Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Le Zone Franche Urbane in Italia: un primo risultato dell´esperienza sarda (di Paolo Barabino)


Circoscritto lo studio degli “istituti” franchi alle Zone Franche Urbane, l’argo­mento si distingue per l’attualità del tema: in particolare, la ZFU dei Comuni della Provincia di Carbonia e Iglesias viene osservata quale concreta applicazione delle ZFU in Italia. L’analisi comparata con la pluri-generazionale esperienza francese mira a tratteggiare un’ipotesi sul destino della ZFU sarda.

The urban free zones in Italy: a first result of the sardinian experience

Limiting the research to the study of Urban Free Zones (UFZs), the topic appears extremely actual: in particular, the UFZ of the Municipalities of the Province of Carbonia and Iglesias is considered the first concrete enforcement of UFZs in Italy. The comparative analysis with the long French experience aims at checking the fate of the Sardinian UFZ.

1. Gli istituti franchi: cenni distintivi Nel linguaggio comune con l’espressione “zona franca” si evoca un concetto attinente a esenzioni, agevolazioni e, persino, “paradisi fiscali”. Nel diritto esistono differenti istituti riconducibili al concetto di agevolazione e per poter studiare le Zone Franche Urbane (ZFU) occorre, innanzitutto, tentare di delimitarne l’ambito. Scomponendo l’espressione “zona franca urbana” si percepisce subito la natura dello strumento fiscale, contraddistinta dal concetto di area territoriale (“zona”), da quello d’esenzione (“franca”), e da una delimitata area cittadina (“urbana”). L’aggettivazione della zona franca con il termine urbano consente di distinguerle dalle zone franche doganali: la differenziazione va oltre l’aspetto formale per calarsi in quello oggettivo, in ragione del ramo del diritto che coinvolge, rispettivamente, quello doganale ovvero quello dei tributi diretti, indiretti e dei contributi [1]. Le fonti del diritto doganale sono rinvenibili innanzitutto nel TFUE, con l’affermazione della libera circolazione delle merci [2], pilastro dell’Ordinamen­to comunitario, dell’Unione doganale [3]. La cornice normativa si completa con il Regolamento comunitario rivolto all’omogeneizzazione dell’intera materia, con l’istituzione del c.d. Codice doganale comunitario (Reg. n. 450/2008), già integrato e colmato dal T.U. n. 43/1973 [4]. In estrema sintesi, la zona franca doganale è uno spazio escluso dal territorio doganale dello Stato ove il transito delle merci in entrata e in uscita non viene assoggettato ad imposte doganali [5]. Simile esclusione territoriale rappresenta una finzione giuridica in grado di distinguerle dalle zone franche extradoganali, le quali risultano essere realmente collocate fuori dal territorio di un determinato Stato [6]. Gli Stati membri dell’UE hanno la potestà di destinare talune parti del proprio territorio doganale a zona franca mediante la definizione puntuale del limite geografico prescelto [7]. Dal punto di vista funzionale, le zone franche doganali riguardano aree in cui si vuole promuovere lo sviluppo economico mediante benefici tributari finalizzati ad attrarre investimenti e rilanciare l’economia del luogo [8]. Analogamente, i punti e i porti franchi si differenziano dalle zone franche doganali in ragione dell’estensione territoriale coinvolta: così come le secon­de individuano vaste zone territoriali (comprendenti anche città), allo stesso modo i porti franchi sono costituiti da ampie aree ubicate negli spazi portuali, comprensive dello specchio d’acqua territoriale [9]. In ottica comunitaria, le zone franche, svolgendo la loro funzione di area di approdo o scalo per le merci [continua..]

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