Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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Il limite al diritto di accesso agli atti aventi natura tributaria (di Alessandro M. A. Tropea)


La trasparenza dell’attività amministrativa è un canone generale dell’azione della Pubblica Amministrazione. La principale applicazione di questo principio consente di disporre delle informazioni relative all’agire pubblico, anche mediante l’acces­so ai documenti amministrativi. Tuttavia, l’ordinamento dell’Unione Europea e quello degli Stati membri disciplinano, seppur diversamente, il limite all’ostensio­ne dei documenti aventi natura tributaria, con lo scopo di tutelare il preminente interesse fiscale.

The limitation to the right of access to tax administrative documents

Administrative transparency is a general objective of Public Administration. The main practical implementation of this principle allows the availability of information linked to public activities, also through the access to administrative documents.

However, the European Union and the legal systems of Member States limit, although differently, the access to documents having a tax nature, with the aim of protecting the paramount tax interest.

1. Il diritto di accesso e le sue eccezioni nell’ordinamento dell’Unione Europea Nella formulazione originaria del diritto dell’Unione Europea, non era riconosciuto ai cittadini degli Stati membri un diritto di accesso agli atti delle istituzioni, quali il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione [1]. Ciò era giustificato dal fatto che il Trattato di Roma [2] non attribuiva alle istituzioni comunitarie alcun potere di incidere direttamente sulla situazione giuridica dei cittadini, nemmeno era prevista la preminenza del diritto comunitario sul diritto interno [3]. Per di più, la Comunità non era dotata di un apparato amministrativo e, di conseguenza, non era avvertita l’esigenza di riconoscere ai consociati il diritto di accedere ai documenti interni delle istituzioni [4]. Dunque, in sede comunitaria, diversamente che nei singoli ordinamenti degli Stati membri, la segretezza era ancora la regola e l’accesso l’eccezione. Dopo un lungo e travagliato iter legislativo, il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1° dicembre 2009 [5], ha rappresentato il traguardo di un percorso normativo volto a valorizzare il diritto di accesso agli atti in Europa. L’art. 15 del TFUE prevede infatti che gli organi (politici) e gli organismi (amministrativi) dell’Unione devono operare nel modo più trasparente possibile, garantendo ai cittadini degli Stati membri il diritto di accesso a tutti i documenti delle istituzioni, diritto i cui limiti devono essere stabiliti mediante regolamenti del Parlamento e del Consiglio europeo. Anche la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, recepita dal Trattato di Lisbona, ha dedicato un’apposita disposizione al diritto di accesso [6], riconoscendogli natura di principio fondamentale dell’ordinamento del­l’Unione Europea [7]. Secondo l’art. 42 della Carta, l’istanza di accesso da parte del privato non deve essere subordinata alla prova di un interesse (concreto ed attuale), in quanto la richiesta non è sempre preordinata alla tutela di una propria posizione giuridica soggettiva, ma risponde al principio generale di tra­sparenza [8], quale strumento di controllo democratico dell’operato delle istituzioni europee [9]. Il diritto di accesso è attualmente disciplinato dal Reg. CE n. 1049/2001, adottato dal Parlamento e dal Consiglio d’Europa il 30 maggio 2001. L’art. 4 indica i casi che legittimano le istituzioni, una volta interrogate dai cittadini (residenti e non residenti UE), ad opporre il diniego all’esibizione dei documenti. Le eccezioni sono fondate sul c.d. “test di pericolosità”, secondo il quale l’accessibilità ad un atto è concessa se non rischia di ledere interessi specifici preminenti, quali, fra gli [continua..]

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