Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Le violazioni relative all'acquisizione dei dati bancari, il principio di legalità dimenticato e le prove illecite (anche in riferimento al caso in cui l'illecito sia stato commesso da un privato all'estero) (di Damiano Zardini)


Valorizzando il principio di legalità e distinguendo le violazioni delle norme istruttorie sulla base dell’interesse tutelato da tali norme (invece che sulla base della presunta maggiore o minore gravità delle violazioni), si potrebbe giungere ad affermare che le violazioni nell’acquisizione dei dati bancari possono viziare l’attività accertativa anche se il legislatore non ha espressamente previsto la sanzione dell’inutiliz­zabilità e anche qualora si ritenga che le norme violate non siano poste a tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale. A ciò si aggiunga che se si riconoscesse che nel processo (e prima ancora nell’accertamento) tributario non siano ammesse prove illecite, si dovrebbe concludere che la sanzione dell’inutilizzabilità di un determinato elemento istruttorio dovrebbe intervenire non solo nel caso in cui tale elemento sia stato acquisito dall’Amministrazione mediante l’esercizio illegittimo di poteri istruttori, ma anche nel caso in cui l’Amministrazione non abbia posto in essere alcun potere istruttorio e l’illecito sia stato commesso (anche da privati) in una fase antecedente alla trasmissione del predetto elemento all’Amministrazione stessa, la quale si sia limitata a riceverlo e a utilizzarlo per fondare la propria pretesa prima in sede accertativa e poi in quella processuale.

The violations relating to the acquisition of bank information, the forgot principle of legality and unlawful evidence (also when the offense was committed abroad by an individual)

By enhancing the principle of legality and distinguishing the violations of tax investigations on the basis of the interest protected by the relevant rules (rather than on the basis of the alleged greater or lesser severity of violations), it is possible to conclude that violations in the acquisition of bank data are able to vitiate the tax assessment even if the le­gislator has not expressly provided the penalty of non-usability and even if the infringed rules are not placed to protect fundamental rights of constitutional rank. In addition to this, if we recognise that in the tax litigation (and even before in the tax assessment) unlawful evidence is not admitted, we should conclude that the sanction of non-usability of a proof cannot only apply in case that the latter was collected by the tax authorities through an unlawful exercise of investigative powers, but also in case that the tax authorities did not exercise any investigative power and the offense was committed (even by private individuals) in a phase prior to the transmission of the aforementioned element to the tax authorities themselves, which simply received it for grounding the tax claim during the tax assessment and, then, during the tax litigation.

1. Introduzione Negli ultimi due anni, la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sull’uti­lizzabilità amministrativa e giudiziale delle cosiddette “lista Falciani” e “lista di Vaduz”, ha colto l’occasione per ribadire l’insussistenza, nell’ordinamento tributario, di un generale divieto di utilizzo processuale di prove assunte in violazione di legge [1]. Secondo la Suprema Corte, in ambito tributario non sarebbe vigente il pre­detto divieto generale e l’Amministrazione Finanziaria, in sede di accertamento, potrebbe avvalersi di qualsiasi elemento di valore indiziario, esclusi quelli la cui inutilizzabilità sia stata espressamente sancita dal legislatore e quelli che siano stati acquisiti in violazione di diritti fondamentali di rango costituzionale. Seguendo tali principi, i giudici di legittimità hanno ritenuto utilizzabili i dati bancari “trafugati” dal dipendente di una banca estera e ottenuti dall’Am­ministrazione italiana mediante gli strumenti della cooperazione comunitaria e di quella internazionale [2], senza che assumessero rilievo l’eventuale illecito commesso dal dipendente stesso e la violazione dei doveri di fedeltà verso l’i­stituto datore di lavoro e di riservatezza dei dati bancari, dal momento che tali doveri non avrebbero goduto di copertura costituzionale e di tutela nei confronti del fisco italiano. Due sono quindi i temi, fra loro intimamente connessi, che tali sentenze hanno riportato al centro del dibattito. Il primo è quello della rilevanza, rispetto all’atto impositivo, delle violazioni commesse dall’Amministrazione Finanziaria nello svolgimento dell’attività istruttoria. In particolare, la questione che più interessa è quella della rilevanza delle violazioni concernenti l’acquisizione dei dati bancari. Si tratta di un tema non nuovo e già ampiamente dibattuto sia in dottrina [3] sia in giurisprudenza [4]. In ogni caso, pare opportuno soffermarcisi ulteriormente [5], dal momento che, rispetto alla rilevanza delle violazioni commesse dall’Amministrazione nel corso dell’attività istruttoria, la tendenza della giurisprudenza [6] – ormai da mol­to tempo – sembra quella di far perdere centralità al principio legalità, spostando l’attenzione sul grado di gravità delle violazioni e finendo per restringere sempre più l’ambito di rilevanza di queste ultime. Tale tendenza, però, è nata e continua a svilupparsi sulla base di argomentazioni non del tutto convincenti e ciò anche rispetto alle violazioni concernenti l’acquisizione dei dati bancari. Il secondo tema è quello della ammissibilità, sia nella fase amministrativa che in quella processuale, delle prove [continua..]

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