Rivista Trimestrale di Diritto TributarioISSN 2280-1332 / EISSN 2421-6801
G. Giappichelli Editore

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La relazione di controllo quale presupposto soggettivo nel transfer pricing e dintorni (di Giuseppe Marino)


La Suprema Corte di Cassazione ha recentemente confermato che la relazione di controllo nella applicazione della disciplina dei prezzi di trasferimento non è solo quella codificata all’art. 2359 c.c., ma può ben riscontrarsi in ogni forma di influenza permanente di un soggetto su un altro. Questa importante decisione se da un lato è condivisibile in quanto in linea con l’opinione diffusa anche a livello internazionale, dall’altro induce a riflettere sulle possibili conseguenze sotto il profilo sanzionatorio amministrativo tributario, e più in generale sulla vis attractiva che l’Am­ministrazione Finanziaria potrebbe darne.

The control relationship as a subjective requirement in transfer pricing and other tax disciplines

The Supreme Court recently confirmed that the control relationship within transfer pricing rules is not based on the definition contained in Art. 2359 of the Civil Code, but it may rather consist in any kind of permanent influence that an entity exercises on another one. This important decision reaches shareable results and is in line with the international literature, although it may give rise to consequences on the side of administrative tax penalties as well as, more generally, to a higher vis attractiva that the tax authorities may give to it.

1. La genesi giurisprudenziale della Cassazione Tutto nasce dalla sent. 22 aprile 2016, n. 8130 della Suprema Corte di Cassazione che costituisce l’esito giurisprudenziale ultimo di una vicenda risalente, sca­turita da un accesso effettuato dalla Guardia di Finanza di Pesaro nei confronti di una Società marchigiana, cui erano seguiti accertamenti da parte del­l’Agenzia delle Entrate in rettifica del reddito dichiarato dalla medesima ai fini IRPEG (dal 2004 poi IRES) ed IRAP con riguardo ai periodi di imposta 2003, 2004, 2005 e 2006, sul presupposto che determinati componenti negativi non potessero essere portati in deduzione dall’imponibile. Segnatamente, le contestazioni dell’organo accertatore rilevavano l’indeducibilità di: 1) prestazioni di servizi infragruppo rese in favore della contribuente da una società fiscalmente residente nella Repubblica di San Marino, per la parte eccedente il valore normale delle stesse; 2) consulenze tecniche riconducibili ad incrementi del valore delle immobilizzazioni immateriali, in quanto non deducibili in misura superiore ad un terzo dei costi; 3) spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, limitatamente alla parte eccedente il 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili; nonché, in ultimo, 4) costi per sopravvenienze passive imputabili ad un esercizio successivo in ragione del principio di competenza. Non avendo le ragioni della società trovato accoglimento in alcuno dei due gradi di merito, la contribuente promuoveva ricorso dinanzi alla Suprema Corte. Nella trattazione in prosieguo, peraltro, si darà conto unicamente del­l’aspetto della Pronuncia che si ritiene di maggiore interesse, vale a dire la verifica dell’esistenza del “controllo” ai fini dell’applicazione della normativa in ordine ai prezzi di trasferimento di cui all’art. 100, comma 7, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), piuttosto invece che soffermarsi sull’ulteriore indagine circa la determinazione del valore normale delle prestazioni di servizi infragruppo rese dalla società della Repubblica del Titano in favore della società italiana. Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, la società ricorrente deduceva, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione o falsa applicazione del richiamato art. 110, comma 7, TUIR, in quanto, nella valutazione della sussistenza del presupposto soggettivo del “controllo” per l’applicazione della disciplina sul transfer pricing, i giudici della Commissione Tributaria Regionale marchigiana, aderendo all’interpretazione fornita dal Ministero delle Finanze nella Circ. n. 32/1980, avrebbero errato nel ritenere che tale disposizione «postulasse un più ampio concetto di controllo nel quale ben poteva essere ricondotto il caso di [continua..]

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