente e/o occasionalmente svolta in proprio dal consorzio (e non funzionale all’attività delle consorziate) non sembra corretto procedere al ribaltamento dei relativi costi e ricavi, né a ben vedere si potrebbe individuare un criterio mutualistico adeguato per operare tale ribaltamento. Sotto il profilo IVA, poi, salvo talune situazioni in cui le consorziate patiscono limitazioni all’esercizio della detrazione nelle quali si potrebbe verificare un abuso di diritto, l’omesso ribaltamento dei costi e ricavi afferenti a tale attività non altera il meccanismo di funzionamento dell’IVA essendo la stessa liquidata dalla società consortile in luogo delle consorziate.
Viene infine proposta una breve riflessione su due profili marginalmente affrontati dalla sentenza, vale a dire se la scelta della forma consortile possa configurare un abuso del diritto e fino a che punto il requisito dell’inerenza possa essere utilizzato per disconoscere i costi ribaltati dalla società consortile sulle imprese consorziate.
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The decision of the Italian Supreme Court (ISC) No. 13295 of June 17, 2011, which established that a consortium – having a mutual aim – shall be subject in any case to the duty of shifting on the associated companies all its economic operations, seems to be based on the (traditional) approach that considered incompatible lucrative and mutualistic aims. This assumption i. risks to undermine the entire decision and brings the judges to confuse the orders gathered by the consortium and processed by one ormore associated companies, with the ones processed directly by the consortium through its structures or indirectly relying on third non-associated companies, and ii. leads to consider that, in both cases, the absence of shifting profits and costs generates a VAT evasion.
Indeed, whether the activity is marginally and/or occasionally performed by the consortium itself (and it is not functional to the associated companies’activity), it does not seem correct to shift costs and profits on associated companies nor an adequate mutualistic criterion is easily identifiable. Under the VAT perspective – with the exception of certain situations where the associated companies suffer limitations to the right of deduction, which may realise an abuse of law – the absence of shifting profits and costs concerning such activity does not alter the VAT functioning mechanism, since the tax is paid by the consortium instead of the associated companies.
Finally, two marginal aspects of the decision should be analysed: if the choice of the consortium is capable of setting up an abuse of law and to which extent the inherence principle shall be used for denying the legitimacy of costs shifted to the associated companies.
Keywords: consortium, shifting of costs, VAT, mutual aim, inherence, abuse of law