Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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L'onere di contestazione specifica nel processo tributario (di Ilaria De Pasquale)


Secondo il principio di non contestazione, contenuto nell’art. 115 c.p.c., il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti e dal pubblico ministero nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite. Dunque, i fatti allegati da una parte, e non specificamente contestati dalle altre parti della lite, non hanno bisogno di essere provati operando, la non contestazione, come deroga all’applicazione della regola di giudizio dell’onere della prova.

La regola in esame deve ricondursi al principio dispositivo in senso processuale (o principio della trattazione) per il quale solo alle parti spetta il potere di delimitare la materia del contendere ed il relativo thema probandum. Di conseguenza, è possibile affermare la piena applicabilità del principio di contestazione specifica anche al processo tributario nel quale il legislatore ha scelto di riservare alle parti il potere di delimitare la base fattuale della controversia (art. 7, D.Lgs. n. 546/1992) dando così attuazione alla superiore garanzia di imparzialità del giudice rispetto alla ricostruzione processuale degli eventi della causa. Peraltro, nessuna limitazione può essere dedotta dalla pretesa natura indisponibile dell’obbligazione tributaria, la quale, da un lato, non è equiparabile alla indisponibilità di alcuni diritti in ambito civilistico e, dall’altro, non esime in ogni caso l’Amministrazione finan­ziaria dal rispetto delle regole processuali.

The duty of specific rebuttal in judicial tax proceedings

According to the principle of non-challenging, contained in Art. 115 of the Italian Code of Civil Procedure, the judge shall built his decision on evidence laid down by the parties and by the public prosecutor and on facts not specifically challenged by the parties appeared before the court.

Therefore, the facts alleged by a party, and not specifically challenged by the other parties, do not need to be proven since the principle of non-challenging works as an exception to the ordinary mechanism of the burden of proof.

Such rule is an expression of the dispositive principle (also known as principle of treatment) according to which only the parties have the power to define the matter in issue and the relevant thema decidendum. Consequently, it is possible to consider that the principle of non-challenging is fully applicable also to judicial tax procee­dings, in which the law attributes to the parties the power to define the factual basis of the dispute (Art. 7, Legislative Decree No. 546/1992), thus enforcing the guarantee of judge’s impartiality. No restriction shall be implied from the alleged non-disposable nature of the tax obligation, which, on the one side, is not comparable to the disposability of certain civil rights and, on the other side, does not exempt Tax Authorities from the compliance of procedural rules.

1. Premessa Secondo il principio della non contestazione, i fatti allegati [1] da una parte a sostegno delle proprie pretese in giudizio, non hanno bisogno di essere provati se non risultano contestati dalle altre parti della lite [2]. La regola in esame, da tempo teorizzata, è stata solo di recente introdotta nel codice di procedura civile, con norma ad hoc, dalla L. n. 69/2009. Il novellato art. 115 c.p.c. rubricato Disponibilità delle prove, ora dispone che il giudice deve porre a fondamento della decisione, non soltanto le prove proposte dalle parti e dal pubblico ministero, ma anche «i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite» [3]. Ad eccezione dell’avverbio “specificamente”, che per certi versi rappresenta un elemento di novità rispetto alle precedenti concezioni della non contestazione, è da notare che la nuova formulazione dell’art. 115 c.p.c., di fatto, formalizza un principio processuale già individuato in questi termini dalla dottrina processualcivilistica attraverso la lettura sistematica delle nor­me sul processo civile [4]; principio conosciuto anche dall’ordinamento europeo [5] ed applicato da tempo dalla giurisprudenza di legittimità [6]. La norma in esame interessa anche il processo tributario, nel quale, in virtù del ben noto richiamo contenuto nell’art. 1, comma 2, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, trovano applicazione, in via integrativa ed in quanto compatibili, tutte le disposizione del codice di procedura civile [7]. Anticipando quanto si avrà modo di approfondire in seguito, il legislatore della riforma sembra aver definitivamente accolto l’idea della non contestazione come fenomeno che interessa il momento processuale di applicazione dell’onere della prova. Più precisamente, il fatto non contestato non ha bisogno di essere provato, dunque la non contestazione opera come relevatio ab onere probandi in favore della parte che lo allega, ossia come deroga all’ordinaria applicazione dell’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c. La non contestazione, dunque, è strumento di riduzione del thema probandum, in quanto il fatto non contestato (meglio: l’enunciato che lo descrive [8]) è espunto dal novero di quelli che saranno oggetto di prova ai fini della decisione. Ciò senza possibilità di esercizio di alcuna discrezionalità da parte del giudice poiché, stando alla formulazione dell’art. 115 c.p.c., il giudice deve porre a fondamento della decisione i fatti non contestati in maniera specifica, per i quali dunque viene meno la necessità di un controllo probatorio, a differenza di quanto previsto per i fatti notori, per i quali sussiste una semplice facoltà in tal senso (art. 115, comma [continua..]

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